sabato 23 ottobre 2021

San Martino e gli amici di Halloween

L'atmosfera di Halloween e il dolce di San Martino © Luca Ferrari

La festa d'importazione Halloween contro la tradizionale San Martino. Ma perché? Ma non dovrebbero essere i bambini a scegliere, semmai, di godersi entrambe?

di Luca Ferrari

La festa di San Martino, sì. La festa di Halloween, no! Ma è davvero così difficile essere semplicemente felici per i nostri figli, o comunque per i bambini in generale, senza doverci mettere di mezzo teorie pseudo-culturali sul fatto che una festa vada celebrata perché "nostra" e l'altra, al contrario, osteggiata perché commerciale e di altrui provenienza? E perché poi una festa deve per forza escludere l'altra? Ma soprattutto, al centro della scena non ci dovrebbe essere il sano divertimento dei più piccini, per altro ancora pesantemente condizionato dalla pandemia? Storie quotidiane di folli scontri tra la globalizzata Halloween (31 ottobre) e la tradizionale San Martino (11 novembre).

Per la mia generazione nata nella seconda metà degli anni Settanta, Halloween non era che una menzione su qualche testo scolastico d'inglese o la scena di un film americano. Una giornata senza scuola che di sicuro ci sarebbe garbato vivere in compagnia e senza i genitori "tra i piedi". Con il carnevale ancora lontano, a chi non sarebbe piaciuto vestirsi da una  creatura dell'orrore, andando per le case a chiedere dolciumi, e magari per i più grandicelli partecipare a qualche festa a tema, scambiandosi il primo "mostruosamente" romantico bacio adolescenziale?

Viceversa, come tradizione vuole a Venezia, San Martino lo abbiamo celebrato tutti da bambini. Pur scavando di gran lena nella mia memoria però, non ho ricordi di chissà quale sostegno del mondo adulto verso noi "piccoli" sull'invadere le strade nel nome di San Martin, anzi! Molto spesso l'11 novembre era sinonimo di fastidio per il chiasso che la suddetta scatenava. Le persone che un tempo si lamentavano, oggi probabilmente sono le stesse che si ergono a difensori delle sacre tradizioni locali, puntando il dito-scure contro la carnevalata di scherzetto e dolcetto.

A partire dal febbraio 2020, com'è tristemente noto, il mondo intero è profondamente cambiato e ciò che era semplice normalità, oggi è guardato con preoccupazione. Alle soglie del 31 ottobre 2021, quanti lascerebbero i propria figli mettersi in bocca dolci o caramelle, preparate e/o toccate da esimi sconosciuti senza il minimo problema? Idee personali a parte, mi riesce comunque difficile immaginare di vedere le case dei veneziani invase da orde di "creaturine" con sacchetti bramanti cioccolatini e quant'altro. Molto più facile sarà incontrare gli strimpellatori di San Martino che come vuole la tradizione, batteranno pentole e padelle per avere qualche zecchino (soldino).

In più di un'occasione, da anni ormai, nel vociare di calli, fondamenta e campielli, si ode la crociata anti-Halloweenesca e pro San Martin. Viviamo in un mondo globalizzato e come la religione a scuola non è più ad appannaggio di quella cattolica, anche le festività hanno iniziato ad aprirsi, in particolare (ovviamente) quelle dal facile appeal e dai ricchi introiti commerciali, com'è per l'appunto Halloween. Da quando poi "mastro" Tim Burton ci ha regalato il capolavoro animato Nightmare Before Christmas (1993), Halloween è entrato di prepotenza nella nostra cultura. Personalmente non l'ho mai festeggiato, ma con la famiglia "allargata", trovo doveroso vivere momenti spensierati con San Martino e Halloween.

Dalla Regata Storica alla Vogalonga, passando per il Carnevale, la festa della Sensa, le celebrazioni della Madonna della Salute (21 novembre) e il Redentore (terzo sabato di luglio), Venezia ha le sue feste-tradizioni come ogni città nel mondo. In quest'epoca moderna e in apparenza informata però, sembra ormai che "tradizione" sia ridicolmente inconciliabile con "culture differenti". Ma se una festa venuta da lontano fosse talmente "potente" (...) da oscurarne un'altra, allora dovremmo guardare in casa nostra e capire perché sia stata messa da parte, facendo un po' di autocritica invece di demonizzare ciò che non si incunea nei canali di ciò che vogliamo (pretendiamo).

Ottobre 2021, vi racconto una nuova storia.

C'era una volta un nobile proveniente dalla remota Pannonia (l'odierna Ungheria), che fiero cavalcava. Il suo nome era Martino. Vicino a una radura vide un vecchio coperto di stracci, quasi morto dal freddo, così si apprestò a soccorrerlo. Sebbene l'anziano fosse realmente in pericolo, dei briganti si erano nascosti, in attesa proprio di qualche buon'anima che sarebbe accorsa in suo aiuto, per poi derubarla. Così accadde. D'improvviso uscirono dalla boscaglia per depredare il cavaliere che si trovò quasi subito sopraffatto nonostante il coraggio.

Qualcun altro però stava guardando "da dentro la boscaglia". Qualcuno che occhi mortali non avrebbero saputo distinguere. Mi è difficile descriverli. Hanno chiesto l'anonimato a causa del loro "spaventevole" aspetto. Piccoli spiritelli mostruosi e dall'animo burlesco, ma altrettanto probi nel cuore. E ciò che videro non gli piacque proprio! Il giovane coraggioso stava per fare una brutta fine quand'eccoli intervenire, tutti insieme, lottando fianco a fianco. Adesso c'era parità di forze. I bruti furono sconfitti, il vecchio ebbe salva la vita e dei nuovi amici. Da allora diventarono inseparabili, e chi ha avuto la fortuna di incontrarli ne parla come "L'invincibile compagnia di Martin & Co."

Un "mostruoso" lavoretto realizzato per Halloween in una scuola materna © Luca Ferrari
Un dolce casalingo di San Martino appena sfornato © Luca Ferrari
Siamo pronti per - dolcetto o scherzetto - © Luca Ferrari
Il bassorilievo sulla facciata della chiesa di San Martino (Venezia) © Luca Ferrari
Un dolce di Halloween dalla forma mostruosa di una zucca © Luca Ferrari
Il tipico dolce di San Martino di una pasticceria veneziana © Luca Ferrari

sabato 16 ottobre 2021

La placida Radda in Chianti

Radda in Chianti (Si), Palazzo del Podestà © Luca Ferrari

Tra le colline del Chianti senese, nel tratto iniziale della valli dell'Arbia e della Pesai, si adagia la placida Radda, un universo artistico-culturale tutto da scoprire.

di Luca Ferrari

Il dolce scenario della campagna toscana è tutt'intorno a me. Valli che s’incontrano. Fiumi che nuotano. E lì, da più di quattromila anni, Radda in Chianti si sveglia sotto la benevola quiescenza di raggi solari. Per raggiungere la mia meta, Castellina in Chianti e la sua necropoli etrusca è già alle mie spalle. Uscito dal centro abitato, la deviazione è poco dopo sulla destra, mentre la  strada principale prosegue verso Panzano, Greve, quest'ultima città natale dell'esploratore Giovanni da Verrazzano e il caratteristico borgo di Montefioralle.

La statale SSR49 che collega Castellina e Radda è semplicemente meravigliosa. 11 km circa di curve e curvette che si adattano a Madre Natura. Una volta arrivato, prima di ancora di perdermi nelle viuzze laterali dell’antico capoluogo della Lega del Chianti, un monumento attira subito la mia attenzione. Trattasi di opera dedicata ai Caduti. Tre differenti lapidi ricordano. Al centro, la targa alle vittime della II Guerra Mondiale, “che hanno servito in armi sotto ogni bandiera”.

In tempi recenti sono state aggiunte altre due targhe commemorative. La prima, il 3 novembre 2002, alle vittime degli attentati terroristici dell’11 Settembre, “unite idealmente a tutti i caduti in tempo di pace, tempo di speranza in una giustizia universale che porti la concordia fra tutti i popoli”. Sei anni dopo, nel 2008, nell’anniversario della Liberazione, un’altra targa dedicata al partigiano Gino Fabbri detto Lampo, “ucciso dal fuoco nazista il 17 luglio 1944 nei pressi di Albola”

Lasciato qualche pensiero, inizio a salire lungo via Roma. Una scalinata conduce alla Propositura di San Nicolò, chiesa a croce latina in facciata neogotica, risalente alla seconda metà del XIII secolo. Al centro, sopra la porta d’ingresso, una scultura raffigurante la Madonna col Bambino realizzata in terracotta ai lati, due angeli in terracotta smaltata in bianco.

In origine la facciata era diversa, ma i bombardamenti della II Guerra Mondiale non risparmiarono nemmeno Radda, così iniziarono le opere di restauro che portarono anche alla riqualificazione della piazzetta fronte edificio, e la realizzazione di una caratteristica fontana dove l’acqua sgorga da un “innocuo” muso leonino.

E proprio di fronte, il Palazzo di Podestà. Come due amici che si guardano l’un l’altro, la sede del potere comunale, con tanto di bandiera tricolore e dell’Unione Europea a sventolare di fuori.  Edificio 400esco, per quattro secoli ha avuto sede il Capitano della Lega del Chianti. Ricostruzione e ampliamenti a parte, l’aspetto che colpisce di più sono gli stemmi dei vari Podestà che si sono avvicendati nel corso del tempo, situati sulla facciata d’ingresso, e alcuni risalenti anche al XV secolo. E lì in cima, sopra l’orologio e lo stesso tetto, una piccola campana

Fatta indigestione di architettura, proseguo nella passeggiata. Edifici in pietra. Addobbi floreali un po’ dappertutto trasmettono un’indistruttibile sensazione di serenità. Uscito dall’abitato, arrivo giusto in tempo per godermi il sole calante, mentre si mimetizza nel verde delle colline del Chianti. In attesa di riprendere la strada il giorno dopo, verso il cielo e le stelle invisibili e regalare a questa terra un nuovo momento di memoria umana.

Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari