Padre e figlio in quarantena |
di Luca Ferrari
Italia, 1 giugno 2020. A parte qualche inevitabile limitazione, si può ricominciare a camminare senza mascherina. Le attività sono riaperte. Il mondo ha ripreso a uscire. Tutti felici per la fine delle tante limitazioni? Non proprio. A livello puramente personale a me la quarantena non è dispiaciuta, anzi, ma solo perché sono un privilegiato. La mia professione da anni ormai è quasi esclusivamente in smart working e durante questo periodo non si è mai interrotta. Gli anni di cronaca giornalistica al Corriere del Veneto mi hanno insegnato a essere veloce e operativo in qualsiasi situazione. Tutto ciò mi è tornato utilissimo da quando sono diventato padre.
Sono passati tre mesi ormai dall'inizio della quarantena e ne mancano altrettanti prima della ripresa delle scuole. Così, mentre la stragrande maggioranza dei genitori non vede l'ora che ciò avvenga (ovviamente) per ragioni pratico-lavorative, auspicando inoltre che in questi giorni riaprano anche i nidi/materne, il sottoscritto da oggi si sente un po' più triste perché sa già che tra novanta giorni il suo pulcino lo dovrà lasciare e questa casa sembrerà così vuota senza di lui. In questi mesi di quarantena siamo esistiti solo noi tre: io, mia moglie e nostro figlio.
No, non mi è proprio pesato l'isolamento. Forse la mancanza del grande schermo e qualche corsetta mattutina, ma neanche così tanto. Aldilà di questo, la solitudine mi è sempre stata abbastanza congeniale. Certo ormai non posso più parlare di codesta da quando incontrai una persona straordinaria e ancor di più da quando, pochi anni fa, una creaturina è entrata nelle nostre vite. In questi mesi la mia dolce metà ha sempre continuato ad andare al lavoro uscendo la mattina, così è toccato a me stare vicino al piccolo e in parallelo lavorare. Nulla di nuovo, ma comunque molto differente rispetto a quando aveva un anno scarso.
La mia quarantena da coronavirus non ha limitato la mia operatività. La sola differenza è stata una presenza costante in casa. Il lavoro da remoto ha preso in contropiede migliaia di lavoratori, non il sottoscritto. Ci sono momenti in cui si può fare tutto e altri in cui necessitano di specifica attenzione. Ho appena vissuto tre intensi mesi durante i quali ho potuto insegnare a mio figlio cose che avrebbe imparato altrove. Tre mesi durante i quali ho potuto meravigliarmi ogni giorno di quante nuove parole abbia imparato a pronunciare. Tre mesi durante i quali mi sono sempre disteso accanto a lui prima che si abbandonasse alla "nanna" pomeridiana.
So benissimo che in questo periodo il mondo è stato messo sottosopra, non ho certo vissuto nel regno delle fiabe (semmai gliene ho lette parecchie). Tanta gente è morta e sta continuando a morire. Le conseguenze sul piano economico a livello familiare non sono ancora del tutto calcolabili nella loro drammaticità. Non mi beo certo di tutto questo. Io sono stato fortunato. Ho passato tre mesi sempre accanto a mio figlio. Un tempo che pensavo non avrei più avuto la fortuna di trascorrere in età così piccola. È stato un lusso. Un privilegio. E ora sono già un po' triste all'idea che fra tre mesi lo dovrò lasciare andare alla scuola materna ma questa è la vita. Questa è la sua vita che lo reclama.
Tra 15 anni circa mio figlio si starà avviando (presumo) all'esame di maturità. Chissà quante sfide avrà e avremo già dovuto affrontare insieme. Chissà se il mondo avrà davvero fatto qualche passo in avanti. Chissà se una parola come “diritti” sarà uscita da slogan e post, prendendo in modo deciso il sentiero della concretezza. Presto mio figlio sceglierà la sua strada e ci dovremo separare. La mia speranza e ambizione di padre è che dovunque voglia andare, ci sia tanta felicità ad attenderlo. Ci saranno tanti momenti duri, lo so, e forse è (anche) per questo che la quarantena da covid-19 io la ricorderò sempre con un periodo di tanto e ricambiato amore.
Nessun commento:
Posta un commento