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martedì 21 settembre 2021

Croazia, le strade del vino

Slavonia (Croazia), grappoli d'uva © Antonietta Salvatore

Viaggio in Croazia tra vigne in fiore e cantine secolari. Da Zagabria al cuore fertile della Slavonia, spingendosi fino all’estremità orientale a Ilok.

di Luca Ferrari 

Storie di antichi reportage su e già per l'Europa orientale insieme a il reporter. Questa non è la Croazia che noi italiani siamo abituati a frequentare lungo le magnifiche coste Dalmate, come il Corno d'oro, o piccoli angoli paradisiaci come l'isola di Brac dove giace placida la piccola Povlja. Questa non è una nuova incursione negli ammiratissimi laghi di Plitvice, ma un'incursione nel cuore fertile di una nazione che sta sempre più valorizzando l'apparato vinicolo. Tutti in marcia dunque alla scoperta delle campagna croate che nulla hanno di che invidiare al "nostro" amato Chianti.

L'autunno è sinonimo di vendemmia. Prendo la strada del vino, in Croazia. Sulle botti di quercia le raffinate incisioni tramandano la storia. Nelle cantine, l’odore del mosto ti avvolge come in una nube di effluvi benevoli. Dentro un bicchiere c’è una storia condivisa e unica nel suo genere. Le vecchie cantine crescono come nomadi mondi stanziali nelle città e nelle campagne. Proseguono la loro vita lì, con una fisionomia espressiva che non richiama solo i più immediati sensi del gusto e dell’olfatto. Inizia da Zagabria il mio viaggio nelle wine roads croate, le strade del vino croate.

La pioggia cade incessante ma non ha importanza. La capitale balcanica sa regalare continue e diversificate sfumature architettoniche, e paesaggistiche. Sprazzi viennesi, con qualche tentazione Montmartiana, soprattutto a Gornji grad (la Città Alta). Mi fanno cenno di prendere una scala, e d’improvviso mi ritrovo nella vinoteca Bornstein, un ambiente rustico dove bottiglie di Malvasia, Pinot, Posip, Teran, Merlot e Postup, rispettivamente tre bianchi e altrettanti rossi, sono accompagnati da specialità mangerecce, fra cui spicca il kulen, un salsicciotto piccante preparato con la carne suina e insaporito con sale, aglio e una miscela macinata di paprica dolce e forte.

Lasciata la capitale, mi dirigo verso le colline di Brodni Stupnik, in Slavonia, regione pianeggiante della Croazia orientale bagnata dalle acque dei fiumi Danubio, Drava, Sava e Ilova, nonché la zona vinicola più importante della nazione, insieme a quelle dell'Istria e della Dalmazia. Con la fine del socialismo di Tito, il panorama vinicolo è totalmente cambiato in Croazia, passando da appena sette produttori privati agli attuali 2-3000.

“In Slavonia c'è un clima che favorisce la crescita del vino”,  racconta Davor Zdjelarević, il simpatico titolare della casa vinicola Zdjelarevic, produttore fra i vari, anche della Klink@, (parola che significa una ragazza tra i 18 e i 25, allegra che vuole decidere della sua vita), “Nella zona ci sono cinque differenti aree micro-climatiche, cosa unica del Mediterraneo. Negli ultimi anni il governo ha incentivato la coltivazione delle vigne”.

Abbandonate le verdi vigne di Brodni, e fatto tappa alla fiera d’Autunno a Vinkovci, nella parte est della Pannonia e del bacino lungo il Danubio (detto Podunavlje), arrivo a Ilok, separata da Bačka Palanka (Serbia) proprio dal colosso fluviale (secondo solo al Volga per lunghezza), e circondata dai pendii della Fruška gore (catena montuosa serba) e dei vigneti, interni alla città medievale, dove si coltiva il vino dai tempi degli Illiri e dei Romani.

Le colline vinicole di Ilok sono rinomate per produrre in particolare vini bianchi, come il Grasevima, il Riesling Renano, Pinot bianco e grigio, Chardonnay, i rossi come il Cabernet Sauvignon, il Blaufrankisch e il Pinot rosso,  senza dimenticarsi degli altrettanto validi vini con predicato, ossia i frutti della vendemmia tardiva, ghiacciata, selettiva e la vendemmia dei chicchi d’uva.

Le cantine di Ilok si sono conquistate da secoli ormai un’indubbia fama a livello mondiale. Ne sa qualcosa l’attuale monarca del trono d’Inghilterra, Elisabetta II, che per la sua incoronazione ne fece ordinare svariate migliaia. Il segreto di  tanta qualità, forse nella Iločka berba grožđa (la vendemmia di Ilok), che trae origine dall’antica usanza del Sirmio (città serba della Pannonia) e della Slavonia quando i contadini si radunavano per proteggere l’uva durante la Pudarina, il periodo di maturazione.

Ho ancora il tempo di spostarmi nella vicina Erdut, dove la società Erdutski vinogradi lavora su 420 ettari di vigneti, di cui la più importante tipologia di uva bianca è la Graševina. Sto per addentrarmi verso il suo sapore, quando una botte da 75mila litri (tutt’ora in uso) mi lascia in sospeso col sapore del vino croato. E allora, il mio brindisi non può che andare verso di lei. Perché la natura continui a essere generosa, e l’uomo non smetta di nutrirle passione e rispetto. E come dicono da queste parti, zivjeli!

Zagabria, degustazione vini © Antonietta Salvatore
Zagabria, degustazione vini © Antonietta Salvatore
Brodski Stupnik, vigna Zdjelarevic © Antonietta Salvatore
Brodski Stupnik, uve del vigneto Zdjelarevic © Antonietta Salvatore
Danubio, dalla sponda croata a quella serba di Baka Palanka © Antonietta Salvatore
Ilok, bottiglia di vino © Antonietta Salvatore
Ilok, cantine di vino © Antonietta Salvatore
Ilok, campagne © Antonietta Salvatore
Il panorama agreste di Ilok © Antonietta Salvatore
Erdut, una gigantesca botte nell'azienda vinicola Grasevina © Antonietta Salvatore

mercoledì 1 ottobre 2014

Merano, la cura dell’uva

Grapppoli d'uva nel meranese (Bz)
C'è uva e uva. Da gustare in calice, o mangiare per un miglior benessere fisico. Per informazioni, recarsi nella placida Merano.

di Luca Ferrari

Alto Adige terra di vendemmia e vini di qualità. C'è di più. Appesi ai grappoli non vi è solo piacere ma anche salute. Da oltre un secolo le genti di Merano (Bz) e dintorni infatti, utilizza l'uva per grandi benefici fisici a cominciare dal miglioramento della digestione, la purificazione del corpo e degli organi dell’apparato digerente e urinario, quindi l’aumento delle funzioni epatiche e di quelle della cistifellea.

Per far si che la “cura dell’uva” dia i risultati sopracitati, bisogna seguire accorgimenti specifici, a cominciare dal tipo di uve, che dovranno essere quelle del vino Schiava (Vernatsch), mature e raccolte ogni mattina dal vitigno. Una volta lavata, la frutta andrà mangiata a digiuno, masticando lentamente chicco dopo chicco, così da sminuzzare la buccia ricca di vitamine A, B e C. Dosi suggerite dai trecento grammi a 1 kg due volte al giorno prima di colazione, e nel pomeriggio o prima di cena, il tutto seguito da una passeggiata.

Una qualità questa cui anche le rinomate terme del comune altoatesino si sono ispirate, realizzando impacchi con crema all’uva fresca, bagni con mosto d’uva freschi, olio di semi d’uva per massaggi alla schiena, massaggi viso all’uva con timbri al vapore e altro ancora. Come se quanto già narrato non fosse già abbastanza, tra le altre qualità dell'uva vi è anche quella contro l’invecchiamento della pelle

Merano (Bz), vigneti

martedì 9 settembre 2014

Chianti Classico, la vendemmia

Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Viaggio nella campagne senese di Castellina in Chianti per la millenaria festa della vendemmia. Armato di forbice, si sale e scende tra grappoli e vigne.

di Luca Ferrari

Su e giù per le viti a "mietere" vino di prima qualità. Fra le vene veraci e pulsanti del Chianti. Nella tenuta Poggio Regini. Attorno a succosi grappoli d’uva. Accanto alla quarantennale storia agreste di una famiglia. La terra inzuppa le scarpe. Il sole ritocca le gote. La geometria naturale di delicati acini verdi e bluastri scatta istantanee di passione immortale.

Abbandonata le sempre troppo affollate autostrade del nord, la superstrada Firenze – Siena mi appare come un ponte verso il paradiso. So che dovrò avere ancora un po’ di pazienza prima della mia uscita a Monteriggioni (Si). Lì potrò fermare il veicolo e farmi inghiottire dai verdi declivi. Nel territorio di Castellina in Chianti, in provincia di Siena, i proprietari della casa vinicola Poggio Regini mi stanno aspettando per un indimenticabile viaggio nel mondo della vendemmia.

Entrare nella campagna toscana, è come ricevere un abbraccio che ti carezza. Ti vizia, e non vorrebbe più lasciarti andare via.

L’incontro è cordiale. Maurizio, il più giovane della famiglia, m’introduce nella loro tenuta. Diciotto ettari di cui dodici coltivati a viti che produrranno poco meno di ottocento ettolitri di vino e daranno vita a Chianti Classico e Vin Santo. Per arrivare a ciò, in una settimana una parte sarà vendemmiata manualmente, un’altra con la macchina. Otto ore al giorno. 

“Nella vendemmia prima si stacca il grappolo, poi c’è la raspatura che consiste nel separare l’acino dal raspo”, mi spiega, “quindi, la pigiatura del chicco in modo da schiacciare e favorire l’estrazione di tannini e prendere tutto quello che c’è nella polpa e nella buccia. Una volta messa l’uva nel timo (vasca), si aggiungono lieviti in modo favorire una buona fermentazione”.

Terminata la raccolta dei grappoli, la vigna inizia il suo riposo vegetativo. Con l’arrivo dei freddi, fra novembre e dicembre, comincia la potatura. “È  una zona fortunata questa dal punto di vista climatico”, spiega il titolare, “l’unico grande nemico è la grandine. Per il resto, con un’attenta cura antiparassitaria non si corrono rischi”.

I giovani vendemmiatori intanto, sotto l’esperta guida dell’anziano della famiglia, tagliano e raccolgono. Ogni tanto si sente un tonante “No, quella vite”, e subito scatta la risata. Qualche dea della fertilità se ne sta in disparte. A osservare. A sorridere soddisfatta mentre gli esseri umani lavorano e celebrano una delle sue più apprezzate creature.

Verso mezzogiorno, tutti a tavola. A condividere un sontuoso pranzo (pasticcio di verdure, cinghiale arrostito cacciato dal nonno pochi giorni prima) ci sono, oltre ai vendemmiatori, tre generazioni di cultura contadina. Per un momento esco dal quadro a tinte calde e sbircio nel tangibile orizzonte. E quel fiore, che si sporge verso la brezza chiantigiana, sembra riassumere tutte queste vite. Un germoglio che continua a sbocciare.

Poggio Regini, la vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si) © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), viti © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si) © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), grappolo d'uva © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), grappolo d'uva © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmiatori in azione © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), il frutto del raccolto © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), il frutto del raccolto © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), uve © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), campagna senese © Luca Ferrari

lunedì 10 febbraio 2014

Brasile, terra di vini e vendemmia

Chafariz de vinho La Fontana © Carlito Ferreira
Viaggio nel mondo della vendemmia oltreoceano. Nelle fazendas carioca del Brasile. Dalla Valle di São Francisco alla Serra Gaúcha passando per Lagoa Grande.


Terre rinomate e passioni. Quando penso al Brasile, una calda atmosfera mi trascina subito nei colori del carnevale di Rio. Quando penso al gigantesco stato brasiliano, sento subito l’aroma delle immense piantagioni di caffé, e perché no, rivedo anche le magie sui campi da gioco dei vari Pelè, Romario, Neimar. Un nuovo attore fa oggi il suo ingresso nei miei pensieri, Bacco. Vestito di giallo-verde.

In un’area di 82 chilometri quadrati da cui proviene oltre la metà di tutta la produzione vinicola del paese, altipiani e valli disegnano i meravigliosi paesaggi della Valle dei Vini, nel municipio di Bento Gonçalves, meta prediletta per gli amanti dell’enoturismo al pari delle vignee colline toscane, venete o piemontesi. Qui, piccoli vigneti e proprietà rurali minori convivono a fianco dei vigneti più rinomati.

Un viaggio, quello nella regione brasiliana dell’uva iniziato molto tempo fa, con l’arrivo degli emigranti italiani nella regione della Serra Gaúcha, nello stato del Rio Grande del Sud. Insieme alle loro usanze, alla loro tradizione culinaria e la loro cultura, gli italiani portarono anche l’arte della vinificazione.

Qui trovarono condizioni geo-climatiche ideali perché i vigneti crescessero rigogliosi, seppur vi fosse il problema delle piogge che investono la regione proprio nel periodo dell’anno che precede la raccolta dell’uva, momento cruciale per la maturazione. Le annate migliori infatti si hanno quando le piogge non sono abbondanti.

A differenza del tradizionale settembre/ottobre nostrano (a seconda dell’anno), essendoci spostati nell’emisfero australe, qui la vendemmia viene fatta nei mesi di gennaio e febbraio. In questo momento dell’anno autoctoni e turisti possono partire per un’avventura alla scoperta continua dei sapori, non solo del vino ma anche di succhi, marmellate e tutte le specialità delle aziende vinicole.

La Valle di São Francisco, nello stato del Pernambuco (unica regione al mondo in cui è possibile fare ben due raccolti e mezzo l’anno), è forse meno conosciuta della Serra Gaúcha ma rappresenta una realtà in grande sviluppo nel panorama della viticoltura in Brasile. Qui infatti viene prodotto il 95 per cento dell’uva da tavola coltivata in Brasile e cinque milioni di litri di vino l’anno.

Lagoa Grande, conosciuta come la capitale dell’uva e del vino nel Nordest è oggi uno dei luoghi che più spiccano per la produzione vinicola in Pernambuco. Ogni anno sono prodotti oltre 20 milioni di chili di uva e sette milioni di litri di vino l’anno, una parte dei quali viene poi esportata in altri paesi e in diversi Stati del Brasile.

Chafariz de vinho La Fontana © Carlito Ferreira
Vendemmia brasiliana
Brasile terra di vini
Brasile terra di vini
Brasile terra di vini
Brasile terra di vini
Brasile terra di vini
Brasile terra di vini

sabato 11 agosto 2012

Merano, la Festa dell'Uva

Merano (BZ), la festa dell'uva
Carri allegorici, bande musicali e gastronomia per una festa che risale al 1886. La Festa dell’Uva è uno degli eventi più tradizionali di Merano (BZ) e si svolgerà come di consueto il terzo fine settimana di ottobre, da venerdì 19 a domenica 21.  

di Luca Ferrari, ferrariluca@hotmail.it
giornalista/fotoreporter – web writer

Uve e mele
Tre giorni in cui saranno celebrate l’uva e la vendemmia, tra musica, balli, cortei e sapori, in centro città e lungo le Passeggiate del fiume Passirio. Tutto inizia la mattina di venerdì, con l’apertura del mercatino della Festa dell'Uva che offre una scelta ampia di specialità gastronomiche sudtirolesi e di prodotti artigianali, mentre, si iniziano a sentire gli echi degli strumenti delle bande che affiancheranno le rappresentazioni tradizionali.  

Sabato (20 ottobre) il mercatino sarà aperto dalle ore 9.30 alle 21.00 e si svolgeranno spettacoli tra cui, in serata, il concerto al Kurhaus dei Ten Thing Brass Ensemble.

Domenica (21 ottobre) sarà il momento più importante dell’intera manifestazione: la sfilata di carri allegorici e delle bande musicali. La mattina allieteranno l’attesa i concerti di gruppi musicali sulla terrazza del Kurhaus.   

Il corteo inizierà alle ore 14.15. Protagonisti assoluti due carri.  Il grande grappolo di 300 chilogrammi che, per il suo significato e le sue dimensioni, sarà fatto sfilare in coda al corteo. La sua prima apparizione risale al 1951 durante un raduno di bande (Landesmusikfest) e rappresenta il ringraziamento per il buon raccolto.

Originariamente il grappolo gigante era realizzato con uva Schiava (Vernatsch), in seguito si è scelto di utilizzare altre uve con acini più grandi e resistenti, più idonei allo scopo. Pazientemente l’uva è appesa con dello spago alla struttura di ferro fissata sul carro e gli ultimi ritocchi sono dati la domenica mattina.

Merano, carri allegorici
Due uomini sfilano simbolicamente come portatori del grappolo, mentre, una decina di ragazze lo accompagnano distribuendo uva al pubblico. Dietro al carro cammineranno due saltari, i guardiani delle vigne, un tempo incaricati di salvaguardare le piante dai ladri e dagli uccelli. 

L’altro carro amato da tutti è quello della corona di mele. Si tratta del più antico, realizzato nel 1949 in occasione dell’Autunno Meranese (la Festa dell’Uva di allora), è lungo oltre 5 metri, largo 2,20, per un peso di 2,3 tonnellate. Il giovedì che precede la festa, nel pomeriggio è tagliato il bosso, il folto cespuglio necessario per le superfici verdi del carro, su cui saranno collocate le mele. Per l'allestimento sono utilizzati ben 14 chilogrammi di chiodi e lavorano tre persone per tre giorni. 
 
Durante la sfilata sul carro sono collocate le ceste tipiche con le mele Jonagold, distribuite alla gente, mentre, sopra salgono i bambini che esibiscono la paletta con il numero del carro.  Sei coppie camminano ai lati portando cesti pieni di prodotti autunnali, come mele, castagne e uva, e quattro cavalli Haflinger sono incaricati di tirarlo. 

Le ragazzine che seguono il carro hanno un bianco costume bavarese o quello tradizionale di Merano e sfoggiano una pettinatura tradizionale.  Al termine della sfilata un gruppo di danzatori si esibirà sulla terrazza del Kurhaus, mentre, al suo interno riprenderanno i concerti fino alle ore 19.30. La chiusura del mercatino, alle ore 20.00, concluderà la Festa dell'Uva di Merano.

Merano, la Festa dell'Uva
Merano, la Festa dell'Uva
Merano, la Festa dell'Uva
Merano, la Festa dell'Uva