Il 6 dicembre in Finlandia si festeggia il Giorno dell'Indipendenza dalla Russia, celebrando e commemorando i caduti per l’indipendenza della I e II Guerra Mondiale.
Da Helsinki alla Lapponia, e fino all'ultimo lembo di terra finnica, il 6 dicembre si celebra e si commemora la Dichiarazione di Indipendenza della Finlandia dalla Russia, avvenuta il 6 dicembre 1917. Una giornata speciale durante la quale si celebrano i caduti per l’indipendenza della nazione scandinava durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, ma non solo. Anche aspetti più conviviali e ludici vengono vissuti dalla popolazione in questa giornata. Un evento narrato e immortalato anche nell'Arktikum Museum di Rovaniemi, dove la Storia si adagia tra cultura, geologia e lo spettacolo dell'aurora boreale.
Curioso come la nazione dove dimora il solo e unico Babbo Natale, abbia la sua festa dell'Indipendenza proprio il 6 dicembre, giorno di San Nicola da cui sembra avere origine l'omone con barba bianca, mantello rosso e il sacco di doni. Come riportato dal sito VisitFinland, il 6 dicembre è anche “... un comune ritrovarsi con amici o parenti al ristorante oppure a casa, guardando in televisione il tradizionale ricevimento del presidente della Repubblica, e ovviamente commentando in modo altamente critico lo stile e gli abiti degli invitati. Vengono inoltre organizzate processioni e visite ai cimiteri dei caduti in guerra, accendendo inoltre candele biancoazzurre alla finestra”.
Da Helsinki a Rovaniemi sono quasi dieci ore macchina. Ci sono arrivato con alcune tappe nel mezzo, tra cui Hanko, Molpe e Oulu. Un viaggio sincero. Immerso nella natura, incontrando numerosi esemplari di renna. Un viaggio che non avrei mai voluto che finisse. Un viaggio che mi ha portato a tu per tu con la cultura finnica e lappone. Le sofferenze della guerra. La questione sempre molto attuale del cambiamento climatico. I protagonisti della fauna locale, e un gigantesco orso polare con cui giocare insieme i tanti bambini. Ciliegina sulla torta, un video strepitoso per immergersi nello spettacolo dell'aurora boreale, creata secondo la leggenda da una volpe magica che con la sua coda spazzasse la neve spruzzandola nel cielo (Revontulet).
C'è poca gente oggi all'Arktikum Museum. Il biglietto mi consente di tornare anche il giorno dopo, opportunità di cui approfitto con estremo piacere. L'esposizione si snoda su due piani. Un ambiente molto confortevole. Quassù, sul Circolo Polare Artico, non ci sono chissà quali templi o acquedotti millenari, eppure la sensazione è che la cultura rappresenti un'appartenenza sincera e condivisibile. Una cultura che è cresciuta nel corso dei secoli, e che oggi ha moltissimo da insegnare anche sul fronte dei diritti della persona. Oggi, qui dall'Arktikum Science Centre Museum, invio i miei migliori auguri di buona giornata dell'Indipendenza alla Finlandia. Una terra piena di naturale poesia che spero presto di ritrovare lungo il mio cammino.
Viaggio nell'arcipelago vulcanico delle Azzorre (Portogallo), tra le isole di Sao Miguel e Santa Maria. Un paradiso naturale nel cuore dell'Oceano Atlantico.
di Luca Ferrari Le coordinate si dissolvono nel cielo. Melodie eoliche si fondono nella dolcezza di un miradouro in alta definizione sentimentale. Ho lasciato carta e penna altrove. Terrò tutto a mente. Farò della memoria un nuovo avamposto dove anche le nuvole più anarchiche possano trovare un amorevole giaciglio per rilassarsi. Lì, in in nugolo di isolotti nel mezzo dell'Atlantico tra Europa, Africa e Nord America. Ma ti rendi conto dove siamo? Continuavo a ripetermi mentre scorrazzavo su e giù per le isole di Sao Miguel e Santa Maria, nell'arcipelago portoghese delle isole Azzorre. Un girovagare placido tra natura, orizzonti dal blu intenso e quel tipo di cordialità umana capace di farti innamorare ogni singolo minuto di più di questo angolo di mondo.
Per raggiungere le isole Azzorre, la "strada" più conveniente dall'Italia è volare con la compagnia di bandiera TAP Portugal. Non è la prima volta che utilizzo questa linea aerea e mi sono sempre trovato molto bene: voli puntuali e personale gentile. Le combinazioni orarie per raggiungere Sao Miguel, la più grande delle isole,sono diverse. Io prediligo l'attesa di tre ore all'aeroporto di Lisbona. Giusto il tempo di prendersi il tipico galao (caffè in boccale con latte) con soffice contorno di pastel de nata, il dolce lusitano per eccellenza, un giretto per i negozietti e infine un'ulteriore lettura della mia inseparabile guida Routard (solo in inglese per le Azzorre), ed eccomi di nuovo nell'alto dei cieli tra lo spazio infinito.
Poco più di due ore di volo e finalmente eccomi proiettato verso il blu del mare, il verde della rigogliosa vegetazione e il castano della terra con i piccoli centri abitati. Mi sento un po' un navigatore che finalmente scorge nel suo binocolo l'agognata meta. Una sensazione questa che più avanti, nel corso del viaggio, tornerà a trovarmi durante un emblematico incontro. Atterraggio perfetto e via all'ostello. Lì per lì non me ne rendo conto, ma la differenza con la mia natia Venezia è abnorme. Sceso dal taxi, la percepisco in tutta la sua più "orgasmica" potenza. Non c'è traccia di umidità. Non sono ancora le 7 di sera e l'aria è fresca. Una t-shirt, dei pantaloncini e sandali sono più che sufficienti, con aggiunta di una maglietta leggera a manica lunga da portarsi dietro. Clima ideale per iniziare un tour di scoperta di questo agognato arcipelago.
L'indomani inizio l'esplorazione senza troppe indicazioni. Il lungomare non è lontano, così ci arrivo a vista e senza che me ne accorga sono già alle porte della città (Portas da Cidade), a pochi passi dalla chiesa cattolica di Igreja de São Sebastião (XVI sec.). Le stradine sono una tentazione irresistibile e seppur con le dovute differenze, ritrovo un po' di quel romanticismo assaporato nel vecchio quartiere di Alfama, a Lisbona. Seguendo l'istinto e forse anche un po' l'appetito, mi ritrovo tra i colori e i sapori del Mercado da Graça. Più che comperare, osservo divertito locali e stranieri. Un combo pulsante, decisamente più attivo rispetto all'ormai sempre meno frequentato mercato di Rialto veneziano.
Prenotata da tempo una macchina con il sito specializzato (consigliabile mettersi in contatto prima con l'agenzia locale per evitare fastidiosi contrattempi come l'assicurazione), lascio Ponta Delgada in previsione di rivederla alla fine del mio tour e puntando subito all'interno dell'isola, destinazione la cittadina di Furnas. Le distanze nelle isole Azzorre non sono per niente proibitive e con grande sorpresa scopro un inimmaginabile universo floreale: ortensie ovunque. Mai viste così tante in tutta la mia vita. Dopo aver costeggiato il lago di Furnas e vista in lontananza la cappella di Nossa Senhora das Vitórias, arrivo alla mia destinazione.
L'impatto è di quelli che lasciano il segno. Una cittadina tappezzata di piccole maioliche lungo le vie. Numerose le terme, dove a svettare è la Terra Nostra, con tour botanico all'interno. Ma l'aspetto più grandioso sono le caldeiras, i vapori vulcanici che escono direttamente dal suolo e dove al costo di un euro si può acquistare una pannocchia cotta direttamente sui suddetti "fumi", sgranocchiandola in un contesto quasi "lunare". Trovato un appartamento in centro, la mattina faccio la conoscenza di ciò che sarà un must per tutto il mio soggiorno Azzorriano: la colazione a base di bolo levedo, chiamati erroneamente muffin locali, ma che al contrario sono molto più grandi di questi e hanno le sembianze di soffici saccottini a forma circolare senza buco, da tagliare e farcire con le marmellate prodotte in loco, su tutte quella di ananas di cui vi parlerò più avanti.
Non senza dispiacere, dopo quattro piacevolissimi giorni abbandono Furnas puntando verso Porto Formoso, celebre per le uniche piantagioni di tè autoctono di tutta Europa. Lungo la strada mi fermo in una delle tante spiagge, con tanto di ombrelloni gratuiti. La sabbia è nera, vulcanica. Ancora più apprezzata poiché rispetto alla "collega italo-Adriatica", non si attacca alla pelle e quando è il momento di rimettersi al volante, la macchina non assume le sembianze di in un pantano su quattro ruote. Prima di scoprire questo volto delle Azzorre, faccio una doverosa sosta in un miradouro (punto panoramico) a dir poco spettacolare, quello di Serra da Barrosa, al centro proprio dell'isola di Sao Miguel, e come sempre specificato nel nome con apposita cartellonistica in maiolica.
Da sempre l'immaginario del tè richiama l'Oriente e/o l'Inghilterra, che introdusse l'esportazione nel vecchio continente. Nonostante internet a disposizione, è raro trovare qualcuno che sappia quali meravigliose piantagioni si trovino in questo isolotto nel mezzo dell'Atlantico, direttamente affacciate sulle acque oceaniche. La prima tappa è a Cha Gorreana, dove ci accodiamo in un elegante e casereccio tour di spiegazione sulla storia e produzione, concluso con degustazioni del loro prodotto. Poco distante ecco la Fabrica Chà Porto Formoso. Complice anche l'ora quasi di chiusura, sono l'unico visitatore al mio arrivo. Il connubio con la natura e i sapori entrano direttamente nell'anima. Per qualche istante ci sono solo io, le piante e il mare. A risvegliami una tazza fumante di tè Orange Pekoe, accompagnata da qualche biscotto.
Le Azzorre non sono un luogo per chi ama la movida ma un piccolo angolo di paradiso dove farsi trascinare dalla semplicità di Madre Natura. Un cosmo di cui gli abitanti sono i rispettosi custodi. Nel peregrinare, eccomi finalmente in due dei punti più ammirati: la Lagoas Das Setes Cidades, suddivisa in Lagoa Verde e Lagoa Azul, collegate da un ponte (vedi foto inizio articolo, ndr). A poco più di venti minuti di macchina, il miraduro di Boca do Inferno. Una passeggiata in salita per una piccola sterrata, facilmente percorribile anche da bambini piccoli, e sono in cima al Parco Geologico delle Azzorre. Da qui è possibile ammirare l'intera depressione larga oltre cinque km.
Mi resta ancora qualche ora prima di abbandonare Sao Miguel e ne approfitto per fare una "dolce" visita nelle piantagioni di ananas, l'ennesima scoperta di questa isola meravigliosa. I frutti crescono per terra, e dopo aver visitato le serre suddivise per grado di maturazione, un fresco gelato all'ananas (manco a dirlo) è ciò che ci vuole prima di rimettersi in marcia, destinazione l'isola diSanta Maria. Se per le sistemazioni precedenti mi ero arrangiato, in questo caso mi affido all'ottimo sito Visit Azores dove trovo differenti tipologie: Hotel, Alloggio Locale, Turismo rurale, Ostelli della gioventù e Campeggi. Santa Maria è la più vicina delle isole a Sao Miguel, a sole tre ore di navigazione di ferry boat. Un suggerimento: attenzione all'imbarco a Ponta Delgada, le cui indicazioni sono un po' mimetizzate lungo la strada principale EN1-1A. .
La navigazione procede placida. Sembra quasi di pattinare. Neanche un minimo accenno di onde. Molta attenzione viene riservata ai passeggeri più piccini, con spazio specifico a base di materassini e immagini dal fantastico mondo Pixariano del pesciolino Nemo. All'arrivo la luce sta iniziando a sfuocare. La strada principale EN1-2A attraversa l'isola al centro e quella seguo fino alla mia casetta. Quaranta minuti scarsi e si attraversa tutto questo spicchio di terra nel cuore dell'Atlantico. Se già a Sao Miguel si respirava un'aria di meravigliosa immersione nella natura, qui è ancor più dolcemente palpabile. Così, nel giro di pochi minuti, trattenendomi dal fermare l'automezzo e fotografare il paesaggio, mi ritrovo in un piccolo appartamento dove fuori, a farmi compagnia, ci sono girasoli, coltivazioni varie, gatti e pollame.
Una prima tappa nell'ampia spiaggia di Praia Formosa e poi alla scoperta dell'arte sacra nella chiesa di Nossa Senhora da Purificação. Le stradine sono strette, e come a Sao Miguel, abbondano i miraduro. Uno dei primi incontri è il Vigia do Castelo, dove è possibile avvistare le balene. Nel proseguire verso la baia di Anjos, una statua attira la mia attenzione. Con grande sorpresa mi ritrovo dinnanzi a un celebre connazionale, Cristoforo Colombo, qui naufragato insieme alla sua caravella, di ritorno dallo storico viaggio nelle Americhe. La statua fu realizzata nel 1993, a distanza di 500 anni dal suo arrivo (1493). Un viaggio a dir poco tribolato quello di Colombo a Santa Maria, come ho anche raccontato in questo servizio pubblicato sul settimanale internazionale L'Italo-Americano.
Ogni tanto incrocio qualche turista, mai di nazionalità italiana. Faccio due chiacchiere con i miei padroni di casa, originari della Germania. Sull'isola di Santa Maria hanno trovato il loro ideale di vita. I giorni passano e nel frattempo ricevo per email il promemoria del mio ferry per Sao Miguel. Le luci calano e anche (un po') il buonumore. L'indomani passo l'intera giornata sulla Praia di Sao Lorenzo. Il mare è spettacolare. M'immergo e mi rimmergo, provando ogni volta il desiderio di continuare a nuotare, magari fino a raggiugere il Canada, sulle coste della Prince Edward Island (l'isola del Principe Edoardo - PEI), dopo tutto trattasi solo di oltre 3.200 km. Che sarà mai?
Le isole continuano a scuotere e segnare la mia anima. Sono nato e cresciuto sull'isola del Lido di Venezia e da anni ormai vivo nell'attigua Repubblica Marinara, sempre a contatto con l'acqua. Dalla battigia di Santa Maria guardo per l'ultima volta questo Paradiso naturale che risponde al nome di Isole Azzorre. Vedo le mie orme sulla morbida sabbia, rapite dalle onde e trascinate chissà dove. Il blu del mare. Il verde della vegetazione. La serenità della terra e del cielo. Tutto si raccoglie dentro di me, poi il ferry notturno mi riporta a Sao Miguel. È un altro giorno. Adesso devo solo tornare a casa e cominciare a organizzarmi per realizzare un nuovo reportage nelle isole Azzorre, atterrando questa volta a Terceira e di lì partire alla scoperta del resto dell'arcipelago lusitano.
Le caldeiras di Furnas (Sao Miguel, isole Azzorre)
Il Natale tradizionale non si farà quest'anno, accettatelo. Ma invece di piagnucolare, perché non pensare a formule alternative (del cuore)? Adattarsi o soccombere, feste incluse.
Manca un mese o poco più al natale 2020 e le polemiche montano (ribollono) già in tutto il Bel paese. Credere che i tipici cenoni del 24, 25 e 26 dicembre si possano fare come sempre è stato (si fa per dire, ndr), è mera utopia, se non con drastiche limitazioni, incluse le maschere sempre indosso ed evitando contatti, in un clima comunque di grave rischio per la salute, in primis degli anziani. Ma invece di confrontarsi seriamente con la realtà del covid19 e pensare a soluzioni alternative, che cosa facciamo in Italia? Piagnucoliamo isterici, volendo a tutti qualcosa che non potremo avere. Una pessima figura e un ancor peggiore insegnamento, per noi stessi e i nostri figli.
Natale è sempre o non è natale mai, cantavano Luca Carboni e Jovanotti sulle note di "More Than Words" degli Extreme. Natale non è diverso dal mondo del lavoro e le novità, per quanto possano ridefinire in modo anche improvviso e complicato il nostro spazio, non devono essere viste come qualcosa di sempre e comunque negativo, anche perché a cosa ci porterebbe tutto questo? Rabbia, sconforto e frustrazione. Il natale 2020 sarà una festa diversa. I cenoni caciaroni andranno evitati. Farli è da irresponsabili, e proprio di fronte a questa inesorabile realtà, bisogna trovare strade alternative per stare comunque vicino ai nostri cari, soprattutto a quelle persone che vivono in casa sole. E se il natale è davvero quella festa che troppo spesso, solo a parole ci piace pensare che sia, allora è il momento di aguzzare l'ingegno e dimostrare davvero quanto sia speciale.
La tecnologia al giorno d'oggi ci consente di vederci in tempo reale e continuativo: le stanze di Facebook così come l'applicazione Zoom sono solo due delle tante modalità e più utilizzate. Ma ciò che i tablet e gli smartphone ci consentono di fare, non potrà mai eguagliare la gioia di un abbraccio e questo lo sappiamo bene. Ma questi "cari", quanto spesso li vediamo? Quanto spesso gli diciamo che gli vogliamo bene? Che cos'è natale, un sedersi a tavola facendo finta di essere felici come i meno "fantasiosi" accusano ogni anno, o è davvero qualcosa di più? La risposta è dentro ciascuno di noi e mai come quest'anno saremo costretti a dimostrarlo a noi stessi e a quelle persone che a parole diciamo di tenerci.
Ho sempre pensato che sia sufficiente anche un minuto insieme per sentirsi la persona più speciale del mondo. Ma oggi, plagiati dalla super-velocità della comunicazione, così come del ricevere tutto ciò che vogliamo in pochissimo tempo, siamo in difficoltà. Ci dovremo confrontare con qualcosa cui siamo sempre meno abituati: la pazienza. Ho scritto lettere per tanto tempo e quando ne ricevevo una, era qualcosa di unico. Eppure la persona non la vedevo. Non avevo sue foto recenti. Non potevo guardarla negli occhi né abbracciarla. Qualcosa di analogo sta accadendo adesso. Dovremo trasmettere il nostro sentimento a qualcuno cui non ci potremo sedere accanto in un giorno speciale. Magari passeremo sotto la finestra e leggeremo una storia. Magari il 25 dicembre faremo una breve passeggiata all'aria aperta. Magari potremo rendere questo natale così difficile, un'indimenticabile storia da tramandare.
Il 21 novembre a Venezia si celebra la Madonna della Salute. Quest'anno la festività sarà ridimensionata, a cominciare dal pellegrinaggio e il ponte votivo che non ci sarà.
C'è stato ad aspettare ma alla fine il buon senso ha prevalso, o forse la paura di trasformare Venezia in una bomba alla pandemia da covid19. Nel 2020 la tradizionale Festa della Madonna della Salute, ed emblematica in quest'anno così martoriato da una pandemia, sarà molto rimaneggiata. Patriarcato e Comune di Venezia hanno collaborato affinché l’annuale festività della Salute possa essere vissuta nel pieno rispetto delle esigenze di sicurezza e di salute pubblica "considerate premesse per ogni tipo di manifestazione religiosa".
A differenza di ciò che è sempre stato, il pellegrinaggio per pregare la Madonna della Salute potrà essere fatto nella chiesa più vicina alla propria abitazione e non nella specifica chiesa, progettata dall'architetto Baldassarre Longhena (1596-2682), ubicata nel sestiere di Dorsoduro di fronte al Canal Grande, quasi di fronte a piazza San Marco. Nei giorni precedenti e fino al 22 novembre inoltre, l’accesso alla Basilica sarà limitato e comunque regolamentato da un percorso affinché i fedeli possano pregare, nel rigoroso rispetto di tutti i protocolli sanitari posti a presidio della pubblica salute.
Il 21 novembre la Basilica della Salute rimarrà aperta dalle 6 alle 21. Una speciale immagine dell’icona della Madonna sarà esposta sul portone centrale dell'edificio religioso per abbracciare simbolicamente tutti i territori segnati oggi come quattro secoli fa dalla pandemia. Alle 11 il Patriarca Francesco Moraglia celebrerà la Santa Messa che sarà trasmessa in diretta televisiva su Antenna3 e sulla pagina Facebook di Gente Veneta. Al termine della liturgia il Patriarca reciterà la preghiera dell’Angelus sul sagrato della Basilica rinnovando la consacrazione della Città alla Madonna della Salute e impartendo la benedizione papale, mentre suoneranno a distesa tutte le campane delle chiese del Patriarcato.
In conclusione dal 19 al 22 novembre 2020 saranno osservate le seguenti indicazioni:
Non verrà realizzato il tradizionale ponte votivo e saranno regolamentati i flussi, verso la Basilica della Salute, con opportune limitazioni e contingentamenti;
Non verrà effettuato il tradizionale mercatino della Salute per le candele votive e i dolciumi;
L’accesso alla Punta della Salute avverrà con forti limitazioni e l'attento conteggio delle persone presenti per rispettare rigorosamente le norme sul distanziamento sociale previsto dalle vigenti disposizioni statali e regionali;
All’interno della Basilica della Salute potranno essere presenti contemporaneamente non più di 215 persone in assenza di celebrazioni eucaristiche. Durante le Messe il numero dei fedeli sarà limitato a 150 all’interno della cosiddetta “rotonda maggiore” e di 65 nella rotonda minore per partecipare alle funzioni liturgiche;
Non sarà possibile accendere autonomamente le candele votive all’interno della Basilica della Salute ma essere potranno invece essere deposte nei cesti predisposti come dono votivo che diventerà un’opera di carità e sostegno alle famiglie in difficoltà economica;
La Messa che il Patriarca di Venezia presiederà il 21 novembre sarà trasmessa in diretta televisiva e le altre celebrazioni saranno trasmesse attraverso le modalità streaming;
Con ordinanza del Comandante Generale della Polizia Locale verranno istituiti sensi unici in tutta l’area attigua alla Basilica della Salute per regolare i flussi e contingentare gli accessi alla Basilica da giovedì 19 a domenica 22 novembre 2020.
Mercoledì 11 novembre (ore 17.30), in live streaming sul canale Youtube dell'Ateneo Veneto, inizia il "Corso Storia dell'Arte 2020 Novecento: Venezia e le arti”.
Il Novecento è il “secolo breve”, così come è stato definito da Eric Hobsbawm, compreso per i suoi elementi di omogenea specificità tra l’inizio della Grande Guerra e la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. In un programma pluriennale, quest’anno viene preso in esame il primo periodo – l’Età della Catastrofe, così come la definisce ancora Hobsbawm – ovvero l’intervallo di tempo tra i due conflitti mondiali, dominato dalle numerose crisi e rivoluzioni che hanno visto la fine di imperi millenari - il russo, l’austriaco, il tedesco e l’ottomano - e l’affermarsi delle ideologie totalitarie.
A questi violenti strappi della storia è corrisposta una produzione delle arti e delle arti applicate vivacissima e di straordinaria qualità, che ha sperimentato in tutti i campi artistici linguaggi espressivi originali, in continua successione e con rapida circolazione, grazie alle moderne tecnologie di comunicazione. Venezia, dal canto suo, in questo tumultuoso rincorrersi delle nuove tendenze, ritrova nella prima metà del secolo la sua centralità culturale proponendosi con le Biennali e con altre numerose manifestazioni quale privilegiato osservatorio internazionale e luogo di confronto delle esperienze artistiche, e che riesce anche a produrre da sé - borgo o arcipelago che sia – quale straordinario incubatore autonomo.
A illustrare in questo Corso i fenomeni di questo periodo nel campo delle Arti visive e nelle loro implicazioni veneziane, senza la pretesa di esaurire la complessità dei tanti - ismi contemporanei che si sono succeduti, si è ricorso alla competenza di alcuni tra i più riconosciuti studiosi ed esperti di questa stagione artistica, docenti universitari e direttori di musei d’arte contemporanea, che ringraziamo vivamente per la loro disponibilità a sostenere i due soggetti promotori.
Tutte le lezioni si svolgeranno sempre in diretta streaming e si potranno seguire direttamente dal canale Youtube (omonimo) dell'Ateneo Veneto. Nel dettaglio:
Mercoledì 11 NOVEMBRE – ore 17.30
Lezione inaugurale "Venezia, l’arcipelago delle arti: la nascita del XX secolo". Relatore: Luca Massimo Barbero.
Mercoledì 18 NOVEMBRE – ore 17.30
Il Nuovo Ordine: Sironi, Bucci, Marussig e gli altri. Relatrice: Elisabetta Barisoni.
Mercoledì 25 NOVEMBRE – ore 17.30
"Ore veneziane". Cose che per Filippo de Pisis non si possono descrivere, ma solo dipingere o indossare. Relatrice: Stefania Portinari
Mercoledì 2 DICEMBRE – ore 17.30
D’Annunzio e “il borgo delle arti”: Balsamo Stella, Cadorin, Martinuzzi, Torres… Relatore: Silvio Fuso.
Mercoledì 9 DICEMBRE – ore 17.30
La Biennale del 1948: l'orizzonte dell'arte a Venezia nell'immediato dopoguerra Relatrice: Cristina Beltrami.
Calabria selvaggia. In una delle tante insenature nei pressi di San Nicola Arcella (Cs), la magia del mare si fonde con i pensieri più puri ed evocativi.
di Luca Ferrari C’è l’odore di un sentiero. Come se la Dodicesima Notte Shakespeariana potesse replicarsi all’infinito. E di continuo. Si cammina sotto il sole per poi scendere fra le insenature. Lì di fronte, un colore ancora mai visto. Poco lontano da San Nicola Arcella (Cs), in Calabria, la natura prende il sopravvento. La roccia scivola nell’acqua come un essere umano metamorfico mutato in pietra da chissà quale antica divinità. C’è qualche piccola grotta, dove il mare provoca la sua azione. Il perimetro del cielo viene scolpito da curve tanto ripide quanto ammalianti. Basterebbe un pedalò e potremmo anche raggiungere l'isola di Dino.
Mi siedo sulla ghiaia marina trasportata dalla corrente. Ne vengo quasi sbeffeggiato e sballottato da tutte le parti. Sento l’acqua invadere ogni poro del mio corpo. Mi offre lo spunto. Le pagine. Ogni onda è un nuovo diario di bordo da assaporare e tramandare. In ogni flutto ci sono alfabeti e messaggi da custodire e interpretare. Tutta l’acqua che si è messa di mezzo fra me e il mio cuore è sempre stata una scelta che feci in piena libertà dallo sciopero di qualche malcapitato ciabattino. Pulsante caricamento di pensieri costellati da sorrisi e mondi folgorati dal medesimo ossequio ritmato.
Il gesto di qualcosa irrompe nel diamante liquido. È stato un tuffo o sono le vertigini dell’amore che si sono fatte sipario alzato per godersi ogni meglio e resto della vita? Bastano pochi minuti e si passa dagli ombrelloni super-affollati allo sguardo solitario di una cresta che sbuca dal fondale. Ogni coppia che si riversa in questo angolo costiero, ha guardato tutto dall’alto della loro più tenera stretta di mano. Paiono potersi addormentare sognando un ponte che non sappia più allontanare il dono che hanno deciso di concedersi. E già da allora, la magia d’ogni nuovo giorno dopo è stata all’altezza del primo ricordo che ognuno ebbe del cuore dell’altro/a.
La fitta macchia intanto, ci scruta tutti quanti. C’è molta flora selvaggia che cresce spontanea. Tentare di salire su uno scoglio è un’impresa non da poco che può costare qualche graffio se non si sta attenti. Quasi non credo ai miei occhi da quanto il mare sia limpido. È come se avesse un sapore diverso (ce l’ha, ndr). Prima di scrivere ho pensato a che reazione avrebbero potuto avere i vostri occhi. Non è vero. Non l’ho pensato, ma l’ho voluto comunicare. Capire in che direzione vada la propria ombra, con il sole sopra di noi, è un effetto che non tutti siamo in grado di spiegare. Separare le onde dal mare è un incantesimo ancora ben celato.
E se i veneziani si ritrovassero a vivere sott'acqua? All'Ateneo Veneto sbarca la mostra fotografica di Paolo della Corte, "Venezia 2050 D.C. e venne l’acqua grandissima".
Veneziani immersi nell'acqua. Venezia "sprofondata" nelle sua stessa laguna. I veneziani fanno le prove di vita sott'acqua. Dal mito di Atlantide alla realtà inevitabile di Venezia? E' davvero così? La rivista scientifica Nature predisse che nel 2050 i veneziani si sarebbero trovati a vivere sott'acqua. Quella previsione ha trovato la via dell'arte attraverso le fotografie del veneziano Paolo Della Corte. Domenica 7 novembre all'Ateneo Veneto (Sala Lettura, ore 17.00), la più antica istituzione culturale veneziana fondata per decreto napoleonico nel 1812, vernissage della mostra Venezia 2050 D.C. e venne l’acqua grandissima.
Le immagini sono esattamente ciò che il titolo della mostra suggerisce. Tra le 22 "creature" immerse troviamo Massimo Stefanutti, avvocato e presidente dello storico Circolo Fotografico la Gondola; Amanda Cuzdey, gelataia in campo San Giacomo dell’Orio; Piero Pasini, insegnante di karate e giornalista di viaggio; Luciano Gambaro, presidente del Consorzio Promovetro Murano; Emanuela Forti, insegnante con Arturo Pagnin e Giosuè Trolese Bezzi, due suoi studenti; Mattia Romanelli, il gondoliere più anziano ancora in servizio.
Lo sfondo delle fotografie è la vasca grande dell’acquario nell’Aquarius Hotel in campo San Giacomo dell’Orio dove, tuffandosi senza esitazione, osti e gondolieri, artisti e maestri vetrai, giovani e anziani, da soli, in coppia o in gruppo, quasi sembrano trovarsi a loro agio in tale dimensione liquida, dimostrando la veridicità del famoso detto veneziano che “co l'aqua toca el dadrìo, tuti impara a nuar”.
Inghiottiti dai flutti i veneziani si abbracciano, fanno capriole, fluttuano, camminano, danzano, si tappano il naso o emettono bolle, strizzano gli occhi, gonfiano le gote, dando vita a un grande circo che sarebbe piaciuto proprio a Fellini, e sembra che, ributtati nel loro elemento, quasi un liquido amniotico, e non più fermi immobili, disorientati, investiti da orde di turisti, finalmente abbiano ripreso a vivere.
Un carnevale acquatico tanto più allegro e spensierato quanto più grottesco e drammatico, al quale non si può prendere parte, ma solo assistere.
Realizzare gli scatti che compongono questa mostra è stato tutt’altro che facile, tra allestimento, luci, bassa temperatura dell’acqua (le foto sono state realizzate nell’ottobre del 2019) e il timore che qualcuno dei soggetti ritratti potesse avere qualche problema durante l’immersione. Ma ne è valsa la pena, perché il risultato è davvero suggestivo e invita alla riflessione.
Venezia 2050 d.C. … e venne l’acqua grandissima. Fotografie di Paolo della Corte. La mostra sarà visitabile fino al domenica 21 novembre dal giovedì alla domenica (h. 15.00-18.00). Ingresso solo con green pass.
Essere in vaporetto a zonzo per la laguna e allo stesso tempo vedere le creste innevate delle Dolomiti alpine dietro di sé. Succede anche questo nel placido vivere a Venezia.
Ottobre 2020. L'autunno è arrivato. Se nel primo weekend si è festeggiato (...) il funzionamento del Mose alle prese con un'alta marea comunque più contenuta del previsto, il secondo ha visto precipitare le temperature e abbattersi violenti temporali un po' ovunque. Per lo meno in pianura, sulle montagne invece nevicava come se fosse dicembre. E se certe immagini si è potuto vederle solo dalla televisione e internet, questa mattina a Venezia si è potuto assistere a uno spettacolo meraviglioso. Le creste innevate delle Dolomitidavanti alla laguna.
Eccoli, tutti in posa per farsi ammirare e immortalare: i monti Civetta, Tamer, Talvena e Schiara.
Venezia è anche questo. Un placido passeggiare per la Fondamenta Sacca San Girolamo (sestiere di Cannaregio) e d'improvviso ritrovarsi catapultati su "tutt'altri lidi", a duemila e più metri. Immaginando di essere già lì, a contatto con la montagna, le nuvole e il sole. Vivere a Venezia significa anche questo. Godersi degli spettacoli improvvisati di Madre Natura capace di unire mare e monti in uno sguardo. Sono qui, davanti a loro. Oltre a me, solo una briccola solitaria. Anch'essa sembra ammaliata da questo paesaggio alpino, non esattamente la norma a neanche metà ottobre.
Correre è libertà. Correre è sognare. Correre è connettersi con il proprio cuore. Dall'isola del Principe Edoardo alla natia Venezia, correndo deciso verso il ritorno in Canada.
E alfine giunsi sull'isola del Principe Edoardo, tappa finale di un viaggio-reportage iniziato più di mille km prima, a Montreal, nel Quebec. Vuoi per la meraviglia provata nell'errare dall'ovest verso est, vuoi per le immense e sconfinate strade da percorrere, viaggiare in Canada sembra non finire mai. E tutto questo è accaduto mentre ero del tutto ignaro di un destino mai lontanamente immaginato nella mia personale affinità d'anima. Un viaggio che mi ha portato a scoprire la Prince Edward Island (PEI), tra lo splendore della costa rocciosa dell'Argyle Shore Provincial Park dirimpetto lo Stretto di Northumberland, la poesia di Green Gable a Cavendishe la libertà del correre sulla sabbia nel Greenwich Dunes National Park, sul Golfo atlantico di San Lorenzo.
Dallo stato della Nuova Scozia un gigantesco ferryboat mi ha condotto sull'isola del Principe Edoardo e a bordo, a me come a tutti gli altri passeggeri, hanno offerto un piatto di cozze. Quelle che a Venezia si chiamiamo peoci, conditi col burro però. Sono sbarcato sull'isola del Principe Edoardo e mi sono subito fermato perché non avevo pagato e nessuno me lo aveva chiesto. Allora scoprii che si apre il portafogli quando si abbandona l'isola (su strada o mezzo acqueo). Ho guidato, camminato e ho esplorato l'isola del Principe Edoardo. Ho fatto shopping locale e ho mangiato parecchie aragoste sulla Prince Edward Island. Ho parlato con tanti autoctoni, più cordiali che non si può, scoprendo infine che ci si può sposare nei posti più incredibili, degni di una fiaba.
Ho iniziato a esplorare l'isola fermandomi a Charlottetown, detta anche Canada's birthplace poiché è qui che furono gettate le fondamenta della costituzione della Nazione, e di cui un emblematico monumento, la "coppia dei Grey", si trova di fronte all'imponente basilica di St. Dunstan, nel cuore della città, a pochi minuti dallo storico City Hall in stile romanico. Trattasi di due dei padri della Confederazione raffigurati durante un'accesa conversazione: John Hamilton Gray, Primo Ministro della Prince Edward Island, e John Hamilton Gray, un politico originario del New Brunswick.
Il Canada lo avevo sempre sognato. Lo avevo sempre sentito affine e ora ero finalmente arrivato in uno spicchio di questa terra che mi stava sempre più seducendo. Come un buon presagio, l'avvistamento di una rara aquila dalla testa bianca lungo la strada mi ispirò-convinse che qualcosa di meraviglioso stava per accadere (ma questa è un'altra e personale storia, ndr). Il mio tour intanto continuava. A poco più di una mezz'oretta di macchina da Charlottetown, ecco il complesso di Green Gables a Cavendish per un incredibile viaggio alla scoperta del mondo Anna Shirley. Teatro naturale dove Lucy Maud Montgomery ambientò le (dis)avventure di quella che sarebbe diventata in Italia "Anna dai capelli rossi". Un mondo quasi incantato che mi ha spinto prima a vedere il cartone animato anni Ottanta, e poi innamorarmi della serie Chiamatemi Anna con protagonista la giovane Amybeth McNulty.
Mi sono fermato allora all'Argyle Shore Provincial Park, sentendomi parte di un'immensità ancestrale che nel vecchio continente ormai abbiamo perduto. Mi sono poi diretto al Greenwich Dunes National Park. Lì ho sentito qualcosa irrompere. Ho iniziato a correre senza meta. Ho corso con i piedi nell'acqua e qualche canzone a tema. Ho continuato a correre e mi è venuto spontaneo dipingere con le mani un cuore nel cielo prima, e sulla sabbia poi. Mi sono messo a correre perché è quello che faccio ormai da tempo immemore. E' giusto allora spiegare/raccontare che la corsa fa parte del mio essere giornalista.
Iniziai a correre quasi quindici anni fa di ritorno dal mio primo reportage internazionale in India. Sofferente da anni, ero molto provato fisicamente ma non volevo certo arrendermi. Ero pronto a dare una svolta alla mia vita ma avevo bisogno di rafforzarmi se volevo continuare a girare per il mondo. Mi venne allora spontaneo iniziare a correre e mi piacque. Tanto, davvero tanto. Nel giro di pochi mesi correvo a ogni ora del giorno. Da allora ho corso ovunque ma è qui, sulla Prince Edward Island, in Canada, che ho sentito davvero il cuore pompare. È stato lì, che il mio cuore si è fermato per ricongiungersi con la mia anima in modo definitivo.
Venezia, 6 luglio 2020. Volevo correre. Stamane mi sono svegliato con una gran voglia di orizzonte. Lo sentivo già, e come sempre accade in questi stati mentali, non ho nemmeno avuto bisogno della sveglia. L'adrenalina aveva già invaso il mio cervello e poco prima delle sei del mattino ero già fuori. Sono partito dal sestiere di Cannaregio arrivando alla fine delle Fondamenta Nove per poi tornare indietro lungo la Strada Nova, attraversando in sequenza i ponti delle Guglie e dei Tre Archi, arrivando così in Baia del Re e lì è successo. La canzone Dreamer dei Lakelands, direttamente dalla colonna sonora della sopracitata serie "Chiamatemi Anna" ha preso possesso del mio smartphone per l'ultimo tratto in Fondamenta Sacca San Girolamo mentre un sole sempre più caldo scaldava la laguna.
I ricordi hanno cominciato a riaffiorare. Dirompenti. Autentici. Si, ero a Venezia eppure ho sentito l'isola del Principe Edoardo così vicina. Ho cominciato a rivedere quel viaggio. Ho iniziato allora a rallentare allungando il cammino prima di infilare la chiave nel cancello e immergermi nella morbida dolcezza dei pancake con sciroppo d'acero, la colazione per eccellenza del Canada. Ho immaginato il giorno in cui ritornerò sulla Prince Edward Island, sentendomi già adesso emozionato. "Follow your heart/ When you're a dreamer you follow your heart" cantano i Lakelands in Dreamer. È esattamente ciò che ho fatto. È esattamente ciò che ho cominciato a fare il giorno che arrivai sulla Prince Edward Island. È esattamente ciò che continuerò a fare.
STORIA DI UN SOGNO COMINCIATO DA NOI
Ancestrale dichiarazione
di volontà... Ammaraggio di giornate
in decisione
dentro il tempo ed estremità
ammutinate... Ho lasciato (s)correre
anche le parole che non capivo,
ho assistito allo spettacolo delle tue lacrime
più sincere
senza più demarcazioni
tra le radici dell'amore
… Sono arrivato fino a qui, perché
non dovrei volere ancora di più?
Vi state chiedendo perché
abbia le braccia spalancate?
Vi stavate davvero chiedendo
perché avessi le braccia attorno a lei?
Cosa c'è oltre l'azzurro
che riesci sempre più a scorgere?
Sento il mio respiro, sento
i nostri cuori... Questa è la storia di un sogno
vissuto mentre dovevo
ancora immaginarlo... Lo sai che ogni volta
che tengo gli occhi aperti
e guardo dentro il sole
rivedo tutto e solo questo?
Questa è la storia
di un sogno che non ho più smesso di fare
da quando
ho calcato quella terra insieme a te.
Questa è la storia di un sogno
che continuo
a raccontarmi... Questa
è una storia che non ha bisogno di Mary Poppins.
Ci sono le foreste. Ci sono le onde.
Ci sono i fari. Ci sono le stelle.
Ci sono le risposte. Ci sono le piante di fragole.
Io sto ancora correndo,
e tutto quello che mi serve è dentro
e davanti a me
(Venezia, 6 Luglio 2020)
Prince Edward Island dreamin'
Running is freedom. Running is dreaming. Running is connecting with your heart. From Prince Edward Island to Venice, thrilled about “running” back to Canada.
Finally I came to Prince Edward Island, last stop of my Canadian journey, reportage that began more than thousand miles earlier, in Montreal, Quebec. Travelling in Canada seems like a never ending experience; wondering through the vast roads from the West to the East, gave me feelings of limitless roads to travel. This journey led me to discover Prince Edward Island (PEI), marvelling before the splendor of the rocky coast of the Argyle Shore Provincial Park opposite to the Northumberland Strait and the poetry of Green Gable in Cavendish. I had my best run on the sand in Greenwich Dunes National Park, on the Atlantic Gulf of San Lorenzo, feeling free like never before.
A giant ferryboat took me from Nova Scotia state to Prince Edward Island. Onboard they offered all the passengers a dish of mussels which we call “peoci” in Venetian slang. The main difference between the one done in Canada compared to the one in Italy, is that Canadians use butter instead of olive oil in Italy. When I left the ferry, I immediately stopped because I realized I didn't pay any ticket. I later found out that you pay only when you leave the island (by car or by ship). I drove, walked and explored Prince Edward Island; I did some local shopping and ate several delicious lobsters. I'm enjoyed speaking to many locals, more cordial than you can imagine and I discovered that you can get married in the most incredible places, like in a fairy tale.
I started to explore the island stopping in Charlottetown, called Canada's birthplace because foundations of constitution of the Nation were laid here. Its landmark is located in front of the imposing basilica of St. Dunstan, in the heart of the city, just few minutes from the historic Romanesque City Hall. It's “The Pair of Gray”, representing the two founding fathers – John Hamilton Gray, Prime Minister of Prince Edward Island, and John Hamilton Gray, a politician originally from New Brunswick – , immortalized while arguing about politics.
I was at once captured by the scenery. Then, the rare sighting of a Bald Eagle along the way convinced me that something special was going to happen. Just over half an hour drive from Charlottetown, I stopped at the Green Gables in Cavendish, an incredible setup to discover the world of Anne Shirley. This was the natural setting where Lucy Maud Montgomery set the dis-adventures of Anne of the Green Gables, translated in Italian as "Anna dai capelli rossi.” This enchanted world led me to watch, for the first time, the homonym popular cartoon that was aired in the 80s; then I fell in love with the series “Anne with an E” starring the young Amybeth McNulty.
I stopped at Argyle Shore Provincial Park. I started to feel as one with the authentic ancestral immensity, then headed to Greenwich Dunes National Park. Once there I felt the greatest rush and I started running barefoot in the water with the background of my favorite soundtrack/playlist. I continued to run. I stopped in the middle of nowhere. Only water, sky and sand. First I spontaneously painted a heart in the sky and later one again in the sand.
I’ve been running for a long time now; running is part of my being a journalist. I started running back in my first international reportage in India because I found I was too weak. I wanted to continue to travel around the world to do reportage so I started to straighten my body. I tried to run and I liked it. I really really liked it. I ran everywhere I travelled, but it is here on Prince Edward Island, that I really felt my heart pumping. Finally my heart and soul are one.
Back in Venice; July 6, 2020. I wanted to run. I woke up this morning “called by the horizon”. As it happens, I didn’t need an alarm and I wasn’t feeling tired. My mind was “set for the run”. The adrenaline had already invaded my brain. It only about 6 AM and I am already running; starting from Cannaregio district arriving at the end of the Fondamenta Nove and then back along the Strada Nova, crossing in sequence the bridges of Guglie and Tre Archi arriving in Baia del Re. And then it happened: The Lakelands’ song “Dreamer”, from the original soundtrack of “Anna with and E", took possession of my smartphone for the last stretch in Fondamenta Sacca San Girolamo while a hot sun was heating the lagoon.
Memories resurface; powerful, authentic. Though I was in Venice, Prince Edward Island felt so close to me. I started to review that journey in my mind. I slowed down before opening my home door and dive/embrace into the soft sweetness of pancakes with maple syrup, emblematic Canadian breakfast. I imagined the day I will return to Prince Edward Island, excited like never before. "Follow your heart / When you're a dreamer you follow your heart;" sang the Lakelands in Dreamer. That's exactly what I did the day I arrived on Prince Edward Island. This is exactly what I will carry on doing.
Dreamer (Lakelands), dalla colonna sonora di "Chiamatemi Anna"