mercoledì 1 dicembre 2021

Smart working per sempre

Ore 7.00, inizia una nuova giornata di smart working © Luca Ferrari

10 anni di smart working... e non sentirli! Nell'autunno 2011 iniziai a lavorare da remoto, e da allora non ho più smesso. Una scelta che non cambierei per nessuna ragione!

di Luca Ferrari

Contratti inesistenti e prestazioni sottopagate. Fino all'autunno 2011 gran parte delle mie collaborazioni lavorative viaggiavano tragicamente su questi due binari, poi un giorno ebbi una risposta diversa. Nella giungla anarchica degli annunci online, accade qualcosa di inaspettato. Ricevetti una risposta seria da un'azienda straniera che prevedeva una prova pratica, e che a prescindere dall'eventuale inizio della collaborazione, mi sarebbe stata retribuita. Nessun colloquio, qualche scambio di email e un test per dimostrare (o meno) di saper fare o meno ciò che mi veniva richiesto. Un paio di testi (valutati) dopo, la mia avventura nel lavoro a distanza, oggi smart working, iniziò ufficialmente. Dieci anni dopo sto ancora continuando e non farei a cambio con niente al mondo.

Dicembre 2011, scrivania della mia camera da letto. Concordato l'orario, inizio ogni giorno alle 7,30 del mattino collegandomi su Skype. Via chat ricevo le "ordinazioni testuali". Lavoro otto ore al giorno con una di pausa pranzo. Alle 16.30 finisco, e avanti così per cinque giorni la settimana. Ho tre colleghi con cui m'interfaccio. C'è sempre serietà ma anche leggerezza. Un giorno però, la mia capa mi sgrida e neanche poco. Il mio errore? Non averla avvisata che il 5 del mese non ho ancora ricevuto lo stipendio. "Mi devi avvisare subito se non ricevi entro i primi giorni del mese". In un'altra occasione le chiedo di fare un'ora extra. Lei rifiuta, motivando così: "Tu lavori bene, e non voglio che ti stanchi oltre il dovuto. Le ore che fai sono sufficienti". Riposarsi è fondamentale per dare il massimo, e loro lo hanno capito. La collaborazione infatti prosegue a gonfie vele.

Proseguo così per quasi due anni, facendo fattura ogni mese con partita IVA. Nel frattempo però ho iniziato a masticare l'emergente realtà del SEO e decido di proseguire, facendo corsi professionali con l'ottimo Studio Samo di Bologna. Sono temporaneamente senza lavoro ma rispetto a una volta, non mi perdo d'animo. Investo su me stesso. In contatto con i miei ex collaboratori da remoto, inizio a mandare CV ad aziende sparse ovunque nel globo senza aspettare. Sono io a propormi e proporre le mansioni, diventando sempre più intraprendente. Riesco a ottenere risposte da aziende incredibili: tra le altre, le Risorse Umane del Manchester United Football Club e l'Alaskan Airlines. Dall'Italia invece è lo zero assoluto. Nulla di nulla, nemmeno un "grazie, le faremo sapere". Continuo a puntare sull'estero, e dopo qualche mese ricomincio a lavorare online. Altro settore di scrittura, altra collaborazione.

Questa volta l'approccio è ancora più ideale, e personalmente la formula che prediligo. Mi vengono richiesti un numero (adeguato) di contenuti al giorno, senza necessità di restare collegato online. Posso metterci cinque ore o meno se fossi veloce, o tutte le otto giornaliere. A loro non interessa! Unendo la mia indubbia bravura nello scrivere in un italiano impeccabile e la velocità di scrittura imparata (a furia di sudate) durante gli anni di cronaca al Corriere Veneto, riesco a finire il miei compiti in netto anticipo. Sono libero di fare la spesa, sistemare la casa e pensare alla mia vita. Lavoro tanto e sono rilassato. La differenza è che in questo settore viene pagata la qualità del mio lavoro e non la quantità delle ore

In parallelo all'ottimizzazione dei contenuti, il mondo dei social media si fa sempre più dominante e inizio a muovermi anche in quel settore. Dopo ennesimi lavori di scrittura e traduzione, mi sposto sul fronte della promozione via social finalizzato al turismo, mettendo a frutto tutta la mia esperienza di reporter al momento di interagire con i clienti dall'estero. Scrivo in inglese, fornisco informazioni, il tutto corredato da immagini certosine da me realizzate, per raggiungere la meta. Si chiude una porta, se ne apre un'altra. Dall'hosting passo a un ulteriore settore ancora, di cui ho giù ampia conoscenza grazie al mio variegato percorso scolastico, e nel giro di un paio d'anno inizio due collaborazioni social, entrambe nella mia città d'origine, Venezia, continuando in parallelo a lavorare sul fronte del copywriting e scrittura testi in italiano per aziende straniere.

Qualcosa nella mia vita intanto è cambiato. Nella mia casa c'è una cameretta in più. Con mia moglie tornata al lavoro dopo la maternità, mi occupo io del bambino, riuscendo a gestire il tutto. Lavoro e seguo il piccolo. Un qualcosa che non avrei mai immaginato di saper fare. Un qualcosa, che anche durante la pandemia, ho amorevolmente portato avanti senza il minimo problema. Grazie allo smart working posso prendermi tutte le pause che voglio per stare dietro a mio figlio. Grazie alle mie indubbie competenze, riesco a eseguire tutti i miei compiti. La cronaca raccontata al Lido di Venezia mi ha insegnato/obbligato a sapermi concentrare e scrivere in qualsiasi situazione, cosa che mi è tornata utile tra pappe e teneri abbracci. 

Dicembre 2021. In un mondo ancora sfiancato dalla pandemia, le mie giornate iniziano sempre presto. Preparo la colazione per tutti, e già  che ci sono anche il pranzo per il sottoscritto, così da ottimizzare il tempo. Vesto il piccolo e mia moglie va con lui alla scuola materna. Alle 7,45 del mattino, quando molti ancora devono ancora uscire di casa, io inizio già a lavorare, saltando e postando tra Facebook, Twitter, Linkedin e Instagram. Rispondo/programmo nuove mail. Mi organizzo la giornata, e riprendo a scrivere testi e/o articoli. Abituato ai ritmi del piccolo, ormai sono abituato a pranzare a mezzogiorno. Per staccare un po', se ho bisogno, vado al supermercato subito dopo. E' l'una circa e sono fresco come una rosa. Vado avanti altre due ore a ritmi serratissimi, poi mi bevo il mio "brodo canadese": un'ampia tazza di caffè caldo (ma bella grande) con un po' di latte, accompagnato da un dolcino.

Rivedo le ultime cose, impostando già l'indomani in un'ultima mezz'ora di lavoro a distanza. Controllo news, social, etc. Sono quasi le 4. Preparo la merenda a mio figlio e lo vado a prendere alla Scuola Materna. Adesso tocca a lui. Adesso il mio impegno è stare insieme a lui. Posso farlo ogni giorno senza problemi perché il mio lavoro me lo consente. Lo so bene, nessuno mi versa contributi e ci saranno momenti che guadagnerò meno ma non si può avere tutto e niente a questo mondo è perfetto. Ok, forse l'ultima affermazione è sbagliata. Quando rientra mia moglie e siamo di nuovo tutti e tre insieme, sì, questo è il mio autentico e sincero stato di perfezione. Negli ultimi quattro anni ho vissuto inimmaginabili emozioni familiari, e questo anche grazie allo smart workingBuongiorno lavoro, e buona vita a tutti. 

Venezia, finestra dal mio ufficio/camera © Luca Ferrari

venerdì 26 novembre 2021

Com'è fantastica Venezia

Venezia, il canale di Cannaregio © Luca Ferrari

Vivo e lavoro a Venezia. Ogni giorno mi confronto con le problematiche di una città fragile, complessa e meravigliosa. Che cosa possiamo fare per costruire un futuro a misura di noi tutti?

di Luca Ferrari

Io voglio, e pretendo, di continuare a vivere a Venezia. Voglio una città aperta a chiunque voglia venire a visitarla e allo stesso tempo attenta alle esigenze di chi ci abita. Sono un privilegiato a vivere in questa città unica al mondo, e lo so bene. Ma se dovessi andarmene la laguna, allora abbandonerei proprio l'Italia per mete nordiche come Finlandia, Canada o al massimo, rimanendo in tema insulare, le Azzorre portoghesi. Il mio presente però si chiama Venezia, e io non sono il solo che vuole continuare a mantenere radici lagunari. Ma cosa riserverà il futuro all'antica Repubblica Marinara?

Osservatori quotidiani di tutto ciò che succede, la stampa locale racconta ogni giorno le vicende umane, politiche, artistiche e culturali di Venezia. Non ci poteva essere dunque teatro migliore dell'Ateneo Veneto, la più antica Istituzione culturale veneziana in attività, per riunire gli esponenti della carta stampata e l'amministrazione comunale, per confrontarsi sul futuro e la salvaguardia di una città, visceralmente legata al sistema di dighe mobili, MOSE. 

In occasione della presentazione del romanzo "Com’è gialla Venezia"  di Ferruccio Gard (Venezia, Mazzanti Libri 2021), ci sarà dibattito con interventi di:

  • Gianpaolo Scarante, presidente Ateneo Veneto
  • Massimiliano De Martin, assessore all’Ambiente, Comune di Venezia
  • Fabrizio Brancoli, direttore quotidiani veneti Gruppo GEDI
  • Roberto Papetti, direttore Il Gazzettino
  • Alessandro Russello, direttore Corriere del Veneto
Modera Luca Colombo, TGR Rai del Veneto. 

sabato 23 ottobre 2021

San Martino e gli amici di Halloween

L'atmosfera di Halloween e il dolce di San Martino © Luca Ferrari

La festa d'importazione Halloween contro la tradizionale San Martino. Ma perché? Ma non dovrebbero essere i bambini a scegliere, semmai, di godersi entrambe?

di Luca Ferrari

La festa di San Martino, sì. La festa di Halloween, no! Ma è davvero così difficile essere semplicemente felici per i nostri figli, o comunque per i bambini in generale, senza doverci mettere di mezzo teorie pseudo-culturali sul fatto che una festa vada celebrata perché "nostra" e l'altra, al contrario, osteggiata perché commerciale e di altrui provenienza? E perché poi una festa deve per forza escludere l'altra? Ma soprattutto, al centro della scena non ci dovrebbe essere il sano divertimento dei più piccini, per altro ancora pesantemente condizionato dalla pandemia? Storie quotidiane di folli scontri tra la globalizzata Halloween (31 ottobre) e la tradizionale San Martino (11 novembre).

Per la mia generazione nata nella seconda metà degli anni Settanta, Halloween non era che una menzione su qualche testo scolastico d'inglese o la scena di un film americano. Una giornata senza scuola che di sicuro ci sarebbe garbato vivere in compagnia e senza i genitori "tra i piedi". Con il carnevale ancora lontano, a chi non sarebbe piaciuto vestirsi da una  creatura dell'orrore, andando per le case a chiedere dolciumi, e magari per i più grandicelli partecipare a qualche festa a tema, scambiandosi il primo "mostruosamente" romantico bacio adolescenziale?

Viceversa, come tradizione vuole a Venezia, San Martino lo abbiamo celebrato tutti da bambini. Pur scavando di gran lena nella mia memoria però, non ho ricordi di chissà quale sostegno del mondo adulto verso noi "piccoli" sull'invadere le strade nel nome di San Martin, anzi! Molto spesso l'11 novembre era sinonimo di fastidio per il chiasso che la suddetta scatenava. Le persone che un tempo si lamentavano, oggi probabilmente sono le stesse che si ergono a difensori delle sacre tradizioni locali, puntando il dito-scure contro la carnevalata di scherzetto e dolcetto.

A partire dal febbraio 2020, com'è tristemente noto, il mondo intero è profondamente cambiato e ciò che era semplice normalità, oggi è guardato con preoccupazione. Alle soglie del 31 ottobre 2021, quanti lascerebbero i propria figli mettersi in bocca dolci o caramelle, preparate e/o toccate da esimi sconosciuti senza il minimo problema? Idee personali a parte, mi riesce comunque difficile immaginare di vedere le case dei veneziani invase da orde di "creaturine" con sacchetti bramanti cioccolatini e quant'altro. Molto più facile sarà incontrare gli strimpellatori di San Martino che come vuole la tradizione, batteranno pentole e padelle per avere qualche zecchino (soldino).

In più di un'occasione, da anni ormai, nel vociare di calli, fondamenta e campielli, si ode la crociata anti-Halloweenesca e pro San Martin. Viviamo in un mondo globalizzato e come la religione a scuola non è più ad appannaggio di quella cattolica, anche le festività hanno iniziato ad aprirsi, in particolare (ovviamente) quelle dal facile appeal e dai ricchi introiti commerciali, com'è per l'appunto Halloween. Da quando poi "mastro" Tim Burton ci ha regalato il capolavoro animato Nightmare Before Christmas (1993), Halloween è entrato di prepotenza nella nostra cultura. Personalmente non l'ho mai festeggiato, ma con la famiglia "allargata", trovo doveroso vivere momenti spensierati con San Martino e Halloween.

Dalla Regata Storica alla Vogalonga, passando per il Carnevale, la festa della Sensa, le celebrazioni della Madonna della Salute (21 novembre) e il Redentore (terzo sabato di luglio), Venezia ha le sue feste-tradizioni come ogni città nel mondo. In quest'epoca moderna e in apparenza informata però, sembra ormai che "tradizione" sia ridicolmente inconciliabile con "culture differenti". Ma se una festa venuta da lontano fosse talmente "potente" (...) da oscurarne un'altra, allora dovremmo guardare in casa nostra e capire perché sia stata messa da parte, facendo un po' di autocritica invece di demonizzare ciò che non si incunea nei canali di ciò che vogliamo (pretendiamo).

Ottobre 2021, vi racconto una nuova storia.

C'era una volta un nobile proveniente dalla remota Pannonia (l'odierna Ungheria), che fiero cavalcava. Il suo nome era Martino. Vicino a una radura vide un vecchio coperto di stracci, quasi morto dal freddo, così si apprestò a soccorrerlo. Sebbene l'anziano fosse realmente in pericolo, dei briganti si erano nascosti, in attesa proprio di qualche buon'anima che sarebbe accorsa in suo aiuto, per poi derubarla. Così accadde. D'improvviso uscirono dalla boscaglia per depredare il cavaliere che si trovò quasi subito sopraffatto nonostante il coraggio.

Qualcun altro però stava guardando "da dentro la boscaglia". Qualcuno che occhi mortali non avrebbero saputo distinguere. Mi è difficile descriverli. Hanno chiesto l'anonimato a causa del loro "spaventevole" aspetto. Piccoli spiritelli mostruosi e dall'animo burlesco, ma altrettanto probi nel cuore. E ciò che videro non gli piacque proprio! Il giovane coraggioso stava per fare una brutta fine quand'eccoli intervenire, tutti insieme, lottando fianco a fianco. Adesso c'era parità di forze. I bruti furono sconfitti, il vecchio ebbe salva la vita e dei nuovi amici. Da allora diventarono inseparabili, e chi ha avuto la fortuna di incontrarli ne parla come "L'invincibile compagnia di Martin & Co."

Un "mostruoso" lavoretto realizzato per Halloween in una scuola materna © Luca Ferrari
Un dolce casalingo di San Martino appena sfornato © Luca Ferrari
Siamo pronti per - dolcetto o scherzetto - © Luca Ferrari
Il bassorilievo sulla facciata della chiesa di San Martino (Venezia) © Luca Ferrari
Un dolce di Halloween dalla forma mostruosa di una zucca © Luca Ferrari
Il tipico dolce di San Martino di una pasticceria veneziana © Luca Ferrari

sabato 16 ottobre 2021

La placida Radda in Chianti

Radda in Chianti (Si), Palazzo del Podestà © Luca Ferrari

Tra le colline del Chianti senese, nel tratto iniziale della valli dell'Arbia e della Pesai, si adagia la placida Radda, un universo artistico-culturale tutto da scoprire.

di Luca Ferrari

Il dolce scenario della campagna toscana è tutt'intorno a me. Valli che s’incontrano. Fiumi che nuotano. E lì, da più di quattromila anni, Radda in Chianti si sveglia sotto la benevola quiescenza di raggi solari. Per raggiungere la mia meta, Castellina in Chianti e la sua necropoli etrusca è già alle mie spalle. Uscito dal centro abitato, la deviazione è poco dopo sulla destra, mentre la  strada principale prosegue verso Panzano, Greve, quest'ultima città natale dell'esploratore Giovanni da Verrazzano e il caratteristico borgo di Montefioralle.

La statale SSR49 che collega Castellina e Radda è semplicemente meravigliosa. 11 km circa di curve e curvette che si adattano a Madre Natura. Una volta arrivato, prima di ancora di perdermi nelle viuzze laterali dell’antico capoluogo della Lega del Chianti, un monumento attira subito la mia attenzione. Trattasi di opera dedicata ai Caduti. Tre differenti lapidi ricordano. Al centro, la targa alle vittime della II Guerra Mondiale, “che hanno servito in armi sotto ogni bandiera”.

In tempi recenti sono state aggiunte altre due targhe commemorative. La prima, il 3 novembre 2002, alle vittime degli attentati terroristici dell’11 Settembre, “unite idealmente a tutti i caduti in tempo di pace, tempo di speranza in una giustizia universale che porti la concordia fra tutti i popoli”. Sei anni dopo, nel 2008, nell’anniversario della Liberazione, un’altra targa dedicata al partigiano Gino Fabbri detto Lampo, “ucciso dal fuoco nazista il 17 luglio 1944 nei pressi di Albola”

Lasciato qualche pensiero, inizio a salire lungo via Roma. Una scalinata conduce alla Propositura di San Nicolò, chiesa a croce latina in facciata neogotica, risalente alla seconda metà del XIII secolo. Al centro, sopra la porta d’ingresso, una scultura raffigurante la Madonna col Bambino realizzata in terracotta ai lati, due angeli in terracotta smaltata in bianco.

In origine la facciata era diversa, ma i bombardamenti della II Guerra Mondiale non risparmiarono nemmeno Radda, così iniziarono le opere di restauro che portarono anche alla riqualificazione della piazzetta fronte edificio, e la realizzazione di una caratteristica fontana dove l’acqua sgorga da un “innocuo” muso leonino.

E proprio di fronte, il Palazzo di Podestà. Come due amici che si guardano l’un l’altro, la sede del potere comunale, con tanto di bandiera tricolore e dell’Unione Europea a sventolare di fuori.  Edificio 400esco, per quattro secoli ha avuto sede il Capitano della Lega del Chianti. Ricostruzione e ampliamenti a parte, l’aspetto che colpisce di più sono gli stemmi dei vari Podestà che si sono avvicendati nel corso del tempo, situati sulla facciata d’ingresso, e alcuni risalenti anche al XV secolo. E lì in cima, sopra l’orologio e lo stesso tetto, una piccola campana

Fatta indigestione di architettura, proseguo nella passeggiata. Edifici in pietra. Addobbi floreali un po’ dappertutto trasmettono un’indistruttibile sensazione di serenità. Uscito dall’abitato, arrivo giusto in tempo per godermi il sole calante, mentre si mimetizza nel verde delle colline del Chianti. In attesa di riprendere la strada il giorno dopo, verso il cielo e le stelle invisibili e regalare a questa terra un nuovo momento di memoria umana.

Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari

martedì 21 settembre 2021

Croazia, le strade del vino

Slavonia (Croazia), grappoli d'uva © Antonietta Salvatore

Viaggio in Croazia tra vigne in fiore e cantine secolari. Da Zagabria al cuore fertile della Slavonia, spingendosi fino all’estremità orientale a Ilok.

di Luca Ferrari 

Storie di antichi reportage su e già per l'Europa orientale insieme a il reporter. Questa non è la Croazia che noi italiani siamo abituati a frequentare lungo le magnifiche coste Dalmate, come il Corno d'oro, o piccoli angoli paradisiaci come l'isola di Brac dove giace placida la piccola Povlja. Questa non è una nuova incursione negli ammiratissimi laghi di Plitvice, ma un'incursione nel cuore fertile di una nazione che sta sempre più valorizzando l'apparato vinicolo. Tutti in marcia dunque alla scoperta delle campagna croate che nulla hanno di che invidiare al "nostro" amato Chianti.

L'autunno è sinonimo di vendemmia. Prendo la strada del vino, in Croazia. Sulle botti di quercia le raffinate incisioni tramandano la storia. Nelle cantine, l’odore del mosto ti avvolge come in una nube di effluvi benevoli. Dentro un bicchiere c’è una storia condivisa e unica nel suo genere. Le vecchie cantine crescono come nomadi mondi stanziali nelle città e nelle campagne. Proseguono la loro vita lì, con una fisionomia espressiva che non richiama solo i più immediati sensi del gusto e dell’olfatto. Inizia da Zagabria il mio viaggio nelle wine roads croate, le strade del vino croate.

La pioggia cade incessante ma non ha importanza. La capitale balcanica sa regalare continue e diversificate sfumature architettoniche, e paesaggistiche. Sprazzi viennesi, con qualche tentazione Montmartiana, soprattutto a Gornji grad (la Città Alta). Mi fanno cenno di prendere una scala, e d’improvviso mi ritrovo nella vinoteca Bornstein, un ambiente rustico dove bottiglie di Malvasia, Pinot, Posip, Teran, Merlot e Postup, rispettivamente tre bianchi e altrettanti rossi, sono accompagnati da specialità mangerecce, fra cui spicca il kulen, un salsicciotto piccante preparato con la carne suina e insaporito con sale, aglio e una miscela macinata di paprica dolce e forte.

Lasciata la capitale, mi dirigo verso le colline di Brodni Stupnik, in Slavonia, regione pianeggiante della Croazia orientale bagnata dalle acque dei fiumi Danubio, Drava, Sava e Ilova, nonché la zona vinicola più importante della nazione, insieme a quelle dell'Istria e della Dalmazia. Con la fine del socialismo di Tito, il panorama vinicolo è totalmente cambiato in Croazia, passando da appena sette produttori privati agli attuali 2-3000.

“In Slavonia c'è un clima che favorisce la crescita del vino”,  racconta Davor Zdjelarević, il simpatico titolare della casa vinicola Zdjelarevic, produttore fra i vari, anche della Klink@, (parola che significa una ragazza tra i 18 e i 25, allegra che vuole decidere della sua vita), “Nella zona ci sono cinque differenti aree micro-climatiche, cosa unica del Mediterraneo. Negli ultimi anni il governo ha incentivato la coltivazione delle vigne”.

Abbandonate le verdi vigne di Brodni, e fatto tappa alla fiera d’Autunno a Vinkovci, nella parte est della Pannonia e del bacino lungo il Danubio (detto Podunavlje), arrivo a Ilok, separata da Bačka Palanka (Serbia) proprio dal colosso fluviale (secondo solo al Volga per lunghezza), e circondata dai pendii della Fruška gore (catena montuosa serba) e dei vigneti, interni alla città medievale, dove si coltiva il vino dai tempi degli Illiri e dei Romani.

Le colline vinicole di Ilok sono rinomate per produrre in particolare vini bianchi, come il Grasevima, il Riesling Renano, Pinot bianco e grigio, Chardonnay, i rossi come il Cabernet Sauvignon, il Blaufrankisch e il Pinot rosso,  senza dimenticarsi degli altrettanto validi vini con predicato, ossia i frutti della vendemmia tardiva, ghiacciata, selettiva e la vendemmia dei chicchi d’uva.

Le cantine di Ilok si sono conquistate da secoli ormai un’indubbia fama a livello mondiale. Ne sa qualcosa l’attuale monarca del trono d’Inghilterra, Elisabetta II, che per la sua incoronazione ne fece ordinare svariate migliaia. Il segreto di  tanta qualità, forse nella Iločka berba grožđa (la vendemmia di Ilok), che trae origine dall’antica usanza del Sirmio (città serba della Pannonia) e della Slavonia quando i contadini si radunavano per proteggere l’uva durante la Pudarina, il periodo di maturazione.

Ho ancora il tempo di spostarmi nella vicina Erdut, dove la società Erdutski vinogradi lavora su 420 ettari di vigneti, di cui la più importante tipologia di uva bianca è la Graševina. Sto per addentrarmi verso il suo sapore, quando una botte da 75mila litri (tutt’ora in uso) mi lascia in sospeso col sapore del vino croato. E allora, il mio brindisi non può che andare verso di lei. Perché la natura continui a essere generosa, e l’uomo non smetta di nutrirle passione e rispetto. E come dicono da queste parti, zivjeli!

Zagabria, degustazione vini © Antonietta Salvatore
Zagabria, degustazione vini © Antonietta Salvatore
Brodski Stupnik, vigna Zdjelarevic © Antonietta Salvatore
Brodski Stupnik, uve del vigneto Zdjelarevic © Antonietta Salvatore
Danubio, dalla sponda croata a quella serba di Baka Palanka © Antonietta Salvatore
Ilok, bottiglia di vino © Antonietta Salvatore
Ilok, cantine di vino © Antonietta Salvatore
Ilok, campagne © Antonietta Salvatore
Il panorama agreste di Ilok © Antonietta Salvatore
Erdut, una gigantesca botte nell'azienda vinicola Grasevina © Antonietta Salvatore

martedì 10 agosto 2021

Settimana della salute mentale per tutti

Il rilassante mare di Schiavonea (Cs) © Luca Ferrari

Nel corso della loro stressante attività, gli operatori umanitari delle Peace Brigades si dovevano prendere la Settimana della salute mentale. La estendiamo anche a (tutti) noi?

di Luca Ferrari

Umanità sempre più sull'orlo di una crisi nervosa (isterica). Dietro il passeggero senso di unità dettato dalle imprese sportive, calcistiche e olimpioniche, si nascondo i contrasti più beceri, alimentati nel quotidiano dai social network, ultimo in ordine temporale: il "famigerato" green pass. Da sempre un sostenitore delle vacanze, quale momento fondamentale nella propria vita, importante anche nel lavoro, sono sempre più convinto che il nuovo Governo dovrebbe adottare una formula conosciuta ai tempi dei miei reportage umanitari, quando un operatore di Peace Bridages International mi parlò della Settimana della salute mentale.

Fino a due anni fa, ogni estate significava andare all'estero. Al momento è tutto ancora un po' complicato e dopo tanti mesi di clausura, andare in vacanza sta diventando sempre più vitale, anche se fosse solo una scampagnata vicino a casa. Uno stacco che spesso risulta insufficiente per ricaricare davvero le batterie, aspetto questo che non sembra interessare nessuno, a parte i diretti interessati. Ed è proprio elucubrando su queste tematiche, che mi è tornata in mente una delle mie prime interviste, quando conobbi un operatore umanitario di Peace Brigades International, rientrato dalla Colombia, che tra i tanti aneddoti mi parlò anche della Settimana della salute mentale.

Lavoro molto duro quello degli operatori delle Peace Brigades, impegnati all'epoca (primi anni Duemila) a presenziare al fianco dei difensori dei diritti umani e i campesinos, spesso tra l'incudine e il martello delle FARC e i paramilitari, all'epoca del conflitto interno colombiano. Complice l'elevato stress a cui erano sottoposti, il personale veniva "invitato" a vivere la cosiddetta "settimana della salute mentale". Non voglio neanche lontanamente paragonare gli stress della vita metropolitana con certe situazioni, ma che sempre di più l'umanità stia ribollendo per mille fattori, è un triste e sconsolante dato di fatto.

Da qualche giorno sono arrivato a Schiavonea (Cs). Il mare è bellissimo in Calabria. Ogni giorno mi risveglio e in pochi minuti di camminata sono sotto l'ombrellone davanti al Mar Ionio. Almeno 2-3 volte al giorno controllo email varie di lavoro e se ho richieste via social, rispondo subito; ieri mi è successo alle sette di sera su Messenger mentre ero ancora in spiaggia. Questo non è stress, è semplicemente il lavoro di chi, come avrebbe detto il Checco Zalone di Quo vado?, è stato condannato alla partita IVA. Col mio lavoro non si stacca mai davvero (reporter, comunicazione, social media editor), ma in questi e nei prossimi giorni, è indubbio che respirerò un'aria diversa e più rilassata. Mi basterà fino alla prossima estate?

Forse una settimana di break ogni due mesi è troppo per chi non vive sotto le bombe, ma siamo proprio sicuri che sia così? Quanto si lavora meglio quando la mente è più rilassata e nell'immediato futuro non si vede solo l'ennesima cavalcata tra impegni, scadenze e obblighi quotidiani? E' indubbio che i prossimi mesi saranno ancora segnati dagli effetti collaterali del covid, e non sappiamo ancora se dovremo affrontare ulteriori limitazioni. Pandemia o meno, prenderci più tempo da dedicare alla nostra salute psicofisica è, e resterà sempre, il più grande investimento che possiamo fare per il benessere nostro, di chi ci sta intorno e anche per una resa ottimale nell'ambito lavorativo.

mercoledì 28 luglio 2021

Finlandia, il mio primo viaggio da papà

In viaggio per la Finlandia, durante una baby-pausa in Lapponia © Luca Ferrari

Ero diventato papà da pochi mesi, quattro anni fa (esatti) ci stavamo tutti amorevolmente imbarcando alla scoperta della Finlandia, spingendoci fino in Lapponia. 

di Luca Ferrari

Il volo diretto fino a Helsinki. I primi chilometri su strada verso Hanko. Il silenzio gentile di Molpe a due passi dal confine svedese. Il battello verso la TempleOfTheDoggiana isola di Hailuoto. E poi via, verso la Lapponia a trovare Babbo Natale e le sue renne. Tutto questo sarebbe già magnifico. Un reportage in Finlandia è già di per sé un'esperienza fantastica se non fosse che nel mio caso, coincise anche con il mio primo viaggio da papà. Un'esperienza nell'esperienza. Ogni miglio, un piccolo miracolo d'amore da tramandare e un giorno raccontargli, sfogliando quell'immenso album umano dove i ricordi si mescolano alle emozioni più intense.

Sono le 10.20 di un afosissimo venerdì 28 luglio 2017 quando il mio aereo Finnair decolla dall'aeroporto Marco Polo di Venezia destinazione Helsinki. Dopo aver realizzato reportage in Norvegia, tra Bergen e il Sognefjord, in Svezia (tra cui Goteborg, l'incredibile arcipelago di Smogen, la placida Uppsala), e toccando anche la Danimarca (senza però mai averla davvero esplorata , ndr), per chiudere il mio cerchio scandinavo mancava solo lei, la Finlandia. Unica nazione della penisola a essere membro dell'Unione Europea e con l'euro come valuta, a differenza delle tre nazioni sopracitate, ciascuna con la propria corona.

Rispetto a quei tre reportage però, nessun collega dei media online o della carta stampata è seduto al mio fianco. Accanto al sottoscritto ci sono mia moglie, tra le altre sue doti una valente fotografa, e una minuscola creatura venuta al mondo pochi mesi prima. L'ultima volta che avevo sentito il rombo dell'aereo sfrecciare sotto il mio stomaco (agitato), eravamo in dolce attesa. L'ultima volta che avevo collezionato una "copiosa dose" di miglia, ero andato oltre l'Atlantico, in Canada, alla scoperta delle province orientali fino a raggiungere l'isola del Principe Edoardo. Adesso è tutto meravigliosamente cambiato. Oggi siamo in tre a volare, per la prima volta. Eccoci, siamo in volo!

In volo verso la Finlandia © Luca Ferrari

"[...] stiamo camminando insieme,
e non è più solo una questione di aurora rinviata
... non vi terrò informati di ogni mio pensiero
però prometto
di adattarmi quanto prima
alle strade ricoperte di alberi
senza accelerare mai... attenzione,
non ho mai fatto accenno
al destino... per quello siamo ancora
in perfetto orario..."
                                         (aereo Venezia-Helsinki, 28 Luglio 2017)

È il primo volo del bambino ed è sempre in braccio alla mamma. Fila tutto liscio. Il personale della compagnia aerea è gentilissimo. Dall'aeroporto alla città, ci arriviamo in treno. Fa caldo. L'impatto è un po' estraniante ma è solo questione di (poche) ore. Muovo i primi passi. Prendiamo confidenza. Ripenso a tutta quella patetica dietrologia sull'avere un figlio, che ti dovrebbe limitare, e l'idea del cambiamento come minaccia alla propria quiete. Sono padre da poco più di quattro mesi e sto per incominciare un viaggio incredibile. Passano le ore e la temperatura (per fortuna) inizia a calare. La prima notte finnica trascorre serena. Il piccolo ha mantenuto i suoi ritmi italiani. Scendiamo per la prima colazione. Ad attenderci, un mix dolce-salato. A fianco a noi, l'inseparabile guida Routard.

 La prima colazione a Helsinki, pianificando il giro della Finlandia © Luca Ferrari

Nei limiti delle nostre possibilità, pianifichiamo la visita a Helsinki. Con l'aiuto dei tram locali e una pratica daily card, ci immergiamo subito nell'arte sacra della Capitale, prima arrivando in cima alla Cattedrale di Uspenski o della Dormizione (diocesi ortodossa), poi ammirando l'ancor più imponente Cattedrale (luterana), dall'ampia scalinata. Una bella passeggiata insieme a un "tenero fardellino", comodamente appoggiato sulle spalle. Nel pomeriggio ci affidiamo a un placido ferry boat per goderci l'isola di Suomenlinna. Il piccolo in passeggino si gode il nuovo mondo, guardando e reclamando pappa ogni qual volta ne senta necessità.

L'anima di un viaggio è il movimento. Per me che sono un residente di un'isola senza strade, lo è ancor di più la macchina. Ed è solo quando mi metto al volante in una terra straniera che mi sento davvero lontano e all'avventura. Arriva così il momento di salutare Helsinki. Le valigie sono sistemate con il passeggino sopra di esse. L'ovetto è ben sigillato. Dopo un piacevole tragitto di oltre 120 km, raggiungiamo Hanko (regione dell'Usimaa), piccola e rinomata località affacciata sul Golfo di Finlandia, oltre le cui distese marine ci sono Estonia e Svezia. Lungo il percorso, i caratteristici cartelli stradali indicano il possibile passaggio di alci.

L'alloggio prenotato con Airbnb è davvero carino. Abbiamo un giardino condiviso con il titolare, papà anch'esso, e la sua famiglia. Sul tavolo ci ha lasciato un omaggio culinario e un orsacchiotto per nostro figlio. Ci sgranchiamo le gambe sul lungomare. C'è la sabbia e ci sono le rocce. La gente prende il sole e qualcuno fa anche il bagno. C'è un porto per imbarcazioni private. L'aria marina mette appetito e i sapori locali reclamano spazio, così entriamo in un negozietto che vende pesce fresco e già preparato per la consumazione. Mangiamo sul posto degli ottimi hamburger di pesce, uno stufato di patate e delle fette di pane imburrate con margarina, tutte cose che ancora oggi sono solito Proustianamente preparare a casa, ripensando alla Finlandia. Compriamo anche del pesce locale da cucinarci la sera.

Specialità locali finniche ad Hanko © Luca Ferrari
Lasciamo Hanko con molta nostalgia. Siamo appena all'inizio di questa esperienza ma il calore umano che abbiamo incontrato, e che sarà una costante durante tutta l'esperienza finnica, inizia subito a toccarci l'anima. Il viaggio prosegue. Grazie all'attivazione della connessione internet mobile sui territori UE, ci affidiamo interamente a Google Maps, raggiungendo anche piccoli angoli da sogno, immersi nella solitudine del verde. È il caso di Mökki Merikarvian rantatien varrella, a Pori. La padrona di casa, ubicata dalla parte opposta del sentiero, ci rifornisce di tutto per la colazione. In ogni abitazione abbiamo chiesto un lettino per neonati, trovandolo sempre. Piccoli giacigli ben curati che mi convincono di non essere il solo a viaggiare in così tenera compagnia.

"[...] adesso è notte
e non sento alcun desiderio
di starmene lontano né richiedere l’amicizia
di unicorni o fattucchiere... sarà forse
perché accanto a me
ho tutto ciò che amo? Da sotto il cielo intanto
radici di fragole
si scambiano posto nella costante evoluzione
di un tramonto mai concluso [...]
                                                   (Pori, 1 Agosto 2017)

Il panorama lacustre appena fuori la casa di Eija-Riitta, poco lontano da Pori

Ed è sempre all'insegna del maestoso viaggiare on the road che continua l'avventura, andando ancora più a nord. Guidare in Finlandia, esattamente come in Canada, è puro relax. Nessun sorpasso da incosciente. I finlandesi guidano rilassati rispettando i limiti. Lungo la strada, mentre è al volante mia moglie, immortalo un'uscita, Turku. Non potevo sapere che di lì a pochi giorni, il 17 agosto 2017, la cittadina finlandese sarebbe stata teatro di un attentato terroristico che costò la vita due persone e il ferimento di altre sei. Una tragica pagina di cronaca che mi fece tremare all'idea di vedere la vita della mia famiglia distrutta per sempre. Una pagina che mi farà sentire ancor più vicino all'amica Finlandia.

Il viaggio continua. Altri 170 km abbondanti, costeggiando il mare, fino a raggiungere l'area di Molpe, nei pressi dell'arcipelago della Kvarken, nel Golfo di Botnia sul Mar Baltico settentrionale. Un'area di 80 km tra Finlandia e Svezia inserita nel patrimonio mondiale dell'UNESCO il 1 luglio 2018, com'è anche inciso su una roccia dirimpetto il panorama arboreo. Ceniamo fuori. L'aria è fresca ma per nulla fredda. Insieme al piccolo guardiamo il panorama. Con la testolina appoggiata a me, gli do il biberon. Chiudo gli occhi sentendo solo il suo tenero ciucciare e la brezza eolica. Lì, tra casette rosso porpora con il tetto a V rovesciata, una nuova pagina di vita tinge pennellate come se fossi un artista sotto dettatura di una musa innamorata:

"...da che parte sono le stelle viventi?
Qui tutto si assomiglia
ma è solo una riflessione sulla bellezza
circostante [...]"
                          (Molpe, 2 Agosto 2017)

La deliziosa casetta di Sonja e Viking fuori Molpe © Luca Ferrari

Una sola notte in questo angolino di autentico paradiso, alloggiati alla Sweet, little house close to coast 1/2 h to Vaasa di Sonja, e poi un'altra fetta di Finlandia di quasi 400 km fino a prendere il ferry boat per raggiungere Hailuoto, un'isoletta puntellata di fattorie, mulini a vento in legno e moderni parchi eolici. A parte qualche pit stop lungo la strada per le inevitabili poppate, il piccolino è sempre tranquillo. Mentre siamo in viaggio, la creatura dorme e guarda il mondo lì fuori. Un giorno lo potrà rivivere nelle nostre parole. Un giorno magari ci torneremo con qualche annetto di più, ma per questo c'è ancora tempo. Adesso è di nuovo tempo di lasciar scrivere il cuore:

"[...] è stato un deciso atto
di presenza verso la più comune
sensazione d’immortalità... ho tempo
per un’ultima emozione
prima di privare le mie paure
della loro risibile discesa?... sincerità è volere
                                                                        (Hailuoto, 3-4 Agosto 2017)

Lasciamo il mare puntando a uno di quei posti da fiaba, anzi la fiaba per eccellenza: il natale. Questa volta nel gps dello smartphone inseriamo la città di Rovaniemi, in Lapponia, dimora del vero e unico Babbo Natale. In quelle quattro ore necessarie per raggiungere la meta, dopo una breve tappa nella frizzante Oulu, arriva l'ora della poppata. Ci siamo solo noi e Madre Natura. Accostiamo sulla strada e mia moglie provvede. Poco dopo, un grosso automezzo si ferma. Un uomo e una donna scendono, e avvicinandosi chiedono se abbiamo bisogno di aiuto. Li ringrazio quasi commosso. Ci salutiamo cordialmente. Proseguiamo, facendo la conoscenza delle prime renne della nostra vita.

Rovaniemi è un'autentica rivelazione. Non solo per il Villaggio di Santa Claus, ma anche per il bellissimo Arktikum Museum, in un viaggio tra storia, geologia e con vista (video) addirittura sull'aurora boreale.

Viaggio dentro l'Arktikum Museum di Rovaniemi © Luca Ferrari

"[...] una linea glaciale
si è presa in grembo
tutta la praticità del mondo... la tenera storia
di una ciotola e una canoa
ha permesso che orsi e alci potessero
avvicinarsi
e poi fare ritorno dentro
la mia vita [...]
                                  (Rovaniemi, 5-6 Agosto ’17)

Fa caldo, considerato che siamo al Circolo Polare Artico. Non come quest'anno che il termometro ha sfondato il muro dei 30 gradi (!), ma si difende con 19 abbondanti. D'accordo che siamo in agosto ma non mi sarei mai immaginato che il mio primo incontro con Babbo Natale fosse a questi livelli climatici (sig. Trump, lei che dice?). Con orgoglio imprimo sul passaporto il timbro Arctic Circle Napapiri Polarkereis, quindi, travolto dalla magia natalizia, m'incammino per una costosa ma doverosa e grande fotografia insieme a Lui, Santa Claus, insieme a mia moglie e mio figlio, promettendogli che un giorno torneremo a trovarlo.

L'ufficio di Santa Clause nell'omonimo villaggio a Rovaniemi, in Lapponia © Luca Ferrari

La strada chiama. Punto a est, nel cuore del Parco Nazionale di Oulanka, sempre in Lapponia. Altri 200 km in mezzo al nulla, o meglio, in mezzo al verde finlandese. La noia non so cosa sia. Sono nel cuore di una terra bellissima. A fianco a me, tutto il significato della vita. Incrociamo pochi automezzi e renne in abbondanza.

On the road tra le renne della Lapponia © Luca Ferrari

Le frenesie e lo stress del Bel paese qui sembrano un ricordo sbiadito. Non è solo una questione di esserci per un breve periodo, anche i bambini sono più rilassati e non assillati dal costante controllo genitoriale. A dispetto del limite di 80-100 km/h su una strada che si potrebbe andare anche a 120/30, nessuno va più veloce del necessario. Si chiama rispetto. Si chiama civiltà.

Dal documentario alla realtà. Essere in una piccola baita in mezzo a un parco nazionale? Da oggi posso dire di aver vissuto questa esperienza. L'avviso che nei boschi si potrebbero anche intravedere degli orsi mi fa dolcemente sprofondare nella dimensione Disneyana di Koda Fratello Orso, storia dove sono presenti anche le luci del Nord (dicasi aurora boreale=. Passiamo due giorni così. Cade la pioggia ma non ci fermiamo. Percorriamo i sentieri segnati e anche un ponticello che fa molto Indiana Jones. Il piccolo fagottino è sulle mie spalle. Tutti ben coperti e col cappuccio per ripararci. La sera mangiamo specialità locali davanti al caminetto.

Ho ancora qualche giorno da vivere in Finlandia ma l'idea di tornare nella "civiltà", mi fa sentire un acuto dolore per l'imminente fine del viaggio. Non prima però di rifugiarmi ancora nell'ispirazione:

"hanno già detto che la storia è infinita,
hanno perfino cantato
quanto il sole possa essere solitario
e selvaggio... ora sto ammirando
tutto questo nel medesimo istante...
[...] osserverò il mio riflesso
fino ad addormentarmi e quando l’incanto
inonderà di rugiada il risveglio,
allora saprò
di non voler più tornare indietro..."
                                                          (Oulanka, 6-7 Agosto 2017)

Il nostro giaciglio nel Parco Nazionale di Oulanka, in Lapponia © Luca Ferrari

Prima di abbandonare la Lapponia, facciamo un'ultima tappa a Kuusamo. Una celebre meta sciistica, più solitaria in questa fase dell'anno, dove tra gli impianti di risalita troneggia la statua del fondista  Kalevi Oikarainen (1936-2020), medaglia d'oro nella 50 km ai Campionati Mondiali 1970 di sci nordico di Strbské Pleso (ex-Cecoslovacchia), originario proprio della suddetta cittadina finlandese. Qui riesco a godermi un incredibile spettacolo di luce notturna:

"[...] oggi come allora
mi bastano pochi minuti
per scomporre i panorami delle finte cartoline
... prima di accasciarmi
ho fatta piazza pulita di ogni scanalatura
... sono pronto, puoi toccare le forme
del mio nuovo respiro...
                                        (Kuusamo, 7 Agosto ’17)

Il tempo è tiranno. È di nuovo tempo di rimpacchettare tutto, destinazione Savonlinna, affacciata sul lago Saimaa tra panorami lacustri e il castello di Olavinlinna, risalente alla fine del XV secolo. Un'ultima meta nella bellissima Porvoo (regione Usimaa) dove purtroppo non riusciamo ad alloggiare, ma dove sostiamo nel Cafe Helmi, una caffetteria storica con immagini d'epoca e delle prelibatezze dolciarie cui è impossibili resistere. Un'atmosfera che pare rimandare al tempo degli Zar russi, sorseggiando infusi bollenti e mangiando soffici torte.

 L'elegante arredo della Cafe Helmi Porvoo © Luca Ferrari

Il tempo passa. L'aeroporto di Helsinki-Vantaa dista solo poco più di mezz'ora da Porvoo. Il viaggio è ormai alle battute finali. Ripenso a quello che ho appena vissuto e allora un consiglio spicciolo a tutte le neo-famiglie lo voglio proprio dare: siate egoisti, per voi stessi e i vostri figli! Non "cedete alla tentazione" di dover condividere per forza il vostro tempo libero con terzi in questa delicata, unica e meravigliosa fase delle vostre vite. Abbiamo poco tempo per stargli accanto e vivere incredibili esperienze. Sono partito per la Finlandia con la più straordinaria delle compagnie e ancora oggi ripenso a quei giorni, raccontandoli a mio figlio e assicurandogli che vivremo tante avventure insieme, tornando anche lì, dove i nostri viaggi sono cominciati insieme.

Sfatiamo infine il mito del "freddo nordico". Forse una volta, non lo so. Vivo a Venezia e troppo spesso vedo insofferenza nei confronti dei turisti: non lo sopporto! Non c'è cosa più bella dell'arrivare in una terra straniera e sentirsi ben accolti. Sono partito verso una nazione sconosciuta e ho sempre trovato ad accogliermi un calore autentico e sincero. Ci ripenso ancora oggi. Lo sto facendo proprio ora. Ogni abitazione dove ho soggiornato, ciascuna con la sua piccola sauna, si è presa un pezzetto del mio cuore e allo stesso tempo me ne hanno donato uno le persone incontrate. In ogni casa dove ho dormito, ho lasciato una piccola lacrima di gioia.

Consegniamo la macchina direttamente in aeroporto (delle tante soluzioni provate, la modalità migliore in assoluto quando si tratta di autonoleggio, prevedendo però un ragionevole anticipo). Guardo la "mia" auto bianca con quella tipica voglia di chi vorrebbe risalire a bordo e non andarsene più, sfrecciando verso l'ignoto. Saliamo in aereo. Il piccolo e mia moglie guardano sereni fuori dal finestrino, io molto meno. Poco importa (dicasi strizza da partenza). Mi concentro su di loro. Riguardo sul telefono le tante foto scattate in Finlandia. So che è banale, ma mi rifiuto di credere che questo sia un addio. Questo è solo un dolcissimo arrivederci. Ho ancora qualche pensiero da tramandare e poi vi saluto per davvero:

"[...] Chi di voi non è stato ancora coinvolto?
Ad anima intatta e traboccante,
non saprei più cosa raccontarvi
... non prima almeno
di aver ricominciato a setacciare
ogni sguardo dei vostri benvenuto"
                                                          (Porvoo, 11 Agosto ’17)

A zonzo per Helsinki (di sfondo la cattedrale di Uspenski) © Luca Ferrari
Helsinki, la cattedrale luterana © Luca Ferrari
Il litorale sabbioso di Hanko © Luca Ferrari
On the road verso Molpe, e l'uscita di Turku © Luca Ferrari
Un delizioso alloggio finlandese preparato con il lettino © Luca Ferrari
L'arcipelago del Kvarken, patrimonio dell'UNSESCO © Luca Ferrari
Scorcio dell'isola di Hailuoto © Luca Ferrari
Renne in Lapponia © Luca Ferrari 
Il villaggio di Babbo Natale, a Rovaniemi (Lapponia) © Luca Ferrari
I sentieri nel Parco Nazionale di Oulanka, in Lapponia © Luca Ferrari
I sentieri nel Parco Nazionale di Oulanka, in Lapponia © Luca Ferrari
Il monumento al fondista Kalevi Oikarainen, a Kuusamo © Luca Ferrari
Scorcio marino di Savonlinna © Luca Ferrari