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sabato 16 ottobre 2021

La placida Radda in Chianti

Radda in Chianti (Si), Palazzo del Podestà © Luca Ferrari

Tra le colline del Chianti senese, nel tratto iniziale della valli dell'Arbia e della Pesai, si adagia la placida Radda, un universo artistico-culturale tutto da scoprire.

di Luca Ferrari

Il dolce scenario della campagna toscana è tutt'intorno a me. Valli che s’incontrano. Fiumi che nuotano. E lì, da più di quattromila anni, Radda in Chianti si sveglia sotto la benevola quiescenza di raggi solari. Per raggiungere la mia meta, Castellina in Chianti e la sua necropoli etrusca è già alle mie spalle. Uscito dal centro abitato, la deviazione è poco dopo sulla destra, mentre la  strada principale prosegue verso Panzano, Greve, quest'ultima città natale dell'esploratore Giovanni da Verrazzano e il caratteristico borgo di Montefioralle.

La statale SSR49 che collega Castellina e Radda è semplicemente meravigliosa. 11 km circa di curve e curvette che si adattano a Madre Natura. Una volta arrivato, prima di ancora di perdermi nelle viuzze laterali dell’antico capoluogo della Lega del Chianti, un monumento attira subito la mia attenzione. Trattasi di opera dedicata ai Caduti. Tre differenti lapidi ricordano. Al centro, la targa alle vittime della II Guerra Mondiale, “che hanno servito in armi sotto ogni bandiera”.

In tempi recenti sono state aggiunte altre due targhe commemorative. La prima, il 3 novembre 2002, alle vittime degli attentati terroristici dell’11 Settembre, “unite idealmente a tutti i caduti in tempo di pace, tempo di speranza in una giustizia universale che porti la concordia fra tutti i popoli”. Sei anni dopo, nel 2008, nell’anniversario della Liberazione, un’altra targa dedicata al partigiano Gino Fabbri detto Lampo, “ucciso dal fuoco nazista il 17 luglio 1944 nei pressi di Albola”

Lasciato qualche pensiero, inizio a salire lungo via Roma. Una scalinata conduce alla Propositura di San Nicolò, chiesa a croce latina in facciata neogotica, risalente alla seconda metà del XIII secolo. Al centro, sopra la porta d’ingresso, una scultura raffigurante la Madonna col Bambino realizzata in terracotta ai lati, due angeli in terracotta smaltata in bianco.

In origine la facciata era diversa, ma i bombardamenti della II Guerra Mondiale non risparmiarono nemmeno Radda, così iniziarono le opere di restauro che portarono anche alla riqualificazione della piazzetta fronte edificio, e la realizzazione di una caratteristica fontana dove l’acqua sgorga da un “innocuo” muso leonino.

E proprio di fronte, il Palazzo di Podestà. Come due amici che si guardano l’un l’altro, la sede del potere comunale, con tanto di bandiera tricolore e dell’Unione Europea a sventolare di fuori.  Edificio 400esco, per quattro secoli ha avuto sede il Capitano della Lega del Chianti. Ricostruzione e ampliamenti a parte, l’aspetto che colpisce di più sono gli stemmi dei vari Podestà che si sono avvicendati nel corso del tempo, situati sulla facciata d’ingresso, e alcuni risalenti anche al XV secolo. E lì in cima, sopra l’orologio e lo stesso tetto, una piccola campana

Fatta indigestione di architettura, proseguo nella passeggiata. Edifici in pietra. Addobbi floreali un po’ dappertutto trasmettono un’indistruttibile sensazione di serenità. Uscito dall’abitato, arrivo giusto in tempo per godermi il sole calante, mentre si mimetizza nel verde delle colline del Chianti. In attesa di riprendere la strada il giorno dopo, verso il cielo e le stelle invisibili e regalare a questa terra un nuovo momento di memoria umana.

Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari
Radda in Chianti (Si) © Luca Ferrari

giovedì 13 ottobre 2016

Chianti, la dolce sosta del pellegrino

Il cuore arboreo del Chianti senese © Luca Ferrari
Viaggio nel Chianti senese, tra Monteriggioni e Castellina. Una terra gentile dove i pellegrini si ristorano coi sapori veraci e gli artisti del vivere quotidiano scrivono le pagine del proprio destino.

di Luca Ferrari

Natura. Sapori autentici. Vecchi e nuovi legami riuniti insieme. Coincidenze umane in capo al mondo germogliano novelle. Sono arrivato per la prima volta nel Chianti senese 15 anni or sono e ancora oggi, ogni volta che lo devo ri-abbandonare, è sempre più difficile. Nell’ultimo decennio poi è diventato un luogo dove sostare e riposarsi, lasciandomi ammirare il (quasi) sempre cielo stellato. Una terra sbocciata per i legami umani. Un luogo dove il recente passato non è che una piccola pagina di un futuro ancora lungo da vivere, e soprattutto condividere. 

Ormai è quasi un rito. Arrivare in Chianti il venerdì sera e l'indomani appena sveglio salire a bordo del mio destriero metallico a quattro ruote guidando con la musica rock fino a raggiungere Castellina Scalo per comprare il necessario per una degna colazione da consumare poi nella quiete domestica. Meta prediletta, l'alimentari "L’Antica bottega La sosta del pellegrino". Un posto dai sapori veraci. Un avamposto "bianconigliesco" dove l’instancabile signora Mariagrazia sforna dolcezze e piatti veraci utilizzando gli ingredienti più genuini. Una donna capace perfino, su richiesta, di preparare dolci davvero unici e originali. Per i successivi pasti, la Bottega de l'Abate sull'omonima strada, e la tavola del poeta-macellaio Dario Cecchini, sono senza alcun dubbio i miei posti prediletti.  

Castellina, Monteriggioni, Panzano. Un po' il triangolo d'oro del mio vivere il Chianti. Tra le note di Neil Young, la colonna sonora del film Into the Wild e i sempre adrenalinici accordi dei Van Halen, questa terra è molto di più di una semplice meta. È un passaggio temporale. Una rotonda senza incroci né bivi. Ci sono appena tornato e avrei bisogno di fermarmi per molto più tempo. Sono appena tornato nel Chianti senese e sento di avere ancora molto da confidargli. Non mi accade più così spesso o forse non sono in vena di fare troppi regali ai destini abusati. Oggi semplicemente voglio restare ad ammirare…


...IL BIANCO DELLE FOGLIE PIÙ SOFFICI

Prospettive d’acero, sentieri puntellati
di fermagli più aromaticamente oceanici
… vi hanno mai spiegato
il perché ce ne dobbiamo sempre andare?
Anche quando qualcuno
si sporgerà troppo per vedere
dentro il fragile e inflazionato steccato,
il mondo non entrerà mai
nei dettagli… ci penso
un momento, poi il sole si allontana… chi
non vorrebbe davvero fermare
il tempo e incanalare
le proprie ambizioni dentro
un semplice augurio in perfetta sintonia
con le viti ancora gravide
di futuro... non ci sono salite
sufficienti perché
il rimpianto di un minivan
possa lasciarmi
con la sensazione di aver percorso
meno strada
rispetto a quanto avrei anche solo mai
immaginato… siete testimoni
di quanto è accaduto lontano,
una temporanea tribù contadina
dalle imperiture fattezze umane
con l’anima ancora consegnata
a indicazioni invisibili… fare
marcia indietro
con la propria memoria
è un viaggio con lo stesso campo
di atterraggio … da qui non vedo
aquiloni, solo qualche ritardataria
stella cadente, e adesso non saprei
più trovare la via del mare
in questa inedita posizione
in mezzo a tutti voi… ho lasciato
le mani nascoste dentro la terra
per un tempo sufficiente
per ricordarmi
l’alba di ciascuno di noi… e
ora sotto ogni fitto scampolo
abbiamo iniziato a giocare
nei rovi… annaspando, si
mormorava… è certo che sia stanco
ma non smetterò proprio ora
                                  (Monteriggioni-Castellina in Chianti [Si], 8-9 Ottobre ’16)

Nel cuore del Chianti senese tra Monteriggioni e Castellina in Chianti © Luca Ferrari
Un melograno del Chianti © Luca Ferrari
Il verde panorama del Chianti senese © Luca Ferrari
Castellina Scalo (Si), l'ingresso de L’Antica bottega La sosta del pellegrino © Luca Ferrari
... è quasi ora di cena a Castellina in Chianti © Luca Ferrari
La verde generazione e campagna del Chianti senese © Luca Ferrari
Il sole tramonta nel cuore del Chianti senese © Luca Ferrari
Pici cacio e pepe, pappa al pomodoro: specialità della Bottega dell'Abate © Luca Ferrari
Al calar delle luci nel Chianti senese © Luca Ferrari

martedì 9 settembre 2014

Chianti Classico, la vendemmia

Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Viaggio nella campagne senese di Castellina in Chianti per la millenaria festa della vendemmia. Armato di forbice, si sale e scende tra grappoli e vigne.

di Luca Ferrari

Su e giù per le viti a "mietere" vino di prima qualità. Fra le vene veraci e pulsanti del Chianti. Nella tenuta Poggio Regini. Attorno a succosi grappoli d’uva. Accanto alla quarantennale storia agreste di una famiglia. La terra inzuppa le scarpe. Il sole ritocca le gote. La geometria naturale di delicati acini verdi e bluastri scatta istantanee di passione immortale.

Abbandonata le sempre troppo affollate autostrade del nord, la superstrada Firenze – Siena mi appare come un ponte verso il paradiso. So che dovrò avere ancora un po’ di pazienza prima della mia uscita a Monteriggioni (Si). Lì potrò fermare il veicolo e farmi inghiottire dai verdi declivi. Nel territorio di Castellina in Chianti, in provincia di Siena, i proprietari della casa vinicola Poggio Regini mi stanno aspettando per un indimenticabile viaggio nel mondo della vendemmia.

Entrare nella campagna toscana, è come ricevere un abbraccio che ti carezza. Ti vizia, e non vorrebbe più lasciarti andare via.

L’incontro è cordiale. Maurizio, il più giovane della famiglia, m’introduce nella loro tenuta. Diciotto ettari di cui dodici coltivati a viti che produrranno poco meno di ottocento ettolitri di vino e daranno vita a Chianti Classico e Vin Santo. Per arrivare a ciò, in una settimana una parte sarà vendemmiata manualmente, un’altra con la macchina. Otto ore al giorno. 

“Nella vendemmia prima si stacca il grappolo, poi c’è la raspatura che consiste nel separare l’acino dal raspo”, mi spiega, “quindi, la pigiatura del chicco in modo da schiacciare e favorire l’estrazione di tannini e prendere tutto quello che c’è nella polpa e nella buccia. Una volta messa l’uva nel timo (vasca), si aggiungono lieviti in modo favorire una buona fermentazione”.

Terminata la raccolta dei grappoli, la vigna inizia il suo riposo vegetativo. Con l’arrivo dei freddi, fra novembre e dicembre, comincia la potatura. “È  una zona fortunata questa dal punto di vista climatico”, spiega il titolare, “l’unico grande nemico è la grandine. Per il resto, con un’attenta cura antiparassitaria non si corrono rischi”.

I giovani vendemmiatori intanto, sotto l’esperta guida dell’anziano della famiglia, tagliano e raccolgono. Ogni tanto si sente un tonante “No, quella vite”, e subito scatta la risata. Qualche dea della fertilità se ne sta in disparte. A osservare. A sorridere soddisfatta mentre gli esseri umani lavorano e celebrano una delle sue più apprezzate creature.

Verso mezzogiorno, tutti a tavola. A condividere un sontuoso pranzo (pasticcio di verdure, cinghiale arrostito cacciato dal nonno pochi giorni prima) ci sono, oltre ai vendemmiatori, tre generazioni di cultura contadina. Per un momento esco dal quadro a tinte calde e sbircio nel tangibile orizzonte. E quel fiore, che si sporge verso la brezza chiantigiana, sembra riassumere tutte queste vite. Un germoglio che continua a sbocciare.

Poggio Regini, la vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si) © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), viti © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si) © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), grappolo d'uva © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), grappolo d'uva © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmiatori in azione © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), il frutto del raccolto © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), il frutto del raccolto © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), uve © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), campagna senese © Luca Ferrari

lunedì 24 giugno 2013

Chianti, Spirit(o) selvaggio

Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Dall’animazione dreamworksiana di Spirit alla realtà della campagna senese di Castellina in Chianti. Un fischio, ed ecco una madria di cavalli.

di Luca Ferrari

Otto esemplari castani scuro. Lì nella quiete agreste del Chianti. Perso nella campagna senese, con il centro abitato di Castellina in Chianti ancora lontana nel mio orizzonte. Con i poggi a ridicolizzare l’infinito e le stelle mimetizzate nel cielo a ricorrersi invisibili (per ora).

Si avvicinano senza timore con il grosso muso oltre il recinto. Si protendono per mangiare l’erba che gli porgo. L’istinto sarebbe quello di saltare il filo spinato, attaccarmi alla criniera di uno di essi e partire al galoppo senza più fermarmi (ok, forse il cavallo non sarebbe così d’accordo).

Troppo forti le reminescenze sonore (colonna) scandite dal canadese Bryan Adams, il compositore americano Hans Zimmer e l’italiano Zucchero. Non ho nemmeno bisogno di azionare l’mp3. A ogni ruminata erbivora risuona una sferzata di libertà. Ogni volta che mi perdo nelle loro gigantesche pupille vedo qualcosa capace di volare da qui all'Eternità. 

Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari
Chianti (Si), località Gaggiole – cavalli © Luca Ferrari

giovedì 25 aprile 2013

Tortorelle, novità dal passato

i biscotti Tortorelle
Bianchi volatili di zucchero si fondono nella dolcezza biscottiera. Dalla fabbrica WillyWonkiana del Mulino Bianco, sono tornate in commercio le Tortorelle.

Un volatile grande e bianco. Uno piccino. Tre in volo verso Est. Quattro verso Nord. Sono le prime tre tortore planate sui biscotti che prendo emozionato dal grande sacco da 700 grammi delle Tortorelle, tornati dal passato in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Un regalo inaspettato da parte del Mulino Bianco. Le Tortorelle, un biscotto mai dimenticato nel mio curriculum dolciario e sempre conservato nella memoria. E anche se non erano più in commercio, non avevo mai smesso di cercarli.

Durante i reportage in giro per l’Italia e l’Europa, ogni volta che entravo in un qualsiasi supermercato, l’occhio cadeva spesso sugli scaffali dei biscotti per vedere se da qualche parte ci fossero ancora loro, le tortorelle. Poi semplicemente è accaduto. Come nei finali più gloriosamente trionfali, la tempesta si placa all’improvviso. Il sole compare all’orizzonte. La terra non è più un miraggio. 

Un viaggio Proustiano o più modernamente alla Ratatouille (2007), il capolavoro d’animazione firmato Pixar/Disney, nelle cui battute finali il critico culinario Anton Ego, specializzato e spietato nello stroncare ogni piatto gli passi sotto il palato, ritrova la serenità (e la gioia della vita) assaggiando l’inimitabile pietanza tradizionale provenzale a base di verdura stufata (la ratatouille, appunto) che lo riporta all’infanzia. In maniera analoga, ma più dirompente, il mio viaggio nei ricordi è iniziato ancora prima di assaggiare.

Mi è bastato rivedere la confezione su di uno scaffale nella Coop di Castellina in Chianti (Si) per salire nella macchina del tempo e ritrovarmi sulle strade floreali della Carinzia, in Austria, mentre tornavo in Italia. E in macchina, ad accompagnare le mie risate tardo infantili c’erano loro, le Tortorelle. Quasi non ci potevo credere. Ne ho comprato subito una confezione. Questa volta al volante mi sono messo io. Ho raggiunto la mia destinazione e quindi mi sono concesso il mio tuffo nel sapore. E loro, i biscotti, erano esattamente come allora. Con lo zucchero glassato a forma di uccello/i sulla pasta dolce.

Ne ho mangiati due. Poi altri tre. Guardando l’inimitabile panorama agreste del Chianti. Il fertile verde e l'azzurro del cielo giocano insieme. Sono rimasto immobile per qualche lungo minuto. Impossibilitato a credere fosse passato così tanto tempo da quell’ultima volta che mangiai questi dolcetti. Si direbbe allora che oggi sia un nuovo inizio. È così? Potrei davvero gridarlo al mondo? Il bianco delle ali del volatile ridà forza al mio trampolino. Poi, un sussulto. Non sono nel letto. E scopro con sorpresa di aver sempre avuto gli occhi aperti. È già ora di cena intanto. Assaggio ancora una Tortorella. Adesso posso mettermi di nuovo in viaggio.

le Tortorelle sugli scaffali della Coop di Castellina in Chianti © Luca Ferrari
Chianti senese © Luca Ferrari

mercoledì 20 marzo 2013

In viaggio con Paolo Melani

Castellina in Chianti (Si), località Gaggiole  © Luca Ferrari
A oltre 70 anni girava ancora su e giù per la Toscana alternandosi tra media e pubblicità. Il suo nome era Palo Melani (1930-2012), giornalista fiorentino. 

di Luca Ferrari

Da dentro la sua jeep ho scoperto zone rurali della Toscana che probabilmente non rivedrò mai più nella mia vita. Scendendo dalla sua macchina, andandomene dal suo ufficio per sempre, capii che tutte le notizie lì fuori non avrebbero significato nulla senza qualcuno con cui condividere la terra appiccicata al proprio block notes. viaggio con il giornalista Paolo Melani, scomparso oggi, 20 marzo 2012.

Sigaro toscano in bocca. Una stazza notevole. Uno di quei giornalisti del mestiere passati attraverso l’esperienza diretta della vita invece che tramite mille futili carte bollate. Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi, soleva dire Paolo Melani. Fondatore della casa editrice ItalNews, per più di quindici anni realizzò i due mensili in tre lingue (italiano, inglese e tedesco) Toscana News e Chianti News, oltre al mgazine online Il Brivido Sportivo, incentrato sulla Fiorentina di cui era un grandissimo tifoso.

I miei primi articoli nacquero lì, a Firenze. Prima di allora solo una volta ero stato a farmi corteggiare dall’Arno, salendo fino in cima al Duomo di Santa Maria del Fiore. Come se avessi voluto dare un'occhiata a quello che sarebbe stato il mio futuro. Come se avessi avuto la percezione di una porzione di futuro della mia vita.

Il mio battesimo di fuoco avvenne nelle sale delle conferenze stampa di Palazzo Vecchio. E poco prima di entrare ero lì vicino che guardavo basito le statue nel loggiato della Galleria degli Uffizi: Leonardo da Vinci, Amerigo Vespucci, Dante Alighieri, Michelangelo, Giotto, Lorenzo De’ Medici, Niccolò Machiavelli, Francesco Guicciardini e ancora molti altri.

Iniziai a viaggiare per la Toscana. Impruneta, San Quirico d’Orcia, Castelnuovo Berardenga, Tavernelle Val di Pesa, Barberino Val d'Elsa, San Galgano, San Casciano Val di Pesa e tutti i piccoli comuni/frazioni del Chianti come Greve, Panzano, Gaiole, Castellina. Insieme al “vecchio” reporter ci misi poco a prendere confidenza con questi nomi e familiarizzare con i luoghi, facendo tappa anche per il magnifico territorio delle Crete Senesi in Val d’Orcia, spingendoci fino a Volterra e ritrovando la quiete per le gentili stradine della senese Montalcino.

La penna precedeva il computer. Un universo territoriale aperto alle sue sfumature più delicate. Dall’arte di Keith Haring alla poesia della vendemmia di cui la campagna del Chianti è uno degli indiscussi simboli in Italia e nel mondo. Strenuo difensore del territorio, il giornalismo di Paolo Melani era informazione senza bisogno di scoop. Il registratore veniva lasciato acceso tutta il dì e la notte. E ancora di primo mattino, per cogliere l’espressione arruffata dei paesaggi e il legame con le sue ricette.

Quando la campagna fiorentino-senese iniziò a essere chiamata Chiantishire, Paolo Melani era lì. Vedendo trasformarsi poco conosciuti casolari in Bed & Breakfast e agriturismi. Un giorno fummo fianco a fianco in via ufficiale. A rappresentare la testata durante una serata dedicata alla vendemmia dello zafferano. A Pontassieve (Fi), tra le storiche mura del Castello del Trebbio. Una cena sontuosa terminata con castagne arrostite all’aperto in tardo (e freddo) autunno. E lì fuori, la luce delle stelle. A catapultare per sempre certe radici in qualcosa di più una semplice impronta.

Paolo Melani lo ricordo così. Instancabile a dispetto dell’età. Perennemente preoccupato ogni qual volta mi gettassi in mezzo alla strada ignorando l’esistenza di strisce pedonali. Un Old Man "NeilYounghiano". Quel tipo di uomo che bisognerebbe incontrare almeno una volta nella vita prima di prendere certe decisioni. Paolo Melani l’ho sempre visto così. Una bicicletta che scendeva da un poggio. Senza badare troppo alla funzionalità dei freni. La Toscana, e soprattutto il Chianti non saranno più gli stessi senza Paolo Melani (1930 – 2012).

Chianti © Luca Ferrari