sabato 20 ottobre 2018

I pancake del sabato mattina

 Pancakes in padella, e poi preparati insieme a un ricco cappuccino e sciroppo d'acero © Luca Ferrari
Sarà che il Canada mi scorre dentro l’anima e il "pancino", per me la vera colazione è quella con i pancake fatti in casa e abbondante sciroppo d’acero. Buon weekend a tutti.

di Luca Ferrari

Lievito, cremor tartaro, lattefarina 00, burro, uova e ovviamente lui, lo sciroppo d'acero. Per fare i pancake servono questi semplici ingredienti. Non possono però mancare anche calma, relax e il tempo (abbondante) per gustarseli a dovere. La colazione coi pancake ormai è un must dei miei sabato e/o domenica mattina. Mai stato un fan dell'italiana tazzina al bar e via. Blasfemia pura. La colazione si fa a casa. La si gusta in relax con indosso ancora la fuliggine dei sogni sulle palpebre e se proprio volessimo strafare, l'ideale è accompagnare il tutto con una sana lettura cinematografica.

 Pancakes in preparazione © Luca Ferrari
 Pancakes in preparazione in padella © Luca Ferrari
 Pancakes in preparazione in padella © Luca Ferrari
 Pancake con sciroppo d'acero e il film I, Tonya © Luca Ferrari
Pancake con sciroppo d'acero © Luca Ferrari
Pancake con sciroppo d'acero © Luca Ferrari
Pancake con sciroppo d'acero e il film The Post © Luca Ferrari

giovedì 18 ottobre 2018

Venezia, la regata sprint della solidarietà

Canale di Cannaregio – regata sprint Trofeo Città di Venezia © Luca Ferrari
La voga alla veneta, sport simbolo della città di Venezia, scende in "acqua" nel nome della solidarietà per sostenere le associazioni di volontariato che operano sul territorio.

di Luca Ferrari 

Voga per la solidarietà. Domenica 14 ottobre è stata una giornata di festa a Venezia lungo le acque del canale di Cannaregio. Nel corso della mattinata infatti si è svolta la 13° edizione del Trofeo “Città di Venezia”, la regata sprint nel nome della solidarietà. Un evento promosso dall'associazione “Remiere Punta San Giobbe” a sostegno delle associazioni di volontariato operanti in città. “Una vera e propria gara" ha sottolineato il consigliere delegato per la tutela delle tradizioni del Comune di Venezia, Giovanni Giusto.

"Una regata sprint a cronometro individuale con tanto di giudici cronometristi e classifiche ufficiali in cui per una volta i veri protagonisti non sono gli atleti ma le associazioni di volontariato che essi rappresentano" ha poi ribadito, "Un'occasione speciale per far conoscere ai cittadini l'attività che queste svolgono e il ruolo essenziale che hanno nella vita della nostra città. La manifestazione inoltre sarà anche un grande volano per promuovere la voga alla veneta. Un modo di stare in barca unico al mondo. Una tradizione, e se vogliamo anche una filosofia di vita, patrimonio della sua storia, che Venezia non solo deve preservare ma divulgare sempre più (anche) tra le giovani generazioni”.

Aldilà di ciò che dice il calendario, questo ottobre veneziano pare più un eco primaverile che non un'ascesa autunnale. In acqua sono scesi nove equipaggi, uno per ognuna delle otto associazioni remiere presenti più un ultimo formato dai giovani vogatori veneziani più promettenti. Ogni equipaggio non rappresentava dunque la propria remiera di appartenenza ma una delle nove associazioni di volontariato sostenute, vestendone pure i colori. Nel dettaglio: Aita, Aido, Airc, Avapo, Amici del Cuore, AVIS - Associazione Volontari Donazione Sangue. Anffas, Ail e Alice. Ad aprire la manifestazione, le Pink Lioness, quindi la gara.

Canale di Cannaregio – le pink lioness © Luca Ferrari
Fondamenta di Cannaregio – gli stand delle associazioni di volontariato © Luca Ferrari
Canale di Cannaregio – regata sprint Trofeo Città di Venezia © Luca Ferrari
Canale di Cannaregio – regata sprint Trofeo Città di Venezia © Luca Ferrari
Canale di Cannaregio – regata sprint Trofeo Città di Venezia © Luca Ferrari
Canale di Cannaregio – regata sprint Trofeo Città di Venezia © Luca Ferrari
Canale di Cannaregio – regata sprint Trofeo Città di Venezia © Luca Ferrari
Canale di Cannaregio – regata sprint Trofeo Città di Venezia © Luca Ferrari
Canale di Cannaregio – regata sprint Trofeo Città di Venezia © Luca Ferrari

martedì 2 ottobre 2018

L'arte sacra dei Tolentini

Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - monumento funebre Morosini © Luca Ferrari
Giornate Europee del Patrimonio 2018. A tu per tu con gli operatori dell'arte e della conservazione nella chiesa dei Tolentini, a Venezia. Un'esperienza davvero unica.

di Luca Ferrari

Venezia è viva. Venezia e la sua arte sono un tesoro inestimabile. Non basta internet. Non è sufficiente la televisione né l’entrare nella sola Basilica di San Marco. Ci vuole molto di più. Sabato 22 settembre, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2018, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, in collaborazione con l’Università Internazionale dell'Arte (UIA), è stata realizzata una lunga e appassionante incursione dentro la storia, l’iconografia e i recenti restauri della chiesa di San Nicola da Tolentino (vulgo dei Tolentini).

“La chiesa di San Nicola da Tolentino dovrebbe essere al centro di ogni percorso culturale di questa città” esordisce subito l’architetto Elisabetta Rosa Norbiato nella quiete del campiello dei Tolentini (sestiere di Santa Croce), prima di entrare in chiesa “La Soprintendenza ha il compito di tutela e conservazione del patrimonio. Avvalendosi della collaborazione dell’UIA con i suoi cantieri-scuola, è stato possibile seguire ogni singola fase dei molteplici interventi di restauro senza eccessiva fretta e beneficiando così, di una qualità molto rara nel campo dei lavori pubblici: la lentezza, intesa non come inefficienza ma riflessione”.

Il XVI secolo è stato un’epoca assai turbolenta per la Chiesa Cattolica: sacco di Roma, diaspora e riforma Luterana. Forti di un'inflessibile missione al servizio dei più deboli, l’Ordine dei Teatini, fondato da Gaetano Thiene poi diventato Santo, sbarcò in laguna deciso tanto a mantenere saldi i rapporti con la Città Eterna quanto a lasciare il segno nella Serenissima nel nome dell’impegno e dell’umiltà. Furono sufficienti pochi anni infatti ed ecco arrivare i primi lasciti delle famiglie nobili. A dispetto dell’accumulo di risorse, la congregazione rimase coerente con il proprio voto di povertà, atteggiamento questo che li farà mettere in luce tra le personalità di spicco di Venezia.

“I Teatini dunque cominciano a costruire la chiesa” spiega ancora la dott.ssa Norbiato, “In principio affidata a Vincenzo Scamozzi, l’architetto vicentino venne poi sostituito dal veneziano Andrea Tirali che completò l’opera con un pronao Palladiano arricchito da sei colonne corinzie e portando così l’opera sul piano neoclassico. Altra firma di prestigio nella chiesa, quella di Baldassarre Longhena che metterà la propria maestria al servizio dell’altar maggiore”.

I presenti ascoltano con evidente interesse e curiosità ma è solo l’inizio. Salgono (davvero) di livello le emozioni quando ci viene permesso in via eccezionale per le Giornate Europee del Patrimonio, di avvicinarci all’altar maggiore e dunque trovarsi a un palmo di naso dall’imponente monumento funerario del patriarca Francesco Morosini. “Senza dubbio l’episodio più spettacolare e innovativo dal punto di vista del linguaggio scultoreo” chiarisce subito la storica dell’arte, dott.ssa Giulia Altissimo.

Realizzato nel XVII secolo mentre il Morosini era ancora in vita, come specifica l’iscrizione in basso, il monumento ha una struttura piramidale complessa. Autore dell’opera, il genovese Filippo Parodi. “Non è un dettaglio indifferente” chiarisce la dott.ssa Altissimo, “Caratteristica dell’Ordine dei Teatini infatti, il rivolgersi ad artisti foresti. Sulle tracce del Bernini, il monumento è a dir poco grandioso, lanciando il Patriarca verso la vita eterna incarnata da San Marco”.

Il lavoro ai Tolentini ha fatto emergere un ulteriore e importante dettaglio, quello della percezione collettiva. “Il restauro è una disciplina che si deve confrontare anche con il gusto del pubblico” ha poi concluso la funzionaria della Soprintendenza, “Per le opere più grandi della storia dell’arte esiste un protocollo internazionale che prevede, proprio in caso di restauri, il mostrarlo in corso d’opera, e a più riprese. In questo modo le persone si potranno abituare gradualmente alla versione restaurata. Nel caso della chiesa dei Tolentini, sulle finiture affrescate delle pareti della chiesa è stato rinvenuto uno strato intermedio di ocra-dorato sotto il grigio-azzurro. Dopo accurati ragionamenti tra più soggetti, è stato deciso di non farlo emergere lasciandolo disponibile per un suo eventuale utilizzo futuro”.

Le chiese sono degli organismi molto delicati e solo una porzione di esse è disponibile per le visite. Oggi no. Il senso delle Giornate Europee del Patrimonio 2018 è anche questo: far avvicinare davvero la gente all’arte e la sua storia, passata e presente, facendogliela quasi toccare (e si ribadisce quasi, ndr). Poste queste doverose premesse, l’esperta restauratrice e docente dell’Università Internazionale dell’Arte, Natascia Girardi, ci prende per mano conducendoci dietro l’altar maggiore. Lì inizia il suo viaggio, carica di quella passione per il proprio lavoro che traspare in ogni minuziosa descrizione che ha voluto condividere.

Il restauro è un lavoro di squadra” esordisce, “I cantieri-scuola dell’UIA rappresentano un’opportunità di sperimentazione, analisi critica ed esecuzione. Una delle primissime e fondamentali operazioni in un lavoro di restauro è l’identificazione dei materiali che compongono l’opera. Sul monumento Morosini abbiamo riscontrato un vero e proprio palinsesto di materiali, che dal punto di vista conservativo è talvolta sinonimo di grossi problemi di intervento poiché i suddetti si muovono tra loro in modo distinto e subiscono inoltre le sollecitazioni derivanti dalla struttura architettonica”.

“Tra le peculiarità di questo lavoro ai Tolentini” ha poi proseguito la stessa, “ci siamo trovati a mettere mano sullo stucco forte costituito da calcite, gesso, magnesite e aggregati lapidei, silicei e cocciopesto. Capire come procedere non è stato semplice. Abbiamo dovuto ragionare con la Soprintendenza. La grande parasta, che a prima vista sembrava un unico blocco nero, in realtà trattasi di più lastre di un marmo rosso genovese. Altra tecnica rivelatasi in corso d’opera, la doratura a missione: una tecnica che prevede la stesura di una lamina metallica fatta aderire, per mezzo di una colla e/o di un olio, direttamente al supporto preventivamente preparata con bolo rosso (argilla).

Mi estraneo qualche minuto. Sento un fortissimo richiamo al celeberrimo Libro dell’arte di Cennino Cennini e tutte le sue “ricette” di tecniche pittoriche (ma non solo). Il mondo lì fuori è in costante fermento. In questo momento staranno di sicuro nascendo nuove applicazioni e dalle varie Cupertino nuove funzionalità a portata di touch che tutti a breve si appresteranno a utilizzare. Qui invece, raccolto nel presbiterio della Chiesa dei Tolentini a Venezia, c’è la vera condivisione di un sapere antico, oggigiorno sempre più vitale per mantenere in vita l’opera secolare dell’essere umano.

Natascia Girardi entra poi nel merito anche degli studenti che iniziano la loro attività di tecnico del restauro di beni culturali sotto la sua guida e degli altri docenti in forza alla scuola che ha sede nell’isola della Giudecca. "Tutte queste persone che formiamo in UIA hanno grandi capacità ma soprattutto una grande possibilità: lavorare sulle opere d’arte. Al termine del triennio formativo gli studenti acquisiscono l’Attestato di qualifica professionale eligibile  nel mondo del lavoro, sia in Italia che all’estero".

Nell’immaginario collettivo, quando si parla di restauro, si pensa subito tuta bianca, spatolina e maschera. Una visione questa assai striminzita, non realizzando quanto lavoro ci sia prima e durante, oltre ovviamente all’attività manuale sui ponteggi. “Tra le prime fasi condotte ai Tolentini, c’è stata la campionatura che ci ha permesso di capire  il comportamento dei materiali”, ha sottolineato Natascia Girardi, “Le tavole tematiche sono fondamentali per documentare l’attività svolta. Oltre a rimanere agli atti, servono anche per chiarire alcuni aspetti dell’opera che ai più non è dato conoscere. L’entusiasmo tra gli studenti è sempre tantissimo, ed è l’opera stessa a darlo a tutti noi. La possibilità di starle vicino. La possibilità di studiarla e conservarla”.

Approfittando di un piccolo break-domanda, mi avvicino ancora al monumento funebre del Morosini. Degno tributo a un uomo il cui Patriarcato durò per oltre trent’anni dal 1644 al 1678. Gli sono davanti. La mia macchina professionale è appoggiata nella sua custodia a terra. Le comunicazioni con l’esterno sono azzerate. Adesso ci siamo solo noi, io e l'arte. Non voglio appunti. Non voglio dettagli. M'interrogo. Afferro i miei pensieri. Li vedo penetrare il materiale lapideo e uscirne ancora più incuriositi e affascinati. Guardo la Storia. L’ascolto. Sento le giornate susseguirsi. I rumori del passato votati all’immortalità. Sono passati più di 300 anni da quando venne realizzato e chissà chi ci sarà al mio posto tra altrettanto tempo, a farsi ispirare.

Tra gli intervenuti ai Tolentini in occasione di questa straordinaria visita della chiesa, oltre a ex-studenti che hanno direttamente lavorato sull’apparato decorativo del transetto e altri tutt’ora iscritti, c’è anche il docente (UIA) di fotografia diagnostica Erio Gardan, che disponibile, ha fatto luce su un altro importante aspetto. “Andiamo a rivelare i problemi per dare la possibilità ai restauratori di valutare anche con la fotografia quale sia l’entità del danno e dello stato attuale. Dobbiamo restituire quello che è. Non dobbiamo inventare nulla”.

“Non va sottaciuto poi il problema della funzionalità del cantiere di restauro” ha analizzato l’architetto Giovanna Ferrari, direttore dei lavori “Si deve convivere con la funzionalità, le celebrazioni religiose e la comunità dei parrocchiani. Va calcolato il periodo, la tempistica e la conformazione per cercare di trovare una certa armonizzazione. Sull’opera non ci deve essere la mano di un’artista ma quella umile e attenta di un professionista che cerca di ridare vita a qualcosa che la vita sta spegnendo. Questo è il segreto del bravo restauratore”.

“Molto importanti sono anche i ponteggi” prosegue, “Strutture speciali che devono avere apposite normative di sicurezza a tutela dei restauratori e di tutti coloro che ci dovranno passare. Qui sono saliti (e saliranno ancora) studenti che non hanno mai avuto prima esperienze di lavoro simili. È compito nostro educarli al corretto approccio agli strumenti, all’educazione dei movimenti e dell’attenzione, nell’abbigliamento, al comportamento più consono e alla prudenza. Tutto questo conciliandolo con la delicata attività che devono svolgere”.

Il pubblico è abituato a studiare l’arte senza troppo indagarla. Si documenta sul tipo di pianta. Le opere degli artisti presenti in essa. L’architetto che realizzò il progetto. Eventualmente le tecniche decorative e pittoriche. C’è moltissimo di più. C’è un universo di informazioni capace di far davvero innamorare dell’arte. Come ha sottolineato l’architetto Norbiato, “La differenza la fanno le persone”. Non potrei essere più d’accordo. Se sono qui, oggi, a raccontarvi questo intenso momento di condivisione artistica delle Giornate Europee del Patrimonio dalla chiesa di San Nicola da Tolentino a Venezia, il merito è tutto dei protagonisti che mi hanno davvero lasciato qualcosa dentro e sono certo, duraturo nel tempo. Proprio come un battistero ben realizzato e un successivo restauro altrettanto ben eseguito.

Venezia, l'interno della chiesa di San Nicola da Tolentino © Luca Ferrari
Veneziachiesa dei Tolentini - il monumento funebre del Patriarca F. Morosini © Luca Ferrari
Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - (da sx)
la storica dell'arte Giulia Altissimo, gli architetti Elisabetta Rosa Norbiato e Giovanna Ferrari © Luca Ferrari
Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - dettaglio monumento funebre Morosini © Luca Ferrari
Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - altar maggiore  © Luca Ferrari
Venezia, chiesa di San Nicola da Tolentino - tavole tematiche dei giovani tecnici del restauro © Luca Ferrari

lunedì 1 ottobre 2018

Olanda, il parco nazionale De Hoge Veluwe

Parco Nazionale De Hoge Veluwe, cervi © Hans Drijer
Laghi e i tipici colori viola-rosa delle brughiere. Viaggio nel parco nazionale De Hoge Veluwe, in Olanda, casa di numerose specie (animali e vegetali) a rischio estinzione.

Paesi Bassi, terra col pollice verde. Per gli amanti della natura, il nord Europa-orange sa regalare scenari non indifferenti a cominciare dal Gaasterland,paesaggio boscoso in Frisia i cui colori cambiano al variare delle stagioni, o il De Oostvaardersplassen, particolare ecosistema creato con la bonifica dei polder. Degno di nota è anche l’Eemgebied, parco naturale che prende il nome dal Eem, l'unico fiume sorge in Olanda. Qui si trovano tanti fattorie antiche, costumi tradizionali e piccole cittadine che lo circondano. Di questo paesaggio non si riesce a dire se ci sia più acqua o più terra.

Si possono fare passeggiate a piedi in bici o giri in barca in questo parco naturale. I migliori osservatori scopriranno delle bellissime orchidee. Potete osservare gli uccelli dalla Waterlandse Zeedijk e sulla Gouwzee. De Wieden e de Weerribben è invece conosciuto come uno dei più bei parchi palustri dell'Europa. Caratterizzato da una ricchissima varietà di flora (rara), farfalle, insetti, pesci, una popolazione di caprioli, insieme a uccelli di vari tipi. Ancor più particolare è il Waterland, più acqueo che terreno.

Nella verde regione del Veluwe (per la maggior parte del suo territorio ricoperta da boschi) ha invece sede il parco nazionale De Hoge Veluwe .Non lo si può neanche chiamare attrazione ma un vero e proprio tesoro incontaminato di natura e bellezza. Dune sabbiose, brughiere e foreste, i biglietti da visita. Il parco (recintato) ha tre ingressi pubblici: a sud (Schaarsbergen), nord-est  (Hoenderloo) e nord-ovest, a Otterlo dove si trova uno dei più bei musei d’Olanda, il Kröller-Müller Museum, dove sono conservati numerosi dipinti del genio impressionista Vincent Van Gogh.

Percorribile sia a piedi che in bici, il parco è casa di numerose specie (animali e vegetali) a rischio estinzione. Le specie arboree sono relativamente giovani. Gli alberi sono stati piantati dopo il 1870. Magnifici esemplari di mufloni, cervi, cerbiatti, volpi, scrofe selvatico, sono alcuni dei simpatici animali con cui è possibile avere un incontro. Alfine di conservare la tranquillità della zona, tutte le attività sono concentrate nell’area centrale del parco. Nessuno corre il rischi di annoiarsi. Un’ampia gamma di attività sportive e culturali (incluso il Museonder, un museo sotterraneo incentrato sulla geologia e biologia della Veluwe) vengono quotidianamente organizzate, per piccoli e adulti.

Parco Nazionale De Hoge Veluwe, il parco © Ad Germing 
Parco Nazionale De Hoge Veluwe, Hoenderloo © Het Nationale Park De Hoge Veluwe
Parco Nazionale De Hoge Veluwe, cerbiatti © Hans Drijer
Parco Nazionale De Hoge Veluwe, il parco © Het Nationale Park De Hoge Veluwe
Parco Nazionale De Hoge Veluwe, cinghiali © Hans Drijer
Parco Nazionale De Hoge Veluwe, muflone © Hans Drijer
Parco Nazionale De Hoge Veluwe, il parco © Hans Drijer