mercoledì 16 novembre 2022

Perché l'Italia rimpiange il fascismo?

Ghetto ebraico di Venezia, lapide commemorativa © Luca Ferrari

Il fascismo è stato uno dei peggiori abomini nella storia dell'umanità eppure in Italia viene ancora ricordato con nostalgia. Ma come è possibile? 

di Luca Ferrari

Com’è possibile? Com'è possibile che l’Italia appaia ancora divisa sul giudizio storico del fascismo? Il fascismo è stato un abominio umano, senza se e senza ma. E se fino a una ventina d'anni fa (quasi) ci si vergognava a sbandierare pubblicamente la propria simpatia per le camice nere, il vento adesso è decisamente cambiato (e non fischia quasi più, ndr). Sì, il fascismo, proprio quello. Un movimento politico brutale che riversò la sua feroce violenza contro chiunque la pensasse diversamente. Il fascismo, sì, quello delle leggi razziali e dell’alleanza (voluta) con Adolf Hitler e il nazismo. Il fascismo, sì, quello della spietata aggressione all'Etiopia e dei campi di sterminio nell'ex-Jugoslavia

All'Ateneo Veneto intanto, la più antica istituzione culturale di Venezia in attività, martedì 22 novembre (Sala Lettura, ore 18.00) si svolge la presentazione del volume L’ombra lunga del fascismo. Perché l’Italia è ancora ferma a Mussolini, di Sergio Rizzo e Alessandro Campi (Milano, Solferino 2022). "Ci si può stupire se nel 2022, a un secolo dall’avvento del fascismo, c’è una ditta che produce e vende su e-Bay magliette celebrative della Marcia su Roma, o se torna di moda il saluto romano, dalle curve degli stadi ai consigli comunali?" si legge. "Perché alla fine della guerra molti fascisti sono rimasti al loro posto; perché sono tutt’ora in vigore 249 leggi, decreti, regolamenti in cui compare la parola - razza -".

Anche la città di Venezia ha conosciuto le angherie nere. Il ghetto ebraico di Venezia è un museo a cielo aperto della memoria, tra cui la lapide dedicata al presidente della comunità ebraica veneziana, Giuseppe Jona, che pur di non consegnare la lista degli ebrei presenti, si suicidò. Uomini, donne e bambini, in particolare tra il 1943 e il 1944, furono strappati alle loro case e deportati nei lager dell'annientamento. Furono 246 in tutto gli ebrei veneziani catturati e mandati a morire. Tra questi, anche l'anziano rabbino Adolfo Ottolenghi insieme agli altri ospiti della Casa di Ricovero Israelitica. Una lapide ricorda i loro nomi in Campo del Ghetto Nuovo, insieme al monumento che lo scultore Blatas ha dedicato alla Shoà. Anno dopo anno si aggiungono nuove pietre d'inciampo con i nomi di tutti i deportati. Mi chiedo: anche di queste "scorribande" i neo-fascisti hanno nostalgia?

Venezia, pietre d'inciampo © Luca Ferrari

In prima linea sul fronte nostalgico, la Destra politica italiana che non smette di ricordarci quanto bravo sia stato Mussolini (e non solo lui), dimenticandosi però di menzionare tutto l'orrore che sparse in Italia e in altre parti del mondo. In mezzo a quell'inferno ci finì anche una bambina, tal Liliana Segre, miracolosamente scampata al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, e oggi Senatrice a vita della Repubblica Italiana. Lei, superstite e testimone vivente della Shoah, oggi collega dell'on. Ignazio La Russa, Presidente del Senato, e sempre nostalgico dei "bei tempi delle camice nere". Chissà  se l'on. La Russa avrà mai il coraggio di guardare negli occhi Liliana spiegandole cosa rimpiange di quel "nobile ventennio".

Erede (furba) della cultura fascista, anche l'attuale Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, tra i fondatori del partito Fratelli d'Italia, erede diretto dell'MSI - Movimento Sociale Italiano, partito d'ispirazione neofascista (diciamo così), sorto all'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, e il cui simbolo della fiamma tricolore è stato ripreso da FI. Tra i fondatori di quest'ultimo, Giorgio Almirante, cui il nostro Premier gli dedicò un generoso tweet un paio di anni fa. Ma chi era Giorgio Almirante? Leggiamo con attenzione il suo tributo:

Il tweet di Giorgia Meloni dedicato a Giorgio Almirante

Per quanti non lo sapessero, Giorgio Almirante fu uno strenuo sostenitore di Benito Mussolini, Segretario e tra le prime firme del periodico italiano "La difesa della razza" dove fu pubblicato il vergognoso Manifesto della RazzaUn uomo che non dimenticheremo mai, ha twittato l'on. Meloni. Immagino che le migliaia di vittime dei rastrellamenti fascisti concorderanno con lei: non  dimenticheranno mai quell'uomo, complice e sostenitore incallito di quell'abominio umano che è stato e sempre sarà il fascismo.

Da giornalista, ma ancor di più da essere umano, mi piacerebbe chiedere alla Presidente Meloni quale sia stata la grandezza di quest'uomo, e magari lo spiegasse anche a tutti quelle persone che hanno perso parenti nei forni crematori nazi-fascisti e(o sono state torturate dai loro aguzzini. Ma perché sorprendersi di questo italico attaccamento al duce? Se un politico può esprimere simili opinioni in barba alla Legge Scelba (1952), riuscendo a ricoprire anche una delle massime cariche dello Stato, c'è ben poco da rispondere. Sulla carta, l'apologia di fascismo è reato, nella pratica non lo è. Mai. E l'agonizzante erede della Sinistra sa al massimo attaccare in modo sterile solo quando c'è odore di elezioni.

Fascisti macellai, in casa e fuori dai patri confini. Ed è proprio oltre quest'ultimi che si continua a fare propaganda portando avanti una delle più grosse bugie storiche: il mito degli italiani brava gente, con la Destra che nel tempo è stata furbissima "ad accaparrarsi" la memoria della tragedia delle foibe causata da Tito e i partigiani slavi, facendo passare l'Italia come unica vittima, senza che in tutto questo il fascismo non avesse alcuna responsabilità. Prima e durante la II Guerra Mondiale l'Italia di Mussolini si macchiò di orrendi crimini contro l'umanità, incluso l'uso di gas nervino ai danni della popolazione africana in barba al protocollo di Ginevra (1925) e la creazione, fra i tanti, di campi di concentramento nei territori dell'ex-Jugoslavia.

L'Italia uscì sconfitta dalla guerra, sì, ma allo stesso tempo fu riabilitata agli occhi dell'opinione pubblica dai partigiani e venne presa sotto l'ala protettrice degli Alleati. Com'è tipico della cultura italiana, il problema non fu affrontato ma nascosto. Il fascismo fu incautamente messo in naftalina, senza alcun processo pubblico né confronto con le vittime. Al contrario l'intera Germania si è dovuta confrontare con i crimini del nazismo, e tutt'oggi è ancora costretta a farlo. L'Italia di Mussolini, no. Perché? Ce lo chiediamo ancora e sempre di più oggi, a più di 75 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ce lo chiediamo mentre la politica scherza con gli spettri dell'orrore nero per guadagnare consensi nella melma dell'ignoranza. Se lo chiedono quelle bambine e bambini, strappati alle loro famiglie e mandati a morire nel nome di non si sa bene quale ideologia superiore.

Perché l'italia rimpiange Mussolini? Ce lo chiediamo in parecchi e più di tutti, i diretti discendenti di quegli innocenti trucidati dal fascismo.

Manifestazione del 25 aprile, la festa della Liberazione © Luca Ferrari