venerdì 26 settembre 2025

Lega Basket Femminile, avanti tutta

Costanza Verona (Famila) Schio tra Matilde Villa e Lorela Cubaj (Reyer) Ph. Ciamillo-Castoria

Una nuova grande stagione di basket femminile sta per cominciare con le sfide di Supercoppa e il Campionato Italiano LBF di Serie A1 2025/2026. Chi vincerà? 

di Luca Ferrari

È stata un'estate davvero magica quella per la pallacanestro italiana ma il bello deve ancora venire. Il basket femminile italiano ha infiammato i cuori del pubblico ai recenti FIBA Women Eurobasket 2025, conquistando la medaglia di bronzo grazie un gioco e uno spirito di squadra davvero travolgente, e infine venendo celebrato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La nuova stagione intanto è alle porte. Tutto è pronto per cominciare adesso che anche i tabelloni delle competizioni europee si sono allineati. Grazie a una doppia vittoria contro il KKZ Crvena Zvezda, la Reyer Venezia ha raggiunto il Famila Schio in Euroleague. In Eurocup invece, a tenere alti i colori del basket italiano, saranno: Geas Sesto San Giovanni, Magnolia Campobasso e Dinamo Sassari. Tutte unite, come un'unica grande squadra, dalla quale far emergere le giocatrici che affronteranno il prossimo marzo le qualificazioni per i Campionati Mondiali di Basket (Berlino, 4-13 settembre 2026).

Si comincia sabato 27 e domenica 28 settembre al PalaRomare di Schio (Vi), per la 30ª edizione della Supercoppa Italiana, dando così ufficialmente il via alla nuova stagione del basket femminile italiano. A differenza dell'edizione 2024 dove si sfidarono in una partita secca la vincitrice del campionato (Reyer Venezia) e la vincitrice della Coppa Italia (Famila Schio), quest'anno ci sarà la formula Final Four. Le oro-granata scenderanno in campo nella prima semifinale di sabato 27 settembre alle ore 17:15 contro l’Alama San Martino di Lupari. In serata le padrone di casa Famila Wuber Schio se la vedranno contro La Molisana Magnolia Campobasso. Le due vincitrici poi, incroceranno i canestri domenica 28 settembre alle ore 18:00, con in palio il primo trofeo stagionale. Tutte le partite dell'Opening Day così come le semifinali e la finale di Supercoppa Italiana, saranno trasmesse in chiaro e on demand su qualsiasi dispositivo su FLIMA, www.flima.tv.

Il weekend successivo, scatterà invece la prima del Campionato Italiano di Basket Femminile di Serie A1 2025/2026, con la 23° edizione dell'Opening Day che si svolgerà sabato 4 e domenica 5 ottobre al PalaLeonessa di Brescia. Questo il programma ufficiale delle partite:  

Sabato 4 ottobre

    • ore 14:00 - Dinamo Banco di Sardegna Sassari vs Alama San Martino 
    • ore 16:15 - Umana Reyer Venezia vs O.ME.P.S. Battipaglia 
    • ore 18:30 - Famila Wuber Schio vs People Strategy Panthers Roseto
    Domenica 5 ottobre
    • ore 16:00 - RMB Brixia Basket vs La Molisana Magnolia Campobasso 
    • ore 18:15 - Geas Basket vs Autosped BCC Derthona  
    Detto ciò, in bocca al lupo a tutte le squadre e vinca... la pallacanestro!

    Le finale scudetto Reyer Venezia vs Famila Schio

    martedì 16 settembre 2025

    Mattarella celebra il basket azzurro

    Le Azzurre insieme al Presidente Sergio Mattarella - ph. @quirinale.it

    Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha reso omaggio ai successi della Nazionale Femminile al Women’s EuroBasket 2025 e la Nazionale Under 20 Maschile.

    di Luca Ferrari

    È stata una grandissima estate azzurra per il basket italiano. Cinque medaglie conquistate, a cominciare dalla Nazionale Femminile, bronzo al Women’s EuroBasket 2025, sul podio europeo dopo 30 anni. Terzo gradino del podio anche per le giovani Under 20 mentre i corrispettivi "maschietti" hanno conquistato uno strepitoso oro. A chiudere il medagliere continentale, altri due bronzi maschili (Europeo U18 e 3x3). "Un piacere avervi qui, tornate presto” ha esordito la massima carica dello Stato, Sergio Mattarella. "Avendo seguito l'Europeo della Nazionale Femminile sin dagli esordi, mi sento di dire che il Bronzo delle azzurre non solo somiglia all’oro ma è equiparabile all’oro". Non si potrebbe non essere d'accordo col Presidente. L'Italia ha disputato un torneo eccezionale, inchinandosi di pochissimo solo e unicamente contro le detentrici del titolo, il Belgio, poi riconfermatesi sul tetto d'Europa, e vincendo la sfida per il bronzo contro la fortissima Francia, vice-campione olimpica, in una partita che ha visto le azzurre imporre il loro gioco.

    "La medaglia che portiamo al collo è il simbolo dell’amore che nutriamo per la maglia azzurra, per il Paese che rappresentiamo e per le persone che ci hanno sostenuto" ha sottolineato la capitana Laura Spreafico, "Una medaglia mancava al basket Femminile dal 1995 e il nostro percorso negli ultimi anni è stato spesso accompagnato da delusioni. Proprio queste sconfitte ci hanno forgiato e reso più forti, permettendoci di apprezzare ancor di più il sapore della vittoria. Indossare questa maglia vale molto di più che giocare una partita di basket: significa interpretare i sogni di un Paese, dare voce a chi vede nello sport uno strumento di crescita e uguaglianza. Ci piace pensare che il nostro esempio possa incoraggiare tante bambine a inseguire i propri sogni con coraggio e dedizione, contro ogni pregiudizio. Signor Presidente, Le promettiamo di custodire e tramandare questi valori alle generazioni future. Questa medaglia appartiene a tutti: a chi ci ha accompagnato, a chi ha tifato da casa e a chi crede che lo sport sia un patrimonio prezioso della nostra vita. Questa medaglia è il nostro orgoglio, è dell’Italia intera. Non smetteremo mai di portarla in alto".

    Quasi tutte presenti le atlete iridate: Olbis Futo Andrè, Lorela CubajMartina FassinaJasmine Keys, Sara MaderaFrancesca Pan, Francesca Pasa, Mariella Santucci, Stefania Trimboli, Costanza Verona e ovviamente coach Andrea Capobianco. Unica assente (giustificata), proprio lei, Cecilia Zandalasini, votata nel miglior quintetto dell'Europeo, e impegnata in questi giorni nei playoff WNBA con la casacca delle Golden State Valkyries. Per le Azzurre adesso, il prossimo snodo cruciale della loro carriera è a marzo 2026, quando si giocheranno le chance di partecipare ai Mondiali 2026 di Berlino

    “Oggi è stato qualcosa di unico. Il Presidente della Repubblica ha dimostrato cosa significa amare lo sport. Un’esperienza che ce la ricorderemo  per il resto della nostra vita” ha detto Andrea Capobianco ai microfoni di Rai Sport, “Queste ragazze hanno scritto la storia della pallacanestro femminile. Col Belgio siamo partiti da meno tanti punti e ce la siamo giocata fino all’ultimo canestro. Questo vuol dire credere in qualcosa, lavorare per raggiungere risultati. La sida con la Francia poi, è stata una partita straordinaria dove è venuta fuori tutta la capacità delle ragazze di essere squadra. Adesso c’è l'appuntamento coi Mondiali di Berlino. Non dobbiamo ricordarci il 3° posto europeo ma come lo abbiamo conquistato e gli sforzi fatti per ottenere un simile traguardo. Se giocheremo con questa mentalità, potremo realizzare (ancora) qualcosa d’importante".

    Sul fronte Under 20 maschile invece, dopo i successi del 1992 (prima edizione) e del 2013, è arrivata la terza medaglia d'oro per l'Italia. Un percorso trionfale per gli azzurrini che nella fase finale a eliminazione diretta, non hanno lasciato scampo a Islanda, Israele, Serbia e in finale la Lituania (83-66). Nel corso della manifestazione, purtroppo, nella giungla impazzita dei social, sono emersi commenti razzisti rivolti ad alcuni cestisti azzurri, cosa che non è sfuggita al nostro Presidente, che le ha condannate senza mezze parole, com'è tipico della sua elevata statura morale. "Alcune manifestazioni misere di inciviltà non hanno turbato, anzi hanno rafforzato la convinzione dell’importanza dell’inclusione, della collaborazione e dello stare insieme. Il vostro oro è stato anche un pungolo per i vostri colleghi più adulti, la Nazionale maschile che ha fatto un magnifico torneo concluso qualche giorno fa con una partita un po’ strana ma emozionante. Ragazzi, bravissimi, siete la fiducia nel futuro del basket del nostro Paese. Siete stati straordinari, voi come le Azzurre: è stato un grande piacere avervi qui oggi, tornate presto”.

    il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
    il Presidente Sergio Mattarella insieme alla Nazionale maschile Under 20 - ph. @quirinale.it
    il Presidente Sergio Mattarella insieme alla Nazionale Femminile
    e la Nazionale maschile Under 20 - ph. @quirinale.it

    lunedì 15 settembre 2025

    Bullismo... ti aspetto fuori

    Il bullismo è un cancro da combattere ogni giorno. Oggi se ne parla per l'ennesima tragedia, domani tutto sarà nel dimenticatoio... così com'è sempre stato.

    di Luca Ferrari

    Le lacrime strozzate nel cuscino. Il silenzio ti attanaglia. Le umiliazioni ti penetrano nell'anima senza più lasciarti. La paura di uscire arriva fino al gesto più estremo. Chi è vittima di bullismo, non lo dimentica. Solo chi è stato vittima di bullismo, può davvero capire cosa si provi. Chi è stato vittima di bullismo, non dimentica e non dimenticherà mai quelle facce, quei nomi, quelle parole, quei gesti. Chi è stato vittima di bullismo, soprattutto, non dimentica chi avrebbe dovuto proteggerlo/a e invece si è girato dall'altra parte. Il bullismo è l'emblema della vigliaccheria umana. Tanti contro uno. Il prepotente affronta qualcuno che sa già essere più debole. Il bullismo è l'emblema della bassezza umana dove la massa si diverte a tormentare il singolo. Il bullismo è tra le mura domestiche, sulla cattedra, negli uffici. Il bullismo è un abuso. Il bullismo è qualcosa che non potremo mai cambiare. Esisterà sempre. Il male cambia forma, si aggiorna e non sparirà mai. Il resto del mondo invece, può e deve dare una risposta, decisa e immediata. Tutti quelli che sono contro il bullismo, si devono  unire e combatterlo, giorno dopo giorno. Non ci sono sfumature. Niente mezze misure. O si è bulli o si è contro.

    Società ipocrite. Docenti menefreghisti. Famiglie disattente e superficiali. Il bullismo non è solamente un gruppo di ragazzini che tormentano il singolo. Questa è solo la punta più estrema e tragica. Il bullismo nasce molto prima. Il bullismo nasce nel quotidiano. Oggi se ne parla molto di più. Una volta c'era solo omertà. Oggi se ne parla molto di più ma cambia comunque troppo poco. Oggi se ne parla, pensando ancora che con le belle parole si possa risolvere un problema conficcato nella cultura suprematista di ciascuno di noi. Il bullismo si deve affrontare su più fronti se si vogliono realmente cambiare le cose. Ci vogliono politiche, personale preposto nelle scuole ma non di meno, ci vuole una cultura che comprenda l'importanza di insegnare ai nostri figli a difendersi perché lì fuori non ci saremo noi a farlo. Non ci saremo nei bagni delle scuole. Non ci saremo nei locali. Non ci saremo nelle strade, sui campi o nei parchi. Non ci saremo nemmeno quando qualcuno alzerà la voce da grandi. Credere ancora che il perbenismo e l'impegno sociale siano sufficienti a impedire il perpetrarsi del bullismo, è mero autolesionismo. È l'ipocrisia di chi fa le cose per la propria coscienza (...) senza alcun vero interesse perché le cose cambino davvero... O almeno fino a quando non li toccheranno.

    Paolo Mendico è l'ennesima vittima. Pensate un po', bullizzato (anche) perché aveva i capelli lunghi. Sbeffeggiato senza tregua con il nomignolo di Paoletta. Chissà quanti di loro se la ridevano, raccontandolo, magari, anche davanti agli adulti, ma nessuno ha fatto niente. I genitori di Paolo si sono rivolti alla scuola ma nessuno ha mosso un dito. Paolo aveva 15 anni e aveva paura. Alla fine si è tolto la vita. Adesso vorrei sapere come si sentono quei genitori i cui figli hanno portato Paolo a compiere questo gesto atroce. Vi rispondo io. Non gliene importa nulla. Anzi, penseranno che sia stato esagerato e che i loro figli non abbiano fatto nulla di male. È così, e succederà ancora. In questo momento migliaia di bambini e bambine sono seduti da soli mentre nuovi famelici lupi si stanno avvicinando per tormentarli senza pietà. Succede a 8 anni, a 12, a 15, a 22, etc. Li attaccheranno e nessuna circolare scolastica impedirà questo massacro silente perché appena usciti, tutto continuerà, anche sui social. Oggi c'è anche la piaga impazzita del cyber bullismo. Chi ci pensa a loro? Chi sarà il prossimo? Che cosa vogliano fare una buona volta? Che cosa farete davvero quando toccherà anche a voi? Vi lamenterete dall'intelletto del vostro salotto o inizierete a fare qualcosa?

    Bullismo, io ti conosco bene. Vorrei proprio vedere se adesso avresti il coraggio di affrontarmi...

    mercoledì 10 settembre 2025

    FestArt Cannaregio, Venezia autentica

    FestArt Cannaregio 2025 - Attraverso sentieri autentici 

    Musica live, danze del mondo. Arte, attività per bambini e libri. Cortometraggi, teatro. Energie umane. La II edizione del FestArt Cannaregio (20-28 settembre 2025) accende Venezia.

    di Luca Ferrari

    Cultura, resilienza e lo sconfinato amore per una città. Venezia alza il volume della sua anima più profonda. Entra in campo il FestArt Cannaregio, festival popolare e gratuito, nato nel 2024 e organizzato dall'associazione Zero Quattro Uno. FestArt è la Venezia dei lavoratori, dei papà e delle mamme, dei regatanti, degli studenti, di chi va a fare la spesa e di chi porta i figli a scuola. FestArt Cannaregio è la Venezia più autentica, melting pot umano dove le arti sgorgano dal dialogo e dal desiderio di creare, raccontando nuovi sentieri collettivi. La nove giorni di eventi si svolgerà interamente a Cannaregio, uno dei pochi sestieri veneziani a essere ancora molto abitato e frequentato dai locali grazie (anche) alla contemporanea presenza di parchi, attività sportive e scuole, non esattamente la norma in laguna. La II edizione del FestArt Cannaregio propone una ricca offerta di eventi, inclusi spettacoli teatrali e proiezione di cortometraggi, attività per bambini, concerti con gruppi solisti e duetti, presentazioni editoriali, incursioni acquee, danze popolari, arti marziali e ancora molto, moltissimo altro.

    "Volevo creare qualcosa che in un certo senso potesse prendere il testimone lasciato dal Festival delle Arti della Giudecca che da circa due anni non veniva più organizzato" racconta l'ideatore del FestArt, Michele Lenzerini, toscano trasferitosi in laguna nonché responsabile della didattica nella scuola Easy Italian Language & Art di Venezia. "Ero molto legato a quel festival a cui avevo partecipato più volte, anche con il mio gruppo musicale (Onda d’urto Venezia, ndr), e mi dispiaceva molto che una simile esperienza fosse finita così, e che non ci potesse essere una continuazione. Vedevo tutto questo come una sconfitta per Venezia, per la - cultura per tutti - e in genere per noi che viviamo in questa città. Molte persone, poi, dicevano che a Cannaregio sarebbe stato impossibile organizzare qualcosa del genere e che nessuno sarebbe venuto a titolo gratuito. Allora, come spesso mi succede, questo pessimismo diffuso mi ha caricato tantissimo, dandomi l’energia per creare un Festival fatto dai residenti per i cittadini e per tutti gli amanti della cultura. Ho cercato il primo anno di coinvolgere registi, associazioni, musicisti, attori, fumettisti, esperti in attività per bambini e devo dire che è stato una bella esperienza per tutti".

    La nove giorni si sviluppa (praticamente) su tutto il sestiere, dal nuovo spazio espositivo ImagoArs in Baia del Re, all'estremità settentrionale del sestiere fino alla chiesa Luterana, in Strada Nova, passando per altre celebri aree come l'antico ghetto ebraico, il Centro Scalzi - Centro Mistico, senza dimenticare le attività all'aperto nei campi (Madonna de l'Orto, de l'Abbazia della Misericordia), il teatrino Groggia con il suo immenso e adiacente spazio verde. L'inaugurazione/presentazione del festival si svolgerà sabato 20 settembre (ore 18.00) alla Fondazione Rinascita 2007, a cui seguirà lo spettacolo di improvvisazione teatrale Due allora, con Riccardo Bidoia e Alessandro Corrà, quindi in serata, concerto live di musica rock ironica con i Sellotape (21.00). La domenica invece, una doppia inaugurazione artistica (Double vue - Doppia vista, presso SMAG e zolforosso presso ImagoArs Lab. del Ghetto). In serata, in sala San Leonardo, prima il rock di Jack Moody (20.00), poi l'afro funk sperimentale/cosmic disco del gruppo Disco Zenith Laguna (21.30) e via via poi, nei giorni successivi, tutti gli altri eventi come si può appurare nel ricco ed eterogeneo programma.

    Grazie a una distribuzione degli eventi quasi capillare nel sestiere veneziano, chiunque avrà la possibilità di (ri)scoprire le bellezze naturali, artistiche e culturali di Cannaregio. "Questa seconda edizione è il frutto dell’incontro con numerose associazioni, enti (anche ecclesiastici), la Municipalità, sponsor, sostenitori, artisti, grafici. "È stato un lavoro notevole, ma credo di aver creato alla fine un programma molto interessante" spiega il vulcanico Michele. "Ho voluto fortemente inserire anche la musica classica e quella jazz, dando spazio anche a due gruppi che verranno dall’estero. Ho inserito la serata brasiliana e quella dedicata a Hugo Pratt e a Corto Maltese. Sono felice della collaborazione con i ragazzi di Venice on boardche ringrazio per la disponibilità – per la giornata della poesia in barca. Ci sono stati momenti critici durante l'organizzazione. In particolare la serata danzante è stata quasi un flipper di contrattempi, sedi che non si trovavano, rinunce, etc. Questa edizione è stata un po’ come giocare a Tetris: spostamenti di gruppi e attività da un luogo a un altro, cambiamenti in corsa. Sono sicuro che il risultato finale vi piacerà".

    Ho visto un instancabile gruppo di sconosciuti lavorare con impegno senza guadagnare nulla, solo per l'amore di regalarsi e regalare a chiunque, ciò che loro stessi avrebbero voluto vedere realizzato nel proprio microcosmo sociale. Ho visto ragazze colorare i visi dei più piccoli. Ho ascoltato storie che affondano nell'esperienza della "chitarra" accanto. Ho preso appunti da quella fiamma umana grondante futuro, facendomi contagiare dall'ispirazione di chiunque si fermasse, anche solo per un applauso o un sorriso. FestArt Cannaregio è nato dalla semplicità delle idee e dalla spontanea partecipazione di volenterosi uomini e donne. Come gran parte di Venezia, anche a Cannaregio ci sono molti anziani ma la sua dimensione popolana e meno turistica, riesce ancora a coniugare e ad avvicinare le tante generazioni presenti. Quelle stesse che guardano e partecipano/parteciperanno al FestArt Cannaregio 2025. "Sono convinto che Venezia sia ancora viva e che con l’aiuto di tutte le persone e le varie realtà associative, si possa andare avanti sviluppando in modo concreto una serie di progetti utili per tutta la città, e non solo" Michele Lenzerini.

    FestArt Cannaregio 2025 - Attraverso sentieri autentici null

    venerdì 8 agosto 2025

    Dream Team-Croazia, la storia nella Storia

    Olimpiadi 1992 - Michael Jordan (USA) vs Drazen Petrovic (Croazia)

    Il destino opposto di due nazioni sublimato in una (epica) partita di basket: la finale olimpica tra la neonata Croazia e il Dream Team americano, ma non solo... Era l'8 agosto 1992.

    di Luca Ferrari

    Una storia nella storia della Storia. Era l'estate 1992. Lo sport incantava, il pubblico applaudiva estasiato e poco distante... una porzione di mondo (Balcani) sprofondava all'inferno. I Giochi Olimpici di Barcellona 1992 sono e resteranno per sempre quelli del Dream Team americano di basket, la squadra più forte di tutti i tempi che abbia mai calcato un parquet... o in generale, che abbia partecipato a un evento sportivo. Dopo il deludente 3° posto alle Olimpiadi di Seoul 1988, per la prima volta la federazione statunitense decise di mandare i professionisti. Una congiunzione astrale che vide riunito il meglio del meglio del basket a stelle e strisce, a cominciare da quei tre: Magic Johnson, Michael Jordan e Larry Bird. Barcellona '92 fu anche la prima volta per due neonate repubbliche. La Lituania, dove militavano (tra gli altri) i fortissimi Sabonis e Marčiulionis, subì un tremendo passivo di oltre 50 punti in semifinale contro il team USA. La neonata Croazia invece, indipendente dal 1991 e già staccatasi dalla Jugoslavia in una brutale guerra fratricida ancora in corso al momento della manifestazione olimpica, affrontò il Dream Team due volte, nella fase preliminare e nella finalissima con in palio la medaglia d'oro.

    Stati Uniti e Croazia, le loro gesta in quella Olimpiade sono rimaste scolpite nell'anima (sportiva) di chiunque al mondo. Anni dopo venne caricato su Youtube un videoclip celebrativo di quella sfida con sottofondo musicale di Heaven (Bryan Adams), incentrato sui canestri dei rispettivi leader: Michael Jordan (22) e il compianto Drazen Petrovic (24), scomparso in un incidente stradale l'anno successivo, in Germania. Mi sono imbattuto in quel video un po' per caso, quando il basket non significava ancora nulla nella mia vita. Sarà stata la musica un po' malinconica ma fui toccato nel profondo fin dal primo ascolto, soprattutto per ragioni extra sportive. Il video sparì dal web ma da quando una creatura di 5 anni portò la pallacanestro tra le mura domestiche facendomene innamorare, ho cominciato a cercarlo. Qualche giorno fa l'ho ritrovato, proprio a ridosso dell'anniversario di quella indimenticabile finale, disputatasi l'8 agosto 1992... e, per un'incredibile casualità, nel medesimo giorno in cui mi recherò proprio in Croazia.

    Petrovic vs Jordan feat. Bryan Adams

    Quel giorno, l'8 agosto 1992, non c'erano solo due squadre in campo. C'erano due mondi. Due mondi immortalati in altrettante e specifiche istantanee. Due storie agli antipodi, una all'inizio del video e una verso la fine. Da una parte, lo sguardo deciso e allo stesso tempo preoccupato del coach croato Petar Skansi (1943-2022). Dall'altra, tre tifosi americani che applaudono festanti la performance del Dream Team. Se i giovani a stelle e strisce mi hanno sempre trasmesso l'idea del futuro più sereno e l'imminente rivoluzione digitale da cui tutti saremmo stati travolti, gli occhi dell'allenatore croato mi hanno sempre scaraventato nella tristezza della guerra balcanica, ignorata dalla maggioranza della comunità internazionale, e in qualche modo più in sintonia con i pensieri di un mai sbocciato quindicenne. Da una parte c'era tutta la massima leggerezza dello sport e le luci sfavillanti dell'NBA, dall'altra parte c'era una squadra che si stava presentando al mondo, e per la quale vincere una medaglia rappresentava un grido di esistenza. In quei gloriosi giorni olimpici, laggiù, nei Balcani, si stava consumando una delle più atroci guerre scoppiate in Europa.

    Bryan Adams - Drazen Petrovic, Michael Jordan, tifosi USA e coach Skansi

    Ai Giochi Olimpici del 1992 ci fu un'altra partita storica oltre a Croazia-USA, ancor più emblematica dal punto di vista geopolitico. Se la Jugoslavia si stava sgretolando e avrebbe dovuto vivere tragiche stagioni di morte fino ai più devastanti epiloghi dei campi di concentramento, gli stupri etnici, l'assedio di Sarajevo e il genocidio di Srebrenica, pochi anni prima, nel 1989, il muro di Berlino era crollato, dando il via al distacco dell'Est europeo dal giogo dell'allora Unione Sovietica. Se per alcuni paesi la transizione verso libere elezioni fu pacifica, non andò tutto liscio per la Lituania, dove a Vilnius si arrivò allo scontro, con tanto di barricate, tra la popolazione e il KGB, quest'ultimo supportato dai paracadutisti inviati da Mosca che occuparono la torre televisiva locale. Ottenuta l'indipendenza, la Lituania riuscì a partecipare alle Olimpiadi grazie alla generosità dei rocker americani Grateful Dead, che consentirono gratuitamente l'utilizzo del proprio logo con la scritta Lithuania su t-shirt da mettere in commercio, e dunque autofinanziarsi il viaggio e la permanenza in Spagna.

    La compagine baltica riuscì a partecipare alle Olimpiadi di Barcellona. La squadra era molto forte e come da copione (Hollywoodiano?), chi si trovò dinanzi nella sfida decisiva per l'assegnazione della medaglia di bronzo? Proprio lei, la Russia, all'epoca CSI - Comunità degli Stati Indipendenti. Epilogo degno di una fiaba: i lituani in trionfo 82-78 e la conquista del terzo gradino del podio.

    la t-shirt della Lituania "benedetta" dai Grateful Dead

    Alle Olimpiadi 1992 la pallacanestro cambiò per sempre. All'epoca non c'era internet, non c'era Youtube e l'unico modo per vedere le partite era guardarle in televisione, ammesso che le trasmettessero. Il basket americano era una sorta di El Dorado di cui si sapeva l'essenziale. Nonostante alcune eccellenti esclusioni per ragioni non esattamente sportive, su tutte il bi-campione NBA Isiah Thomas (Detroit Pistons), il Dream Team mostrò al Vecchio Continente il meglio del meglio del basket americano dal vivo, facendo innamorare il mondo della palla a spicchi. Molti dei campioni europei che in seguito avrebbero lasciato il segno sui campi d'oltreoceano, hanno affermato che la loro idea di basket cambiò radicalmente dopo i giochi catalani, proprio grazie all'ispirazione del Dream Team. Allo stesso tempo quella fu anche la prima manifestazione cestistica internazionale dove non partecipò la "piccola" Jugoslavia. La più forte delle nazioni europee dell'epoca poteva già vantare una medaglia d'oro olimpica (Mosca '80), due medaglie d'oro ai Mondiali (1970, 1990) e cinque titoli europei di cui le ultime due edizioni disputate, nel 1989 e nel 1991. Alle Olimpiadi del 1992 la Jugoslavia era già il passato, inghiottita in una voragine distruttiva che avrebbe lasciato indelebili cicatrici.

    Una domanda sportivamente resta, e non solo. La Croazia fu l'unica squadra a tenere testa al Dream Team, andando addirittura in vantaggio +1 nella finale, e inchinandosi 85-117. Cosa sarebbe successo se fossero scesi in campo tutti i giocatori della Jugoslavia? Purtroppo e tragicamente, non lo sapremo mai... 

    La nazionale jugoslava di basket in trionfo.
    Al centro, Vlade Divac (serbo); al centro a dx, Drazen Petrovic (croato)... all'epoca, tutti jugoslavi

    sabato 2 agosto 2025

    Canada, un'emozione continua

    Roberval (Quebec, Canada), tramonto © Luca Ferrari

    Un ricordo intenso come non mai. Andare in Canada è un viaggio diverso da tutti gli altri. Vivere il Canada è uno stato emotivo in costante aggiornamento.

    di Luca Ferrari

    Un articolo un anno prima. 365 giorni passati a costruire l'itinerario e poi finalmente la partenza per il Canada il 2 agosto. Un articolo per celebrare il viaggio 2024 e ora un ricordo scritto un anno esatto dopo. L'uscita dall'aeroporto di Montreal in un clima quasi surreale (caldo) e quelle scritte autostradali che sì, mi confermavano che fossi proprio lì. Un'oretta scarsa di macchina per raggiungere il primo alloggio nel verde appartato del Quebec, iniziando l'avventura l'indomani davanti a una sontuosa colazione a base di crepes innaffiate da una cascata di sciroppo d'acero. Per la prima volta al voltante di una macchina elettrica, si comincia a macinare miglia tra quei tipici cartelli gialli indicanti il possibile passaggio di alci, orsi senza dimenticare lo stop in lingua locale. Appartamenti ma non solo, il fascino di un paese come il Canada è anche il soggiornare nei motel a ridosso della strada, quelli che vediamo nei film con la caraffa di caffè dentro e la porta che si apre con la carta elettronica. Anche la cucina vuole la sua parte e a parte il breakfast time, viaggiare in Canada orientale significa poter gustare le aragoste (o meglio, astici), di cui per altro è pieno di festival a tema. Sebbene ci fossi già venuto infine, nulla poteva prepararmi a uno stato di benessere impareggiabile vissuto sulla Prince Edward Island.

    Tantissime gioie ma anche qualche dolorino, soggettivo s'intende e più divertente che altro. In questo viaggio in Canada mi sono confrontato anche con alcuni fatti a dir poco inspiegabili, a cominciare dai club sandwich serviti con il manzo/tacchino e bacon freddi (blasfemia pura, ndr). Restando in tema culinario, il poutine, piatto tipico del Quebec a base di patate fritte con formaggio cagliato, non mi ha mai entusiasmato, trovandolo quasi sempre modesto. Magari un giorno lo gusterò meglio in un ristorante di classe. I grandi supermercati poi, talmente freddi che la felpa quasi non bastava. L'aneddoto più assurdo però è la velocità delle macchine. Se in autostrada sono tutti super ligi, ben diverso è l'ingresso nelle città, quelle grandi in particolare, dove il piedino preme decisamente più deciso. Le corsie sono maggiori rispetto alla stragrande maggioranza delle strade italiane ma a giudicare da come rispettano qualsiasi regola sulle gigantesche highway, sarebbe stato lecito aspettarsi ancor più moderazione dai canadesi, e invece no. Per entrare a Quebec City, il quarto tentativo è stato quello buono, vivendo l'attesa con parecchia ansia e preoccupazione. 

    Andare in Canada non è un viaggio come gli altri. Non è solo la distanza. È un'altra dimensione. È un mondo dal quale sono sempre stato attratto e che un giorno, finalmente, ho potuto vivere e attraversare (almeno una parte). Ci sono sentimenti che si spengono col passare del tempo. Ci sono amori che dopo ogni incontro diventano sempre più intensi, passionali ed eterni. Lo so che il mondo è pieno di luoghi meravigliosi da visitare ma non tutti siamo nati per scoprire ogni angolo del globo. Ammesso che torni in Canada in tempi brevi, passeranno almeno altri tre-cinque anni e dunque la mia vita sarà, immagino, molto diversa. Se dovessi tornare in Canada prima della fine della terza decade del millennio, sarà ancor più incredibile. Oggi, 2 agosto 2025, a distanza di un anno esatto dal mio terzo viaggio in Canada, la mia mente è ancora al voltante lungo la Transacanadienne/Autoroute, provando l'ebbrezza di fermarsi sulla costa del Quebec prima di attraversare il Confederation Bridge e arrivare sull'isola del Principe Edoardo. Oggi, un anno dopo la mia partenza per il Canada, sono ancora che penso a quando sarà prossima volta in cui farò le valigie per raggiungere la terra del mio destino.

    Venezia, volo AirTransat diretto a Montreal © Luca Ferrari
    Canada - aeroporto di Montreal © Luca Ferrari
    Canada - colazione a Saint-Jérôme (Quebec) © Luca Ferrari
    Canada - on the road in Quebec © Luca Ferrari
    Canada - Savage Zoo (St. Felicien,Quebec) © Luca Ferrari
    Canada - faro sulla costa del Quebec © Luca Ferrari
    Canada - Argyle Shore Provincial Park (PEI) © Luca Ferrari
    Canada - on the road sulla Prince Edward Island © Luca Ferrari

    Canada - Hopewell Rocks (New Brunswick) © Luca Ferrari
    Canada - astice in New Brunswick © Luca Ferrari
    Canada - Quebec City © Luca Ferrari

    martedì 29 luglio 2025

    La compagnia azzurra della medaglia

    Costanza Verona e Laura Spreafico medaglia © Italbasket 

    La Nazionale Femminile di basket ha conquistato la medaglia di bronzo agli Europei FIBA 2025. Una vittoria di gruppo che incarna lo spirito più autentico di questa disciplina. 

    di Luca Ferrari

    Una medaglia per la Storia.
    Una medaglia per la Gloria
    Questa medaglia è vostra, strepitose eroine
    Dei parquet nel mondo, voi, le prossime regine

    Il 29 giugno 2025 l'Italia del basket femminile ha concluso il suo incredibile campionato europeo, conquistando la medaglia di bronzo contro la Francia vice-campione olimpica, sigillo che mancava da trent'anni esatti. A vincere è stato il gruppo, solido e unito, dimostrando una notevole maturità cestistica in ogni partita disputata. Guidate da coach Andrea Capobianco, tutte le 12 convocate sono state decisive e determinanti. Cecilia Zandalasini. Costanza Verona. Francesca Pan. Francesca Pasa. Jasmine Keys. Laura Spreafico. Lorela Cubaj. Mariella Santucci. Martina Fassina. Olbis Futo Andrè. Sara Madera. Stefania Trimboli. Troppo spesso gli sport di squadra non sono abbastanza di squadra. L'Italia Femminile, sì. Eccome. Le giocatrici si conoscono bene. C'è stima reciproca. Sono amiche. Molte di loro condividono la casacca: chi alla Molisana Campobasso, chi nella Famila Schio, chi alla Reyer Venezia, chi nel Geas Sesto San Giovanni. Si sono sfidate e si sfideranno ancora. Le Azzurre non hanno solo conquistato il terzo gradino del podio al FIBA EuroBasket Women 2025, hanno lanciato un monito alla pallacanestro mondiale e all'Italia sportiva stessa.

    L'Europeo azzurro non era cominciato nel migliore dei modi. Nella seconda amichevole disputata contro le campionesse in carica del Belgio, poi riconfermatesi sul tetto d'Europa, la giovane stella Matilde Villa si era rotta il legamento crociato anteriore del ginocchio. Altra defezione dell'ultimo minuto, la forte Martina Kacerik. C'era molta curiosità attorno al gruppo ma fin dalla prima partita contro la Serbia, vinta con pieno merito 71-60, si era capito che le ragazze non fossero venute  "a fare una scampagnata". Concetto messo molto bene in chiaro anche nei due successivi match casalinghi del girone al PalaDozza di Bologna, rispettivamente contro Slovenia (77-66) e Lituania (65-51), due squadre con una consolidata tradizione nella palla a spicchi. L'Italia dunque si qualifica come prima del girone, vincendo e convincendo a tal punto che "perfino" la maggioranza della stampa nazionale finalmente si accorge di loro, e inizia a dedicargli sempre più di spazio. L'Europeo intanto si sposta ad Atene, in Grecia, per la fase finale.

    Nel clan azzurro si respira ottimismo ed è palpabile una fortissima determinazione. Le giocatrici fanno squadra dentro e fuori dal campo. L'Italia affronta l'insidiosa Turchia ai quarti, vincendo in overtime 76-74 una partita che la maggior parte delle squadre avrebbero perso. Loro no. Avevano la partita in pugno ma i nervi sanno fare brutti scherzi anche alle giocatrici più affermate. Le campionesse però, sanno rialzarsi ribaltando l'inevitabile, ed è proprio quello che è successo. Non una, non due. Tutte insieme, decise e lottatrici. Come una sol donna... Le azzurre sono in zona medaglia. Tra loro e la finale c'è solo il Belgio. Una semifinale incredibile. Una partita subita, riaperta, dominata e persa solo all'ultimo secondo. Una sconfitta che certifica ulteriormente il cuore e la qualità di questa squadra. Una sconfitta che brucia ma non scalfisce neanche di un millimetro la fame e la straordinaria energia delle Azzurre. L'ultimo atto con in palio la medaglia di bronzo, è contro la Francia, quest'ultima capace di rifilare 36 punti di scarto alla Grecia e addirittura 74 alla Svizzera, ma sono dettagli, numeri. Le Azzurre non temono nessuno. Giocano a viso aperto. Impongono il loro gioco. Disputano una partita straordinaria e chiudono 69-54, conquistando così (stra)meritatamente il terzo gradino del podio.

    Il basket femminile italiano è in costante crescita (vedi anche il mio prossimo servizio sulle pagine della testata statunitense L'Italo-Americano, ndr). Tutte le protagoniste dell'Europeo hanno lasciato il segno nel corso della stagione appena conclusa, regalando spesso grandi partite, a cominciare dalla Supercoppa che ha visto sfidarsi Schio e Venezia. Come non ricordare "un'indemoniata Madera" nella semifinale scudetto 2025 contro la squadra lagunare? Le qualità di Andrè, Santucci, KeysFassina, onnipresenti con "polmoni" e punti nelle rispettive squadre? I costanti fendenti della "cecchina" Verona. La grinta di Cubaj e Pan, il tutto accentuato dai ritorni in Italia delle "figliol prodighe" Zandalasini e Pasa a partire dalla prossima stagione. Per chi segue il campionato LBF, il successo dell'Italia non è stata una sorpresa. Singolarmente erano tutte in forma, estremamente preparate e motivate. Per vincere, la squadra avrebbe dovuto trovare la propria quadratura e la giusta alchimia. L'ha fatto, giocando in modo sinergico e davvero appassionante (ispirante). Agli Europei 2025 i metalli più preziosi sono sfuggiti di un ferro. La caccia al Mondiale e all'Olimpiade è cominciata. L'Italia è pronta, e lo sanno davvero tutti adesso.

    Una medaglia per la Storia.
    Una medaglia per la Gloria
    Una medaglia di bronzo ciondola imperitura,
    altre ne arriveranno, è la vostra grande avventura

    Il video celebrativo TUTTO Cuore Azzurro, Misto Bronzo

    L'Italia festeggia con la medaglia di bronzo a Euro FIBA 2025 © Italbasket
    Lorela Cubaj, Jasmine Keys - Olbis Futo Andrè © Italbasket
    Francesca Pasa e Martina Fassina/ Stefania Trimboli e Sara Madera © Italbasket
    Mariella Santucci e Martina Fassina © FIBA
    Cecilia Zandalasini e Francesca Pan © FIBA

    mercoledì 23 luglio 2025

    Il ritorno perfetto dalle vacanze

    Croazia, traghetto Cres-Valbisca © Luca Ferrari

    Tornare dalle vacanze è un momento potenzialmente "esplosivo" e molto stressante. Può anche accadere che si arrivi a casa più rilassati che mai, grazie a un viaggio a dir poco perfetto.

    di Luca Ferrari

    Ferryboat, autostrada, macchina, battello e clima differente. Il ritorno perfetto. Mi è successo. Mi è appena accaduto e sono ancora incredulo. Un po' mi sono ingegnato. Un po' sono stato fortunato. La verità sta nel mezzo, come spesso accade. Tornare dalle ferie, anche se si tratta di pochi giorni, può essere un momento molto stressante. C'è chi vorrebbe arrivare prima e chi al contrario punterebbe a  godersi fino all'ultimo minuto, incurante dell'inevitabile fatica del giorno dopo al lavoro. Questa volta lo avevo promesso. Torniamo quando vuoi tu, ho detto a mia moglie ed è andato tutto liscio, anzi di più. Le abbiamo azzeccate tutte, cosa non esattamente scontata per chi abita a Venezia (laguna), quindi non potendo lasciare la macchina comodamente sotto il vialetto di casa. Le incognite sono tante ma le ho evitate come neanche avrebbe fatto un collaudato slalomista coi paletti. Ho fatto tanti viaggi nella mia vita e raramente sono tornato così rilassato. Forse ho scoperto un nuovo modo di godermi le ferie. Forse la prossima volta che dovrò far ritorno a casa, ritarderò il più possibile quel momento.

    Andiamo con ordine. Dopo tre meravigliose giornate passate a Sveti Jakov, poco distante da Mali Lošinj (Lussinpiccolo), inizia il dilemma del ritorno e di quando prendere il traghetto per l'isola di Krk, quest'ultima collegata con un ponte alla terraferma. È una domenica di luglio: quale sarà l'orario migliore? Un ristoratore del posto ci avvisa che ci sarà parecchio traffico. Dopo attenta analisi si decide per una nuotata a metà mattinata e poi via, a prendere il ferry delle 13.00. Sarà la scelta giusta? A quell'ora tutti o saranno già a Cres o a Krk, penso. Sono abbastanza fiducioso, almeno fino a quando non vedo la coda a Merag. Un cartello indica fino a quale macchina sia garantito il posto a bordo. La mia autovettura è l'ottava dopo il suddetto. Spero di sbagliarmi anche perché non salirci, mi costerebbe un'ulteriore ora e mezza di attesa sotto il sole, non esattamente l'ideale per iniziare un viaggio di ritorno. La buona sorte però è dalla mia parte e riesco a salire come quart'ultima, oltre tutto, senza essere obbligato a mettere il mezzo nel vano inferiore dove la temperatura è a dir poco infuocata. Nel godermi l'aria fresca sull'imponente traghetto verso Valbisca, inizio a pianificare le prossime tappe balneari a Krk (Veglia).

    Più rilassati che mai, impostiamo il GPS alla scoperta di altre due spiaggette, la prima molto appartata e l'ideale per tonificarsi con l'ennesimo bagno rigenerante. Come fa l'acqua croata a essere la stessa dove m'immergo sulle sponde veneziane, per me è un mistero. Scherzo, ovviamente, le differenze mi sono note ma è davvero incredibile. Un bel gelato e via, per l'ultima fermata prima di ripartire. Una tappa ideale per tutti i gusti balneari e se dovessi tornare in zona in futuro, la utilizzerei proprio prima di ripartire. Anche uscire da Krk non è/può non essere esattamente una passeggiata. La polizia è sempre molto impegnata ad arrangiare il traffico all'imbocco del ponte, dunque sono inevitabili rallentamenti, figuriamoci poi in un tardo pomeriggio di un giorno estivo e festivo. Un piccolo salto in avanti. L'indomani leggo su qualche gruppo Facebookiano di viaggi in Croazia di code infinite per uscire verso le 7 di sera. Non posso confutarlo né negarlo, quello che so è che a me è andata decisamente meglio. Giusto qualche rallentamento e poi via, senza nessuna coda particolare. Un bye bye a Rijeka (Fiume) e proseguiamo spediti verso il confine croato-sloveno.

    Com'era prevedibile, con l'avvicinarsi della sera le strade si fanno meno trafficate. Una volta entrati in Slovenia via Basovizza, senza commettere l'errore di prendere l'autostrada e dunque non pagando la vignetta, siamo praticamente i soli padroni della strada. Complice l'ora, giusto il tempo di fare benzina e via, seduti a cena a gustare una delle specialità balcaniche: il maialino, proprio quella succulenta pietanza che non riuscii mai a gustare sull'isola di Pag (Croazia) perché, come ci venne sempre detto: maialino finito! Fin qui tutto bene ma la buona sorte va anche aiutata. Sapendo bene che potrei prendere o perdere un autobus per pochi minuti, mentre la mia dolce metà e il pargolo sono intenti a ordinare, ne ho approfittato per sistemare tutti i bagagli. Chi abita in laguna non ha molte alternative per muoversi su quattro ruote e una di queste è il noleggio. L'agenzia scelta è proprio davanti a una fermata dell'autobus per Venezia e prima di proseguire la storia, ricordate bene che dopo le ore 21, questi passa solo due volte l'ora. Ecco, immaginate di perderlo solo perché i bagagli non erano pronti. Prima di lasciare l'automezzo infine, bisogna anche perdere tempo a fare benzina per riportare l'auto col pieno. Insomma, la strada verso casa è ancora irta di variabili.

    Gustata la cenetta, si riparte. Veneti e friulani sono gente piuttosto abitudinaria se si tratta di rientri post weekend, ergo non mi sorprende trovare l'autostrada Trieste-Venezia praticamente deserta. La domanda è: riusciremo a non aspettare troppo alla fermata dell'autobus? Arrivati all'aeroporto, facciamo il pieno con la stessa velocità del meccanico Guido (cit. Cars), giusto qualche minuto prima che il 5 arrivi al capolinea, e complice nessuno dal benzinaio a rallentarci, procediamo spediti. Lasciamo definitivamente la macchina ma è indubbio che se avessi dovuto sistemare i bagagli una volta arrivato, non so se ce l'avremmo fatta. Il bello però deve ancora venire. Non solo prendiamo comodamente il bus ma addirittura il suddetto ci consentirà di salire a bordo di un vaporetto senza dover nemmeno accelerare né fare mezzo ponte. Al contrario, se avessimo preso l'autobus successivo, non solo non è detto che lo avremmo preso ma per fare ciò, avremmo dovuto correre parecchio sul ponte di Calatrava con i bagagli, non esattamente la più comoda delle operazioni.

    Tutto procede alla grande. Tutto è andato alla grande. Sono le 10,30 di sera circa. Sono arrivato a Venezia. Un viaggio di ritorno così non mi era mai capitato. Manca ancora qualcosa. L'apoteosi stessa. Il pontile è vuoto e ok, considerata l'ora e la linea che stiamo prendendo, è abbastanza prevedibile. Quando abbiamo lasciato Venezia, pochi giorni prima, la città lagunare era letteralmente dilaniata da un caldo insopportabile e un'afa anche peggiore. In questo istante fa quasi freddo. Restando nella parte scoperta del vaporetto, e godendomi prima il Canal Grande e poi il canale di Cannaregio, mi metto una camicia a maniche corte sopra la t-shirt. Un clima semplicemente perfetto. Un clima che se fosse così, lo vorrei tutto l'anno e sarei il primo ad amare l'estate: caldo secco di giorno, frescolino la sera in stile isole Azzorre. Smontiamo rilassati come non mai. Domani si va al lavoro ma la stanchezza non abita qui. Un viaggio di ritorno che dubito mi ricapiterà ma una cosa l'ho imparata: godersi volutamente due-tre ore in più di vacanza può fare la differenza. So bene che una simile sequenza fortunella non mi ricapiterà tanto spesso, ma chi può dirlo, intanto però avrò comunque più ricordi a cui pensare con gioia insieme a mia moglie e a nostro figlio.

    ciao
    ciao
    ciao
    ciao
    ciao
    ciao
    ciao

    mercoledì 9 luglio 2025

    Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana

    ...leggendo in relax il volume Io sono, il viaggio di Giorgia Sottana © Luca Ferrari

    Una campionessa si (ri)mette in gioco, scoprendo una nuova consapevolezza di sé. Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana fianco a fianco del mental coach sportivo Gabriele Bani.

    di Luca Ferrari

    Un percorso. Un incontro. Due persone incrociano le proprie vite in uno specifico momento delle loro esistenze. Un viaggio imprevedibile. Un viaggio, meglio tardi che mai... Giorgia Sottana è una campionessa affermata di pallacanestro. Ha già vinto campionati con il Famila Schio e Taranto, collezionando anche 8 stagioni nella Reyer Venezia con cui ha conquistato Coppa Italia e Supercoppa Italiana nel 2008. Giorgia Sottana è stata un pilastro della Nazionale. Dopo l'esperienza in terra francese, all'inizio della stagione 2018-19 è pronta per un nuovo salto (sfida), questa volta nel campionato turco con la casacca del Fenerbahçe. Giorgia sente che c'è qualcosa dentro di sé che vuole mettere meglio a fuoco. Non si nasconde dietro paure o alibi. O meglio, ha dubbi ma sceglie comunque l'onestà del proprio essere. La sua verità suprema. Imbocca una strada sconosciuta. Si vuole affidare a un perfetto sconosciuto per ricalibrarsi. Sceglie la via del mental coach sportivo Gabriele Bani. Il risultato è un viaggio dentro di sé i cui sviluppi si vedranno in campo e fuori. Il risultato diventerà (anche) il volume Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana (2019, Start Me Hub editore).  

    "Ammetto che per quanto migliorata sia, a volte mi ritorna difficile: devo fare a botte con i miei pensieri per tenerli in riga e allenarli ad andare dove è bene per me". Così scrive di sé Giorgia Sottana. È stata una delle frasi che mi ha più colpito del libro. Potrebbe essere la strofa di una canzone rock, e invece è l'anima sincera di una donna... Delle tante righe passatemi sotto gli occhi del libro Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana, questa è stata la prima che ho sottolineato. "Devo fare a botte con i miei pensieri per tenerli in riga", la rileggevo e la leggevo ancora. Immedesimazione totale. Un altro concetto che accompagna il lettore, è quello della consapevolezza. Difficile andare avanti, sbloccarsi o riuscire in qualsiasi cosa senza un pit stop in questa dimensione. Come gli sportivi sotto i riflettori, chiunque passa la sua vita a destreggiarsi col/contro il mondo e le sue sentenze. Che cosa vogliamo fare, lasciarci trascinare senza opporre resistenza e finendo a pancia all'aria sugli scogli o scegliere di guardare in faccia la tempesta e reagire?

    Il basket è entrato nella mia vita da pochissimi anni. So che probabilmente a molti potrà non interessare o non ritenere pertinente questa affermazione ma è proprio il contenuto del libro a spingermi ad aggiungere qualcosa di molto personale. Fino a due-tre anni fa non avevo nemmeno idea di chi fosse Giorgia Sottana. Sì, avete letto bene. L'ho "conosciuta" alle prime Finals scudetto perse contro la Reyer Venezia. In questi ultimi due anni poi, ho letto di tutto sulla pallacanestro: da monografie come quella su Allen Iverson alla storia del basket jugoslavo, scritta dal grande giornalista sportivo Sergio Tavčar, passando per l'avvincente storia dei Seattle Supersonics fino al più recente volume sull'ex-campione tedesco Dirk Nowitzki. Dopo aver assistito alla partita subnormale di Giorgia Sottana in gara 2 delle Finals 2025 contro la rivale veneziana, ho voluto saperne di più. Ho cercato in rete e ho trovato questo libro, decisamente atipico. Nessuna autocelebrazione della campionessa veneta ma una testimonianza sincera e diretta di una creatura decisa a far emergere qualcosa di nuovo.

    E in questo nucleo inesplorato, il mental coach Gabriele Bani è stato cruciale. "Una cosa che sto notando molto spesso fra gli sportivi professionisti, anche di altissimo livello, è l'assenza totale di premiarsi per tutto il sacrificio quotidiano. Sul medio e lungo periodo questa assenza di auto-valorizzazione conduce a un calo importante di motivazione, di stimoli a fare, qualche volta all'abbandono dello sport". Sono rimasto fermo su questa pagina per qualche ora mentre contemplavo il meraviglioso mare croato. La società in cui viviamo è frenetica e sembra che o si raggiunge il massimo, o saremo condannati alla dannazione eterna. "Come mai la gente lo ama lo stesso anche se è un perdente", sentenza uno dei telecronisti a bordo ring nel film Rocky Balboa (2006) quando l'ormai anziano ex-campione (Sylvester Stallone) si avvia a sfidare il fortissimo e giovane nuovo campione Mason Dixon (Antonio Tarver). In questa affermazione c'è molto del contro-pensiero di Bani. Un pensiero-lavoro che nasce nel profondo, lottando per rafforzarsi ogni giorno di più anche a dispetto degli altri e soprattutto della negatività che ci scaricano addosso.

    Giorgia e Gabriele si alternano nella scrittura. Sembrano quasi volerti spingere a ragionare su di te. L'ho fatto, è stato inevitabile, e sarò brutalmente schietto. Penso di non essermi mai valorizzato abbastanza nella mia vita professionale e per le ragioni più svariate. Sono sempre stato ipercritico (lo sono tutt'ora). Se fallisco, lo ammetto senza remore, in modo spietato e senza alibi, facendo terra bruciata attorno. Non ho idea se cambierò atteggiamento e soprattutto se abbia davvero voglia di farlo ma Io Sono - Il viaggio di Giorgia Sottana mi ha conficcato qualche domanda nella mente e sono curioso di vedere cosa farò la prossima volta in cui mi troverò dinanzi a una sfida. Per dire, mentre ero in vacanza su l'isola di Cres, in Croazia, e leggevo il suddetto volume, mi sono dedicato al nuoto, aumentando ogni giorno il numero di bracciate e concedendomi un piccolo premio ogni volta che ci riuscivo. In effetti, a ben guardare, il basket è ormai molto più di una passione. Non ho idea se e soprattutto dove mi porterà. Per il momento mi fa stare bene, lo condivido con mio figlio e mia moglie, ma non solo.

    Un'ultima nota. Per volere degli stessi autori Giorgia Sottana e Gabriele Bani, il ricavato della vendita del libro, patrocinato dalla Federazione Italiana Basket (Fip) e dal CONI), verrà devoluto a favore del progetto "NEAR ME: L'OSPEDALE DEI BAMBINI", nel comune di Loul Sessène (Dakar, Senegal), tramite l'organizzazione NutriAid International, un network di organizzazioni medico-umanitarie indipendenti, impegnate nella lotta contro la malnutrizione infantile. A fine libro inoltre, ci sono tre pagine bianche per le note personali, dove scrivere cosa ci ha lasciato questa lettura, quali insegnamenti ognuno intende prendere per la sua vita e non di meno, come intendiamo cambiare la suddetta. "Quando imbocchi un sentiero, chiediti se alla fine c'è un cuore. Un cuore vero che batte di emozione vera. Se c'è quel cuore, allora vai. Continua, perché alla fine sarà stupenda al di là del risultato" Giorgia Sottana

    giovedì 5 giugno 2025

    Alvisiana Venezia, a tutto minibasket

    Gli scoiattoli dell'Alvisiana Venezia al termine di una trasferta vittoriosa © Luca Ferrari

    Allenamenti, spirito di squadra e tanta allegra partecipazione degli Scoiattoli. È stata una nuova intensa stagione di minibasket all'Alvisiana Basket Venezia.

    di Luca Ferrari

    Sport, condivisione e tante nuove esperienze. Per il terzo anno consecutivo mio figlio ha vissuto una nuova intensa stagione di minibasket con l'Alvisiana Venezia, passando di categoria dai pulcini agli Scoiattoli. Grande novità dell'anno per lui e i suoi compagni di squadra, le prime partite di un torneo ufficiale organizzato dalla FIP - Federazione Italiana Pallacanestro Comitato Regionale Veneto. Dall'autunno fino alla fine di maggio si sono confrontanti con tanti altri coetanei della terraferma veneziana, incrociando il parquet anche con i colleghi lagunari. Mese dopo mese, allenamento dopo allenamento, sempre il massimo impegno e tanto sano divertimento per le giovanissime leve della palla a spicchi veneziana, guidati e spronati dai due (pazienti) coach. Dietro le quinte, noi (fortunati) genitori. Ogni sessione, un momento per stare insieme. Ogni sfida, un'occasione per vivere qualcosa di mai provato prima. Ogni partita, un'emozione indelebile.

    Papà, vieni a vedermi allenare? Me lo sono sentito chiedere da mio figlio ogni volta che giocava a basket il martedì e il giovedì pomeriggio. Così è stato, passando ore e ore seduto a bordo campo insieme ad altri genitori. Sono piccoli gli Scoiattoli, annate 2016-17, e sono tanti, così quando c'era da riportare l'ordine, i coach sapevano farsi sentire senza fare sconti. Sono giovanissimi ma il rispetto e la disciplina s'imparano a questa età. Ogni sessione, un mix di entrate, tiri a canestro, passaggi e partitine. Emblema di questa annata 2024-25, il mese di maggio, iniziato con la maratona sportiva "12 ore di basket" a Marghera, proseguito con altre due sfide nel medesimo comune (e palestra), quindi un ulteriore e ultimo incontro disputato a Spinea. Ogni trasferta, una festa per i piccoli giocatori. Se l'entusiasmo dei cestisti veneziani a "sconfinare" è stato una costante, non si può dire ci sia stato il medesimo sentimento da parte di alcune società dell'entroterra, poco propense a varcare il "misterioso" ponte della Libertà, impedendo così ai piccoli roditori veneziani l'opportunità di giocare le rispettive partite davanti ai propri amici e familiari.

    Nel corso dell'anno, poi si sono sviluppati piccoli rituali e momenti, tanto incredibili quanto importanti, a cominciare dalla puntuale riunione post partita che i coach hanno sempre tenuto al primo allenamento dopo le sfide. Tutti i giocatori seduti a centrocampo, chiedendo ai diretti interessati cosa avesse funzionato e cosa no secondo loro, e facendo poi la propria analisi in un clima di serena condivisione. Altro momento topico, il finale post partita, quando a turno veniva scelto un giocatore per lavare tutte le casacche. Cosa ambitissima, e puntuali i rispettivi genitori condividevano il bucato steso tra calli e fondamenta. Tra gli aneddoti più curiosi di questa annata, non possono non menzionare la casualità delle divise extra Alvisiana. Solitamente anche in allenamento si è sempre in verde e bianco, talvolta con qualche eccezione. Durante un paio di sessioni, la memoria è tornata addirittura alle Finals NBA del 1991 tra Chicago Bulls e Los Angeles Lakers grazie alle canotte di Michael Jordan e Vlade Divac.

    La grande novità della stagione 2024-25 dunque, è stato l'agonismo. Ogni partita, sei tempi da 6 minuti ciascuno e tutti i convocati a giocare almeno due partite a testa. Non si faceva tempo a finire l'allenamento il giovedì pomeriggio che si cominciava col sondaggio della disponibilità e quindi la febbrile attesa della convocazione, con i coach sempre attenti a non trascurare nessuno. Ci sono state vittorie (molte) e alcune inesorabili sconfitte. Lo sport è questo. Alle volte si vince e alle volte si perde, anche quando si gioca bene. Bisogna sempre riconoscere il merito agli avversari, rilanciando la sfida alla partita successiva. Lo imparano i piccoli. Lo fanno i grandi. Anthony Edwards, stella dei Minnesota Timberwolves, dopo essersi visto negare la gioia di raggiungere le finali NBA per il secondo anno consecutivo, ha subito dichiarato: "Quest'estate mi allenerò come un pazzo!".

    Basket in campo ma non solo. Avere un figlio che gioca e vive la pallacanestro ha significato iniziare a interessarsi a questo sport e così, in parallelo alla sua attività cestistica, è cresciuto anche l'interesse verso questa disciplina nel nostro nucleo familiare e ormai non c'è colazione che non inizi con gli highlight dell'NBA. Alla prima occasione poi, via al Taliercio, ad applaudire in particolare le imprese della Reyer femminile. Adesso la stagione si è conclusa. Neanche il tempo di finire la scuola e saranno già in campo per un esaltante tour de force di due settimane col basket camp dell'Alvisiana. Una full immersion di pallacanestro (ma non solo) dove oltre a imparare ancora, si confronteranno con giocatori più grandi e chissà, magari faranno la conoscenza di qualche ospite speciale come accadde l'anno passato quando la responsabile Serena Bebetto presentò loro un'autentica leggenda dell'arbitraggio internazionale, il veneziano Stefano Cazzaro, colui che diresse anche due partite del leggendario Dream Team nel 1992.

    Cosa riserverà il futuro a tutti loro? Che in mezzo alla "mandria" di Scoiattoli, pulcini, aquilotti, etc. ci sia qualche futuro campione, è (molto) presto per dirlo. Le sole fondamentali certezze al momento sono la passione e i valori che le giovanissime leve della pallacanestro veneziana stanno assimilando. Di una cosa sono certo, sotto la guida dell'Alvisiana saranno persone leali e capaci di affrontare ogni avversità. "Se c'è una cosa che i tuoi avversari non possono e non devono fare, è toglierti il coraggio di provare [...]. E se ti buttano a terra tu rialzati e continua a giocare come se non fosse successo nulla" disse coach Holger Geschwinder all'allora ventenne Dirk Nowitzki durante il Nike Hoop Summit 1998. Chi sia diventato poi, quella è un'altra storia (che potete scoprire sul bellissimo volume Il grande Dirk Nowitzki alla conquista dell'NBA, di Claudio Pellecchia - 66thand2nd edizioni, 2025). La vostra storia cestistica invece, cari Scoiattoli dell'Alvisiana Basket Venezia, è appena meravigliosamente cominciata e continuerà giorno dopo giorno.

    Scoiattoli Alvisiana - partita all'ex-Umberto I (Venezia) © Luca Ferrari
    Scoiattoli Alvisiana in allenamento © Luca Ferrari
    Passato e presente sulle canotte degli scoiattoli dell'Alvisiana © Luca Ferrari
    Venezia, scoiattoli dell'Alvisiana insieme agli scoiattoli dei Carmini © Luca Ferrari
    Maratona di basket
    Marghera, "12 ore di basket" ediz. 2025
    Marghera, tutte le squadre della "12 ore di basket" ediz. 2025 © Luca Ferrari
    Marghera, "12 ore di basket" ediz. 2025 - gli scoiattoli dell'Alvisiana 
    Mestre, gli scoiattoli dell'Alvisiana sul campo della Reyer © Luca Ferrari
    Le divise dell'Alvisiana "fresche" di bucato © Luca Ferrari
    Scoiattoli Alvisiana in riunione pre-allenamento © Luca Ferrari
    Scoiattoli Alvisiana in allenamento © Luca Ferrari
    Spinea, l'ultima partita della stagione dell'Alvisiana Venezia © Luca Ferrari
    La vittoriosa trasferta dell'Alvisiana Venezia a Spinea © Luca Ferrari