martedì 2 ottobre 2018

L'arte sacra dei Tolentini

Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - monumento funebre Morosini © Luca Ferrari
Giornate Europee del Patrimonio 2018. A tu per tu con gli operatori dell'arte e della conservazione nella chiesa dei Tolentini, a Venezia. Un'esperienza davvero unica.

di Luca Ferrari

Venezia è viva. Venezia e la sua arte sono un tesoro inestimabile. Non basta internet. Non è sufficiente la televisione né l’entrare nella sola Basilica di San Marco. Ci vuole molto di più. Sabato 22 settembre, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2018, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, in collaborazione con l’Università Internazionale dell'Arte (UIA), è stata realizzata una lunga e appassionante incursione dentro la storia, l’iconografia e i recenti restauri della chiesa di San Nicola da Tolentino (vulgo dei Tolentini).

“La chiesa di San Nicola da Tolentino dovrebbe essere al centro di ogni percorso culturale di questa città” esordisce subito l’architetto Elisabetta Rosa Norbiato nella quiete del campiello dei Tolentini (sestiere di Santa Croce), prima di entrare in chiesa “La Soprintendenza ha il compito di tutela e conservazione del patrimonio. Avvalendosi della collaborazione dell’UIA con i suoi cantieri-scuola, è stato possibile seguire ogni singola fase dei molteplici interventi di restauro senza eccessiva fretta e beneficiando così, di una qualità molto rara nel campo dei lavori pubblici: la lentezza, intesa non come inefficienza ma riflessione”.

Il XVI secolo è stato un’epoca assai turbolenta per la Chiesa Cattolica: sacco di Roma, diaspora e riforma Luterana. Forti di un'inflessibile missione al servizio dei più deboli, l’Ordine dei Teatini, fondato da Gaetano Thiene poi diventato Santo, sbarcò in laguna deciso tanto a mantenere saldi i rapporti con la Città Eterna quanto a lasciare il segno nella Serenissima nel nome dell’impegno e dell’umiltà. Furono sufficienti pochi anni infatti ed ecco arrivare i primi lasciti delle famiglie nobili. A dispetto dell’accumulo di risorse, la congregazione rimase coerente con il proprio voto di povertà, atteggiamento questo che li farà mettere in luce tra le personalità di spicco di Venezia.

“I Teatini dunque cominciano a costruire la chiesa” spiega ancora la dott.ssa Norbiato, “In principio affidata a Vincenzo Scamozzi, l’architetto vicentino venne poi sostituito dal veneziano Andrea Tirali che completò l’opera con un pronao Palladiano arricchito da sei colonne corinzie e portando così l’opera sul piano neoclassico. Altra firma di prestigio nella chiesa, quella di Baldassarre Longhena che metterà la propria maestria al servizio dell’altar maggiore”.

I presenti ascoltano con evidente interesse e curiosità ma è solo l’inizio. Salgono (davvero) di livello le emozioni quando ci viene permesso in via eccezionale per le Giornate Europee del Patrimonio, di avvicinarci all’altar maggiore e dunque trovarsi a un palmo di naso dall’imponente monumento funerario del patriarca Francesco Morosini. “Senza dubbio l’episodio più spettacolare e innovativo dal punto di vista del linguaggio scultoreo” chiarisce subito la storica dell’arte, dott.ssa Giulia Altissimo.

Realizzato nel XVII secolo mentre il Morosini era ancora in vita, come specifica l’iscrizione in basso, il monumento ha una struttura piramidale complessa. Autore dell’opera, il genovese Filippo Parodi. “Non è un dettaglio indifferente” chiarisce la dott.ssa Altissimo, “Caratteristica dell’Ordine dei Teatini infatti, il rivolgersi ad artisti foresti. Sulle tracce del Bernini, il monumento è a dir poco grandioso, lanciando il Patriarca verso la vita eterna incarnata da San Marco”.

Il lavoro ai Tolentini ha fatto emergere un ulteriore e importante dettaglio, quello della percezione collettiva. “Il restauro è una disciplina che si deve confrontare anche con il gusto del pubblico” ha poi concluso la funzionaria della Soprintendenza, “Per le opere più grandi della storia dell’arte esiste un protocollo internazionale che prevede, proprio in caso di restauri, il mostrarlo in corso d’opera, e a più riprese. In questo modo le persone si potranno abituare gradualmente alla versione restaurata. Nel caso della chiesa dei Tolentini, sulle finiture affrescate delle pareti della chiesa è stato rinvenuto uno strato intermedio di ocra-dorato sotto il grigio-azzurro. Dopo accurati ragionamenti tra più soggetti, è stato deciso di non farlo emergere lasciandolo disponibile per un suo eventuale utilizzo futuro”.

Le chiese sono degli organismi molto delicati e solo una porzione di esse è disponibile per le visite. Oggi no. Il senso delle Giornate Europee del Patrimonio 2018 è anche questo: far avvicinare davvero la gente all’arte e la sua storia, passata e presente, facendogliela quasi toccare (e si ribadisce quasi, ndr). Poste queste doverose premesse, l’esperta restauratrice e docente dell’Università Internazionale dell’Arte, Natascia Girardi, ci prende per mano conducendoci dietro l’altar maggiore. Lì inizia il suo viaggio, carica di quella passione per il proprio lavoro che traspare in ogni minuziosa descrizione che ha voluto condividere.

Il restauro è un lavoro di squadra” esordisce, “I cantieri-scuola dell’UIA rappresentano un’opportunità di sperimentazione, analisi critica ed esecuzione. Una delle primissime e fondamentali operazioni in un lavoro di restauro è l’identificazione dei materiali che compongono l’opera. Sul monumento Morosini abbiamo riscontrato un vero e proprio palinsesto di materiali, che dal punto di vista conservativo è talvolta sinonimo di grossi problemi di intervento poiché i suddetti si muovono tra loro in modo distinto e subiscono inoltre le sollecitazioni derivanti dalla struttura architettonica”.

“Tra le peculiarità di questo lavoro ai Tolentini” ha poi proseguito la stessa, “ci siamo trovati a mettere mano sullo stucco forte costituito da calcite, gesso, magnesite e aggregati lapidei, silicei e cocciopesto. Capire come procedere non è stato semplice. Abbiamo dovuto ragionare con la Soprintendenza. La grande parasta, che a prima vista sembrava un unico blocco nero, in realtà trattasi di più lastre di un marmo rosso genovese. Altra tecnica rivelatasi in corso d’opera, la doratura a missione: una tecnica che prevede la stesura di una lamina metallica fatta aderire, per mezzo di una colla e/o di un olio, direttamente al supporto preventivamente preparata con bolo rosso (argilla).

Mi estraneo qualche minuto. Sento un fortissimo richiamo al celeberrimo Libro dell’arte di Cennino Cennini e tutte le sue “ricette” di tecniche pittoriche (ma non solo). Il mondo lì fuori è in costante fermento. In questo momento staranno di sicuro nascendo nuove applicazioni e dalle varie Cupertino nuove funzionalità a portata di touch che tutti a breve si appresteranno a utilizzare. Qui invece, raccolto nel presbiterio della Chiesa dei Tolentini a Venezia, c’è la vera condivisione di un sapere antico, oggigiorno sempre più vitale per mantenere in vita l’opera secolare dell’essere umano.

Natascia Girardi entra poi nel merito anche degli studenti che iniziano la loro attività di tecnico del restauro di beni culturali sotto la sua guida e degli altri docenti in forza alla scuola che ha sede nell’isola della Giudecca. "Tutte queste persone che formiamo in UIA hanno grandi capacità ma soprattutto una grande possibilità: lavorare sulle opere d’arte. Al termine del triennio formativo gli studenti acquisiscono l’Attestato di qualifica professionale eligibile  nel mondo del lavoro, sia in Italia che all’estero".

Nell’immaginario collettivo, quando si parla di restauro, si pensa subito tuta bianca, spatolina e maschera. Una visione questa assai striminzita, non realizzando quanto lavoro ci sia prima e durante, oltre ovviamente all’attività manuale sui ponteggi. “Tra le prime fasi condotte ai Tolentini, c’è stata la campionatura che ci ha permesso di capire  il comportamento dei materiali”, ha sottolineato Natascia Girardi, “Le tavole tematiche sono fondamentali per documentare l’attività svolta. Oltre a rimanere agli atti, servono anche per chiarire alcuni aspetti dell’opera che ai più non è dato conoscere. L’entusiasmo tra gli studenti è sempre tantissimo, ed è l’opera stessa a darlo a tutti noi. La possibilità di starle vicino. La possibilità di studiarla e conservarla”.

Approfittando di un piccolo break-domanda, mi avvicino ancora al monumento funebre del Morosini. Degno tributo a un uomo il cui Patriarcato durò per oltre trent’anni dal 1644 al 1678. Gli sono davanti. La mia macchina professionale è appoggiata nella sua custodia a terra. Le comunicazioni con l’esterno sono azzerate. Adesso ci siamo solo noi, io e l'arte. Non voglio appunti. Non voglio dettagli. M'interrogo. Afferro i miei pensieri. Li vedo penetrare il materiale lapideo e uscirne ancora più incuriositi e affascinati. Guardo la Storia. L’ascolto. Sento le giornate susseguirsi. I rumori del passato votati all’immortalità. Sono passati più di 300 anni da quando venne realizzato e chissà chi ci sarà al mio posto tra altrettanto tempo, a farsi ispirare.

Tra gli intervenuti ai Tolentini in occasione di questa straordinaria visita della chiesa, oltre a ex-studenti che hanno direttamente lavorato sull’apparato decorativo del transetto e altri tutt’ora iscritti, c’è anche il docente (UIA) di fotografia diagnostica Erio Gardan, che disponibile, ha fatto luce su un altro importante aspetto. “Andiamo a rivelare i problemi per dare la possibilità ai restauratori di valutare anche con la fotografia quale sia l’entità del danno e dello stato attuale. Dobbiamo restituire quello che è. Non dobbiamo inventare nulla”.

“Non va sottaciuto poi il problema della funzionalità del cantiere di restauro” ha analizzato l’architetto Giovanna Ferrari, direttore dei lavori “Si deve convivere con la funzionalità, le celebrazioni religiose e la comunità dei parrocchiani. Va calcolato il periodo, la tempistica e la conformazione per cercare di trovare una certa armonizzazione. Sull’opera non ci deve essere la mano di un’artista ma quella umile e attenta di un professionista che cerca di ridare vita a qualcosa che la vita sta spegnendo. Questo è il segreto del bravo restauratore”.

“Molto importanti sono anche i ponteggi” prosegue, “Strutture speciali che devono avere apposite normative di sicurezza a tutela dei restauratori e di tutti coloro che ci dovranno passare. Qui sono saliti (e saliranno ancora) studenti che non hanno mai avuto prima esperienze di lavoro simili. È compito nostro educarli al corretto approccio agli strumenti, all’educazione dei movimenti e dell’attenzione, nell’abbigliamento, al comportamento più consono e alla prudenza. Tutto questo conciliandolo con la delicata attività che devono svolgere”.

Il pubblico è abituato a studiare l’arte senza troppo indagarla. Si documenta sul tipo di pianta. Le opere degli artisti presenti in essa. L’architetto che realizzò il progetto. Eventualmente le tecniche decorative e pittoriche. C’è moltissimo di più. C’è un universo di informazioni capace di far davvero innamorare dell’arte. Come ha sottolineato l’architetto Norbiato, “La differenza la fanno le persone”. Non potrei essere più d’accordo. Se sono qui, oggi, a raccontarvi questo intenso momento di condivisione artistica delle Giornate Europee del Patrimonio dalla chiesa di San Nicola da Tolentino a Venezia, il merito è tutto dei protagonisti che mi hanno davvero lasciato qualcosa dentro e sono certo, duraturo nel tempo. Proprio come un battistero ben realizzato e un successivo restauro altrettanto ben eseguito.

Venezia, l'interno della chiesa di San Nicola da Tolentino © Luca Ferrari
Veneziachiesa dei Tolentini - il monumento funebre del Patriarca F. Morosini © Luca Ferrari
Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - (da sx)
la storica dell'arte Giulia Altissimo, gli architetti Elisabetta Rosa Norbiato e Giovanna Ferrari © Luca Ferrari
Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - dettaglio monumento funebre Morosini © Luca Ferrari
Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - altar maggiore  © Luca Ferrari
Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - tavole tematiche dei giovani tecnici del restauro © Luca Ferrari

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