martedì 29 luglio 2025

La compagnia azzurra della medaglia

Costanza Verona e Laura Spreafico medaglia © Italbasket 

La Nazionale Femminile di basket ha conquistato la medaglia di bronzo agli Europei FIBA 2025. Una vittoria di gruppo che incarna lo spirito più autentico di questa disciplina. 

di Luca Ferrari

Una medaglia per la Storia.
Una medaglia per la Gloria
Questa medaglia è vostra, strepitose eroine
Dei parquet nel mondo, voi, le prossime regine

Il 29 giugno 2025 l'Italia del basket femminile ha concluso il suo incredibile campionato europeo, conquistando la medaglia di bronzo contro la Francia vice-campione olimpica, sigillo che mancava da trent'anni esatti. A vincere è stato il gruppo, solido e unito, dimostrando una notevole maturità cestistica in ogni partita disputata. Guidate da coach Andrea Capobianco, tutte le 12 convocate sono state decisive e determinanti. Cecilia Zandalasini. Costanza Verona. Francesca Pan. Francesca Pasa. Jasmine Keys. Laura Spreafico. Lorela Cubaj. Mariella Santucci. Martina Fassina. Olbis Futo Andrè. Sara Madera. Stefania Trimboli. Troppo spesso gli sport di squadra non sono abbastanza di squadra. L'Italia Femminile, sì. Eccome. Le giocatrici si conoscono bene. C'è stima reciproca. Sono amiche. Molte di loro condividono la casacca: chi alla Molisana Campobasso, chi nella Famila Schio, chi alla Reyer Venezia, chi nel Geas Sesto San Giovanni. Si sono sfidate e si sfideranno ancora. Le Azzurre non hanno solo conquistato il terzo gradino del podio al FIBA EuroBasket Women 2025, hanno lanciato un monito alla pallacanestro mondiale e all'Italia sportiva stessa.

L'Europeo azzurro non era cominciato nel migliore dei modi. Nella seconda amichevole disputata contro le campionesse in carica del Belgio, poi riconfermatesi sul tetto d'Europa, la giovane stella Matilde Villa si era rotta il legamento crociato anteriore del ginocchio. Altra defezione dell'ultimo minuto, la forte Martina Kacerik. C'era molta curiosità attorno al gruppo ma fin dalla prima partita contro la Serbia, vinta con pieno merito 71-60, si era capito che le ragazze non fossero venute  "a fare una scampagnata". Concetto messo molto bene in chiaro anche nei due successivi match casalinghi del girone al PalaDozza di Bologna, rispettivamente contro Slovenia (77-66) e Lituania (65-51), due squadre con una consolidata tradizione nella palla a spicchi. L'Italia dunque si qualifica come prima del girone, vincendo e convincendo a tal punto che "perfino" la maggioranza della stampa nazionale finalmente si accorge di loro, e inizia a dedicargli sempre più di spazio. L'Europeo intanto si sposta ad Atene, in Grecia, per la fase finale.

Nel clan azzurro si respira ottimismo ed è palpabile una fortissima determinazione. Le giocatrici fanno squadra dentro e fuori dal campo. L'Italia affronta l'insidiosa Turchia ai quarti, vincendo in overtime 76-74 una partita che la maggior parte delle squadre avrebbero perso. Loro no. Avevano la partita in pugno ma i nervi sanno fare brutti scherzi anche alle giocatrici più affermate. Le campionesse però, sanno rialzarsi ribaltando l'inevitabile, ed è proprio quello che è successo. Non una, non due. Tutte insieme, decise e lottatrici. Come una sol donna... Le azzurre sono in zona medaglia. Tra loro e la finale c'è solo il Belgio. Una semifinale incredibile. Una partita subita, riaperta, dominata e persa solo all'ultimo secondo. Una sconfitta che certifica ulteriormente il cuore e la qualità di questa squadra. Una sconfitta che brucia ma non scalfisce neanche di un millimetro la fame e la straordinaria energia delle Azzurre. L'ultimo atto con in palio la medaglia di bronzo, è contro la Francia, quest'ultima capace di rifilare 36 punti di scarto alla Grecia e addirittura 74 alla Svizzera, ma sono dettagli, numeri. Le Azzurre non temono nessuno. Giocano a viso aperto. Impongono il loro gioco. Disputano una partita straordinaria e chiudono 69-54, conquistando così (stra)meritatamente il terzo gradino del podio.

Il basket femminile italiano è in costante crescita (vedi anche il mio prossimo servizio sulle pagine della testata statunitense L'Italo-Americano, ndr). Tutte le protagoniste dell'Europeo hanno lasciato il segno nel corso della stagione appena conclusa, regalando spesso grandi partite, a cominciare dalla Supercoppa che ha visto sfidarsi Schio e Venezia. Come non ricordare "un'indemoniata Madera" nella semifinale scudetto 2025 contro la squadra lagunare? Le qualità di Andrè, Santucci, KeysFassina, onnipresenti con "polmoni" e punti nelle rispettive squadre? I costanti fendenti della "cecchina" Verona. La grinta di Cubaj e Pan, il tutto accentuato dai ritorni in Italia delle "figliol prodighe" Zandalasini e Pasa a partire dalla prossima stagione. Per chi segue il campionato LBF, il successo dell'Italia non è stata una sorpresa. Singolarmente erano tutte in forma, estremamente preparate e motivate. Per vincere, la squadra avrebbe dovuto trovare la propria quadratura e la giusta alchimia. L'ha fatto, giocando in modo sinergico e davvero appassionante (ispirante). Agli Europei 2025 i metalli più preziosi sono sfuggiti di un ferro. La caccia al Mondiale e all'Olimpiade è cominciata. L'Italia è pronta, e lo sanno davvero tutti adesso.

Una medaglia per la Storia.
Una medaglia per la Gloria
Una medaglia di bronzo ciondola imperitura,
altre ne arriveranno, è la vostra grande avventura

Il video celebrativo TUTTO Cuore Azzurro, Misto Bronzo

L'Italia festeggia con la medaglia di bronzo a Euro FIBA 2025 © Italbasket
Lorela Cubaj, Jasmine Keys - Olbis Futo Andrè © Italbasket
Francesca Pasa e Martina Fassina/ Stefania Trimboli e Sara Madera © Italbasket
Mariella Santucci e Martina Fassina © FIBA
Cecilia Zandalasini e Francesca Pan © FIBA

mercoledì 23 luglio 2025

Il ritorno perfetto dalle vacanze

Croazia, traghetto Cres-Valbisca © Luca Ferrari

Tornare dalle vacanze è un momento potenzialmente "esplosivo" e molto stressante. Può anche accadere che si arrivi a casa più rilassati che mai, grazie a un viaggio a dir poco perfetto.

di Luca Ferrari

Ferryboat, autostrada, macchina, battello e clima differente. Il ritorno perfetto. Mi è successo. Mi è appena accaduto e sono ancora incredulo. Un po' mi sono ingegnato. Un po' sono stato fortunato. La verità sta nel mezzo, come spesso accade. Tornare dalle ferie, anche se si tratta di pochi giorni, può essere un momento molto stressante. C'è chi vorrebbe arrivare prima e chi al contrario punterebbe a  godersi fino all'ultimo minuto, incurante dell'inevitabile fatica del giorno dopo al lavoro. Questa volta lo avevo promesso. Torniamo quando vuoi tu, ho detto a mia moglie ed è andato tutto liscio, anzi di più. Le abbiamo azzeccate tutte, cosa non esattamente scontata per chi abita a Venezia (laguna), quindi non potendo lasciare la macchina comodamente sotto il vialetto di casa. Le incognite sono tante ma le ho evitate come neanche avrebbe fatto un collaudato slalomista coi paletti. Ho fatto tanti viaggi nella mia vita e raramente sono tornato così rilassato. Forse ho scoperto un nuovo modo di godermi le ferie. Forse la prossima volta che dovrò far ritorno a casa, ritarderò il più possibile quel momento.

Andiamo con ordine. Dopo tre meravigliose giornate passate a Sveti Jakov, poco distante da Mali Lošinj (Lussinpiccolo), inizia il dilemma del ritorno e di quando prendere il traghetto per l'isola di Krk, quest'ultima collegata con un ponte alla terraferma. È una domenica di luglio: quale sarà l'orario migliore? Un ristoratore del posto ci avvisa che ci sarà parecchio traffico. Dopo attenta analisi si decide per una nuotata a metà mattinata e poi via, a prendere il ferry delle 13.00. Sarà la scelta giusta? A quell'ora tutti o saranno già a Cres o a Krk, penso. Sono abbastanza fiducioso, almeno fino a quando non vedo la coda a Merag. Un cartello indica fino a quale macchina sia garantito il posto a bordo. La mia autovettura è l'ottava dopo il suddetto. Spero di sbagliarmi anche perché non salirci, mi costerebbe un'ulteriore ora e mezza di attesa sotto il sole, non esattamente l'ideale per iniziare un viaggio di ritorno. La buona sorte però è dalla mia parte e riesco a salire come quart'ultima, oltre tutto, senza essere obbligato a mettere il mezzo nel vano inferiore dove la temperatura è a dir poco infuocata. Nel godermi l'aria fresca sull'imponente traghetto verso Valbisca, inizio a pianificare le prossime tappe balneari a Krk (Veglia).

Più rilassati che mai, impostiamo il GPS alla scoperta di altre due spiaggette, la prima molto appartata e l'ideale per tonificarsi con l'ennesimo bagno rigenerante. Come fa l'acqua croata a essere la stessa dove m'immergo sulle sponde veneziane, per me è un mistero. Scherzo, ovviamente, le differenze mi sono note ma è davvero incredibile. Un bel gelato e via, per l'ultima fermata prima di ripartire. Una tappa ideale per tutti i gusti balneari e se dovessi tornare in zona in futuro, la utilizzerei proprio prima di ripartire. Anche uscire da Krk non è/può non essere esattamente una passeggiata. La polizia è sempre molto impegnata ad arrangiare il traffico all'imbocco del ponte, dunque sono inevitabili rallentamenti, figuriamoci poi in un tardo pomeriggio di un giorno estivo e festivo. Un piccolo salto in avanti. L'indomani leggo su qualche gruppo Facebookiano di viaggi in Croazia di code infinite per uscire verso le 7 di sera. Non posso confutarlo né negarlo, quello che so è che a me è andata decisamente meglio. Giusto qualche rallentamento e poi via, senza nessuna coda particolare. Un bye bye a Rijeka (Fiume) e proseguiamo spediti verso il confine croato-sloveno.

Com'era prevedibile, con l'avvicinarsi della sera le strade si fanno meno trafficate. Una volta entrati in Slovenia via Basovizza, senza commettere l'errore di prendere l'autostrada e dunque non pagando la vignetta, siamo praticamente i soli padroni della strada. Complice l'ora, giusto il tempo di fare benzina e via, seduti a cena a gustare una delle specialità balcaniche: il maialino, proprio quella succulenta pietanza che non riuscii mai a gustare sull'isola di Pag (Croazia) perché, come ci venne sempre detto: maialino finito! Fin qui tutto bene ma la buona sorte va anche aiutata. Sapendo bene che potrei prendere o perdere un autobus per pochi minuti, mentre la mia dolce metà e il pargolo sono intenti a ordinare, ne ho approfittato per sistemare tutti i bagagli. Chi abita in laguna non ha molte alternative per muoversi su quattro ruote e una di queste è il noleggio. L'agenzia scelta è proprio davanti a una fermata dell'autobus per Venezia e prima di proseguire la storia, ricordate bene che dopo le ore 21, questi passa solo due volte l'ora. Ecco, immaginate di perderlo solo perché i bagagli non erano pronti. Prima di lasciare l'automezzo infine, bisogna anche perdere tempo a fare benzina per riportare l'auto col pieno. Insomma, la strada verso casa è ancora irta di variabili.

Gustata la cenetta, si riparte. Veneti e friulani sono gente piuttosto abitudinaria se si tratta di rientri post weekend, ergo non mi sorprende trovare l'autostrada Trieste-Venezia praticamente deserta. La domanda è: riusciremo a non aspettare troppo alla fermata dell'autobus? Arrivati all'aeroporto, facciamo il pieno con la stessa velocità del meccanico Guido (cit. Cars), giusto qualche minuto prima che il 5 arrivi al capolinea, e complice nessuno dal benzinaio a rallentarci, procediamo spediti. Lasciamo definitivamente la macchina ma è indubbio che se avessi dovuto sistemare i bagagli una volta arrivato, non so se ce l'avremmo fatta. Il bello però deve ancora venire. Non solo prendiamo comodamente il bus ma addirittura il suddetto ci consentirà di salire a bordo di un vaporetto senza dover nemmeno accelerare né fare mezzo ponte. Al contrario, se avessimo preso l'autobus successivo, non solo non è detto che lo avremmo preso ma per fare ciò, avremmo dovuto correre parecchio sul ponte di Calatrava con i bagagli, non esattamente la più comoda delle operazioni.

Tutto procede alla grande. Tutto è andato alla grande. Sono le 10,30 di sera circa. Sono arrivato a Venezia. Un viaggio di ritorno così non mi era mai capitato. Manca ancora qualcosa. L'apoteosi stessa. Il pontile è vuoto e ok, considerata l'ora e la linea che stiamo prendendo, è abbastanza prevedibile. Quando abbiamo lasciato Venezia, pochi giorni prima, la città lagunare era letteralmente dilaniata da un caldo insopportabile e un'afa anche peggiore. In questo istante fa quasi freddo. Restando nella parte scoperta del vaporetto, e godendomi prima il Canal Grande e poi il canale di Cannaregio, mi metto una camicia a maniche corte sopra la t-shirt. Un clima semplicemente perfetto. Un clima che se fosse così, lo vorrei tutto l'anno e sarei il primo ad amare l'estate: caldo secco di giorno, frescolino la sera in stile isole Azzorre. Smontiamo rilassati come non mai. Domani si va al lavoro ma la stanchezza non abita qui. Un viaggio di ritorno che dubito mi ricapiterà ma una cosa l'ho imparata: godersi volutamente due-tre ore in più di vacanza può fare la differenza. So bene che una simile sequenza fortunella non mi ricapiterà tanto spesso, ma chi può dirlo, intanto però avrò comunque più ricordi a cui pensare con gioia insieme a mia moglie e a nostro figlio.

ciao
ciao
ciao
ciao
ciao
ciao
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mercoledì 9 luglio 2025

Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana

...leggendo in relax il volume Io sono, il viaggio di Giorgia Sottana © Luca Ferrari

Una campionessa si (ri)mette in gioco, scoprendo una nuova consapevolezza di sé. Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana fianco a fianco del mental coach sportivo Gabriele Bani.

di Luca Ferrari

Un percorso. Un incontro. Due persone incrociano le proprie vite in uno specifico momento delle loro esistenze. Un viaggio imprevedibile. Un viaggio, meglio tardi che mai... Giorgia Sottana è una campionessa affermata di pallacanestro. Ha già vinto campionati con il Famila Schio e Taranto, collezionando anche 8 stagioni nella Reyer Venezia con cui ha conquistato Coppa Italia e Supercoppa Italiana nel 2008. Giorgia Sottana è stata un pilastro della Nazionale. Dopo l'esperienza in terra francese, all'inizio della stagione 2018-19 è pronta per un nuovo salto (sfida), questa volta nel campionato turco con la casacca del Fenerbahçe. Giorgia sente che c'è qualcosa dentro di sé che vuole mettere meglio a fuoco. Non si nasconde dietro paure o alibi. O meglio, ha dubbi ma sceglie comunque l'onestà del proprio essere. La sua verità suprema. Imbocca una strada sconosciuta. Si vuole affidare a un perfetto sconosciuto per ricalibrarsi. Sceglie la via del mental coach sportivo Gabriele Bani. Il risultato è un viaggio dentro di sé i cui sviluppi si vedranno in campo e fuori. Il risultato diventerà (anche) il volume Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana (2019, Start Me Hub editore).  

"Ammetto che per quanto migliorata sia, a volte mi ritorna difficile: devo fare a botte con i miei pensieri per tenerli in riga e allenarli ad andare dove è bene per me". Così scrive di sé Giorgia Sottana. È stata una delle frasi che mi ha più colpito del libro. Potrebbe essere la strofa di una canzone rock, e invece è l'anima sincera di una donna... Delle tante righe passatemi sotto gli occhi del libro Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana, questa è stata la prima che ho sottolineato. "Devo fare a botte con i miei pensieri per tenerli in riga", la rileggevo e la leggevo ancora. Immedesimazione totale. Un altro concetto che accompagna il lettore, è quello della consapevolezza. Difficile andare avanti, sbloccarsi o riuscire in qualsiasi cosa senza un pit stop in questa dimensione. Come gli sportivi sotto i riflettori, chiunque passa la sua vita a destreggiarsi col/contro il mondo e le sue sentenze. Che cosa vogliamo fare, lasciarci trascinare senza opporre resistenza e finendo a pancia all'aria sugli scogli o scegliere di guardare in faccia la tempesta e reagire?

Il basket è entrato nella mia vita da pochissimi anni. So che probabilmente a molti potrà non interessare o non ritenere pertinente questa affermazione ma è proprio il contenuto del libro a spingermi ad aggiungere qualcosa di molto personale. Fino a due-tre anni fa non avevo nemmeno idea di chi fosse Giorgia Sottana. Sì, avete letto bene. L'ho "conosciuta" alle prime Finals scudetto perse contro la Reyer Venezia. In questi ultimi due anni poi, ho letto di tutto sulla pallacanestro: da monografie come quella su Allen Iverson alla storia del basket jugoslavo, scritta dal grande giornalista sportivo Sergio Tavčar, passando per l'avvincente storia dei Seattle Supersonics fino al più recente volume sull'ex-campione tedesco Dirk Nowitzki. Dopo aver assistito alla partita subnormale di Giorgia Sottana in gara 2 delle Finals 2025 contro la rivale veneziana, ho voluto saperne di più. Ho cercato in rete e ho trovato questo libro, decisamente atipico. Nessuna autocelebrazione della campionessa veneta ma una testimonianza sincera e diretta di una creatura decisa a far emergere qualcosa di nuovo.

E in questo nucleo inesplorato, il mental coach Gabriele Bani è stato cruciale. "Una cosa che sto notando molto spesso fra gli sportivi professionisti, anche di altissimo livello, è l'assenza totale di premiarsi per tutto il sacrificio quotidiano. Sul medio e lungo periodo questa assenza di auto-valorizzazione conduce a un calo importante di motivazione, di stimoli a fare, qualche volta all'abbandono dello sport". Sono rimasto fermo su questa pagina per qualche ora mentre contemplavo il meraviglioso mare croato. La società in cui viviamo è frenetica e sembra che o si raggiunge il massimo, o saremo condannati alla dannazione eterna. "Come mai la gente lo ama lo stesso anche se è un perdente", sentenza uno dei telecronisti a bordo ring nel film Rocky Balboa (2006) quando l'ormai anziano ex-campione (Sylvester Stallone) si avvia a sfidare il fortissimo e giovane nuovo campione Mason Dixon (Antonio Tarver). In questa affermazione c'è molto del contro-pensiero di Bani. Un pensiero-lavoro che nasce nel profondo, lottando per rafforzarsi ogni giorno di più anche a dispetto degli altri e soprattutto della negatività che ci scaricano addosso.

Giorgia e Gabriele si alternano nella scrittura. Sembrano quasi volerti spingere a ragionare su di te. L'ho fatto, è stato inevitabile, e sarò brutalmente schietto. Penso di non essermi mai valorizzato abbastanza nella mia vita professionale e per le ragioni più svariate. Sono sempre stato ipercritico (lo sono tutt'ora). Se fallisco, lo ammetto senza remore, in modo spietato e senza alibi, facendo terra bruciata attorno. Non ho idea se cambierò atteggiamento e soprattutto se abbia davvero voglia di farlo ma Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana mi ha conficcato qualche domanda nella mente e sono curioso di vedere cosa farò la prossima volta in cui mi troverò dinanzi a una sfida. Per dire, mentre ero in vacanza su l'isola di Cres, in Croazia, e leggevo il suddetto volume, mi sono dedicato al nuoto, aumentando ogni giorno il numero di bracciate e concedendomi un piccolo premio ogni volta che ci riuscivo. In effetti, a ben guardare, il basket è ormai molto più di una passione. Non ho idea se e soprattutto dove mi porterà. Per il momento mi fa stare bene, lo condivido con mio figlio e mia moglie, ma non solo.

Un'ultima nota. Per volere degli stessi autori Giorgia Sottana e Gabriele Bani, il ricavato della vendita del libro, patrocinato dalla Federazione Italiana Basket (Fip) e dal CONI), verrà devoluto a favore del progetto "NEAR ME: L'OSPEDALE DEI BAMBINI", nel comune di Loul Sessène (Dakar, Senegal), tramite l'organizzazione NutriAid International, un network di organizzazioni medico-umanitarie indipendenti, impegnate nella lotta contro la malnutrizione infantile. A fine libro inoltre, ci sono tre pagine bianche per le note personali, dove scrivere cosa ci ha lasciato questa lettura, quali insegnamenti ognuno intende prendere per la sua vita e non di meno, come intendiamo cambiare la suddetta. "Quando imbocchi un sentiero, chiediti se alla fine c'è un cuore. Un cuore vero che batte di emozione vera. Se c'è quel cuore, allora vai. Continua, perché alla fine sarà stupenda al di là del risultato" Giorgia Sottana

giovedì 5 giugno 2025

Alvisiana Venezia, a tutto minibasket

Gli scoiattoli dell'Alvisiana Venezia al termine di una trasferta vittoriosa © Luca Ferrari

Allenamenti, spirito di squadra e tanta allegra partecipazione degli Scoiattoli. È stata una nuova intensa stagione di minibasket all'Alvisiana Basket Venezia.

di Luca Ferrari

Sport, condivisione e tante nuove esperienze. Per il terzo anno consecutivo mio figlio ha vissuto una nuova intensa stagione di minibasket con l'Alvisiana Venezia, passando di categoria dai pulcini agli Scoiattoli. Grande novità dell'anno per lui e i suoi compagni di squadra, le prime partite di un torneo ufficiale organizzato dalla FIP - Federazione Italiana Pallacanestro Comitato Regionale Veneto. Dall'autunno fino alla fine di maggio si sono confrontanti con tanti altri coetanei della terraferma veneziana, incrociando il parquet anche con i colleghi lagunari. Mese dopo mese, allenamento dopo allenamento, sempre il massimo impegno e tanto sano divertimento per le giovanissime leve della palla a spicchi veneziana, guidati e spronati dai due (pazienti) coach. Dietro le quinte, noi (fortunati) genitori. Ogni sessione, un momento per stare insieme. Ogni sfida, un'occasione per vivere qualcosa di mai provato prima. Ogni partita, un'emozione indelebile.

Papà, vieni a vedermi allenare? Me lo sono sentito chiedere da mio figlio ogni volta che giocava a basket il martedì e il giovedì pomeriggio. Così è stato, passando ore e ore seduto a bordo campo insieme ad altri genitori. Sono piccoli gli Scoiattoli, annate 2016-17, e sono tanti, così quando c'era da riportare l'ordine, i coach sapevano farsi sentire senza fare sconti. Sono giovanissimi ma il rispetto e la disciplina s'imparano a questa età. Ogni sessione, un mix di entrate, tiri a canestro, passaggi e partitine. Emblema di questa annata 2024-25, il mese di maggio, iniziato con la maratona sportiva "12 ore di basket" a Marghera, proseguito con altre due sfide nel medesimo comune (e palestra), quindi un ulteriore e ultimo incontro disputato a Spinea. Ogni trasferta, una festa per i piccoli giocatori. Se l'entusiasmo dei cestisti veneziani a "sconfinare" è stato una costante, non si può dire ci sia stato il medesimo sentimento da parte di alcune società dell'entroterra, poco propense a varcare il "misterioso" ponte della Libertà, impedendo così ai piccoli roditori veneziani l'opportunità di giocare le rispettive partite davanti ai propri amici e familiari.

Nel corso dell'anno, poi si sono sviluppati piccoli rituali e momenti, tanto incredibili quanto importanti, a cominciare dalla puntuale riunione post partita che i coach hanno sempre tenuto al primo allenamento dopo le sfide. Tutti i giocatori seduti a centrocampo, chiedendo ai diretti interessati cosa avesse funzionato e cosa no secondo loro, e facendo poi la propria analisi in un clima di serena condivisione. Altro momento topico, il finale post partita, quando a turno veniva scelto un giocatore per lavare tutte le casacche. Cosa ambitissima, e puntuali i rispettivi genitori condividevano il bucato steso tra calli e fondamenta. Tra gli aneddoti più curiosi di questa annata, non possono non menzionare la casualità delle divise extra Alvisiana. Solitamente anche in allenamento si è sempre in verde e bianco, talvolta con qualche eccezione. Durante un paio di sessioni, la memoria è tornata addirittura alle Finals NBA del 1991 tra Chicago Bulls e Los Angeles Lakers grazie alle canotte di Michael Jordan e Vlade Divac.

La grande novità della stagione 2024-25 dunque, è stato l'agonismo. Ogni partita, sei tempi da 6 minuti ciascuno e tutti i convocati a giocare almeno due partite a testa. Non si faceva tempo a finire l'allenamento il giovedì pomeriggio che si cominciava col sondaggio della disponibilità e quindi la febbrile attesa della convocazione, con i coach sempre attenti a non trascurare nessuno. Ci sono state vittorie (molte) e alcune inesorabili sconfitte. Lo sport è questo. Alle volte si vince e alle volte si perde, anche quando si gioca bene. Bisogna sempre riconoscere il merito agli avversari, rilanciando la sfida alla partita successiva. Lo imparano i piccoli. Lo fanno i grandi. Anthony Edwards, stella dei Minnesota Timberwolves, dopo essersi visto negare la gioia di raggiungere le finali NBA per il secondo anno consecutivo, ha subito dichiarato: "Quest'estate mi allenerò come un pazzo!".

Basket in campo ma non solo. Avere un figlio che gioca e vive la pallacanestro ha significato iniziare a interessarsi a questo sport e così, in parallelo alla sua attività cestistica, è cresciuto anche l'interesse verso questa disciplina nel nostro nucleo familiare e ormai non c'è colazione che non inizi con gli highlight dell'NBA. Alla prima occasione poi, via al Taliercio, ad applaudire in particolare le imprese della Reyer femminile. Adesso la stagione si è conclusa. Neanche il tempo di finire la scuola e saranno già in campo per un esaltante tour de force di due settimane col basket camp dell'Alvisiana. Una full immersion di pallacanestro (ma non solo) dove oltre a imparare ancora, si confronteranno con giocatori più grandi e chissà, magari faranno la conoscenza di qualche ospite speciale come accadde l'anno passato quando la responsabile Serena Bebetto presentò loro un'autentica leggenda dell'arbitraggio internazionale, il veneziano Stefano Cazzaro, colui che diresse anche due partite del leggendario Dream Team nel 1992.

Cosa riserverà il futuro a tutti loro? Che in mezzo alla "mandria" di Scoiattoli, pulcini, aquilotti, etc. ci sia qualche futuro campione, è (molto) presto per dirlo. Le sole fondamentali certezze al momento sono la passione e i valori che le giovanissime leve della pallacanestro veneziana stanno assimilando. Di una cosa sono certo, sotto la guida dell'Alvisiana saranno persone leali e capaci di affrontare ogni avversità. "Se c'è una cosa che i tuoi avversari non possono e non devono fare, è toglierti il coraggio di provare [...]. E se ti buttano a terra tu rialzati e continua a giocare come se non fosse successo nulla" disse coach Holger Geschwinder all'allora ventenne Dirk Nowitzki durante il Nike Hoop Summit 1998. Chi sia diventato poi, quella è un'altra storia (che potete scoprire sul bellissimo volume Il grande Dirk Nowitzki alla conquista dell'NBA, di Claudio Pellecchia - 66thand2nd edizioni, 2025). La vostra storia cestistica invece, cari Scoiattoli dell'Alvisiana Basket Venezia, è appena meravigliosamente cominciata e continuerà giorno dopo giorno.

Scoiattoli Alvisiana - partita all'ex-Umberto I (Venezia) © Luca Ferrari
Scoiattoli Alvisiana in allenamento © Luca Ferrari
Passato e presente sulle canotte degli scoiattoli dell'Alvisiana © Luca Ferrari
Venezia, scoiattoli dell'Alvisiana insieme agli scoiattoli dei Carmini © Luca Ferrari
Maratona di basket
Marghera, "12 ore di basket" ediz. 2025
Marghera, tutte le squadre della "12 ore di basket" ediz. 2025 © Luca Ferrari
Marghera, "12 ore di basket" ediz. 2025 - gli scoiattoli dell'Alvisiana 
Mestre, gli scoiattoli dell'Alvisiana sul campo della Reyer © Luca Ferrari
Le divise dell'Alvisiana "fresche" di bucato © Luca Ferrari
Scoiattoli Alvisiana in riunione pre-allenamento © Luca Ferrari
Scoiattoli Alvisiana in allenamento © Luca Ferrari
Spinea, l'ultima partita della stagione dell'Alvisiana Venezia © Luca Ferrari
La vittoriosa trasferta dell'Alvisiana Venezia a Spinea © Luca Ferrari

venerdì 30 maggio 2025

Gaza muore, e la colpa è anche nostra

Una mamma piange la figlioletta morta sotto i bombardamenti a Gaza

Gaza muore. Gaza brucia. Gaza sta per essere cancellata e cosa fa la società civile? Scrive slogan, appende bandiere, marcia a debita distanza. Così non va e non serve a nulla.
 
di Luca Ferrari

Questo non è un articolo di politica internazionale, non avrei le competenze per scriverlo. Questo è un piccolo editoriale su di una tragedia (dis)umana. Uno scritto che non farà saltare di gioia la stragrande maggioranza dei sostenitori della causa palestinese. Qualcosa che li farà sicuramente arrabbiare ma la cosa non mi tange e soprattutto, ancor più tragicamente, non muterà ciò che sta accadendo sulla striscia di Gaza. Ciò di cui parlo è l'inutilità delle azioni della società civile. Sto parlando di qualcosa che avrebbe potuto lasciare il segno negli anni '70, quando scendere in piazza significava sfidare il sistema (in Italia). Oggi non è più così. E se per i giovani può ingenuamente avere un significato e fargli credere che qualcosa stia cambiando, dalle generazioni over 40 tutto questo è inammissibile. Potete riempire i social media di tutti i messaggi e lo sdegno che volete. Potete vestirvi con i colori dell'anguria, appendere bandiere fuori dalle finestre e partecipare a centinaia di migliaia di manifestazioni, ma la realtà non cambia. Il genocidio del popolo palestinese continua imperterrito, con o senza il vostro impegno 2.0. 

In Italia, in Europa e negli Stati Uniti la gente ha molto a cuore la causa palestinese. Israele è ormai l'emblema della vittima diventata carnefice. Eppure, a ben guardare, che cos'ha in comune l'attuale governo sionista con i sopravvissuti alla Shoah? Niente. Solo un utilizzo strumentale della storia da parte dei primi per imporre una spietata guerra di occupazione. Ormai sono decenni che il mondo si mobilita per la Palestina e tutto questo che cosa ha portato? A niente. Adesso alcuni stati hanno cominciato a parlare di genocidio. Nei giorni scorsi al Parlamento Europeo la presidente della Slovenia, Nataša Pirc Musar, ha parlato di genocidio a Gaza. Oggi siamo nel 2025 e l'ultima "grandiosa" presa di posizione della società civile italiana è chiedere al nostro governo, i cui rappresentanti non hanno mai sostenuto la Palestina, di sospendere il sostegno allo stato d'Israele. Per farlo, scenderanno per l'ennesima e inutile volta in piazza in una "coscienziosa" manifestazione, in uno stato di auto-compiacimento delle proprie idee buone e giuste.

"Fate silenzio quando i bambini dormono, non quando muoiono". È una delle frasi maggiormente condivise su Facebook e Instagram. Esattamente vorrei capire come postare un messaggio su di un canale web occidentale contribuisca a fermare la mattanza palestinese. Esattamente vorrei capire il beneficio di tutto ciò a chi sta per essere centrato da una raffica di proiettili o peggio. Esattamente vorrei capire in che modo tutto questo dovrebbe aiutare il popolo palestinese. Credete davvero che chiunque non condivida questo pensiero, possa cambiare opinione solo perché lo state scrivendo voi? La società civile dovrebbe aver capito ormai che raccontarsi le cose tra persone che la pensano allo stesso modo non sortisce alcun effetto. Credete davvero che sarebbe tanto difficile organizzare un contingente internazionale e farlo apparire a Gaza senza che nessuno sappia nulla? Il problema di tutto ciò è che una simile azione non dovrebbe essere pubblicizzata e questo toglierebbe all'attivista della porta accanto la possibilità di  rimarcare il proprio impegno pubblico.

Il 2 giugno è la festa della Repubblica. L'Italia non sanzionerà Israele. I vostri post non fermeranno il genocidio palestinese. Le vostre azioni non fermeranno il genocidio palestinese. Come vi fa sentire tutto questo? Perché continuate a farlo? A cosa serve chiedere qualcosa che sapete benissimo non sortità l'esito sperato? Che senso ha insistere così e non fare altro? Un bambino continua a chiedere le stesse cose perché spera che il genitore cambi idea e lo accontenti. Lui è piccolo ed è giusto che lo faccia ma perfino lui, a un certo punto, capisce che non ne vale più la pena e inizia a ragionare. Inizia a capire che se vuole raggiungere il suo scopo dovrà cambiare strategia. Per fermare un genocidio c'è bisogno di professionisti decisi e non marcette da figli dei fiori. Per fermare una guerra c'è bisogno di azioni concrete di persone capaci che mettano in gioco la propria vita o anche la propria carriera. Volete davvero fermare la morte? Non serve dirlo. Dovete agire e basta. Gaza brucia proprio come il Sud Sudan, di cui a nessuno importa nulla e non scomoda le masse. Gaza muore. Anche in questo istante qualcuno è stato appena ucciso e la colpa è anche di tutti noi. 

L'inviato dell'ONU scoppia in lacrime per la morte dei bambini a Gaza

lunedì 12 maggio 2025

Il dolce buio, l'amorevole pioggia

Venezia in una giornata di pioggia  © Luca Ferrari

Il caldo e l'estate sono ormai arrivati ma non tutti ne sono felici. C'è chi preferisce la pioggia, il buio e l'inverno. Adesso vi racconto, amorevolmente, il perché.

di Luca Ferrari

È l'ultimo weekend di ottobre e come ogni anno, nella notte a cavallo tra i sabato e la domenica, si torna all'ora solare. Si dorme un'ora in più e le giornate via via si accorciano sempre di più fino al solstizio d'inverno. Il tempo solitamente si fa più freddo e incerto, bigio e piovoso. Per la maggior parte delle persone questa è la fase peggiore dell'anno, per altri, inizia la migliore. Io sono uno di questi ultimi e dopo tante esilaranti conversazioni con la "fazione estiva", ho deciso di raccontarvi il perché mi piacciano così tanto il buio e la pioggia. Vi chiedo di leggere il tutto fino alla fine senza pregiudizi e vi prometto una cosa. Alla fine di questo articolo non la penserete come me, non è questo il mio obiettivo, però sono certo che capirete perché la pioggia, il freddo e il buio possano anche essere sinonimo di felicità e perfino di amore. Siete scettici? E allora che state aspettando, mettetevi sotto il "vostro" sole caldo e regalatemi cinque minuti del vostro tempo per scoprire un mondo nuovo. Il mondo della più amorevole oscurità.

Perché il buio renda così tristi la gente, non l'ho mai capito. Dopo il buio c'è sempre la luce. Non importa quanto duri, prima o poi arriva. Vale lo stesso per l'arcobaleno. Non c'è fragore acqueo che non si concluda con quei magici colori sospesi nell'aere. Nessuno chiama qualcuno per dire, guarda c'è il cielo azzurro ma lo fa con l'arcobaleno e con la neve. Sono anni e anni che io lavoro in smartworking ma anche quando andavo e venivo per le strade come corrispondente, il brutto tempo mi dava una sensazione di calore. Non importa quanto potesse complicarmi la vita. Col tempo ho imparato ad attrezzarmi proprio per poterne beneficiare al meglio. Come dicevo, lavoro da casa e quando succede che una sonora pioggia inizi a occupare il cielo, mi viene naturale aprire le finestre e starmene lì, come sospeso, solitamente prediligendo un balcone dove possa vedere le foglie delle piante con le goccioline di pioggia sopra. Nel mio romanticismo di sognatore, quando impazza la pioggia, è come se d'improvviso la gente trovasse un punto in comune e si stringesse più unita. Tanto lì fuori quanto tra e mura domestiche.

Venezia è una città con il potere di rendere meravigliosa qualsiasi bizza metereologica. Ogni tettoia sporgente può diventare un riparo per la pioggia dove ammirare la città e fermarsi un attimo dentro di sé. Se penso alla pioggia primaverile, vedo un sottoportico senza nessuno intorno, una sigaretta, una canzone degli Stone Temple Pilots e una carezza interiore. Se penso a un temporale, sento la mano di mio figlio che si stringe ancora più forte mentre acceleriamo il passo per tornare a casa e preparare la merenda. Senza scomodare la poesia immacolata della neve, quando vedo il cielo minaccioso, vedo me stesso alla finestra che attendo la mia dolce metà (senza ombrello) e l'arcobaleno. Quando lì fuori tutto è nero e l'azzurro del cielo appare come un ricordo lontano, sento sprigionarsi una forza dentro di me. Il buio ci rende più fragili e ci spinge a stare uniti. Vicini. Più amorevoli. Il buio spaventa ma non fa altro che avvicinarci per affrontare la vita insieme. È sempre stato così, una cosa che mi porto dentro dall'infanzia più remota e anche quando le strade si fecero dolorosamente complicate, vedere un cielo grigio tagliato dai fulmini mi offriva una pausa dall'inondazione dei miei troppi pensieri.

La bella stagione ha i suoi lati positivi, a cominciare dall'abbigliamento. Posso permettermi di vivere tutta la stagione estiva nel modo più easy possibile. Analogo discorso per l'attività di jogging, cosa che fare in una città come Venezia è pura magia, specie quando ti bastano "due stracci indosso" e via. Ma non è certo solo questo. Il caldo mi ha portato (e mi porta tutt'ora) a vivere indimenticabili avventure in terra croata e allo stesso tempo mi sprona a raggiungere mete più fresche come la Finlandia e il Canada, entrambi attraversati proprio nei sempre più insostenibili mesi di luglio e agosto. Non credo di essere il solo a tollerare poco l'umidità e quelle "rilassanti" nottate in cui non si respira, condividendo l'agonia con il ronzio delle zanzare ma questi li potrei definire "dettagli". L'amore per la pioggia e il buio più sincero nascono a livello interiore. Prima che fuori, la luce va cercata dentro di sé e io (forse) ne sarò sempre un 'po' debitore.

E adesso siate sincere, credete ancora che la pioggia e il buio celino tristezza? 

Venezia in una giornata di pioggia  © Luca Ferrari
Venezia in una giornata di pioggia  © Luca Ferrari
Venezia in una giornata di pioggia  © Luca Ferrari
Un cielo minaccioso a Venezia © Luca Ferrari
Un cielo minaccioso a Venezia © Luca Ferrari
Cala la notte a Venezia © Luca Ferrari
Cala la notte a Venezia © Luca Ferrari

venerdì 2 maggio 2025

Reyer Venezia, un'emozione infinita

La Reyer Venezia femminile ha conquistato la finale scudetto dei playoff 2024-25. Che vinca o perda, questa squadra di basket è una fonte d'ispirazione, nello sport e nella vita.

di Luca Ferrari

Un viaggio. Un'esperienza. Un'emozione. Un anno a tu per tu con la squadra di basket femminile Reyer Venezia. Ho iniziato ad avvicinarmi alla pallacanestro appena pochi anni fa e vivendo in laguna, è stato istintivo scoprire la squadra orogranata. Dopo essermi fatto le ossa con qualche partita iniziale e le esaltanti finali scudetto 2023-24, il mio battesimo dal vivo è avvenuto con la vittoria nella finale di Supercoppa contro l'eterna rivale Schio, a cui poi sono seguite altre incursioni sul parquet casalingo del Taliercio nel corso della successiva Regular Season. Ogni partita, un'esperienza diversa e profonda. Basket, ma non solo. Adesso siamo arrivati all'atto finale ma a prescindere dall'esito di questi playoff,  ricorderò qualcosa di molto più profondo della stagione 2024-25. Ovviamente sarò più che felice se la Reyer dovesse vincere, specie per le sue protagoniste, ma quello che mi rimarrà dentro sarà una costante ispirazione "passatami" dal loro autentico senso di squadra, pronte ad affrontare sempre e unite ogni nuova sfida.

Da settembre a maggio è stato un costante seguire e appassionarsi di questa squadra. Dall'inarrestabile francese Berkani nella suddetta finale disputata tra la vincitrice del campionato e quella della Coppa Italia, ai canestri da posizioni impossibili di Villa e Smalls nell'ultimo atto della semifinale scudetto, passando per la travolgente partita di Santucci in gara 3 sempre contro Campobasso, e ancora la vittoria esterna contro Schio nel girone di andata, le notti europee di Euroleague, etc. tutte le giocatrici, quando chiamate in causa, hanno sempre risposto presente con il massimo impegno.  Grazie anche a una fervente attività su Instagram col mio account specifico sul mondo del basket, badboy_venice, ogni partita è diventata un'occasione per vederle da vicino e da lontano, creando contenuti per celebrare i successi, raccontare i live e ricominciando dalle sconfitte. La Reyer Venezia è ormai una realtà importante nel basket nazionale e proseguendo su questa strada, diventerà più imponente anche in Europa. 

Esattamente come avviene con le singole persone, anche l'entrare in sintonia con una squadra ha bisogno di un momento preciso e il mio lo ricordo molto bene. C'è una partita in particolare che mi ha colpito, anche per una questione molto personale. La prima vittoria del 2025, giocata tra le mura domestiche del Taliercio contro la MEP Pellegrini Alpo di Villafranca (Tv). Mentre le altre volte ero andato con amici e/o insieme al mio figlioletto (artefice della mia passione per il basket), questa volta sono venuto da solo. Per la prima volta da quando è nato, ho partecipato a un evento in solitaria. Complice anche un caigo (nebbione in veneziano) serale, lo ammetto, ero un po' intimidito dalla situazione e questo nonostante abbia passato anni e anni di giornalismo a recensire eventi di ogni sorta, anche come inviato alla Mostra del Cinema, Regata Storica, concerti di ogni tipo, etc.

Questa volta c'era qualcosa di diverso, forse proprio l'assenza dello "scioiattolino Alvisianesco" a lasciarmi un po' spaesato. Non è andata meglio nemmeno quando sono entrato nell'arena, spostandomi di continuo. Nessuna particolare simbiosi col pubblico "amico". Poi sono entrate loro, le giocatrici della Reyer Venezia e lì qualcosa è successo. Non mi sono più sentito solo. Awak Kuier (34). Caterina Logoh (0). Dragana Stankovic (10). Eleonora Villa (6). Francesca Pan (9). Giuditta Nicolodi (7). Kamiah Smalls (3). Lisa Berkani (1). Lorela Cubaj (13). Maria Miccoli (15). Mariella Santucci (22). Martina Fassina (19). La loro presenza in qualche modo mi ha rincuorato e senza rendermene conto, mentre le guardavo affinare i tiri nel riscaldamento, ho provato una sorta di empatia umano-sportiva. Il resto è stato ed è una storia in costante aggiornamento.

Il campionato di Serie A1 della Lega Basket Femminile è pronto a eleggere la sua regina. Il basket femminile si sta facendo notare e reclama, a ragione, sempre più attenzione. È sempre più competitivo e coinvolgente, Bel paese incluso. Dal 2 al 13 maggio il meglio del meglio della pallacanestro italiana si contenderà lo scudetto 2024-25. La solidità della Famila Wuber Schio contro l'effervescenza della Reyer Venezia. La squadra lagunare è ormai entrata nella mia vita e lo ha fatto nel modo più sincero. Oggi, quando scendo in campiello e attacco un canestro da qualche parte, non mi vengono in mente solo i gloriosi nomi dei Detroit Pistons del Back-to-Back '89-'90 o quelli più recenti dell'aramada canadese in NBA. Oggi, quando prendo una palla arancione tra le mani, rivedo i passaggi di Fassina, Santucci e Nicolodi. I tiri impossibili di Berkani. Gli slalom di Villa e Smalls. I canestri di Kuier, StankovicCubaj. La forza e l'impegno di Logoh e Miccoli. Le triple di Pan.

Sento l'energia della Reyer Venezia e il loro spirito di squadra. Sento un'ispirazione nel gioco e nelle sfide della vita. 

mercoledì 26 febbraio 2025

Insieme, storie di basket e vita

Alvisiana Basket Venezia in azione contro la Fulgor Mira © Luca Ferrari

La pallacanestro sta regalando a mio figlio momenti indimenticabili di condivisione e crescita. Nostro privilegio di genitori, restargli sempre accanto e sostenerlo.

di Luca Ferrari

Il viaggio con gli amici e i compagni di squadra, uno più scatenato dell'altro, per raggiungere la meta prefissata. L'euforia. Una nuova sfida di basket li attende. È un gioco. È un torneo. È un impegno. Sono tutti lì, appassionati e coinvolti. Iniziano le partite. Si vince. Si perde. Un cinque ai coach e agli avversari. La foto finale di rito sul parquet. Sono affamati e ancora più divertiti. Un pomeriggio come tanti si è trasformato in un'entusiasmante pagina di vita e di sport. Sugli spalti e sempre vicino a loro, noi genitori. Ciò che sta vivendo mio figlio in questa fase della sua vita insieme all'Alvisiana Basket Venezia, è qualcosa di davvero speciale. Magari un giorno smetterà con la pallacanestro o continuerà per tutta la sua vita, chi lo sa. Sarà lui e solo lui a doverlo decidere e scoprire. Qualunque scelta compia, il nostro grandissimo privilegio sarà quello di stargli sempre accanto... e null'altro importa.

Venezia, 23 febbraio 2025. Mentre l'antica Repubblica Marinara viene invasa dalla marea carnevalesca, come tanti residenti ne approfitto per godermi un po' di sano relax senza troppi impegni. In teoria, almeno. Chi ha uno o più figli, lo sa bene. Non ci sono pause. Più crescono e più sono impegnativi. Se c'è di mezzo lo sport più amato poi, apriti... canale! Niente "placida branda" dunque, ma una bella trasferta. Per i terricoli è ordinaria amministrazione. Anche nella stragrande maggioranza dei casi infatti, prendono la macchina sotto casa e via. Per i veneziani è un'altra storia, quasi un'avventura. Neanche il tempo di fare il ponte di Calatrava ed ecco che dalla massa si staglia un'altra sciarpa bianco-verde dell'Alvisiana Basket Venezia. Il pargolo scatta in avanti per ricongiungersi con gli amici e noi genitori, lì dietro, ad assistere (e ammirare) questi piccoli miracoli-bipedi che ogni giorno ci riempiono di gioia e pensieri.

L'autobus si mette in moto e la piccola armada si fa subito sentire, costante e incessante. Decibel perennemente alti. 40 minuti abbondanti di strada e finalmente si scende. I giovanissimi cestisti sono più impazienti che mai. Corrono e saltano come una palla da basket senza controllo. I "grandi", da dietro, sempre pronti a scandire il tipico ammonimento veneziano: "attenti alle macchine!", poi finalmente si sgiunge alla palestra. I padroni di casa sono già in campo. Gli "stranieri lagunari" iniziano il riscaldamento. Sotto l'attenta guida dei due coach, provano ogni fase del gioco. Tiri sotto canestro. Passaggi. Tiri da più lontano. Due intense sessioni e si può cominciare. Sei partite da sei minuti ciascuna. Prima del fischio d'inizio, i coach salutano i rispettivi piccoli avversari.

Inserita nel Girone Viola del campionato degli Scoiattoli (Fase Venezia), l'Alvisiana Venezia, la cui società ha di recente ottenuto il Certificato di Qualità del Settore Minibasket FIP per l'anno sportivo 2024-25, è opposta alla squadra locale del Fulgor Mira. I piccoli "roditori" della palla a spicchi ci mettono l'anima. Giocano. Fanno canestro. Sbagliano. Esultano. Si rammaricano. In ogni partita c'è sempre qualcosa da imparare, per chi è in campo ma anche per chi è seduto sugli spalti. Al primo time-out, ecco i coach far alzare chi non è ancora entrato per far riposare i giocatori (più stanchi) della sfida in corso. Nel "reparto tifosi" prevale una certa sportività da una parte e dall'altra fazione, con applausi anche per i canestri avversari, come per altro dovrebbe sempre avvenire e a qualsiasi livello. Quando la partita finisce, è tutto un abbraccio. Sono sudati e felici. Hanno quell'espressione tipica della spensieratezza più coinvolgente e ispirante.

Il basket è una passione e riempie le nostre giornate, non solo sul campo. Nel vivere quotidiano, la pallacanestro scandisce gran parte della vita extrascolastica di mio figlio. La giornata odierna è cominciata, come sempre, con la visione degli highlight dell'NBA, riuscendo in extremis a vedere anche quelli tra i Lakers di Luka Doncic e la sua ex-squadra, i Dallas Mavericks, finita con il successo del team californiano. Più tardi, poco prima della pubblicazione di questo articolo, abbiamo visto insieme la sfida femminile di Euroleague, Schio-Fenerbahce. Domani intanto, è tempo di indossare nuovamente la casacca dell'Alvisiana per una nuova e intensa sessione di allenamento. Il basket gli piace ed è contento. Fa molte esperienze. Non è solo sport fine a se stesso. Lo sport, come hanno ribadito anche i suoi coach, viatico per imparare e crescere. Noi genitori, da dietro le quinte, lo appoggiamo e lo incoraggiamo. La strada della vita è ancora lunghissima e in questo momento è più felice che mai.

Alvisiana Basket Venezia © Luca Ferrari/ il riconoscimento alla società veneziana