Visualizzazione post con etichetta Ateneo Veneto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Ateneo Veneto. Mostra tutti i post

giovedì 24 ottobre 2024

I miei 5 anni "social" all'Ateneo Veneto

L'Ateneo Veneto consegna a tutti i veneziani il Premio Torta 2023 - Ph. Marta Buso

Dal 2019 al 2024, ogni giorno, mi sono occupato dei canali social dell'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale di Venezia in attività. 

di Luca Ferrari

Venezia e la sua storia. La storia di Venezia, passata e presente, costruendo e raccontando il futuro che l'attende. Per cinque anni e mezzo ho avuto il privilegio di avvicinarmi a questo mondo. Viverlo, documentarlo e condividerlo sui social media (Facebook, Twitter, LinkedinInstagram) attraverso parole, immagini e video. Per cinque anni e mezzo, a partire dalla primavera 2019, il mio primo pensiero di ogni giornata lavorativa è sempre stato rivolto all'Ateneo Veneto di Scienze, Lettere e Arti, la più antica istituzione culturale veneziana in attività, fondata per decreto napoleonico nel 1812. Sede dell'Ateneo, l'ex-Scola dei Picai, oggi di San Fantin, situata nell'omonimo campo adiacente il Gran Teatro la Fenice, nel sestiere di San Marco, a pochi minuti dalla celeberrima piazza. Un edificio che potrebbe essere anche un museo. Nelle sale Tommaseo, di Lettura e la maestosa Aula Magna infatti, è possibile ammirare opere dei maestri della pittura veneta: Paolo Veronese, Leonardo Corona, Antonio ZanchiAlessandro Longhi, Jacopo Palma e il Tintoretto, di cui è esposta la pala raffigurante l'Apparizione della Vergine a San Girolamo.

Marzo 2019. La prima volta che mi sono occupato dell'Ateneo Veneto, iniziai immortalando un volume sulla storia dell'istituzione con uno sfondo lagunare. Nonostante non fossi alla mia prima esperienza social, un po' di ansia fu inevitabile ma allo stesso tempo, anche molta soddisfazione per i risultati ottenuti. Nei mesi e negli anni successivi, è stato tutta una serie di anticipazioni di eventi, live dal vivo nonché studio di possibili e ulteriori sviluppi. Sarebbe riduttivo vedere in quest'esperienza un semplice rapporto collaborativo. È stato molto di più, e questo in particolare per la tipologia dell'attività che ho svolto, capace di aprirsi a una miriade di altri aspetti, oltre a un costante contatto-confronto da remoto e in sede con la referente dell'ufficio stampa, la giornalista Silva Menetto.

Occuparsi dei social media vuol dire (anche) essere la voce occulta di una realtà, imparando a conoscere tutto quello che la riguarda, dentro e fuori. Lavorando ogni giorno, calamità incluse. Durante la mia attività social infatti, mi sono trovato a documentare l'acqua granda che colpì Venezia il 12 novembre 2019 e in seguito, come tutti, affrontare la pandemia da Covid, quando per tre mesi restammo chiusi in casa. In quel periodo riuscimmo comunque a tenere attivo l'Ateneo Veneto, proprio attraverso i canali social, in primis potenziando il canale Youtube e pubblicando, tra gli altri la rubrica "Raccontaci di te", dove la popolazione fu invitata  a mandare un contributo su come stesse vivendo quei terribili momenti, pubblicati poi sui vari social media con format diversi. "[…] Qualcuno ha esposto alla finestra una bandiera. Chissà se saremo migliori quando questa pandemia sarà passata, se sapremo capire la differenza fra ciò che conta e ciò che non conta, coscienti della nostra fragilità che non è solo dei vecchi [...]” ha tramandato Gabriella Bianco.

Altrettanto notevole fu il lavoro estivo realizzato sui dogi di Venezia, poi ripreso in un'altra occasione e con protagonisti differenti. I social media non vanno mai in vacanza e anche quando gli uffici sono chiusi, si è sempre continuato a lavorare, postando pillole delle più alte figure della politica veneziana, ma non solo. Lavorando in Ateneo Veneto ho imparato io stesso moltissimo sulla storia veneziana, e certe date ormai mi sono entrate dentro, come il 14 luglio, quando nel 1902, il campanile di San Marco crollò all'improvviso senza mietere alcuna vittima, o il 13 maggio 1804, data dei natali di Daniele Manin, patriota veneziano di cui è conservato un busto nella sala Tommaseo al 1° piano della sede dell'Ateneo Veneto, poco distante proprio da campo Manin. Ma esattamente come per certe rock band, il momento cruciale dell'Ateneo Veneto sono gli eventi dal vivo. E lì che si capisce cosa rappresenti davvero questa istituzione culturale. È in questi momenti che le storie del passato e del presente assumono quell'umanità, di cui anche io posso dire con orgoglio, sono stato e sono tutt'ora testimone osservante, e narrante.

Le celebrazioni del Giorno della Memoria, ad esempio, sono sempre state un appuntamento molto sentito e partecipato. Personalmente, un momento per riflettere non solo sul dramma della Shoah, ma anche sulle tante tragedie disumane che hanno insanguinato il mondo, da quelle passate a quelle più recenti. Il 27 gennaio 2023 studenti e società civile si sono alternati nella lettura integrale del volume Se questo è un uomo di Primo Levi. "[...] Per noi la storia si era fermata [...] Con tutte le nostre forze abbiamo lottato perché l'inverno non arrivasse... Non sappiamo cosa vuol dire perché eravamo qui anche l'inverno scorso. Chi non morirà, soffrirà moltissimo [...]". "[...] Devo andare a dirgli che non gli servirà più la camicia? [...] Non capisce che è accaduto un abominio [...] "Adesso basta. Adesso è finita [...]". Restando in tema di diritti umani e visione internazionale, l'Ateneo Veneto ha avuto l'onore di ospitare Rami Elhanan e Bassam Aramin per parlare di pace in Palestina, realizzando anche un intenso incontro sui diritti delle donne in Afghanistan.

Di tutt'altro genere invece, quando mi ritrovai nell'epicentro tradizional-sportivo di Venezia. Un evento che non ha eguali per l'ex Serenissima, la Regata Storica. Per la prima volta, nel 2023, l'Ateneo Veneto ne ha sostenuto un equipaggio, la caorlina della Canottieri Giudecca. Prima della gara ho avuto il privilegio di seguire un allenamento della suddetta in una zona lagunare scarsamente attraversata da qualsivoglia imbarcazione, e dunque scoprendo una Venezia inedita, per di più, da una prospettiva acquea. Poi è arrivato il giorno della Regata Storica, ed eccomi su e giù per il Canal Grande a seguire prima il corteo storico e poi le singole competizioni di remo. Un forte momento di appartenenza ed emozione. Un lungo momento che mi ha riportato ai tempi in cui scorrazzavo su e giù per l'Europa (e mezzo mondo), facendo reportage di viaggio e di carattere umanitario (tematica quest'ultima su cui vinsi anche un premio giornalistico).

Nel corso della sua storia l'Ateneo Veneto ha istituito alcuni Premi. Tra questi, il premio (biennale) “Pietro Torta” per il restauro di Venezia, la cui XXXVII edizione fu davvero particolare poiché a vincere non fu il classico studio o ditta/istituzione, ma i veneziani stessi, tutti: "per nascita o per scelta, cittadini che con ordinaria straordinarietà si impegnano ogni giorno per mantenere Venezia una città viva e attuale". Non solo furono speciali i vincitori dell'edizione 2023, ma anche il volume celebrativo, realizzato con una copertina “riflettente”, per fare in modo che i cittadini vedessero loro stessi e “riflettessero su quello che è stato fatto fino a oggi e su quanto sarà ancora possibile fare per la città". Ateneo Veneto aperto a grandi e piccini. In questi giorni di fine ottobre, è ritornato in Aula Magna lo spettacolo "Chi ha paura del lupo", per un doppio show aperto al pubblico e riservato alle scuole, queste ultime protagoniste del premio "Un'idea per il futuro".

Con i post del 31 ottobre 2024 termina ufficialmente la mia collaborazione con l'Ateneo Veneto, ma non significa che smetterò di seguirlo e/o di scriverne. Tra i tanti Paesi raccontati su "Viaggi del mondo", c'è anche una sezione dedicata proprio all'Ateneo Veneto, che aumenterà ancora nei prossimi anni. Vorrei congedarmi con una frase speciale, e tra i tantissimi eventi cui ho partecipato, ne scelgo uno dei primissimi. Qualunque strada io scelga per il mio futuro lavorativo, sarà sempre figlia della poesia, l'ispirazione originale che mi ha spinto a lavorare nel mondo della scrittura e dei media, e che ancora oggi porto avanti, condividendola online sul sito "Live on Two Hands - le parole come non le avete mai ascoltate". Agli albori della mia collaborazione con l'Ateneo Veneto, presenziai alla cerimonia d'inaugurazione del 207° anno accademico, la cui prolusione fu affidata all'allora Presidente della Biennale, Paolo Baratta che così disse: "L'arte chiede dialogo. L'arte è dell'umanità e per l'umanità. L'arte ci offre l'occasione di una boccata d'ossigeno. Il mondo ha bisogno della creazione e del mutamento".

Ateneo Veneto - I diritti violati delle donne

Ateneo Veneto, l'ex-presidente Gianpaolo Scarante e la tela del Tintoretto © Luca Ferrari
L'ingresso dell'Ateneo Veneto © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, evento dell'associazione Emergency © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, dal vivo a Youtube © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, la maratona Il Veneto Legge © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, amarcord Regata Storica 2023 © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, esposizione d'arte moderna © Luca Ferrari
La presidente Antonella Magaraggia e l'ex magistrato Gherardo Colombo,
all'inaugurazione del 210° anno accademico dell'Ateneo Veneto © Marta Buso
Ateneo Veneto, targa per il Giorno della Memoria © Marta Buso
Antonio Scurati durante la cerimonia di chiusura del
209° anno accademico dell'Ateneo Veneto © Marta Buso
Ateneo Veneto, una delle studentesse vincitrici del
Premio "Un'idea per il futuro" © Luca Ferrari
Ateneo Veneto -.lo spettacolo "Chi ha paura del lupo" © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, evento in Aula Magna © Marta Buso
Ateneo Veneto, la scuola di san Fantin (Venezia) by night © Luca Ferrari

lunedì 9 ottobre 2023

Vajont (1963-2023), per non dimenticare

Superstiti al disastro del Vajont  - Ph. Giorgio Salomon
Il progetto della diga, l'allarme e l'incuranza. A sessant'anni dal disastro del Vajont che costà la vita a quasi 2000 persone, la ferita gronda ancora dolore e non si è mai rimarginata.

di Luca Ferrari

Sessant'anni fa, il 9 ottobre 1963, una parte del Monte Toc franò nel bacino artificiale della diga del Vajont, provocando un’onda di 250 metri d'altezza. Furono spazzati via i comuni di Erto, Casso, Longarone e altri centri abitati del fondovalle bellunese, provocando la morte di 1917 persone tra uomini, donne e bambini. Per anni da piccino sono passato per quelle zone, sentendo le storie di questa tragedia. La cosa che fa più male è che il bieco interesse continua a svillaneggiare ancora oggi nel nome del profitto più laido. Il disastro del Vajont ci ricorda quanto poco impariamo dalla Storia. Il disastro del Vajont ci impone di agire per garantire il rispetto della vita umana.

Nell’archivio dell’Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale di Venezia in attività, sono conservate le carte relative alla difesa del principale imputato nella causa penale del Vajont, l’ingegnere della Sade (poi Enel) Alberico Biadene, difeso dallo studio legale dell’avvocato Alessandro Brass. All'epoca in quegli uffici lavorava anche l’avvocato Mario Vianello, socio onorario dell’Ateneo Veneto, che nel 2010 appunto decise di fare dono del fondo documentario riguardante il processo.

Di questo patrimonio cartaceo-giuridico ne ha parlato di recente il Corriere della Sera, con un’intervista allo storico Pietro Ruzzante che ricorda (anche) il coraggio di un giovane tecnico dell’Università di Padova, Lorenzo Rizzato. Questi tentò invano di avvisare dell’imminente pericolo con tanto di carte che portarono anche a un’interrogazione parlamentare. Per questo venne arrestato e poi licenziato dall’ateneo euganeo. Una delle tante vicende italiane concluse nel peggiore dei modi. Una di quelle pagine atroci che il Bel paese si sarebbe potuto risparmiare, e invece tutto finì nel fango e sepolto insieme alle grida strozzate. 

Il 9 ottobre 2023 passerà e cosa rimarrà? Celebrazioni in tutto il Nordest e poi? Oggi ricordiamo il disastro del Vajont e onoriamo le vittime, ma l'unico modo onesto per rendergli vera giustizia, è di lavorare perché simili tragedie causate unicamente dall'avidità umana non tornino a colpire il cuore delle persone. E invece, solo per citare gli ultimi anni, la valanga di Rigopiano, il crollo del ponte Morandi di Genova fino all'ultimo incidente mortale sul cavalcavia di Mestre (Ve), ci raccontano tutt'altra storia. Una storia che mette ancora il profitto illecito al di sopra della vita dei cittadini. Questa è un'Italia che non tollero più. Questa è un'Italia che deve cambiare una volta per tutte.

Il disastro del Vajont

La prima pagina sulla stampa ph. Archivio CameraPhoto Venezia
Vajont
Fondo documentario Vajont - ph. Ateneo Veneto

venerdì 15 settembre 2023

Regata Storica, la cultura voga

L'equipaggio della Canottieri Giudecca si allena per la Regata Storica © Luca Ferrari

Tradizioni, competizioni sportive e cultura. Viaggio nella Regata Storica di Venezia insieme alla Canottieri Giudecca e l'Ateneo Veneto.

di Luca Ferrari

Rosa come il film campione d'incassi, Barbie (di Greta Gerwig con Margot Robbie protagonista). Rosa come il genere femminile. Rosa come una delle imbarcazioni della Regata Storica di Venezia, supportata per la prima volta dalla più antica istituzione culturale veneziana in attività. Tra le caorline scese in gara quest'anno, la sorte ha consegnato il colore rosa proprio alla Canottieri Giudecca. Un sorteggio quasi dettato dal destino. L'equipaggio infatti, era sostenuto (anche) dall'Ateneo Veneto, fondato per decreto napoleonico nel lotano 1812, il cui Presidente in carica è l'ex- magistrato Antonella Magaraggia. Unica donna, al momento, ad aver ricoperto questo ruolo in oltre 200 anni di storia.

La Regata Storica è un'autentica festa per la città di Venezia, anzi, per i veneziani. Più della Vogalonga e probabilmente anche più dell'amatissimo Redentore. Per onor di cronaca, negli ultimi anni la partecipazione di massa (locale) è venuta un po' a mancare. Che sia carenza di materia prima (cittadini) o meno, il fascino resta comunque inalterato. A livello strettamente professionale poi, la mia attività giornalistica "remiera" iniziò proprio sulle acque lagunari della Storica, quando a sfidarsi all'ultima voagata sui gondolini dei campioni, c'erano ancora i Vignotto di Sant'Erasmo e il "gigante" D'Este di Burano. Quest'anno sono tornato ad assaporare il clima di questa manifestazione. Un primo "antipasto" però, lo avevo già avuto. Andando proprio a documentare l'allenamento della Canottieri Giudecca, pochi giorni prima dell'evento.

L'isola della Giudecca è un po' un mondo a parte, come del resto ogni singola isola della laguna di Venezia. Smontato alla Palanca e attraversato il lungo ponte di ferro, mi ritrovo dalla parte opposta dell'isola, direttamente affacciata su una porzione di laguna per lo più sconosciuta alla stragrande maggioranza delle persone, veneziani inclusi, se non per chi ha un "barchin" o per l'appunto chi si diletta con la voga. Le isole sono un mondo a parte? Non solo loro. Le associazioni remiere anche di più. Piccoli cosmi animati da una passione incredibile. Sembrano quasi alveari e i soci sono autentiche api operose. Instancabili ed entusiasti. Come per l'equitazione, prima di una vogata bisogna preparare "il destriero", in questo caso una possente imbarcazione della tradizione della voga alla veneta su cui, in questo caso, si daranno battaglia equipaggi di 6 uomini: la caorlina.

L'impegno è di quelli tosti. L'equipaggio della Canottieri Giudecca è uno dei favoriti. Nelle qualifiche disputatesi pochi giorni prima a Malamocco (Lido di Venezia), è arrivato primo. Mancano pochi giorni ormai alla Regata Storica. Dalla mia postazione, mi godo/assisto a tutte le fasi. L'incontro dei regatanti, la messa a punto della barca, il sollevamento meccanico della suddetta e il delicato varo sull'acqua. Iniziano le prime vogate. Con la complicità di un gentile presente, li seguo anche in laguna. Una meraviglia nella meraviglia. Per un po' di tempo siamo solo noi. Nessun battello pubblico. Niente taxi (acquei, ovviamente) né grandi navi. Solo due barche. Tutt'intorno a noi, il blu della laguna e quello del cielo. Vivere a Venezia significa potersi continuamente sorprendere da questa meravigliosa città, ed è così ancora per chi ci vive.

"A nome di tutto l'equipaggio, vogliamo ringraziare l'Ateneo Veneto per il patrocinio che ci ha riservato e che da veneziani ci inorgoglisce non poco!" ha detto prima della gara, Gianluigi Fongher, "Siamo da sempre convinti che - alleare - simbolicamente realtà così intrise della storia e della cultura veneziana, possa costituire, almeno così lo sentiamo noi per quanto concerne l'amata tradizione della voga alla veneta, un importante elemento di sostegno e visibilità in una città che sta soffrendo un tremendo analfabetismo di ritorno. Il morale dell'equipaggio è alto e pure la voglia di far bene. Faremo quanto nelle nostre possibilità per ricambiare l'attenzione che ci avete voluto concedere".

Arriva il giorno. Il calendario segna la prima domenica di settembre. È arrivato il momento della Regata Storica 2023. Un'edizione accompagnata da non poche polemiche delle associazioni remiere contro le istituzioni, a causa dei problemi e la sicurezza legata moto ondoso, ma non solo. Tutti guardano. Chi dalla comodità di palazzi affacciati sul Canal Grande, chi dai ponti, chi dai campielli o simili, chi da piccoli approdi. Inizia il corteo storico guidato dalla bissona Serenissima, seguita dalla gondola con il doge e la dogaressa quindi il corteo delle associazioni remiere, poi toccano le gare. Arriva il momento delle caorline. La cultura affianca lo sport. Lo sport è cultura. Su uno dei due lati della caorlina della Canottieri Giudecca, a  prua, c'è il nome dell'Ateneo Veneto, così come sulle t-shirt dell'equipaggio. Un legame, quello dell'istituzione culturale con la Storica non certo nato in questi giorni, come la stessa Presidente Magaraggia ha voluto sottolineare.

"L’Ateneo Veneto e la Regata Storica, realtà apparentemente diverse, vivono entrambe nel cuore della città, appartengono alla sua antica tradizione culturale e sono amate dai veneziani. Per questo il nostro Ateneo ha voluto sostenere la Storica e, in particolare, la caorlina rosa, il cui equipaggio, capitanato da Gianluigi Fongher, porterà anche il logo dell’Ateneo Veneto". Va ricordato inoltre che nel corso degli anni, l'Ateneo ha spesso realizzato eventi collaterali della manifestazione come nel 2019, quando "Aspettando la Regata Storica. Una festa antica e autentica" catalizzò l'attenzione dei veneziani, accompagnando i presenti in un viaggio nella memoria della manifestazione. Adesso siamo nel 2023, e gli equipaggi sono tutti in Canal Grande. Dopo un testa a tesa, la Canottieri Giudecca arriva seconda, staccando tutti gli altri regatanti, e dietro al solo Club Nautico San Marco (bianco) per pochi secondi.

La voga alla veneta e Venezia, un qualcosa che non si può spiegare solo a parole e fotografie. Essere in barca nella laguna è un viaggio che, una volta iniziato, non sembra finire mai (e vorresti che ciò non accadesse, ndr). Tante volte sono stato tentato d'iniziare a vogare ma non ho ancora levato le ancore. Parafrasando la mitica Learning to Fly (Pink Floyd), potrei dire: "Non riesco a distogliere i miei occhi dalla laguna che nuota verso di me/ Muto per la meraviglia e agitato/ Sono solo uno disadattato essere terreno, io". Questa esperienza però, insieme all'Ateneo Veneto e la Canottieri Giudecca, mi ha un po' cambiato. Si è intrufolata in profondità. Di reportage sulla Regata Storica ne ho fatto svariati, ma mancava un coinvolgimento così intenso e ravvicinato con i suoi regatanti e certi legami, finalmente si sono messi a fuoco (acqueo). Chissà, magari un giorno ci sarò anch'io nel corteo della Regata Storica a vogare.

La caorlina rosa della Canottieri Giudecca © Luca Ferrari
L'equipaggio della Canottieri Giudecca si allena per la Regata Storica © Luca Ferrari
L'equipaggio della Canottieri Giudecca si allena per la Regata Storica © Luca Ferrari
L'equipaggio della Canottieri Giudecca si allena per la Regata Storica © Luca Ferrari
La caorlina rosa della Canottieri Giudecca si allena per la Regata Storica  © Luca Ferrari
L'equipaggio della Canottieri Giudecca si allena per la Regata Storica © Luca Ferrari
L'equipaggio della Canottieri Giudecca si allena per la Regata Storica © Luca Ferrari
L'equipaggio della Canottieri Giudecca durante la Regata Storica  © Luca Ferrari
L'equipaggio della Canottieri Giudecca durante la Regata Storica  © Luca Ferrari
L'equipaggio della Canottieri Giudecca durante la Regata Storica © Silva Menetto
L'equipaggio della Canottieri Giudecca durante la Regata Storica © Silva Menetto
L'equipaggio della Canottieri Giudecca durante la Regata Storica © Silva Menetto
L'equipaggio della Canottieri Giudecca alla premiazione della Regata Storica; 
al centro in alto, la Presidente dell'Ateneo Veneto, Antonella Magaraggia © Silva Menetto

mercoledì 30 agosto 2023

Venezia e i 1000 anni del vetro ungherese

Agnus Dei di Balázs Sipos

Sabato 2 settembre verrà inaugurata Glass Art NOW, la prima mostra collettiva ungherese di arte del vetro a Venezia, presso l’Ateneo Veneto. Circa 100 le opere esposte.

di Luca Ferrari

È l'ora dell'arte vetraria ungherese a Venezia. È l'ora di Glass Art NOW!, la prima mostra d'arte del vetro ungherese in programma da 2 al 15 settembre (h. 11-19) all’Ateneo Veneto di Venezia (Campo San Fantin 1897, adiacente il Gran Teatro della Fenice), la più antica istituzione culturale attiva della città. Glass Art NOW! è un viaggio nei “mille anni del vetro ungherese”, la storia del vetro nel bacino dei Carpazi, dai primi scavi romani fino ai giorni nostri, con quasi 100 reperti esposti legati al lavoro di ricerca effettuato dalla Fondazione Bohus-Lugossy, raggruppandoli in quattro unità tematiche sotto i nomi di città italiane e ungheresi: Roma, Venezia, Veszprém e Salgótarján.

I visitatori potranno ascoltare in italiano e in inglese brevi storie su ciascuna delle quattro vetrine tematiche scansionando i codici QR posti sui tavoli, mentre chi desidera approfondire le storie complete, potrà leggerle sul sito web della mostra. I materiali della storia del vetro sono stati selezionati dalle collezioni dei musei ungheresi e dei collezionisti privati che partecipano al progetto di ricerca dal curatore della mostra, il direttore professionale della Fondazione Bohus-Lugossy, dottor András B. Szilágyi, storico dell’arte e docente presso l’Università Moholy-Nagy di Arte e Design, e da Szonja Dohnál, co-curatrice, storica dell’arte e vice direttrice della Casa delle Arti di Veszprém.

La mostra è stata realizzata con il contributo del programma Veszprém-Balaton 2023 Capitale Europea della Cultura, in quanto la regione di Veszprém è uno dei più importanti centri di produzione del vetro in Ungheria. La produzione del vetro è presente sin dalla metà del XVIII secolo nelle foreste del Bakony, nella regione di Veszprém. Per molti decenni, generazioni di vetrai e famiglie, la maggior parte delle quali provenienti dalla Germania, produssero vetro nei forni da loro costruiti nei boschi. Il lavoro degli otto forni è stato poi proseguito dalla nona fabbrica di vetro di Ajka, che iniziò la produzione nel 1878.

Gli oggetti in vetro qui prodotti erano caratterizzati da tecniche sofisticate e il lavoro degli artisti artigiani ne garantiva la qualità. Oggi la fabbrica è chiusa e i suoi edifici sono stati demoliti. Per questo motivo è importante preservare questa tradizione per i posteri. Uno degli obiettivi della Casa delle Arti di Veszprém è presentare la sopravvivenza di questa tradizione nell’arte contemporanea. Nel gennaio 2023 è stata aperta la mostra internazionale d’arte vetraria contemporanea Glass Focus, con la partecipazione di artisti ungheresi accanto ad artisti americani e danesi. La città ospita una delle più grandi collezioni d’arte vetraria contemporanea e storica dell’Ungheria, il Museo Laczkó Dezső, dove, oltre agli antichi vetri dei forni del Bakony e ai vetri decorativi dell’ex fabbrica di Ajka, sono presenti i più grandi creatori dell’arte vetraria autonoma ungherese. La collezione di oggetti in vetro del museo è rappresentata con importanti opere nella mostra Glass Art NOW!

“Le opere e le installazioni presentate nei progetti di arte figurativa, fotografica e design del programma della Capitale Europea della Cultura Veszprém-Balaton 2023 (VEB2023 CEC) rappresentano il patrimonio naturale e culturale e la realtà quotidiana della regione. Riteniamo straordinariamente importante mostrare le persone e le comunità che vivono qui insieme alle tradizioni che caratterizzano questa regione. Oggi l’artigianato, la lavorazione e la modellazione dei vari materiali, accanto alle vecchie tecniche, offrono nuove possibilità, permettendoci di illustrare sia il passato che il presente, la tradizione e l’innovazione. In qualità di Capitale europea della cultura, continuiamo a credere che sia essenziale invitare e mettere in mostra artisti nazionali e internazionali. Siamo molto contenti quando iniziative e programmi ungheresi e stranieri si uniscono per rafforzare il lavoro e il pensiero comune”, ha dichiarato Can Togay.

I materiali dell’arte vetraria contemporanea della mostra sono stati realizzati coinvolgendo quasi quaranta artisti, molti dei quali hanno creato opere completamente nuove per la prima mostra di arte del vetro ungherese a Venezia. László Hefter, “decano” dell’arte vetraria ungherese, artista del vetro premio Ferenczy Noémi e restauratore, membro dell’Accademia delle Arti Ungherese, che festeggia il suo 80esimo compleanno a settembre, ha creato una nuova opera per la mostra. Hefter è uno dei pochi artisti che utilizza il metodo medievale della pittura su vetro nelle sue opere contemporanee. La sua opera intitolata Fragmentum è un pannello di vetro antico dipinto che rappresenta i 50 anni del suo lavoro di designer del vetro architettonico.

Anche Vajk Farkas ha creato per la mostra di Venezia il suo nuovo lavoro Struttura del colore, esplorando e sfruttando le nuove tecniche. James Carcass, artista del vetro britannico che vive in Ungheria, ha debuttato con l’opera Cranberry Split utilizzando diverse tecniche di soffiatura del vetro in un forno per il vetro aperto per un fine settimana presso la Manifattura di Parádsasvár, organizzato dalla Fondazione Bohus-Lugossy. È stato il direttore responsabile di un workshop di tre giorni per gli studenti del MOME nel luglio 2023 e gli oggetti in vetro lì creati saranno esposti anche alla mostra Glass Art NOW!

Zsuzsanna Deák presenta a Venezia un pezzo rilevante della sua collezione Ossidi e Metalli preziosi, la cui particolarità è data dall’inserimento di vari metalli tra gli strati di vetro. In collaborazione con l’Università ungherese Pannon, un’importante istituzione ungherese per la ricerca scientifica nel campo dell’industria dei silicati, ha sperimentato un processo per creare opere riciclando rottami di vetro edile e fanghi di vetro. Quest’anno è stata candidata al premio EDIDA “Iniziativa sostenibile dell’anno” da ELLE Deco International.

Il giorno dell'inaugurazione, Can Togay, consulente culturale e creativo del progetto Veszprém-Balaton 2023 Capitale Europea della Cultura, inaugurerà la mostra Glass Art NOW! presso l’Ateneo Veneto. Alto patrocinatore della mostra è il dottor Tibor Navracsics, commissario ministeriale per la Capitale Europea della Cultura Veszprém-Balaton 2023. Anche la maggior istituzione ungherese d’istruzione superiore, l’Università Pannon di Veszprém, sarà presente all’evento. L’istituzione è un’università con una lunga tradizione nella ricerca scientifica e nella formazione nell’industria dei silicati. A breve lancerà un corso di formazione professionale in arte del vetro nell’ambito della collaborazione con la Fondazione Bohus-Lugossy. L’accordo quadro di collaborazione verrà firmato il 2 settembre nell’Aula Magna dell’Ateneo Veneto nell’ambito d’una cerimonia.

La mostra Glass Art NOW! è organizzata dalla Fondazione Bohus-Lugossy e da FAMPATH, con il contributo di Veszprém-Balaton 2023 Capitale Europea della Cultura, del Comune di Veszprém, dell’Accademia Ungherese delle Arti, dell’Accademia d’Ungheria di Roma e del Progetto Liget Budapest. Alto patrocinatore della mostra: dottor Tibor Navracsics, ministro dello sviluppo territorial Patrocinatore della mostra: Accademia d’Ungheria di Roma

Espongono all'Ateneo Veneto: Péter Botos, Balázs Sipos, Luca Kohut-Görömbei, Ágnes Smetana, Zsuzsa Vida, Barbara Szőke, Birgit Köblitz, Zsuzsanna Deák, Márta Edőcs, Luca Dimény, Judit Füri, Jusztina Jegenyés, László Lukácsi, Péter Lendvai, Melinda Soltész, Daniella Koós, Balázs Telegdi, György Gáspár, László Hefter, Judit Grünfelder, Gyöngyvér Amala Varga, Vajk Farkas, Boldizsár Lukácsi, James Carcass, Barnabás Wölfinger, Csilla Szilágyi. Opere degli studenti e neolaureati del MOME invece: Szabolcs Baranyai, Lujza Pálfi, Emese Mráz, Ingrid Válint, Rebeka Boda, Tamás Köte, Beatrix Regina Kis, Péter Cserba, Melinda Doktor, Fülöp Bechtold

La mostra Glass Art NOW! è visitabile ogni giorno dal 2 al 15 settembre 2023, dalle 11 alle 19, presso l’Ateneo Veneto.


mercoledì 16 novembre 2022

Perché l'Italia rimpiange il fascismo?

Ghetto ebraico di Venezia, lapide commemorativa © Luca Ferrari

Il fascismo è stato uno dei peggiori abomini nella storia dell'umanità eppure in Italia viene ancora ricordato con nostalgia. Ma come è possibile? 

di Luca Ferrari

Com’è possibile? Com'è possibile che l’Italia appaia ancora divisa sul giudizio storico del fascismo? Il fascismo è stato un abominio umano, senza se e senza ma. E se fino a una ventina d'anni fa (quasi) ci si vergognava a sbandierare pubblicamente la propria simpatia per le camice nere, il vento adesso è decisamente cambiato (e non fischia quasi più, ndr). Sì, il fascismo, proprio quello. Un movimento politico brutale che riversò la sua feroce violenza contro chiunque la pensasse diversamente. Il fascismo, sì, quello delle leggi razziali e dell’alleanza (voluta) con Adolf Hitler e il nazismo. Il fascismo, sì, quello della spietata aggressione all'Etiopia e dei campi di sterminio nell'ex-Jugoslavia

All'Ateneo Veneto intanto, la più antica istituzione culturale di Venezia in attività, martedì 22 novembre (Sala Lettura, ore 18.00) si svolge la presentazione del volume L’ombra lunga del fascismo. Perché l’Italia è ancora ferma a Mussolini, di Sergio Rizzo e Alessandro Campi (Milano, Solferino 2022). "Ci si può stupire se nel 2022, a un secolo dall’avvento del fascismo, c’è una ditta che produce e vende su e-Bay magliette celebrative della Marcia su Roma, o se torna di moda il saluto romano, dalle curve degli stadi ai consigli comunali?" si legge. "Perché alla fine della guerra molti fascisti sono rimasti al loro posto; perché sono tutt’ora in vigore 249 leggi, decreti, regolamenti in cui compare la parola - razza -".

Anche la città di Venezia ha conosciuto le angherie nere. Il ghetto ebraico di Venezia è un museo a cielo aperto della memoria, tra cui la lapide dedicata al presidente della comunità ebraica veneziana, Giuseppe Jona, che pur di non consegnare la lista degli ebrei presenti, si suicidò. Uomini, donne e bambini, in particolare tra il 1943 e il 1944, furono strappati alle loro case e deportati nei lager dell'annientamento. Furono 246 in tutto gli ebrei veneziani catturati e mandati a morire. Tra questi, anche l'anziano rabbino Adolfo Ottolenghi insieme agli altri ospiti della Casa di Ricovero Israelitica. Una lapide ricorda i loro nomi in Campo del Ghetto Nuovo, insieme al monumento che lo scultore Blatas ha dedicato alla Shoà. Anno dopo anno si aggiungono nuove pietre d'inciampo con i nomi di tutti i deportati. Mi chiedo: anche di queste "scorribande" i neo-fascisti hanno nostalgia?

Venezia, pietre d'inciampo © Luca Ferrari

In prima linea sul fronte nostalgico, la Destra politica italiana che non smette di ricordarci quanto bravo sia stato Mussolini (e non solo lui), dimenticandosi però di menzionare tutto l'orrore che sparse in Italia e in altre parti del mondo. In mezzo a quell'inferno ci finì anche una bambina, tal Liliana Segre, miracolosamente scampata al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, e oggi Senatrice a vita della Repubblica Italiana. Lei, superstite e testimone vivente della Shoah, oggi collega dell'on. Ignazio La Russa, Presidente del Senato, e sempre nostalgico dei "bei tempi delle camice nere". Chissà  se l'on. La Russa avrà mai il coraggio di guardare negli occhi Liliana spiegandole cosa rimpiange di quel "nobile ventennio".

Erede (furba) della cultura fascista, anche l'attuale Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, tra i fondatori del partito Fratelli d'Italia, erede diretto dell'MSI - Movimento Sociale Italiano, partito d'ispirazione neofascista (diciamo così), sorto all'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, e il cui simbolo della fiamma tricolore è stato ripreso da FI. Tra i fondatori di quest'ultimo, Giorgio Almirante, cui il nostro Premier gli dedicò un generoso tweet un paio di anni fa. Ma chi era Giorgio Almirante? Leggiamo con attenzione il suo tributo:

Il tweet di Giorgia Meloni dedicato a Giorgio Almirante

Per quanti non lo sapessero, Giorgio Almirante fu uno strenuo sostenitore di Benito Mussolini, Segretario e tra le prime firme del periodico italiano "La difesa della razza" dove fu pubblicato il vergognoso Manifesto della RazzaUn uomo che non dimenticheremo mai, ha twittato l'on. Meloni. Immagino che le migliaia di vittime dei rastrellamenti fascisti concorderanno con lei: non  dimenticheranno mai quell'uomo, complice e sostenitore incallito di quell'abominio umano che è stato e sempre sarà il fascismo.

Da giornalista, ma ancor di più da essere umano, mi piacerebbe chiedere alla Presidente Meloni quale sia stata la grandezza di quest'uomo, e magari lo spiegasse anche a tutti quelle persone che hanno perso parenti nei forni crematori nazi-fascisti e(o sono state torturate dai loro aguzzini. Ma perché sorprendersi di questo italico attaccamento al duce? Se un politico può esprimere simili opinioni in barba alla Legge Scelba (1952), riuscendo a ricoprire anche una delle massime cariche dello Stato, c'è ben poco da rispondere. Sulla carta, l'apologia di fascismo è reato, nella pratica non lo è. Mai. E l'agonizzante erede della Sinistra sa al massimo attaccare in modo sterile solo quando c'è odore di elezioni.

Fascisti macellai, in casa e fuori dai patri confini. Ed è proprio oltre quest'ultimi che si continua a fare propaganda portando avanti una delle più grosse bugie storiche: il mito degli italiani brava gente, con la Destra che nel tempo è stata furbissima "ad accaparrarsi" la memoria della tragedia delle foibe causata da Tito e i partigiani slavi, facendo passare l'Italia come unica vittima, senza che in tutto questo il fascismo non avesse alcuna responsabilità. Prima e durante la II Guerra Mondiale l'Italia di Mussolini si macchiò di orrendi crimini contro l'umanità, incluso l'uso di gas nervino ai danni della popolazione africana in barba al protocollo di Ginevra (1925) e la creazione, fra i tanti, di campi di concentramento nei territori dell'ex-Jugoslavia.

L'Italia uscì sconfitta dalla guerra, sì, ma allo stesso tempo fu riabilitata agli occhi dell'opinione pubblica dai partigiani e venne presa sotto l'ala protettrice degli Alleati. Com'è tipico della cultura italiana, il problema non fu affrontato ma nascosto. Il fascismo fu incautamente messo in naftalina, senza alcun processo pubblico né confronto con le vittime. Al contrario l'intera Germania si è dovuta confrontare con i crimini del nazismo, e tutt'oggi è ancora costretta a farlo. L'Italia di Mussolini, no. Perché? Ce lo chiediamo ancora e sempre di più oggi, a più di 75 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ce lo chiediamo mentre la politica scherza con gli spettri dell'orrore nero per guadagnare consensi nella melma dell'ignoranza. Se lo chiedono quelle bambine e bambini, strappati alle loro famiglie e mandati a morire nel nome di non si sa bene quale ideologia superiore.

Perché l'italia rimpiange Mussolini? Ce lo chiediamo in parecchi e più di tutti, i diretti discendenti di quegli innocenti trucidati dal fascismo.

Manifestazione del 25 aprile, la festa della Liberazione © Luca Ferrari

lunedì 21 marzo 2022

Gli anni di piombo a Venezia

Negli anni '80 l'orrore del terrorismo brigatista colpì anche in laguna. All'Ateneo Veneto si raccontano - Gli "anni di piombo" a Venezia -, con le voci dei parenti delle vittime.
 
di Luca Ferrari

Ero un bambino quando tra un giocattolo e un esercizio elementare, iniziarono a entrare parole come terrorismo, brigate rosse, etc. Ricordo ancora gli sguardi sgomenti dei miei genitori dinnanzi alle notizie dei telegiornali. Erano gli anni Ottanta, e a quel tempo nuove scie di terrore insanguinavano l'Italia. Lunedì 28 marzo all'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale veneziana in attività, si ricorda quella drammatica stagione con un incontro pubblico sul terrorismo brigatista nel veneziano,   Gli anni di piombo a Venezia, con testimonianze dei parenti delle vittime.
 
Conosciamo troppo poco la nostra storia. Studiamo troppo le antiche civiltà a discapito del presente, arrivando a stento alla II Guerra Mondiale, la cui lettura è quasi sempre superficiale, tralasciando l'orrore che il fascismo italiano disseminò tra Africa, ex Jugoslavia e Grecia, in particolare. C'è poi quella immensa storia del Dopoguerra, raramente analizzata, ma le cui implicazioni sono ancora fortissime nel contemporaneo: dal Medioriente alla recente invasione ucraina, senza dimenticarsi di casa (cosa?) nostra, con il terrorismo che segnò il Bel paese tra gli anni '70 e '80.

Da quell'epoca non si salvò nemmeno Venezia, che tra il gennaio 1980 e il luglio 1981, vide cadere il vicequestore della Digos, Alfredo Albanese e due dirigenti industriali Sergio Gori e Giuseppe Taliercio, quest'ultimo rapito e poi barbaramente ucciso. All'incontro pubblico all'Ateneo Veneto (Aula Magna, ore 17.30), il giornalista Adriano Favaro, autore del libro Cronache di piombo. Il terrorismo nel Veneto raccontato dai testimoni di oggi” (ed. Nuova Dimensione 2021), dialoga con l'ex magistrato Carlo Nordio, con Cesare Taliercio, figlio dell’ingegnere Giuseppe Taliercio: Barbara Gori, (da remoto), figlia di Sergio Gori e Teresa Friggione (da remoto), moglie del vicequestore Alfredo Albanese.

L'archivio di Antenna Tre - L'omicidio Taliercio

mercoledì 16 febbraio 2022

Alla ricerca della Venezia Orientale

Venezia, campo dei Mori © Luca Ferrari

Alla scoperta delle testimonianze storico-artistiche che raccontano i secolari rapporti tra Venezia e l’Oriente, giovedì 17 febbraio all'Ateneo Veneto.

di Luca Ferrari

L'Oriente in laguna è ovunque. Basta cercarlo. Basta guardare Venezia per davvero. Dal celebre bassorilievo con il cammello sulla facciata di Palazzo Mastelli (casa dei ‘Mori’, i tre fratelli greci Rioba, Sandi e Alfani) alla magnificenza di Palazzo Zenobio, dove si formavano giovani provenienti da tutte le comunità armene, dall'India a Costantinopoli, da Cipro all'Egitto, senza trascurare la Cina e l’importantissima componente ebraica presente in città.

Giovedì 17 febbraio, all'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale veneziana in attività, si parla di "Venezia Orientale" (Aula Magna, ore 15). Un incontro che è l’occasione per conoscere più a fondo il patrimonio culturale a cielo aperto dell'antica Repubblica Marinara, città che da sempre ha avuto rapporti con il mondo orientale e che è un simbolo di integrazione, multiculturalità e tolleranza religiosa.

"Questa città è un’enciclopedia aperta per ogni area disciplinare, che sia scientifica, umanistica, economica o linguistica" ha evidenziato Caterina Carpinato,  prorettrice dell'Università Ca’ Foscari (istituzione con cui è realizzato l'evento insieme all'Associazione Guide Turistiche Venezia nell’ambito delle iniziative per Venezia 1600). "Apriamo con questa iniziativa una riflessione seria e partecipata su quello che possiamo offrire, come Università, a uno dei comparti lavorativi più importanti per il tessuto cittadino: l’industria del turismo, serio, competente e di qualità”.

Un Oriente rintracciabile anche sulla Madonna Mesopanditissa della Chiesa della Salute, originaria dell’isola di Creta, o ancora tra le colonne istoriate su cui poggia il Palazzo più importante della città, Palazzo Ducale, che raccontano storie della dimensione multiculturale veneziana.

“Sono tutte testimonianze dei rapporti internazionali dei quali la città ancora vive, ma che rischiano di restare muti se nessuno, adeguatamente preparato, li racconta – spiega Aldo Ferrari - Da qui il senso della presenza a questo incontro delle guide turistiche veneziane, che sono le prime persone che raccontano Venezia ai viaggiatori. I nostri studi, le ricerche accademiche, possono incoraggiare una proposta di itinerari turistici alternativi, per far scoprire una caratteristica di Venezia determinante ma poco conosciuta, spesso anche ai veneziani stessi. Si pensi che non esiste ancora una pubblicazione che riunisce tutti gli elementi orientali presenti in città. Questi incontri sono un’iniziativa di ampio respiro che va anche in questa direzione”.

Venezia, facciata di Palazzo Mastelli

lunedì 17 gennaio 2022

Rotta su Venezia

Storie di cultura marina, tradizioni e sapori. Rotta su Venezia, in un incredibile viaggio "Kapuścińskiano" tra Chioggia e Trieste in bici e in barca, attraverso lagune, fiumi e canali 

di Luca Ferrari

Viaggio in barca e in bici solcando le lagune, i Fiumi e i canali della Litoranea Veneta, antico sistema di vie d’acqua che collega il Po al Golfo di Trieste, tra terra e mare. Città antiche, Chioggia, Venezia e Trieste, porti, borghi, isole, spiagge e aree naturali si alternano lungo l’arco costiero che si spiega tra Veneto e Friuli Venezia Giulia.

La navigazione e la pedalata, con il loro andamento slow, lasciano spazio a storie, incontri, riflessioni, scorci e tramonti indimenticabili. Paesaggi mai visti e luoghi noti emergono dalle acque come tante nuove scoperte e si fanno conoscere nella loro anima più autentica. Un viaggio tra storia, sapori e tradizioni di genti e terre strappate all’acqua. Esperienze uniche da rivivere grazie alle indicazioni per ripercorrere le tappe del percorso.

Lunedì 17 gennaio (Aula Magna, ore 17.30) all'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale veneziana in attività, presentazione del volume "Rotta su Venezia” (Ediciclo Editore), dell'imprenditore veneto, Gianni Pasin. Saranno presenti:

  • Antonella Magaraggia, Presidente Ateneo Veneto
  • Renato Boraso, assessore alla Mobilità, Comune di Venezia 
  • Patrizio Roversi (Italia Slow Tour) e Michele Zanetti conversano con l’autore.

Coordina Nadia Pasqual.

Ingresso solo con Super Green Pass con mascherina FFP2.

mercoledì 11 novembre 2020

Novecento: Venezia e le Arti

Mercoledì 11 novembre (ore 17.30), in live streaming sul canale Youtube dell'Ateneo Veneto, inizia il "Corso Storia dell'Arte 2020 Novecento: Venezia e le arti”.

di Luca Ferrari

Il covid19 ha fermato le presenze in sala, non la voglia di fare e condividere la cultura. Da qualche settimana ormai l'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale veneziana fondata per decreto napoleonico nel 1812, ha rinnovato la sua attività sul proprio canale Youtube registrando molti di quegli appuntamenti che si sarebbero dovuti presentare in Aula Magna, alla presenza del pubblico. Oggi inizia una nuova era. L'era della diretta in streaming. Oggi, nel giorno (11 novembre) in cui a Venezia si celebra la festa di San Martino, alle 17.30 parte il live streaming del "Corso di Storia dell’Arte", organizzato dall’Ateneo Veneto e dall’Associazione Amici dei Musei e Monumenti Veneziani.

Il Novecento è il “secolo breve”, così come è stato definito da Eric Hobsbawm, compreso per i suoi elementi di omogenea specificità tra l’inizio della Grande Guerra e la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. In un programma pluriennale, quest’anno viene preso in esame il primo periodo – l’Età della Catastrofe, così come la definisce ancora Hobsbawm – ovvero l’intervallo di tempo tra i due conflitti mondiali, dominato dalle numerose crisi e rivoluzioni che hanno visto la fine di imperi millenari - il russo, l’austriaco, il tedesco e l’ottomano - e l’affermarsi delle ideologie totalitarie.

A questi violenti strappi della storia è corrisposta una produzione delle arti e delle arti applicate vivacissima e di straordinaria qualità, che ha sperimentato in tutti i campi artistici linguaggi espressivi originali, in continua successione e con rapida circolazione, grazie alle moderne tecnologie di comunicazione. Venezia, dal canto suo, in questo tumultuoso rincorrersi delle nuove tendenze, ritrova nella prima metà del secolo la sua centralità culturale proponendosi con le Biennali e con altre numerose manifestazioni quale privilegiato osservatorio internazionale e luogo di confronto delle esperienze artistiche, e che riesce anche a produrre da sé - borgo o arcipelago che sia – quale straordinario incubatore autonomo.

A illustrare in questo Corso i fenomeni di questo periodo nel campo delle Arti visive e nelle loro implicazioni veneziane, senza la pretesa di esaurire la complessità dei tanti - ismi contemporanei che si sono succeduti, si è ricorso alla competenza di alcuni tra i più riconosciuti studiosi ed esperti di questa stagione artistica, docenti universitari e direttori di musei d’arte contemporanea, che ringraziamo vivamente per la loro disponibilità a sostenere i due soggetti promotori.

Tutte le lezioni si svolgeranno sempre in diretta streaming e si potranno seguire direttamente dal canale Youtube (omonimo) dell'Ateneo Veneto. Nel dettaglio:

  • Mercoledì 11 NOVEMBRE – ore 17.30
Lezione inaugurale "Venezia, l’arcipelago delle arti: la nascita del XX secolo".
Relatore: Luca Massimo Barbero.

  • Mercoledì 18 NOVEMBRE – ore 17.30

Il Nuovo Ordine: Sironi, Bucci, Marussig e gli altri.
Relatrice: Elisabetta Barisoni.

  • Mercoledì 25 NOVEMBRE – ore 17.30

"Ore veneziane". Cose che per Filippo de Pisis non si possono descrivere, ma solo dipingere o indossare.
Relatrice: Stefania Portinari

  • Mercoledì 2 DICEMBRE – ore 17.30

D’Annunzio e “il borgo delle arti”: Balsamo Stella, Cadorin, Martinuzzi, Torres…
Relatore: Silvio Fuso.

  • Mercoledì 9 DICEMBRE – ore 17.30

La Biennale del 1948: l'orizzonte dell'arte a Venezia nell'immediato dopoguerra
Relatrice: Cristina Beltrami.