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martedì 29 luglio 2025

La compagnia azzurra della medaglia

Costanza Verona e Laura Spreafico medaglia © Italbasket 

La Nazionale Femminile di basket ha conquistato la medaglia di bronzo agli Europei FIBA 2025. Una vittoria di gruppo che incarna lo spirito più autentico di questa disciplina. 

di Luca Ferrari

Una medaglia per la Storia.
Una medaglia per la Gloria
Questa medaglia è vostra, strepitose eroine
Dei parquet nel mondo, voi, le prossime regine

Il 29 giugno 2025 l'Italia del basket femminile ha concluso il suo incredibile campionato europeo, conquistando la medaglia di bronzo contro la Francia vice-campione olimpica, sigillo che mancava da trent'anni esatti. A vincere è stato il gruppo, solido e unito, dimostrando una notevole maturità cestistica in ogni partita disputata. Guidate da coach Andrea Capobianco, tutte le 12 convocate sono state decisive e determinanti. Cecilia Zandalasini. Costanza Verona. Francesca Pan. Francesca Pasa. Jasmine Keys. Laura Spreafico. Lorela Cubaj. Mariella Santucci. Martina Fassina. Olbis Futo Andrè. Sara Madera. Stefania Trimboli. Troppo spesso gli sport di squadra non sono abbastanza di squadra. L'Italia Femminile, sì. Eccome. Le giocatrici si conoscono bene. C'è stima reciproca. Sono amiche. Molte di loro condividono la casacca: chi alla Molisana Campobasso, chi nella Famila Schio, chi alla Reyer Venezia, chi nel Geas Sesto San Giovanni. Si sono sfidate e si sfideranno ancora. Le Azzurre non hanno solo conquistato il terzo gradino del podio al FIBA EuroBasket Women 2025, hanno lanciato un monito alla pallacanestro mondiale e all'Italia sportiva stessa.

L'Europeo azzurro non era cominciato nel migliore dei modi. Nella seconda amichevole disputata contro le campionesse in carica del Belgio, poi riconfermatesi sul tetto d'Europa, la giovane stella Matilde Villa si era rotta il legamento crociato anteriore del ginocchio. Altra defezione dell'ultimo minuto, la forte Martina Kacerik. C'era molta curiosità attorno al gruppo ma fin dalla prima partita contro la Serbia, vinta con pieno merito 71-60, si era capito che le ragazze non fossero venute  "a fare una scampagnata". Concetto messo molto bene in chiaro anche nei due successivi match casalinghi del girone al PalaDozza di Bologna, rispettivamente contro Slovenia (77-66) e Lituania (65-51), due squadre con una consolidata tradizione nella palla a spicchi. L'Italia dunque si qualifica come prima del girone, vincendo e convincendo a tal punto che "perfino" la maggioranza della stampa nazionale finalmente si accorge di loro, e inizia a dedicargli sempre più di spazio. L'Europeo intanto si sposta ad Atene, in Grecia, per la fase finale.

Nel clan azzurro si respira ottimismo ed è palpabile una fortissima determinazione. Le giocatrici fanno squadra dentro e fuori dal campo. L'Italia affronta l'insidiosa Turchia ai quarti, vincendo in overtime 76-74 una partita che la maggior parte delle squadre avrebbero perso. Loro no. Avevano la partita in pugno ma i nervi sanno fare brutti scherzi anche alle giocatrici più affermate. Le campionesse però, sanno rialzarsi ribaltando l'inevitabile, ed è proprio quello che è successo. Non una, non due. Tutte insieme, decise e lottatrici. Come una sol donna... Le azzurre sono in zona medaglia. Tra loro e la finale c'è solo il Belgio. Una semifinale incredibile. Una partita subita, riaperta, dominata e persa solo all'ultimo secondo. Una sconfitta che certifica ulteriormente il cuore e la qualità di questa squadra. Una sconfitta che brucia ma non scalfisce neanche di un millimetro la fame e la straordinaria energia delle Azzurre. L'ultimo atto con in palio la medaglia di bronzo, è contro la Francia, quest'ultima capace di rifilare 36 punti di scarto alla Grecia e addirittura 74 alla Svizzera, ma sono dettagli, numeri. Le Azzurre non temono nessuno. Giocano a viso aperto. Impongono il loro gioco. Disputano una partita straordinaria e chiudono 69-54, conquistando così (stra)meritatamente il terzo gradino del podio.

Il basket femminile italiano è in costante crescita (vedi anche il mio prossimo servizio sulle pagine della testata statunitense L'Italo-Americano, ndr). Tutte le protagoniste dell'Europeo hanno lasciato il segno nel corso della stagione appena conclusa, regalando spesso grandi partite, a cominciare dalla Supercoppa che ha visto sfidarsi Schio e Venezia. Come non ricordare "un'indemoniata Madera" nella semifinale scudetto 2025 contro la squadra lagunare? Le qualità di Andrè, Santucci, KeysFassina, onnipresenti con "polmoni" e punti nelle rispettive squadre? I costanti fendenti della "cecchina" Verona. La grinta di Cubaj e Pan, il tutto accentuato dai ritorni in Italia delle "figliol prodighe" Zandalasini e Pasa a partire dalla prossima stagione. Per chi segue il campionato LBF, il successo dell'Italia non è stata una sorpresa. Singolarmente erano tutte in forma, estremamente preparate e motivate. Per vincere, la squadra avrebbe dovuto trovare la propria quadratura e la giusta alchimia. L'ha fatto, giocando in modo sinergico e davvero appassionante (ispirante). Agli Europei 2025 i metalli più preziosi sono sfuggiti di un ferro. La caccia al Mondiale e all'Olimpiade è cominciata. L'Italia è pronta, e lo sanno davvero tutti adesso.

Una medaglia per la Storia.
Una medaglia per la Gloria
Una medaglia di bronzo ciondola imperitura,
altre ne arriveranno, è la vostra grande avventura

Il video celebrativo TUTTO Cuore Azzurro, Misto Bronzo

L'Italia festeggia con la medaglia di bronzo a Euro FIBA 2025 © Italbasket
Lorela Cubaj, Jasmine Keys - Olbis Futo Andrè © Italbasket
Francesca Pasa e Martina Fassina/ Stefania Trimboli e Sara Madera © Italbasket
Mariella Santucci e Martina Fassina © FIBA
Cecilia Zandalasini e Francesca Pan © FIBA

giovedì 16 maggio 2024

Le stragi e lo Stato... l'Italia s'è dest(r)a

targa commemorativa della strage dell'Italicss Ph. cyberuly/ Wikipedia

Anni '70, le stragi neofasciste insanguinano l'Italia. Che cosa diranno i "fascistelli" di oggi? Lo sapremo per il 50° anniversario degli attentati di piazza Loggia e del treno Italicus.

di Luca Ferrari

La strage. La commemorazione. Le parole di cordoglio più o meno sentite, con l'ordine tassativo di non screditare la fazione di turno. Mentre sempre più esponenti politici affermano con incredibile fierezza e tranquillità di essere fascisti, due tragici anniversari per l'Italia si avvicinano e sarà, consentitemi il termine poco giornalistico, "davvero interessante" assistere come alcune delle più alte cariche dello Stato e tanti altri personaggetti della politica locale, si arrampicheranno sugli specchi pur di non associare mai i termini fascismo e neo fascismo a due delle peggiori stragi di stato: la bomba di piazza Fontana a Brescia, il 28 maggio 1974, e l'esplosione sul treno Italicus la notte del 4 agosto 1974, di entrambi dei quali quest'anno ricorre il 50° anniversario. Due aggressioni omicide al popolo italiano che costarono rispettivamente la vita a 8 e 12 persone, ferendone 102 e 48. 

Stragi di stato. Stragi contro lo Stato. Stragi contro l'Italia e contro gl'italiani. Ma cos'è lo Stato? Ma perché dovremmo credere ancora allo Stato? Possiamo davvero protetti dallo Stato? Governo dopo governo, ognuno si è sempre prodigato di tutelare la propria parte (ideologia?), e noi popolo a ingoiare una menzogna dopo l'altra. E come rispondiamo? Negli agli Settanta scendere in piazza significava sfidare il Sistema, oggi non funziona più ma lo facciamo lo stesso. Scandiamo slogan perché non sappiamo cos'altro fare. Lo facciamo per sentirci a posto con la nostra coscienza anche se il mondo va a rotoli. Scarichiamo sul web le nostre peggiori frustrazioni travestite da candidi ideali perché abbiamo il tempo e la non-urgenza di farlo. Ci sentiamo degli eroi a distanza mentre chi soffre non ha tempo di parlare. Chi soffre davvero, può solo agire nella speranza che non venga scoperto prima che qualcosa cambi... o esploda, nel più atroce dei finali.

Anni di piombo. Eversione. Lotta armata. Dove c'è interesse, c'è violenza e non c'è colore che tenga. Sono tutti uguali. La storia d'Italia come di qualunque altro Paese dimostra che si sarebbero comportati allo stesso modo se fossero stati gli altri sul banco degli imputati. Una su tutte? Le foibe. Sì, quelle stesse foibe che i "rossi" non ebbero il coraggio di denunciare poiché alleati dei partigiani jugoslavi che ripagarono gl'italiani con la stessa moneta di crudeltà e violenza con cui le camice nere insieme ai sodali nazisti, avevano riversato senza pietà contro la popolazione slava (non a caso, oltre confine, il 27 aprile si celebra la Giornata contro l'Occupatore). Grazie al loro silenzio oggi le foibe sono un vanto ideologico della Destra. Una questione che se non fosse tragica, sarebbe quasi ridicola. Una questione, quella delle foibe, emblema della "bontà fascista", che solo tra il liquame cerebrale più ignorante può pensare di attecchire.

Nel 1974, l'anno in cui innocenti morirono per le bombe di piazza Fontana e a bordo del treno Italicus, io dovevo ancora nascere. Non ho vissuto gli anni di piombo. Nella mia storia personale ho visto cadere il muro di Berlino, ho assistito all'esecuzione del dittatore rumeno Ceaușescu e all'indifferenza verso la guerra dei Balcani. Ho visto gli aerei schiantarsi sulle Torri Gemelle e poi  l'orrore di tutto quel pan-americanismo belligerante in Afghanistan e Iraq, mente nel frattempo Cina e Russia facevano lo stesso, meritandosi però un'attenzione diversa da parte dei moralisti sinistrorsi. Le vite umane? Quelle non contano. I morti di Brescia, dell'Italicus e della stazione di Bologna sono gli stessi del World Trade Center e di Sarajevo. Gente inerme che ha pagato con la vita l'inesistenza dello Stato. Innocenti strappati per sempre all'amore dei propri cari mentre il mondo degli Stati ha continuato imperterrito il suo percorso di opportunismo, annientamento e morte.

Vittima soccorsa dopo l'esplosione in piazza della Loggia (Brescia)

mercoledì 25 ottobre 2023

Halloween, la festa delle zucche (e dei bambini)

zucca di Halloween a Venezia © Luca Ferrari

Tremate, tremate... le zucche son tornate, più colorate e "mostruosamente" mascherate come non mai. Halloween, la festa delle zucche e dei bambini con licenza di sedurre chiunque.

di Luca Ferrari

L'autunno è finalmente arrivato e con esso le prime piogge, purtroppo senza particolari abbassamenti di temperatura, anzi. Ecco la natura prendere il sopravvento e cromatismi che più romantici non si può. Sempre più ormai anche in Italia, ottobre è diventato il mese per eccellenza di Halloween, una delle feste "importate" tanto amate quanto chiacchierate e spesso ostracizzate, Venezia inclusa per la concomitanza della "locale" San Martino. Seriamente, vorreste farmi credere che se foste ancora bambini/e non vi piacerebbe vestirvi da mostri, fare incetta di dolciumi, andare in giro con amici a divertirvi, avendo pure la fortuna di stare a casa da scuola l'indomani per Ognissanti? Nulla esclude nulla. Il mondo è un grande universo culturale da valorizzare insieme.

Un richiamo quello di Halloween sempre più irresistibile. Nelle "lande lagunari" ad esempio, sabato 28 e domenica 29 ottobre infatti, a Forte Marghera, sbarca “Fortenebra 2”, organizzata da Venezia Comix: evento gratuito per bambini e adulti, dedicato agli amanti dell’horror e del thriller. Nel corso della due giorni veneziana, verranno dedicate 12 ore ai corsi di fumetti con gli insegnanti della Mangaschool Venezia e altrettante ai corsi di manualità, dove sarà possibile confezionare il proprio costume di Halloween. Ci sarà la novità dei Campfire tales e la “tenda del mistero” ad attendere i bambini più coraggiosi per una serie di letture da brivido.

Ci sarà spazio anche per sessioni di giochi di ruolo condotte dal “maestro” Matteo “Barabba” Barbieri e dalla master Elena Pantaleoni, giochi di società a tema horror con esperti del settore. Novità di quest’anno, il gioco di ruolo di Ghostbusters per un tuffo negli anni ‘80. Verrà inoltre dedicato uno spazio al cinema, con due proiezioni cinematografiche in programma: il cult anni '90 Hocus Pocus con una giovane Sarah Jessica Parker e una giovanissima Thora Birch, per bambini e ragazzi e il truculento Suspiria (1977) di Dario Argento per gli adulti. Immancabile infine la fiera mercato, con una quindicina di operatori del settore gioco e fumetto selezionati tra i migliori del Veneto. Ingresso e partecipazione completamente gratuita.

Eventi a parte, la bellezza di Halloween è la naturale coreografia che inizia a tingere le città, dalle metropoli ai comuni più piccini, con quel tocco così magico e dal sapore vagamente natalizio. Su moltissimi balconi della città di Venezia ad esempio, ecco spuntare zucche addobbate e intagliate, senza contare poi i costumi dei più piccoli che affollano calli, campielli e fondamenta. Ma questo è "solo" lo step finale. C'è tutto un lavoro precedente che riscuote sempre più successo, ossia la preparazione delle zucche di Halloween. Laboratori veri e propri per creare ulteriori momenti di aggregazione, così come nelle cucine delle case private dove una volta acquistata la materia prima, ci si sbizzarrisce con mamma, papà e/o amiche e amici.

La prima operazione è la più difficile, la zucca. Se nei supermercati la scelta è sempre abbastanza limitata e neanche tanto economica, si può rimediare su strutture fuori porta, anche se spesso troppo di moda e super affollate, l'antitesi del godersi un po' di relax senza essere travolto da orde "mocciosesche-genitoriali". Molto più interessante e liberatorio per l'anima, andare alla scoperta di angolini meno commerciali, come la campagna slovena tutt'attorno la pittoresca realtà medievale di Skofia Loka. Un giretto nell'area rurale e si possono incontrare produttori di zucche senza tanti fronzoli. Solo contadini e i prodotti di Madre Natura. Una varietà da far impallidire anche le storie più fiabesche.

Tornati a casa cin la preziosa preda, prima di tutto occorre mano ferma per il disegno preparatorio sulla zucca, quasi come fossimo antichi artisti dell'affresco Poi, una volta tolta la polpa, si può iniziare la fase d'intaglio. A quel punto, un bel lumino all'interno e non resta che aspettare il calar delle tenebre. Nell'attesa, qualche pellicola può accompagnare a vivere l'atmosfera nel migliore e nel più spaventoso dei modi, e sotto questo aspetto, l'animazione di Nightmare Before Christmas (1993) di Tim Burton non conosce rivali. Se non vi fidate troppo della vostre mani chirurgiche e foste più inclini a spennellare, non c'è problema. Il solo limite a ciò che potrete realizzare è la fantasia stessa.

Arrivato il tanto atteso 31 ottobre, non resta che mettersi in maschera e andare di porta in porta per una ghiotta sessione di "dolcetto o scherzetto" per poi tornare nelle calde mura domestiche e imbastire un laboratorio di "delizie mostruose", chissà, magari condito da una cioccolata calda. Ecco, ho provato a raccontarvi un po' la festa di Halloween ma sicuramente avrò trascurato ciò che si fa in tanti altri lochi. Halloween, la festa delle zucche è un miscuglio di magia, natura e voglia di sano divertimento. Per le nuove generazioni è una conquista accertata, per noi vecchi un mondo nuovo che abbiamo il dovere e il piacere di regalare a chi ci strappa il cuore con due semplici parole: mamma, papà.

zucche a Skofja Loka (Slovenia) © Luca Ferrari
intaglio di zucca "halloweenesca" © Luca Ferrari
intaglio di zucca "halloweenesca" © Luca Ferrari
zucca halloweenesca a Venezia
zucca "halloweenesca" © Luca Ferrari
un film d'atmosfera
Colorazione di zucche ad Halloween © Luca Ferrari
Colorazione di zucche ad Halloween © Luca Ferrari
dolcetti di Halloween © Luca Ferrari
dolcetti al forno di Halloween © Luca Ferrari

venerdì 2 aprile 2021

Le cullure di Pasqua

Cullure calabresi appena sfornate © Luca Ferrari
Dall'infinito ricettario italiano, eccoci in Calabria, alla scoperta dei tipici dolci pasquali: cullure. Una sorta di ciambelloni (donut), con cui saziarsi di dolcezza.

di Luca Ferrari

Indiscussa delizia della cucina calabrese, le cullure si preparano nel periodo pasquale. Ottime per la colazione, merenda e dessert. Soffici e con l'uvetta. Una ricetta all'insegna della semplicità a base di farina, uova, zucchero, olio e anice. La notte a lievitare in "fanciullesca" in attesa dell'indomani per infornare. C'è chi li da più piccini, e chi belli corposi. La fantasia non conosce regole. E, in perfetto clima pasquale, lì, nel buco, anche un uovo, cucinato anch'esso nel forno.

Buona Pasqua a tutti!

mercoledì 21 agosto 2019

Vacanze, nemico pubblico d’Italia

Io, Luca Ferrari, in relax alle isole Azzorre
“Io faccio il professionista e le ferie non so cosa siano” disse tronfio l’on. Patuanelli. Io in vacanza ci sono stato, alle isole Azzorre, e me la sono goduta. Che brutta persona che sono. 


“Guardi, io faccio il professionista da quasi vent'anni e le parole – ferie, vacanze – sono cose che mi ricordano qualcosa, non so esattamente cosa siano. Noi siamo sempre stati qua. Abbiamo sempre lavorato nell'interesse dei cittadini” dice fiero al minuto 7,42 del suo intervento (vedi video) l’onorevole Stefano Patuanelli, capogruppo per il Movimento 5 Stelle, nel corso delle dimissioni del Governo Conte al Senato, lo scorso martedì 20 agosto 2019. 

Non entro nel merito della questione politica, in primo luogo perché non ho intenzione di replicare a slogan da prima elementare, mentre per “tutti gli altri luoghi” mi ci vorrebbero pagine e pagine. Ciò che mi ha fatto inorridire, pur rientrando alla perfezione nella macchina-Italia, è questo bearsi del proprio lavoro mostrando come merito l’essere sempre al lavoro. Sempre lì (mi piacerebbe verificarlo comunque, aldilà di qualche sparata macho-stacanovista). E ovviamente il gregge è tutto lì attorno ad applaudirlo.

Quasi un anno fa scomparve il manager Sergio Marchionne, noto per le sue esternazioni sulle non-vacanze. Lo chiedo da professionista quale sono anch’io, ma che a differenza di altra gente non vado in giro a sbandierarlo ai quattro venti: mai vi fanno davvero così schifo le ferie? Credete davvero che ci sia più nobiltà nel lavorare dalla mattina alla sera, facendovi vedere per dieci secondi alla vostra famiglia, ammesso che si possa chiamare tale visto il tempo che gli concedete? Avete qualche carenza che dovete in qualche modo sopperire, mostrandovi in codesta posizione? Così, per sapere.

Non è mia intenzione ingaggiare un duello con l’onorevole Patuanelli ma la sua tronfia esternazione mi porta a pensare a due possibili scenari: o il suddetto non ha una vita privata e dunque sfoga nel lavoro tutte le proprie frustrazioni oppure ha fatto la classica sparata politica, come sempre denigrando gli altri. Quegli "altri", sia ben chiaro, che fino al giorno prima erano i colleghi dell’immacolato Governo della Collaborazione e del Cambiamento (ok, scusate, ma non ce la faccio a non sottolineare almeno una volta l’ipocrisia pentastellata).

E ora veniamo a loro, il nemico pubblico numero 1 della vera Italia che lavora. Le vacanze. Femmine, s’intende. Queste meretrici di sollazzo che traviano le energie che al contrario dovremmo utilizzare per continuare a far crescere la nostra nobile Patria dello 0,1 per cento annuo. Loro, queste squallide tentatrici che ci traviano dai veri valori che forgiano l’essere umano italico: sfruttamento, l’assenza di futuro e impossibilità di godersi un doveroso risposo. Godersi che cosa, poi? Qui in Italia? Ma cos’è, una barzelletta di cattivo gusto?

Buon pomeriggio a tutti. Mi chiamo Luca Ferrari. Se cliccate in alto sul mio nome verrete subito indirizzati sul mio profilo Linkedin. La vedete la foto dell’articolo? È il sottoscritto che da perfetto rinnegato nemico della produzione, se n’è andato quest'estate con la propria famiglia in vacanza sulle isole Azzorre. Lo so, sarei dovuto rimanere a casa davanti alla mia scrivania 10 ore al giorno ma sono un ribelle-nemico dello Stato, e dopo le fiere ostentazioni del dott. Patuanelli, lo confesso, mi vergogno di me stesso. 

Ho da poco superato i 40 anni ma so già che la mia pensione non la potrò certo vivere qui. Non ci sono le condizioni. Parte di quella sempre più umiliata middle class, finirò per non avere manco i soldi per gli acciacchi della vecchiaia. Questo non è pessimismo, sia ben chiaro, sono dati di fatto.  Me ne dovrò andare. Prima lo accetto, io come tanti altri, e prima inizieremo a organizzarci. Oggi, alle soglie dell’ennesimo cambio di Governo, provo solo un gran desiderio. Andarmene altrove il prima possibile. Abbandonare questo angolo di mondo dove, dopo essere riusciti a sdoganare il fascismo, stiamo assistendo perfino demonizzazione delle ferie. 

Come già avevo scritto in passato, sempre più annunci/colloqui di lavoro richiedono impegno (…) costante, contratti-non contratti e orari al limite dell’offensivo. Per alcune categorie ci sono i sindacati, per la stragrande maggioranza siamo soli contro un Sistema. Un sistema schiacciaumani che vince senza neanche scendere in campo. Questa è l’Italia del mondo del lavoro. Questa è l’Italia, sempre e comunque, che spero un giorno di abbandonare per sempre, trovando un posto dove fare la mia parte, dare il mio contributo di professionista, e sentire allo stesso tempo che la mia vita e quella dei miei cari, per il nostro stesso esistere, viene rispettata. 

L'intervento dell'on. Patuanelli in Senato (minuto 7,42)

mercoledì 23 maggio 2018

Falcone e Borsellino, fratelli di Giustizia

I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non ci sono più. Si fa presto a dire che resteranno sempre dentro di noi. No, per onorare davvero la loro Memoria, bisogna fare molto di più.

di Luca Ferrari

Nei miei primi ricordi adolescenziali ci sono i volti buoni di due giudici ferocemente assassinati dal potere mafioso e abbandonati da una nazione nella loro missione di legalità. E in un’Italia sempre più lacerata da egoismi partitici, ubriaca di volgarità, incapace di uscire dalla retorica del proprio passato fascio-comunista, con le nuove generazioni sempre più abbandonate a se stesse e in fuga all’estero, onorare la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, lottando con coraggio e unità, è forse il miglior regalo che si possa e si debba fare a questo Paese.

Il 23 maggio 1992Giovanni Falcone, magistrato italiano anti-mafia, venne brutalmente assassinato insieme a sua moglie e la propria scorta, con cinque quintali di tritolo. Il suo collega Paolo Borsellino avrebbe fatto la medesima e tragica fine (per lui ne bastarono “solo” 100 di chili) appena cinquantotto giorni dopo, il 19 luglio 1992. Falciati senza pietà. Giovanni e Paolo. Due impavidi di cui oggi, popolo a parte, resta troppo poco se non qualche fiore istituzionale di facciata per fare bella figura davanti alle telecamere in occasioni speciali.

Giovanni e Paolo. La loro missione nel nome della Giustizia per un’Italia migliore e libera, dove anche i più deboli potessero vivere in pace e senza paura. Loro però non ci sono più. Loro sono morti, e una parte d’Italia non s’è più ripresa. “Se noi siamo troppo orgogliosi e loro sono troppo veneziani, anche dentro la stessa città siamo sempre troppo lontani” scandiva il cantautore bolognese Luca Carboni nell’amara e sempre attuale Inno nazionale (1995) “E noi siamo troppo chiusi, e loro troppo altoatesini/ E anche se è caduto il muro, abbiamo sempre troppi confini”.

A guardare il mondo in questo ultimo ventennio, sotto una flebile corte di fuorviante democrazia, vedo ancora troppe guerre, ingiustizie, xenofobia e intolleranza. Non era neanche passato un mese da quel primo vile attentato, e nel pieno dei miei freschi quindici anni, passai su quello stesso punto mortale. Ero appena atterrato a Palermo, all’aeroporto Punta Raisi (oggi dedicato proprio ai due giudici), e mentre la macchina sfrecciava sull’autostrada A29, presso lo svincolo di Capaci, sentii un dolore che avrei provato molte altre volte. Come nel 2003, quando mi ritrovai davanti  al cratere del World Trade Center nella New York ancora traumatizzata dagli attacchi terroristici dell'11 settembre

Non passò molto tempo ed ero nel cuore “minato” della Bosnia, stuprata dal nazionalismo più bieco e assassino. Atti diversi. Non cambia l’orrore. Chi uccide. Di chi lascia la morte dietro di sé. Ma se mi voltassi ancora, di certo scoprirei un altro cimitero. Ovunque lo faccia. In qualsiasi direzione. Nord. Est. Sud. Ovest. Quando il solo fa traballare il potere più grande, la vendetta è sanguinosa e feroce. E se il mondo non è pronto a lottare realmente unito, finirà sempre allo stesso modo. E se il mondo non riuscirà a dare un'autentica e critica svolata di legalità, non potremo che continuare a ripetere gli stessi errori e ci limiteremo a tramandare il sangue senza cambiare niente. 

“Ogni volta che voltiamo la testa di fronte a un sopruso, un nuovo Giovanni Falcone viene fatto saltare in aria. Ogni volta che tolleriamo un’ingiustizia senza reagire, sopprimiamo un nuovo Paolo Borsellino”. Non m’interessa delle ossa rotte dentro le mie mani o del tempo che ho passato da solo. Tutte le menzogne che non ho mai accettato sono l’unica verità di cui ho bisogno. Il tempo dell’omertà è finito. Non voglio più onorare gli eroi solo da morti. Voglio stringere la mano dei vivi. Tutte le mani di quelle persone che stanno costruendo un mondo nuovo. Nel nome di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

lunedì 16 giugno 2014

Il calcio italiano ha ucciso la Nazionale

Basta violenza e razzismo nel calcio italiano!
Dopo l’ennesimo campionato di Serie A scandito da polemiche, violenza, scorrettezze e razzismo, di tifare per la Nazionale italiana mi è passata la voglia.

di Luca Ferrari

Cori razzisti, ridimensionati. Violenza dentro e fuori gli stadi, sottovalutata. Si è disputato in Italia un altro patetico campionato di calcio con la ciliegina sulla torta la celebre performance di Genny a Carogna nella finale di Coppa Italia. Un copione noioso, volgare e tragicamente già visto. Le istituzioni però hanno ancora il coraggio di chiamarli - fatti isolati -. Ogni anno, ogni partita e ogni giornata, fatti isolati. Dopo tutto questo, Mondiali o non Mondiali, di tifare per il calcio italiano mi è proprio passata la voglia.

Giusto qualche scampolo di memoria del trionfo '82 con il dolce sapore del succo d'arancia Billy per brindare all'epico 3-2 dell'Italia sui Brasile, poi il Messico '86 con un baro trasformato in eroe (divino addirittura) e le notti (quasi) magiche infrante ai calci di rigore quattro anni dopo. Tocca poi a quell'anomalo Roberto Baggio far sognare il popolo Azzurro, per poi infilare una sequenza di edizioni poco più che mediocri in Francia, Giappone/Corea e Sudafrica, con in mezzo il trionfo tedesco nel 2006.

Brasile, 20° edizione dei Campionati Mondiali di calcio. Sabato 14 giugno 2014. All'Arena da Amazônia la Nazionale italiana affronta l’Inghilterra nella sua prima partita del Gruppo D. Gli Azzurri s'impongono con merito 2-1. Sarà stata l’ora tarda, sarà stata la stima per il calcio d’Oltremanica, sarà stata qualsiasi altra cosa ma una volta sentito il triplice fischio del direttore di gara, ho solo provato una gran voglia di dormire e nessun sentimento di gioia.

Festeggiare cosa? La Nazionale ha lo strano merito di unire una nazione per 90 minuti, salvo poi ritrovarsi ad augurare che un vulcano cancelli intere regioni, sbeffeggiare tragedie aeree ed ex-calciatori non più vivi, ricordando pure con disprezzo i morti negli stadi. Il razzismo poi, quello neanche viene considerato. Tutto questo ogni maledetta domenica di calcio italiano.

Milano, 7° giornata di ritorno dell’89° campionato di Serie A. Domenica 10 marzo 1991. Allo stadio San Siro si sfidano Inter e Juventus. Dal basso dei miei acerbi quindici anni assisto scioccato a cori degni del Ku Klux Klan. Ogni volta che il difensore brasiliano Julio Cesar (bianconero) tocca il pallone, tutti i tifosi interisti a urlare – uh uh uh uh – con tanto di gesto da scimmia. Qualcosa che tragicamente ricorda le recenti e indecorose esternazioni leghiste del vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli all’allora Ministro dell’Integrazione (oggi euro-parlamentare), Cecile Kyenge.

Da allora sono passati 23 stagioni. Da allora si è continuato imperterriti. Da allora i cori offensivi ai giocatori di colore non sono mai cessati. E le istituzioni sempre a minimizzare. A stigmatizzare una piaga. E le istituzioni, così come molti giocatori, a ribadire che tanto c’è sempre stato e che è una prerogativa di pochi. Perfino a criticare l’attuale ct (italiano) della Russia, Fabio Capello, quando anni fa disse a chiare lettere che l’Italia calcistica è in mano agli ultras. E questi “tifosi” sono talmente pochi che ogni domenica in tutti gli stadi si fanno sempre sentire.

A tutto ciò va aggiunto un senso di anti-sportività devastante. In campo si vedono scene da attori che neanche il tre volte premio Oscar Daniel Day-Lewis saprebbe riproporre sul grande schermo con siffatta convinzione e intensità. Ma il calcio è un gioco maschio, piace ripetere. Quindi per logica devo dedurre che “uomo” è sinonimo di scorretto e razzista? Ogni sconfitta viene sempre giustificata con alibi, prima durante e dopo. Sublimazione di questo demenziale girone umano, l'arbitro. Capro espiatorio di una cultura (italiana) tragicamente provinciale.

In occasione della suddetta partita mondiale contro l'Inghilterra, già si gridava allo scandalo per le pessime condizioni del terreno di gioco e il clima. Cosa dovrebbero dire allora i tennisti quando "si prendono a pallate" per ore in Australia, d'estate, ogni giorno, sotto un sole incandescente e per di più da soli, correndo 10 volte quanto un calciatore? Niente. Fanno il loro dovere e basta perché sono, evidentemente, professionisti più seri e meno viziati.

Potrai anche non fartene nulla del mio tifo calcistico, Italia, ma sappi che lo hai perduto. Il mondo del calcio italiano è nauseante e ormai non mi basta più il viso pulito e speranzoso del commissario tecnico della Nazionale italiana Cesare Prandelli cui va tutta la mia più sincera stima. No, semplicemente, basta. Semplicemente vorrei vedere qualcosa di diverso. Vorrei un cambiamento. Almeno dalla mia casa, l'Italia.

Le auguro il meglio, Mister Cesare Prandelli