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giovedì 24 ottobre 2024

I miei 5 anni "social" all'Ateneo Veneto

L'Ateneo Veneto consegna a tutti i veneziani il Premio Torta 2023 - Ph. Marta Buso

Dal 2019 al 2024, ogni giorno, mi sono occupato dei canali social dell'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale di Venezia in attività. 

di Luca Ferrari

Venezia e la sua storia. La storia di Venezia, passata e presente, costruendo e raccontando il futuro che l'attende. Per cinque anni e mezzo ho avuto il privilegio di avvicinarmi a questo mondo. Viverlo, documentarlo e condividerlo sui social media (Facebook, Twitter, LinkedinInstagram) attraverso parole, immagini e video. Per cinque anni e mezzo, a partire dalla primavera 2019, il mio primo pensiero di ogni giornata lavorativa è sempre stato rivolto all'Ateneo Veneto di Scienze, Lettere e Arti, la più antica istituzione culturale veneziana in attività, fondata per decreto napoleonico nel 1812. Sede dell'Ateneo, l'ex-Scola dei Picai, oggi di San Fantin, situata nell'omonimo campo adiacente il Gran Teatro la Fenice, nel sestiere di San Marco, a pochi minuti dalla celeberrima piazza. Un edificio che potrebbe essere anche un museo. Nelle sale Tommaseo, di Lettura e la maestosa Aula Magna infatti, è possibile ammirare opere dei maestri della pittura veneta: Paolo Veronese, Leonardo Corona, Antonio ZanchiAlessandro Longhi, Jacopo Palma e il Tintoretto, di cui è esposta la pala raffigurante l'Apparizione della Vergine a San Girolamo.

Marzo 2019. La prima volta che mi sono occupato dell'Ateneo Veneto, iniziai immortalando un volume sulla storia dell'istituzione con uno sfondo lagunare. Nonostante non fossi alla mia prima esperienza social, un po' di ansia fu inevitabile ma allo stesso tempo, anche molta soddisfazione per i risultati ottenuti. Nei mesi e negli anni successivi, è stato tutta una serie di anticipazioni di eventi, live dal vivo nonché studio di possibili e ulteriori sviluppi. Sarebbe riduttivo vedere in quest'esperienza un semplice rapporto collaborativo. È stato molto di più, e questo in particolare per la tipologia dell'attività che ho svolto, capace di aprirsi a una miriade di altri aspetti, oltre a un costante contatto-confronto da remoto e in sede con la referente dell'ufficio stampa, la giornalista Silva Menetto.

Occuparsi dei social media vuol dire (anche) essere la voce occulta di una realtà, imparando a conoscere tutto quello che la riguarda, dentro e fuori. Lavorando ogni giorno, calamità incluse. Durante la mia attività social infatti, mi sono trovato a documentare l'acqua granda che colpì Venezia il 12 novembre 2019 e in seguito, come tutti, affrontare la pandemia da Covid, quando per tre mesi restammo chiusi in casa. In quel periodo riuscimmo comunque a tenere attivo l'Ateneo Veneto, proprio attraverso i canali social, in primis potenziando il canale Youtube e pubblicando, tra gli altri la rubrica "Raccontaci di te", dove la popolazione fu invitata  a mandare un contributo su come stesse vivendo quei terribili momenti, pubblicati poi sui vari social media con format diversi. "[…] Qualcuno ha esposto alla finestra una bandiera. Chissà se saremo migliori quando questa pandemia sarà passata, se sapremo capire la differenza fra ciò che conta e ciò che non conta, coscienti della nostra fragilità che non è solo dei vecchi [...]” ha tramandato Gabriella Bianco.

Altrettanto notevole fu il lavoro estivo realizzato sui dogi di Venezia, poi ripreso in un'altra occasione e con protagonisti differenti. I social media non vanno mai in vacanza e anche quando gli uffici sono chiusi, si è sempre continuato a lavorare, postando pillole delle più alte figure della politica veneziana, ma non solo. Lavorando in Ateneo Veneto ho imparato io stesso moltissimo sulla storia veneziana, e certe date ormai mi sono entrate dentro, come il 14 luglio, quando nel 1902, il campanile di San Marco crollò all'improvviso senza mietere alcuna vittima, o il 13 maggio 1804, data dei natali di Daniele Manin, patriota veneziano di cui è conservato un busto nella sala Tommaseo al 1° piano della sede dell'Ateneo Veneto, poco distante proprio da campo Manin. Ma esattamente come per certe rock band, il momento cruciale dell'Ateneo Veneto sono gli eventi dal vivo. E lì che si capisce cosa rappresenti davvero questa istituzione culturale. È in questi momenti che le storie del passato e del presente assumono quell'umanità, di cui anche io posso dire con orgoglio, sono stato e sono tutt'ora testimone osservante, e narrante.

Le celebrazioni del Giorno della Memoria, ad esempio, sono sempre state un appuntamento molto sentito e partecipato. Personalmente, un momento per riflettere non solo sul dramma della Shoah, ma anche sulle tante tragedie disumane che hanno insanguinato il mondo, da quelle passate a quelle più recenti. Il 27 gennaio 2023 studenti e società civile si sono alternati nella lettura integrale del volume Se questo è un uomo di Primo Levi. "[...] Per noi la storia si era fermata [...] Con tutte le nostre forze abbiamo lottato perché l'inverno non arrivasse... Non sappiamo cosa vuol dire perché eravamo qui anche l'inverno scorso. Chi non morirà, soffrirà moltissimo [...]". "[...] Devo andare a dirgli che non gli servirà più la camicia? [...] Non capisce che è accaduto un abominio [...] "Adesso basta. Adesso è finita [...]". Restando in tema di diritti umani e visione internazionale, l'Ateneo Veneto ha avuto l'onore di ospitare Rami Elhanan e Bassam Aramin per parlare di pace in Palestina, realizzando anche un intenso incontro sui diritti delle donne in Afghanistan.

Di tutt'altro genere invece, quando mi ritrovai nell'epicentro tradizional-sportivo di Venezia. Un evento che non ha eguali per l'ex Serenissima, la Regata Storica. Per la prima volta, nel 2023, l'Ateneo Veneto ne ha sostenuto un equipaggio, la caorlina della Canottieri Giudecca. Prima della gara ho avuto il privilegio di seguire un allenamento della suddetta in una zona lagunare scarsamente attraversata da qualsivoglia imbarcazione, e dunque scoprendo una Venezia inedita, per di più, da una prospettiva acquea. Poi è arrivato il giorno della Regata Storica, ed eccomi su e giù per il Canal Grande a seguire prima il corteo storico e poi le singole competizioni di remo. Un forte momento di appartenenza ed emozione. Un lungo momento che mi ha riportato ai tempi in cui scorrazzavo su e giù per l'Europa (e mezzo mondo), facendo reportage di viaggio e di carattere umanitario (tematica quest'ultima su cui vinsi anche un premio giornalistico).

Nel corso della sua storia l'Ateneo Veneto ha istituito alcuni Premi. Tra questi, il premio (biennale) “Pietro Torta” per il restauro di Venezia, la cui XXXVII edizione fu davvero particolare poiché a vincere non fu il classico studio o ditta/istituzione, ma i veneziani stessi, tutti: "per nascita o per scelta, cittadini che con ordinaria straordinarietà si impegnano ogni giorno per mantenere Venezia una città viva e attuale". Non solo furono speciali i vincitori dell'edizione 2023, ma anche il volume celebrativo, realizzato con una copertina “riflettente”, per fare in modo che i cittadini vedessero loro stessi e “riflettessero su quello che è stato fatto fino a oggi e su quanto sarà ancora possibile fare per la città". Ateneo Veneto aperto a grandi e piccini. In questi giorni di fine ottobre, è ritornato in Aula Magna lo spettacolo "Chi ha paura del lupo", per un doppio show aperto al pubblico e riservato alle scuole, queste ultime protagoniste del premio "Un'idea per il futuro".

Con i post del 31 ottobre 2024 termina ufficialmente la mia collaborazione con l'Ateneo Veneto, ma non significa che smetterò di seguirlo e/o di scriverne. Tra i tanti Paesi raccontati su "Viaggi del mondo", c'è anche una sezione dedicata proprio all'Ateneo Veneto, che aumenterà ancora nei prossimi anni. Vorrei congedarmi con una frase speciale, e tra i tantissimi eventi cui ho partecipato, ne scelgo uno dei primissimi. Qualunque strada io scelga per il mio futuro lavorativo, sarà sempre figlia della poesia, l'ispirazione originale che mi ha spinto a lavorare nel mondo della scrittura e dei media, e che ancora oggi porto avanti, condividendola online sul sito "Live on Two Hands - le parole come non le avete mai ascoltate". Agli albori della mia collaborazione con l'Ateneo Veneto, presenziai alla cerimonia d'inaugurazione del 207° anno accademico, la cui prolusione fu affidata all'allora Presidente della Biennale, Paolo Baratta che così disse: "L'arte chiede dialogo. L'arte è dell'umanità e per l'umanità. L'arte ci offre l'occasione di una boccata d'ossigeno. Il mondo ha bisogno della creazione e del mutamento".

Ateneo Veneto - I diritti violati delle donne

Ateneo Veneto, l'ex-presidente Gianpaolo Scarante e la tela del Tintoretto © Luca Ferrari
L'ingresso dell'Ateneo Veneto © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, evento dell'associazione Emergency © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, dal vivo a Youtube © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, la maratona Il Veneto Legge © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, amarcord Regata Storica 2023 © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, esposizione d'arte moderna © Luca Ferrari
La presidente Antonella Magaraggia e l'ex magistrato Gherardo Colombo,
all'inaugurazione del 210° anno accademico dell'Ateneo Veneto © Marta Buso
Ateneo Veneto, targa per il Giorno della Memoria © Marta Buso
Antonio Scurati durante la cerimonia di chiusura del
209° anno accademico dell'Ateneo Veneto © Marta Buso
Ateneo Veneto, una delle studentesse vincitrici del
Premio "Un'idea per il futuro" © Luca Ferrari
Ateneo Veneto -.lo spettacolo "Chi ha paura del lupo" © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, evento in Aula Magna © Marta Buso
Ateneo Veneto, la scuola di san Fantin (Venezia) by night © Luca Ferrari

mercoledì 1 dicembre 2021

Smart working per sempre

Ore 7.00, inizia una nuova giornata di smart working © Luca Ferrari

10 anni di smart working... e non sentirli! Nell'autunno 2011 iniziai a lavorare da remoto, e da allora non ho più smesso. Una scelta che non cambierei per nessuna ragione!

di Luca Ferrari

Contratti inesistenti e prestazioni sottopagate. Fino all'autunno 2011 gran parte delle mie collaborazioni lavorative viaggiavano tragicamente su questi due binari, poi un giorno ebbi una risposta diversa. Nella giungla anarchica degli annunci online, accade qualcosa di inaspettato. Ricevetti una risposta seria da un'azienda straniera che prevedeva una prova pratica, e che a prescindere dall'eventuale inizio della collaborazione, mi sarebbe stata retribuita. Nessun colloquio, qualche scambio di email e un test per dimostrare (o meno) di saper fare o meno ciò che mi veniva richiesto. Un paio di testi (valutati) dopo, la mia avventura nel lavoro a distanza, oggi smart working, iniziò ufficialmente. Dieci anni dopo sto ancora continuando e non farei a cambio con niente al mondo.

Dicembre 2011, scrivania della mia camera da letto. Concordato l'orario, inizio ogni giorno alle 7,30 del mattino collegandomi su Skype. Via chat ricevo le "ordinazioni testuali". Lavoro otto ore al giorno con una di pausa pranzo. Alle 16.30 finisco, e avanti così per cinque giorni la settimana. Ho tre colleghi con cui m'interfaccio. C'è sempre serietà ma anche leggerezza. Un giorno però, la mia capa mi sgrida e neanche poco. Il mio errore? Non averla avvisata che il 5 del mese non ho ancora ricevuto lo stipendio. "Mi devi avvisare subito se non ricevi entro i primi giorni del mese". In un'altra occasione le chiedo di fare un'ora extra. Lei rifiuta, motivando così: "Tu lavori bene, e non voglio che ti stanchi oltre il dovuto. Le ore che fai sono sufficienti". Riposarsi è fondamentale per dare il massimo, e loro lo hanno capito. La collaborazione infatti prosegue a gonfie vele.

Proseguo così per quasi due anni, facendo fattura ogni mese con partita IVA. Nel frattempo però ho iniziato a masticare l'emergente realtà del SEO e decido di proseguire, facendo corsi professionali con l'ottimo Studio Samo di Bologna. Sono temporaneamente senza lavoro ma rispetto a una volta, non mi perdo d'animo. Investo su me stesso. In contatto con i miei ex collaboratori da remoto, inizio a mandare CV ad aziende sparse ovunque nel globo senza aspettare. Sono io a propormi e proporre le mansioni, diventando sempre più intraprendente. Riesco a ottenere risposte da aziende incredibili: tra le altre, le Risorse Umane del Manchester United Football Club e l'Alaskan Airlines. Dall'Italia invece è lo zero assoluto. Nulla di nulla, nemmeno un "grazie, le faremo sapere". Continuo a puntare sull'estero, e dopo qualche mese ricomincio a lavorare online. Altro settore di scrittura, altra collaborazione.

Questa volta l'approccio è ancora più ideale, e personalmente la formula che prediligo. Mi vengono richiesti un numero (adeguato) di contenuti al giorno, senza necessità di restare collegato online. Posso metterci cinque ore o meno se fossi veloce, o tutte le otto giornaliere. A loro non interessa! Unendo la mia indubbia bravura nello scrivere in un italiano impeccabile e la velocità di scrittura imparata (a furia di sudate) durante gli anni di cronaca al Corriere Veneto, riesco a finire il miei compiti in netto anticipo. Sono libero di fare la spesa, sistemare la casa e pensare alla mia vita. Lavoro tanto e sono rilassato. La differenza è che in questo settore viene pagata la qualità del mio lavoro e non la quantità delle ore

In parallelo all'ottimizzazione dei contenuti, il mondo dei social media si fa sempre più dominante e inizio a muovermi anche in quel settore. Dopo ennesimi lavori di scrittura e traduzione, mi sposto sul fronte della promozione via social finalizzato al turismo, mettendo a frutto tutta la mia esperienza di reporter al momento di interagire con i clienti dall'estero. Scrivo in inglese, fornisco informazioni, il tutto corredato da immagini certosine da me realizzate, per raggiungere la meta. Si chiude una porta, se ne apre un'altra. Dall'hosting passo a un ulteriore settore ancora, di cui ho giù ampia conoscenza grazie al mio variegato percorso scolastico, e nel giro di un paio d'anno inizio due collaborazioni social, entrambe nella mia città d'origine, Venezia, continuando in parallelo a lavorare sul fronte del copywriting e scrittura testi in italiano per aziende straniere.

Qualcosa nella mia vita intanto è cambiato. Nella mia casa c'è una cameretta in più. Con mia moglie tornata al lavoro dopo la maternità, mi occupo io del bambino, riuscendo a gestire il tutto. Lavoro e seguo il piccolo. Un qualcosa che non avrei mai immaginato di saper fare. Un qualcosa, che anche durante la pandemia, ho amorevolmente portato avanti senza il minimo problema. Grazie allo smart working posso prendermi tutte le pause che voglio per stare dietro a mio figlio. Grazie alle mie indubbie competenze, riesco a eseguire tutti i miei compiti. La cronaca raccontata al Lido di Venezia mi ha insegnato/obbligato a sapermi concentrare e scrivere in qualsiasi situazione, cosa che mi è tornata utile tra pappe e teneri abbracci. 

Dicembre 2021. In un mondo ancora sfiancato dalla pandemia, le mie giornate iniziano sempre presto. Preparo la colazione per tutti, e già  che ci sono anche il pranzo per il sottoscritto, così da ottimizzare il tempo. Vesto il piccolo e mia moglie va con lui alla scuola materna. Alle 7,45 del mattino, quando molti ancora devono ancora uscire di casa, io inizio già a lavorare, saltando e postando tra Facebook, Twitter, Linkedin e Instagram. Rispondo/programmo nuove mail. Mi organizzo la giornata, e riprendo a scrivere testi e/o articoli. Abituato ai ritmi del piccolo, ormai sono abituato a pranzare a mezzogiorno. Per staccare un po', se ho bisogno, vado al supermercato subito dopo. E' l'una circa e sono fresco come una rosa. Vado avanti altre due ore a ritmi serratissimi, poi mi bevo il mio "brodo canadese": un'ampia tazza di caffè caldo (ma bella grande) con un po' di latte, accompagnato da un dolcino.

Rivedo le ultime cose, impostando già l'indomani in un'ultima mezz'ora di lavoro a distanza. Controllo news, social, etc. Sono quasi le 4. Preparo la merenda a mio figlio e lo vado a prendere alla Scuola Materna. Adesso tocca a lui. Adesso il mio impegno è stare insieme a lui. Posso farlo ogni giorno senza problemi perché il mio lavoro me lo consente. Lo so bene, nessuno mi versa contributi e ci saranno momenti che guadagnerò meno ma non si può avere tutto e niente a questo mondo è perfetto. Ok, forse l'ultima affermazione è sbagliata. Quando rientra mia moglie e siamo di nuovo tutti e tre insieme, sì, questo è il mio autentico e sincero stato di perfezione. Negli ultimi quattro anni ho vissuto inimmaginabili emozioni familiari, e questo anche grazie allo smart workingBuongiorno lavoro, e buona vita a tutti. 

Venezia, finestra dal mio ufficio/camera © Luca Ferrari

mercoledì 24 febbraio 2021

TikTok e la (s)vendita dei minori

La app di TikTok pronta per essere scaricata

Tutti a demonizzare TikTok e i social network, ma cosa dovrebbero pensare quei bambini oggi ragazzini, per anni testimoni della propria impotente (s)vendita online?

di Luca Ferrari

Sono un genitore e non ho mai postato foto di mio figlio sui social network. Lavoro (anche) come Social Media Editor. Sono presente da anni su Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest e Linkedin. Credete che non mi sarebbe piaciuto pubblicare in rete foto di mio figlio? Assolutamente si, ma non l'ho mai fatto perché ho pensato prima a lui e poi al mio ego. Quando nacque, a costo anche di sembrare antipatico, fui inflessibile con i miei amici e qualsiasi contatto lo incrociasse sul proprio monitor telefonico: chiunque lo posta in rete, lo denuncio!

Sono passati quasi quattro anni da allora e conscio sempre più dei rischi, non ho cambiato opinione, anzi. Nonostante ciò, non c'è giornata in cui i social non si riempiano di foto di minori, anche piccolissimi. Gli adulti, coloro i quali li dovrebbero proteggere, ignorano/se ne fregano di tutti i rischi della situazione. In molti si difendono dicendo che utilizzano l'impostazione "amici" su Facebook e magari per Instagram bisogna richiederne la visualizzazione. Ottima strategia di autodifesa, certo, dimenticandosi due piccole tragiche realtà:

  1. Qualunque contenuto postiamo in rete, lo regaliamo all'azienda titolare del marchio che un giorno, se volesse, potrebbe fare un book fotografico e venderlo senza che gli autori possano dire alcunché.
  2. Un qualsiasi cracker capace di entrare nel nostro account, può tranquillamente accedere alle foto dei nostri figli e farne ciò che vuole (incluso venderle a pedofili, ndr) come ha di recente scritto Repubblica, seppur sbagliando la terminologia e parlando di hacker, che sono un'altra cosa.
Tutto questo però non sembra preoccupare i cosiddetti "adulti", che imperterriti postano foto su foto, restando sgomenti poi se qualche bambino utilizza applicazioni come TikTok fino alle più estreme conseguenze, com'è tragicamente accaduto alla giovanissima palermitana Antonella Sicomoro. Quindi, cerchiamo di ricapitolare: un bambino si vede pubblicato sui social network per anni da mamma, papà, zii, amici, etc. e poi dovrebbe avere la maturità per dire "No, non mi interessano perché un uso scorretto mi potrebbe nuocere contro?". E in tutto questo le aziende produttrici dei social che fanno? Niente, ovviamente. A loro cosa interessa, anzi. Fanno quello che le leggi consentono e la legislazione, italiana come di qualsiasi altra nazione, non vieta nulla.

Appurato il fallimento umano dinnanzi al "giocattolo social network", spetterebbe ai Governi proteggere i più piccoli, vietando la pubblicazione di foto dei minori in rete. Finché la questione non sarà affrontata con serietà e determinazione, la situazione potrà solo peggiorare. Nei prossimi dieci anni verranno create nuove applicazione di condivisione istantanea e il web si popolerà di minori, già online appena venuti al mondo, spianando (anche) la strada a quel cyberbullismo che, invano, si sta cercando di contenere. I primi rigurgiti del mostro però, come troppo spesso accade, non vengono da fuori e/o in qualche comodo ufficio della Silicon Valley, ma tra le placide mura domestiche.

Un gruppo di applicazioni social scaricate sullo smartphone