lunedì 22 dicembre 2014

Belly Christmas, auguri di buon natale

 

da sx - le danzatrici Alice PattiJenny MinisiniSilvia ScottiAntonella Rubino,
Manuela Minardi, Monia Allocchio e Virginia Danese 

Per gli auguri più danzanti si è fatto avanti un neo-gruppo di Belly-Babbe Natale, tra pensieririflessioni e speranzeBelly Christmas a tutte/i.

di Luca Ferrari

“Ho iniziato a praticare danza del ventre quest'anno, per ritagliarmi un momento tutto mio al di fuori della routine lavorativo-familiare e i tanti stress quotidiani” si confessa Manuela Minardi, “la danza mi ha dato un motivo in più per sorridere e conoscere nuove amiche. Spero che nel 2015 continui a farmi star bene e mi dia più sicurezza in me stessa: riuscire in movimenti e coreografie lontani dalla mia tradizione mi dà molta soddisfazione. Spero che sempre più persone possano avvicinarsi alla cultura araba, anche solo attraverso la danza, per abbattere preconcetti e barriere infondate”.

InterioritàScoperta di nuovi linguaggiAccettazioneRinascita. Anche a natale la danza orientale fa ciò che ha sempre fatto. Accoglie nuove adepte che subito rispondono con entusiasmo e curiosità. Sotto la guida dell'esperta danzatrice Virginia Danese (membro dell'ensemble Tribal Troubles), un nuovo gruppo di danza del ventre si è formato. Registratore aperto dunque ai perché/percome di queste nuove allieve della grande famiglia bellydance.

“Ho incontrato la danza per caso e sono bastate poche lezioni per farmi sentire meglio” racconta Monia Allocchio, “auguro alla danza di entrare nella vita di tante donne e farle sentire un po' più belle e felici”. Sulla stessa lunghezza d'onda, la collega Jenny Minisini, che con estrema sincerità spiega: “Dopo momenti di malattia e tristezza, la danza del ventre mi sta aiutando ad accettarmi per quella che sono ora, Mi aiuta a sentirmi viva e il ritmo coinvolgente riesce a catapultarti in etnie completamente diverse dalla nostra. Mi auguro che la danza aiuti tutti e soprattutto che unisca popoli di tutto il mondo”.

“Ho deciso di sperimentare la danza del ventre perché ero incuriosita da questa realtà così diversa dai miei percorsi intrapresi negli anni precedenti (ho praticato kung fu per 14 anni)” racconta la giovane Silvia  Scotti, “per la prima volta ho dovuto usare il mio corpo cercando di essere femminile e aggraziata. Con mia grande sorpresa la cosa si è rivelata divertente e in un certo senso stimolante. Credo che questa danza sia molto utile per ogni donna per incrementare la sensualità e l'autostima di ognuna di noi”.

“Questo tipo di danza e musica mi ha sempre affascinato. Appena ho raggiunto l'età per poterla apprendere, ho fatto una giornata di prova e anche se ero abbastanza impacciata, me ne sono subito innamorata perché mi sentivo a mio agio: un benessere sia fisico ma soprattutto mentale” si analizza nel profondo Alice Patti, “grazie a essa mi sento già più sicura di me stessa. Un buon proposito per il 2015, per me è diventare sempre più capace come la mia bravissima maestra. Virginia infatti non si limita a insegnarci la pratica in sé, ma ci rende partecipi delle curiosità sulle origini e tradizioni usate in questo ballo (Virginia è anche mediatrice culturalendr). Alla danza auguro di essere sempre di più conosciuta per come è nata”.

Infine Antonella Rubino, per la quale l'aver iniziato a imparare la danza del ventre ha equivalso al realizzare un autentico sogno nel cassetto, definendo la suddetta pratica “un momento per se stessi dove si ritrova serenità,  gioia e ti fa apprezzare il tuo corpo”. “Per l'anno prossimo” ha poi concluso, “mi auguro continui a regalarmi questo benessere e ancora altri bellissimi momenti condivisi con il gruppo che si è creato”.

Last but not least, lei. Virginia Danese, da dieci anni in prima linea sul fronte bellydance. Pensieri alla mano, fa molto di più che augurare altri 365 giorni di danze a tutte, guardando al rapporto di chi viene da lei per imparare, “Per quanto lavorare con una passione sia molto bello, non significa automaticamente che sia facile. Al contrario lavorare con le persone è tanto bello quanto impegnativo".

“Le allieve sono tante e diverse, ognuna con i propri tempi, i propri punti di forza e le proprie fragilità. Ognuna con aspettative differenti” prosegue poi la danzatrice milanese, "Tu sei lì e hai il dovere di rispondere ai loro diversi bisogni e non sempre è facile. Quindi ringrazio la danza perché ogni giorno mi fa lavorare su me stessa  richiedendomi un grande lavoro in termini di metodo, capacità di comunicazione e, perché no, anche di pazienza.

Allo stesso tempo mi rende spettatrice dei cambiamenti di chi la pratica e ti ripaga di tutte le fatiche. Io vedo le allieve che iniziano come boccioli che piano piano si rinforzano per poi sbocciare e trasformarsi in bellissimi fiori. Ogni donna ha tutte le potenzialità per farlo e la danza aiuta in questo senso, basta accoglierla e accettare di impararla con i propri tempi.

È una danza per donne di tutte le età e sono contenta che anche ragazze molto giovani decidano di avvicinarvisi. Non è mai troppo presto per imparare ad apprezzarsi e a sentirsi più sicure di sé, così come non è mai troppo tardi per regalare un po' di tempo a se stesse. In una società che ci vuole perfette mi auguro che la danza orientale riesca a rompere queste costrizioni e a insegnare a sempre più donne che siamo belle anche con la pancetta e anzi, come dico sempre, che la pancetta è necessaria e – va coltivata – per fare lo shimmy”.

le belly Babbe Natale
(da sx in alto) - Jenny MinisiniAntonella RubinoMonia AllocchioSilvia Scotti,
(da sx in basso) - Alice Patti, Virginia Danese e Manuela Minardi

sabato 13 dicembre 2014

Volo, me la faccio sotto e atterro

In volo da Londra a Venezia, sopra le Alpi © Luca Ferrari
Ho volato e volerò ancora. Nel mio bagaglio a mano però, lei non manca mai: la cosiddetta “cacarella”. Storia di un anomalo trasvolatore.

di Luca Ferrari

A ridosso del natale 2003 m'imbarcai all'aeroporto Amerigo Vespucci di Firenze destinazione New York Newark. Neanche tre anni dopo me ne andai dalla parte opposta del mondo, a Bangalore in India. Passa qualche anno durante i quali scorrazzo su e giù per l'Europa a fare reportage di viaggi ed eccomi di ritorno negli States, raggiungendo questa volta l'amata Seattle. Quindi pochi mesi fa riprendo il largo dei cieli, sbarcando sull'isola di Cuba. Liberi di non credermi, ma io non amo “particolarmente” volare. Anzi, ogni volta che parto sono alquanto nervoso.

Lo stress della partenza. Le prime curve nel cielo. I classici vuoti d'aria più o meno forti in fase di atterraggio. Volare non è per tutti. Per la maggioranza non è nulla di diverso dal prendere un autobus, per altri è uno sforzo immane (celebre il caso dell'ex-calciatore olandese Dennis Bergkamp che ne aveva talmente paura che non partecipò mai alle trasferte dell'Arsenal qualora si prendesse un aereo). Io appartengo alla terra di mezzo. Volo, e tanto anche, ma sono sempre alquanto agitato.

La mia attività di trasvolatore dei cieli è iniziata nel giugno 1992, atterrando nell'allora aeroporto Punta Raisi di di Palermo, oggi dedicato ai giudici assassinati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Già, Falcone. Arrivai in Sicilia neanche un mese dopo la sua barbara esecuzione  di stampo mafiosa. Un viaggio che non potrò mai dimenticare, così come la partenza per la quale rischia lo svenimento da paura quando il velivolo di Alitalia prese possesso dello spazio celeste.

Fu l'inizio. In fede però posso confidarvi che nei voli successivi non ebbi lo stesso reverenziale timore del vuoto, anzi. Di nuovo Sicilia, Parigi e la mia prima calata londinese furono ordinaria amministrazione. Quel viaggio in terra britannica (cui ne seguirono negli anni altri dieci fino a oggi), settembre 1997, fu a dir poco tranquillo. Prima volta che viaggiavo da solo in aereo. Da solo si fa per dire, pieno di cassette a farmi godere il panorama senza problemi dall'alto.

Passano cinque anni e ritorno nella City ma qualcosa s'è alterato. Volare inizia a prendere nuovi significati. E se qualcosa dovesse andar male? Ho solo 26 anni ma di vita alle spalle sento di averne già abbastanza e posso dire che non tutto è andato come avrei voluto. Stesso pensiero che provo ancora oggi, dodici anni dopo (così evito di scrivere l'età che ho, ndr). Ogni volta che parto sono sempre (troppo) a pensare a tutto quello che non ho ancora fatto.

Non che con la macchina alle volte non ci sia da sudare, ma è la sensazione dell'alto che mi manda nel panico (idem in seggiovia). E poi c'è la partenza. Quella è la peggio. Quando il velivolo è ormai lanciato sul rettilineo sono sempre a ripetermi nella mente “... e tira su questa carabattola!”. Poi a un certo punto sento che i miei piedi non hanno più la percezione della terra e allora, con lo sguardo dalla parte opposta al finestrino, rimango in costante stato di stress fino a quando il mezzo non si piazza orizzontale e le hostess iniziano a servire la “merenda” il che significa che è tutto tranquillo. Più o meno. Apro il pc. Mi guardo qualcosa, scrivo.

Ma in quei momenti di panico sotto silenzio, che si può fare? Nulla. Ormai si è in ballo. Spremuto fino al limite del consentibile l'mp3, passo poi a qualche giochetto mentale. Da irriverenti ma rilassanti frasi di amici, a ricordi più variegati passando per citazioni cinematografiche, su tutte le gag dei due trasvolatori Bud Spencer e Terence Hill alle prese con lo spiritosone di turno che li sbeffeggia per essere precipitati vivi nel Maranhão (rif. Più forte ragazzi). E ovviamente non manca il classico, “se tutto va bene, prometto che cambierò...” sapendo benissimo che ciò non accadrà.

Ultimo acquisto delle mie tecniche anti-stress, immaginare una persona che m'ispira fiducia che mi parli nella mente garantendomi che tutto andrà bene, che non stiamo facendo nulla di particolare e così via. Chi è questa persona? L'ex-allenatore di calcio Fabio Capello. Non l'ho mai incontrato e non sono tifoso né del Milan né della Juventus, ma quell'uomo mi ispira sicurezza e durante il decollo me lo immagino sempre accanto a me mentre mi parla come se non stessimo facendo nulla di speciale. Capello, un cui articolo trovai proprio sul giornale il giorno che partii per un reportage nel Canada orientale

Perché volo allora? Perché insisto a prendere aerei? Sarò banale ma la risposta è la più semplice che esista: perché voglio vedere il mondo e anche se fremo ogni volta che inizio anche solo a pensare alle ore che passerò sopra le nuvole, non voglio certo lasciare alle mie paure il gusto di impedirmi di muovermi. Perché poi, una volta atterrato e con in bocca quella fantastica sigaretta post-stress (dicasi la cicca della vecchia, prossimamente su questo magazine), ti rendi sempre conto che ne è valsa davvero la pena. If you want to be hero, well just follow me...

Più forte ragazzi, a ripensarci in volo ci si rilassa...

Una lettura "adrenalinica" prime del decollo © Luca Ferrari
Venezia, aeroporto Marco Polo - in partenza per Monaco © Luca Ferrari
Il velivolo sta già correndo verso Monaco © Luca Ferrari
A bordo nei cieli © Luca Ferrari
Partito da Milano, inizia a vedersi la Danimarca © Luca Ferrari
Partito da Copenaghen, inizia a vedersi la Svezia © Luca Ferrari
Partito da Copenaghen, ormai sono sopra la visibile Italia © Luca Ferrari
Partito da Milano, si vedono le pale eoliche della Danimarca © Luca Ferrari
Partito da Londra-Gatwick, sto sorvolando le Alpi © Luca Ferrari
Partito da Londra-Gatwick, sto sorvolando le Alpi © Luca Ferrari
Partito da Londra-Gatwick, sto sorvolando le Alpi © Luca Ferrari
Partito da Bergamo, l'aereo sta frenando all'aeroporto di Goteborg © Luca Ferrari
Partito da Londra-Gatwick, eccomi atterrato a Venezia © Luca Ferrari

martedì 9 dicembre 2014

Sticky Walnut, tu il buon cibo lo conosci

Sticky Walnut, rombo con riso di zucca © Luca Ferrari
Non si vive di solo cheese-burger in Inghilterra. Se si avesse la fortuna poi di "pascolare" in quel di Chester, le specialità dello Sticky Walnut vi attendono.

di Luca Ferrari

“Questo (locale) mi è nuovo, non ci ho mai mangiato prima”. Può sembrare assurdo, ma a dispetto di una frequentazione ormai quinquennale della città di Chester, non mi ero ancora accomodato allo Sticky Walnut. Il contatto finalmente c'è stato, in un freddo sabato sera di dicembre con le luci natalizie di Charles Street ad augurare a tutti un costante Merry Christmas.

Una volta aperta la porta, il calore, in senso proprio letterale, è subito avvolgente. Da maglione e cappotto si resta in banalissima camicia (bagno escluso). Il locale è a due piani ma i coperti sono limitati, esattamente come le portate del menù, direttamente proporzionali alla bontà delle suddette. Spazi ristretti in cui le giovani cameriere saettano instancabili.

Ricette elaborate ma non per questo tronfie. Si spazia tra pesce e carne con scelte interessanti anche tra gli antipasti, preceduti da una soffice e oliata focaccia al rosmarino. Consigliabile il rombo (roasted brill) con riso di zucca, tanto gustoso quanto delicato. Un posto da farci ritorno. Magari in un'occasione speciale come un compleanno, comunque in compagnia. Cheers!

Sticky Walnut (Chester),  il pesce haibut © Luca Ferrari
Charles Street (Chester),  addobbata per natale © Luca Ferrari

venerdì 28 novembre 2014

Il tempo della torta di mele e carote

Una soffice torta di mele e carote appena sfornata © Luca Ferrari
L'autunno è arrivato. I banchi del mercato traboccano di mele e carote. Nulla di meglio di unire le loro forze e sfornare una soffice torta.

di Luca Ferrari

Non c'è lunedì mattina (o quasi) che non mi prenda un'oretta per andare al Mercato del contadino a Venezia, a ridosso del pontile di S. Marta. Lì, uno dei miei banchi prediletti è quello della frutta e verdura dal quale torno sempre a casa con una decina di grosse e succose mele, di norma quelle rosse. Ora che siamo in autunno però, è periodo anche di carote e dalle mie parti (la mia cucina) ciò significa una sola cosa: torta di mele e carote.

In mancanza dello strumento più adatto (e veloce), per sminuzzare le carote ricorro alla cara, vecchia e faticosa grattugia, quella per il grana per capirci. Con le mele vado più veloce a togliere la buccia con un piccolo ma efficace arnese. Sarebbe meglio parlarne al singolare visto che mi è sufficiente un unico grosso e succoso pomo. Per fare una torta più soffice, alterno la classica farina 00 a quella di riso. In questo caso il dolce sarà per due persone, quindi 100 grammi ciascuna, il tutto accompagnato da un uovo, 200 grammi di zucchero, 100 grammi di olio di semi, 150 ml. di latte intero e una mezza bustina di lievito.

Per esperienza non metto frutto e ortaggio insieme. Prima sbatto (elettricamente questa volta) farina, latte, uova. Poi una seconda volta con le carote dentro. Dopo aver ottenuto una buona amalgama ci aggiungo le mele. Un'altra bella rimescolata e infine zucchero e lievito. Lo ammetto, la cannella sarebbe stato il tocco di classe ma ne sono sprovvisto. La voglia di torta di mele e carote è venuta all'improvviso e questo è l'unico ingrediente che non avevo in casa. 

Nel frattempo la mia tortiera è bella unta a dovere con farina e posso travasarvi tutta la massa, destinazione forno a 180 gradi per 40 minuti di letargo previsti. Meglio mettere la sveglia perché so già da ora che inizierò a guardami un film che mi prenderà, e me ne dimenticherò alla grande (maremma mugnaia!). Attendo in attesa che la dolcezza faccia il suo corso. In attesa che la signora torta di mele e carote possa presentarsi in tutta la sua più gustosa e soffice essenza, per farmi vivere qualche indimenticabile colazione casalinga.

Farina, uovo e zucchero... si comincia a fare la torta © Luca Ferrari
Mele, carote, e primi sbattimenti © Luca Ferrari
L'impasto della torta di mele e carote © Luca Ferrari

...la futura torta di mele e carote pronta  per il forno © Luca Ferrari
Una torta di mele e carote appena sfornata © Luca Ferrari
Ecco la torta di mele e carote © Luca Ferrari
Ecco la torta di mele e carote. Io ho già dato, qualcuno vuole favorire? © Luca Ferrari

martedì 25 novembre 2014

Flamenco arabo, l'emozione del fuoco

la danzatrice Gemma Marti © Mireia Rodriguez Marin
Bella foto. Bella danza. Ispira. Presente, distanze e passato. Ad amalgamare il tutto, il flamenco arabo nella cui anima tonante si muovono i passi di Gemma.

di Luca Ferrari

“Quando ballo la danza orientale mi sento libera. Tutto il mio essere viene rapito da una sensazione di libertà totale che mi fa semplicemente levitare e volare” irrompe così la danzatrice spagnola Gemma Marti, membro della Nefershu Lotus Company “sento come sbocciare ogni piccola particella femminile che c’è in me. La musica, la danza libera delle mie gambe e del mio girovita mi ipnotizzano in un istante ed è allora che tocco il cielo con un dito”.

L'ispirazione è qualcosa di strano. Basta un “mi piace” facebookiano su di una immagine e d'improvviso l'assenza totale si fa pressante dichiarazione di comunicazione e condivisione.  E per esperienza posso dirvi che nulla come la spontaneità delle parole può diventare il “la” per qualcosa di incredibilmente magico. Era l'inverno del 1999 (febbraio) quando un'amica, rispondendo a un messaggio su fogli riciclati iniziò dicendo: Bel foglio... bella carta... ispira. E quelle parole divennero il titolo di una poesia, esattamente com'è stato con l'illuminante commento di Emma Sanchez Casanueva, collega di Gemma “¡¡ Ole ole y ole la gracia, la alegría y el salero !!!”. Così sia allora.

Non solo danza orientale ma anche le contaminazioni della propria realtà. “Quando ballo il flamenco arabo posso sentire il sangue ribollirmi nelle vene, come i miei piedi cercano di attraversare la terra” si racconta a cuore aperto Gemma, “mentre le mie mani accarezzano e sfiorano ogni istante, accompagnando la mia anima a rivivere vite passate. Il mio sguardo discreto si converte in fuoco puro che ripercorre fino all’ultima goccia di emozione nell’universo”.

Negli assurdi sentieri della vita è curioso prendere atto di come, rientrato senza troppe ammaccature dal mio primo concerto di Marilyn Manson in un lontano dicembre '98 a Milano, l'indomani mi ritrovai ad accompagnare due amiche alla loro prima lezione di flamenco. E fu impossibile non farsi contagiare. Ne nacque infatti “un'ode alla vera natura femminile”. Un'ode che si ritrovò ad aprire il mio secondo libro di poesie, Ho scelto il blu per colorare l'anima (2000). Un'ode dove il tuono volteggiava con i piedi e le nacchere gorgogliavano tra i polsi di un movimento imperituro.

E anche se oggi non sono lì davanti, il flamenco è ancora qui. A scrivere attraverso me:

LA GRACIA, LA ALEGRÍA Y EL SALERO!

resta la notte da ampliare...
un innocuo spettro passeggero
ha trasformato in suggestioni
un sorriso tramutato
in un nuovo spostamento
...e il tambureggiare della sue ali
si è fatto ondulata discesa di liane,
dove il rosa d'ogni pensiero
si è consegnato sensibile ostaggio
alle impronte digitali del vento

cerchi bianchi si fanno sempre
meno ampi... non so cosa se ne farà
la Terra di tutta questa
fantasia conservata... bofonchiando
in una comunicazione classica,
darei carta libera
a ciò che una radice è in grado di fare
sopra un essere del mondo

solo un alternato rintocco mattutino
...
Che cosa sarà mai apparso
nell'estetica più profonda
della grazia di una donna?
L'ardore dell'allegria
è quanto di più incantato
possa esplodere nelle definizioni naturali
di una creatura...la mente
vola lì...replicando appena
alle indicazioni di un contatto
universalmente sfiorato...
                                                                                (Venezia, 24-25 Novembre '14)

la danzatrice Gemma Marti
la danzatrice Gemma Marti
la danzatrice Gemma Marti
la danzatrice Gemma Marti
la danzatrice Gemma Marti
Gemma Marti impegnata in performance di bellydance fantasy
Gemma Marti impegnata in performance di danza orientale e flamenco arabo

sabato 18 ottobre 2014

La mia incredula e stancante Cuba

Cuba, il mare cristallino della Baia dei Porci © Luca Ferrari
Natura. Città “rivoluzionarie”. Spiagge cristalline. Uno spiacevole incidente sull’Autopista. Pensieri irregolari. Il ritorno infinito. Questa è la mia Cuba.


Ci sono mete che ti restano dentro anche se per tutto il tempo che eri lì hai pensato spesso ad altro. Ci sono viaggi che hanno bisogno di tempo, solitudine e confronti per essere metabolizzati. Sono andato a Cuba con il mezzo rimpianto di aver rinunciato a tornare in Canada. Sono andato a Cuba già innervosito all'idea di non poter utilizzare internet quanto avrei voluto. Sono andato da Cuba senza essere toccato da alcuna rivelazione politica. Una volta tornato a casa però, nel mistero delle notti, mi sono accorto di averla sognanta assai. E fu così che iniziò un nuovo viaggio.

Cuba, i Caraibi. Un viaggio parecchio lontano. Fatto a scalo a Parigi da Venezia, restavano solo 9 ore prima di atterrare a l’Avana. Un volo a dir poco perfetto se non per gli ultimi 15 minuti dove l’abnorme massa nuvolosa sopra la capitale mi regala un susseguirsi di vuoti d’aria mai provati prima, e che spero vivamente di non ripetere più. Smaltito lo stress, il taxi mi porta nel cuore della zona antica, l’Avana Vecchia, presso una casa particular in precedenza prenotata.

L'odore sentito appena uscito all'aeroporto Josè Martì mi riporta all'India. Davanti a me un mondo di cui non so nulla. Il mio gps mentale è stordito. La stanchezza del volo e fuso orario sono solo un pretesto per giustificare questa valanga di sensazioni sballottate e sballottanti. Alzo gli scudi ma è tutto inutile. Ormai sono qua. Assorbo tutto quello che posso. Fino a qualche giorno fa ero che passavo di sala in sala alla Mostra del Cinema, ora sono alla scoperta di questo spicchio di America centrale.

È sabato sera e la gente se ne va in giro. Non solo turisti. Le pochi luci dei vicoli dell'antico quartiere aumentano la difficoltà ad appropriarsi di quanto mi si prospetta tutt'attorno. Affidato alle guide Routard mi siedo in un localino dove la mia compagna di viaggio beve il primo vero mojito (un consiglio a chi lo ordina in Italia, non ordinatelo. Non è neanche un suo lontano parente). Fatico a credere di essere dove la cartina mi indica. No, sul serio. Ho attraversato l'Atlantico e sono in un'isola che negli anni Sessanta stava per essere la miccia della III Guerra Mondiale.

Resto a l'Avana tre giorni prima di cominciare a scorrazzare tra l'ovest e l'est dell'isola. Il sole mi bastona per bene. Gli slogan della Rivoluzione dell'ormai lontano 1959 sono quasi soffocanti. Castro e il Che sono ovunque. La fiera bandiera cubana sventola gigante nel palazzo che ospita il Museo della Rivolucion. È un viaggio nella Storia di questo paese. Tra contraddizioni e bottiglie d'acqua vitali per proseguire il cammino, ogni notte guadagno un'ora sul jetlag che ancora mi condanna a una stanchezza non indifferente.

Abbandono la capitale. Sopperendo alla mancanza di una dettagliata cartina stradale e la quasi totale assenza di cartellonistica on the road (allucinante!), raggiungo tutte le mete grazie ai sempre disponibili cubani che indicano gentili la direzione richiesta. Passo così dalla spiaggia di Cayo Levisa (preclusa agli autoctoni) al verde sconfinato di Vinales, insieme ai campesinos. Un mondo dove i maialini sono alla stregua di animali domestici e non vivono nella sporcizia come invece accade troppo spesso in Occidente.

Giungo nella celeberrima Baia dei Porci, dove l'acqua è cristallina e giganteschi granchi attraversano la strada di notte. Faccio tappa a Playa Giron dove nell'omonimo museo viene raccontata con immagini, reperti e un cine-filmato l'aggressione americana a Cuba con annessa risposta vincente del popolo e Fidel. Poi ancora in viaggio, tra le stradine di Trinidad e i tramonti di Playa Ancon, fino a una nuova fuga verso le palme di Cayo Guillermo. Lì nel mezzo, una degna sosta al mausoleo di Che Guevara a Santa Clara.

Questi i nomi delle principali località che ho visitato. Lì nel mezzo, chilometri e chilometri di storia e vita vissuta. Temporali improvvisi di pochi e più minuti. Le sontuose aragoste mangiate nelle case particulares. La scoperta che in mancanza di bancomat (pochi), si ritira contante nelle agenzie di cambio con la carta di credito. Le strade (tutte) attraversate da pochi veicoli, moltissimi autostoppisti e carretti a cavallo anche in autostrada. Le silenziose zanzare della sabbia capaci di farti credere di avere la varicella. Tanta bellezza accumulata e il classico incidente di percorso che rischia di minare un intero viaggio.

Sono sull’Autopista (autostrada) al calar delle luci quando un poliziotto della stradale fa cenno di accostare. Vuoi la sorpresa, ci si dimentica di tirare il freno a mano e così ha inizio la telenovella. Il ligio agente ci fa presente che in caso di contravvenzione si perderebbe la caparra di 200 euro all’autonoleggio. Sarà vero? Non ne ho idea. Però è strano che dopo neanche due minuti gli stiamo così simpatici da meritarci una simile attenzione. Veniamo tenuti più di mezz’ora sul ciglio della strada sentendoci ripetere una costante tiritera in stile – io non vorrei farvi la multa, ma devo a meno che… –. Altro non aggiungo se non che non ci è stata fatta alcuna multa, mentre lui se n’è tornato a casa soddisfatto (prassi questa molto reiterata con le macchine dei turisti). Unico episodio spiacevole.

Qualche "problemino anche sulla strada del ritorno. Avvisati il giorno prima della cancellazione del volo (nonostante uno sciopero pazzesco andasse avanti da parecchio tempo), riusciamo a decollare con un solo giorno di ritardo destinazione Mosca (undici ore mezza di volo da l'Avana) e non Parigi, lì attendiamo quattro ore e quindi altre tre ore nel cielo per raggiungere Venezia. Un'odissea vera e propria. A dir poco esasusto e in condizioni fisiche assai precarie, continuo a ripetermi che d'ora in avanti mi concederò viaggi meno impegnativi. La bugia durerà poco anche se nemmeno una volta rientrato comprenderò appieno cosa mi stia crescendo dentro. Ancora ignoro che il mio viaggio sia ancora all'inizio.

Cuba è già alle spalle. Ogni giorno che passa mi sento sempre più stanco. Forse sto ancora girando per il mondo. Forse non sono mai davvero atterrato in Russia. Il velivolo dell'Areoflot ha gironzolato attorno alla Florida e poi mi ha fatto smontare chissà dove. Ma che sta succedendo? Non è solo il ricordo dell'orizzonte. Non è il sapore del pollo mangiato dentro un ananas a l'Avana sul Malecon (il lungomare) e non è nemmeno la meraviglia nell'avere ammirato i cavalli ovunque in un mondo traboccante di verde. Scopro i miei sogni scandagliare quanto appena vissuto. E rifarlo. Ancora e ancora. Più di quanto avrei mai potuto immaginare.

Oggi sono di nuovo lontano da lì, domani vorrei saperne di più.

Cuba, l'Avana © Luca Ferrari
Cuba, un delizioso piatto a l'Avana © Luca Ferrari
Cuba, l'Avana - Museo de la Revolucion:
(da sx) Che Guevara, Fidel Castro e Camilo Cienfuegos © Luca Ferrari
Cuba, lo sconfinato verde di Vinales © Luca Ferrari
Cuba, musicisti a Trinidad © Luca Ferrari
Cuba, l'arrivo a Santa Clara © Luca Ferrari
Cuba, le palme di Cayo Guillermo © Luca Ferrari

mercoledì 15 ottobre 2014

L'avanzata dei mercatini di natale

Mercatino di natale nel meranese (Bz)
Anteprima altoatesina a Merano e nei paesi limitrofi per scoprire l'impareggiabile magia dei mercatini di natale.

di Luca Ferrari, luca.goestowest@gmail.com
giornalista/fotoreporter – content writer

Cantastorie. Zampognari. Specialità culinarie. Artigianato locale. Degustazioni. Rispetto ambientale. Mostre di presepi. Quiete. Viaggio nel meranese per l'anteprima della festa più amata dell'anno, passando dalla Foresta natalizia di Lagundo a un bagno di magia sotto la Polvere di Stelle a Lana. Dal fiabesco Castel Tirolo insieme al proprio “zoo di carezze”, seguendo la strada verso il “mercatino in stalla” nel maso Bachguterhof di Lagundo e poi farsi rapire dall'atmosfera di San Martino in Val Passiria.

Si comincia da Merano, dove i Mercatini apriranno il 27 novembre e resteranno sulla Passeggiata lungo il fiume Passirio fino al 6 gennaio 2015. Quest’anno saranno illuminati da una “luce verde”. L’Ecoistituto Alto Adige ha infatti riconosciuto ai mercatini la certificazione Green Event poiché anche l’Avvento sia vissuto rispettando l’ambiente. In Piazza Terme inoltre, i visitatori potranno cenare all’interno di gigantesche sfere natalizi.

Un modo davvero speciale di celebrare l’Avvento sarà visitare la Foresta natalizia del famoso birrificio Forst di Lagundo. Un mercatino natalizio questo dove saranno anche raccolti fondi per l’Onlus “L’Alto Adige aiuta”. La “Foresta” sarà aperta dal 26 novembre fino al 6 gennaio 2015, da mercoledì a domenica h. 10-22, mentre il Felsenkeller, il posto dove nelle antiche cantine nel 19° secolo erano conservati i blocchi di ghiaccio per il raffreddamento del mosto accoglierà gli ospiti, da giovedì a domenica (sempre 10-22).

L’apertura del Felsenkeller rappresenta la novità di questa seconda edizione della Foresta natalizia e gli ospiti potranno assaporare le prelibatezze gastronomiche preparate da Luis Haller, cuoco stellato Michelin, che offrirà un menù di 5 portate durante uno speciale evento gastronomico. Nel corso di una “Passeggiata birraia” infatti, i partecipanti potranno assistere al processo di produzione delle speciali birre Forst e spillare direttamente dal serbatoio del deposito una delle birre per degustarla nel Felsenkeller.

Un altro mercatino che durerà per tutto il periodo natalizio è Polvere di Stelle, a Lana, la cui inaugurazione è prevista il 29 novembre alle h. 17 in piazza Municipio. Questi occuperà tutta la zona pedonale e le bancarelle saranno aperte da venerdì a domenica nella fascia oraria 10-19.30, tranne per la vigilia di Natale in cui chiuderanno alle 12.30. Polvere di Stelle offrirà ai visitatori stand con specialità natalizie e autentico artigianato sudtirolese, oltre a un’atmosfera speciale creata dagli alberi addobbati con sfere rosse di vetro e dalle vie del centro abbellite con stelle e decorazioni. Quando poi inizierà a fare buio, la luce d’Avvento di Herward Dunkel, designer della luce, metterà in risalto gli edifici più belli di Lana.

Anche il Mercatino di Lagundo resterà aperto per tutto il periodo delle feste, dal 28 novembre fino al 4 gennaio 2015 con i seguenti orari: venerdì h. 16-20, sabato e domenica h. 10-20. Trattasi di un mercatino molto particolare, adatto a chi desidera stare lontano dai luoghi affollati, per godersi la magica atmosfera tra bancarelle ornate a festa e idee-regalo.

Spazio anche ai mercatini da fine settimana, primo dei quali è quello di Castel Tirolo che, dal 6 all’8 dicembre ospiterà diversi concerti natalizi nella Cappella del Castello e una mostra di presepi del Tirolo e di altri paesi del mondo. La Sala dei Cavalieri invece, sarà l’area espositiva degli artigiani locali che presenteranno alcuni antichi mestieri, come la lavorazione del feltro e l’utilizzo del tornio, la filatura e la tintura della lana. Nelle due giornate di mercatino inoltre, sono previste attività di animazione per i bambini, che potranno anche divertirsi nello “Zoo delle carezze” con pecore, asinelli e musica natalizia con bande di strumenti a fiato.

Imperdibile poi il Mercatino di Natale in Stalla che si svolgerà nei giorni 7/8 e 14/15 dicembre presso il maso Bachguterhof di Lagundo dove, dalle 10 alle 19, sarà possibile acquistare prodotti dell’artigianato artistico e tradizionali addobbi natalizi. La musica accompagnerà i visitatori creando un’accogliente atmosfera.

Nel pittoresco vicolo Dorfgasse e nella piazza del paese di San Martino in Val Passiria infine, sarà un Natale d’incanto nei giorni 6/8, 13/14 e 20/21 dicembre. Una dimensione fatta di cantastorie, saghe d’Avvento, mostra di presepi, corteo di fiaccole e un teatro di burattini per bambini insieme a tanta musica di arpe, zampogne e cornamuse. Dall’11 al 14 dicembre ci sarà l’Avvento contadino di Scena, nell’antica cantina di Torgglerhof, che esporrà, mettendoli in vendita, oggetti di artigianato artistico.

Merano, si cena nelle sfere natalizie © Luca Ferrari
Castel Tirolo, mostra dei presepi © Luca Ferrari
la Foresta di Natale

mercoledì 1 ottobre 2014

Merano, la cura dell’uva

Grapppoli d'uva nel meranese (Bz)
C'è uva e uva. Da gustare in calice, o mangiare per un miglior benessere fisico. Per informazioni, recarsi nella placida Merano.

di Luca Ferrari

Alto Adige terra di vendemmia e vini di qualità. C'è di più. Appesi ai grappoli non vi è solo piacere ma anche salute. Da oltre un secolo le genti di Merano (Bz) e dintorni infatti, utilizza l'uva per grandi benefici fisici a cominciare dal miglioramento della digestione, la purificazione del corpo e degli organi dell’apparato digerente e urinario, quindi l’aumento delle funzioni epatiche e di quelle della cistifellea.

Per far si che la “cura dell’uva” dia i risultati sopracitati, bisogna seguire accorgimenti specifici, a cominciare dal tipo di uve, che dovranno essere quelle del vino Schiava (Vernatsch), mature e raccolte ogni mattina dal vitigno. Una volta lavata, la frutta andrà mangiata a digiuno, masticando lentamente chicco dopo chicco, così da sminuzzare la buccia ricca di vitamine A, B e C. Dosi suggerite dai trecento grammi a 1 kg due volte al giorno prima di colazione, e nel pomeriggio o prima di cena, il tutto seguito da una passeggiata.

Una qualità questa cui anche le rinomate terme del comune altoatesino si sono ispirate, realizzando impacchi con crema all’uva fresca, bagni con mosto d’uva freschi, olio di semi d’uva per massaggi alla schiena, massaggi viso all’uva con timbri al vapore e altro ancora. Come se quanto già narrato non fosse già abbastanza, tra le altre qualità dell'uva vi è anche quella contro l’invecchiamento della pelle

Merano (Bz), vigneti