sabato 25 giugno 2022

Seattle, il viaggio che cambiò tutto

Seattle, lo Space Needle © Luca Ferrari
Ho aspettato sedici anni per andarci ma ciò che accadde lì, fu l'esatto contrario di quello che avevo sempre immaginato. Il 25 giugno 2012 partii per Seattle e tutto cambiò  per sempre. 

di Luca Ferrari

La natura stessa del viaggiare indica scoperta e cambiamento. Ogni esperienza è importante ma per il sottoscritto, come per chiunque altro, ci sono viaggi più significativi degli altri. Fino a quel momento avevo solcato vari cieli europei facendo reportage, anche in compagnia, ma dentro di me, la dimensione più intima era ancora molto personalizzata e solitaria. Poi qualcosa accadde. E il destino volle che fosse proprio in un viaggio che stavo aspettando da una vita intera. L'emblema di quel mio ermetismo si aprì a una nuova era. Lì, a Seattle, scoprii davvero il significato della condivisione, insieme alla mia compagna e due amici speciali. E lì, a Seattle, nacque "Viaggi del mondo"

Non riesco neanche a immaginare la mia vita senza che sia ispirata da quelle band formatesi nel nordovest americano. Ecco, io a 19 anni volevo andare a Seattle per loro: Nirvana, Pearl Jam, Mudhoney, Alice in Chains, Soundgarden, Mother Love Bone, Temple of the Dog. E quando misi su carta la promessa che ci sarei arrivato, riprendere quel prezioso documento e completarlo a distanza di quasi vent'ani, fu un'emozione bruciante. Mi ero sempre immaginato di andarci da solo. Vagando in compagnia di un diario, penne e parecchie cassette da ascoltare. Scrivere, scrivere e solo scrivere. Il 25 giugno 2012 sbarcai a Seattle, e una volta ottemperato il mio giuramento, le strade mi portarono a scoprire qualcosa di unico e inimmaginabile.

Fino ad allora, ogni viaggio aveva sempre avuto le stesse caratteristiche. Mi calcavo le cuffie e iniziavo a scrivere. Fino ad allora la stragrande maggioranza dei mie voli erano avvenuti in solitaria. Adesso era diverso e in quelle tante ore che mi portarono sulle coste del Pacifico, fui quasi costretto ad aprirmi a una storia collettiva. Una storia che si sarebbe rivelata più preziosa e ispirante di qualsiasi esecuzione prosaica. Atterrati all'aeroporto Sea-Tac, un amico italiano era lì ad accoglierci e accompagnarci nella sua abitazione e di sua moglie, nel quartiere di Georgetown. Ci misi poco per capire che la Seattle dell'adolescenza non esisteva più. Quella di oggi era la Seattle della consapevolezza di una nuova vita, ancor più ispirante e condivisa con l'amore e l'amicizia. Tutto iniziò così, fin dalle prime battute.

L'indomani per certi versi fu ancora più surreale. D'improvviso ero dentro quel "sogno". Il Pike Place Market, storico mercato del pesce (e non solo) di Seattle, direttamente affacciato sul golfo del Puget Sound, era dinnanzi a me. Ci entrai dentro. Visitai ogni singolo negozietto e alla fine ci concedemmo un frugale pranzetto, scoprendo con sorpresa che una volta ordinata una bibita, potevo fare il pieno della suddetta a piacimento. Ma tutto questo non lo stavo annotando su di un block notes. Come sotto dettatura di un qualche elfo immortale, nuove pagine di Storia umana si stavano imprimendo nel mio cuore. La mattina facevo il turista, ma la sera ero a tavola a condividere il mio tempo.

Seattle non fu solo un viaggio singolo, ma anche un avamposto che mi portò a (ri)scoprire vecchie storie cinematografiche, da allora diventate parte integrante dei miei ricordi più incredibili. Tutti insieme allora, andammo alla scoperta delle sorgenti della serie I segreti di Twin Peaks a North Bend, a mezz'ora da Seattle. Se ripenso a quando vidi quella serie per la prima volta, durante l'adolescenza, non mi viene in mente alcun ricordo felice. Adesso invece ero dentro quel mondo a mangiare hamburger e torta di ciliegie, sorseggiando caffè nero. Adesso il fantasma demoniaco di Bob brindava amichevole insieme a tutti noi.

Non si può dire di aver viaggiato negli Stati Uniti senza averli attraversai su strada, e così eccoci a macinare più di 180 miglia dallo stato di Washington all'Oregon, attraversando il lunghissimo Astoria-Megler Bridge, e arrivando ad Astoria, celebre scenografia naturale di tante produzioni cinematografiche, e in particolare del cult '80, I Goonies. Un viaggio a tu per tu con emozioni, confidenze fraterne e sorprese, dove un passato ingombrante si stava finalmente fracassando in nome di una vita inaspettata. Emblema di tutto questo, la straordinaria vegetazione tutt'intorno, generosa oltre modo. Come una sorta di richiamo. Una promessa indomita verso un futuro più rigoglioso... e così sarebbe stato!

Rientrati a Seattle, e fatto una piovosa tappa ad Aberdeen, città natale del cantante-chitarrista dei Nirvana, Kurt Cobain, il gps puntò questa volta a Forks, fino a qualche anno fa cittadina sconosciuta al resto del mondo, e poi diventata popolarissima grazie alla saga cinematografica di Twilight. Il caso volle che fosse la festa del 4 luglio, e assistemmo così alle tipiche parate, con protagonisti anche i nativi Quileute, citati nello stesso romanzo di Stephanie Meyer da cui vennero tratti i vari film, il tutto anticipato da una sontuosa colazione a base di giganteschi pancake con fragole e panna.

Lungo il percorso, trovammo il tempo di goderci anche i fuochi d'artificio, cucinando anche i tipici mash mellow sul fuoco in spiaggia. Lì, davanti a me c'era l'oceano che molto "IntoWildanamente" si stava aprendo a una felicità, a tratti davvero difficile da vivere e raccontare a parole sul momento. Quando fu l'ora di riprendere l'aereo, fui attraversato da un sensazione di incompletezza. Come se non avessi fatto o vissuto abbastanza. Ero certo ci sarei tornato a Seattle ma fin'ora non è mai accaduto. Finalmente ero andato a Seattle ma nulla andò com'era previsto e lo capii subito. In quel viaggio, la mia percezione del mondo attorno a me cambiò per sempre, sentendo finalmente di meritarmi di essere sopravvissuto...

Ho cominciato a scrivere questo articolo parecchi mesi fa, immaginando il giorno che sarebbero passati 10 anni esatti dal giorno della partenza per Seattle. Quel giorno è arrivato, e io l'ho appena condiviso insieme a tutti voi. 

La città di Seattle (USA) © Luca Ferrari
Il Public Market Center (Seattle) © Luca Ferrari
A zonzo per i negozietti di Seattle © Antonietta Salvatore
Il primo hamburger (di pesce) mangiato a Seattle © Luca Ferrari
Seattle, la spiaggia di Alki Beach © Luca Ferrari
North Bend (Wa), la cascata di "Twin Peaks" © Luca Ferrari
Quattro amici tra Seattle, North Bend e Oregon 
Ruby Beach (Oregon), le rocce immortalate nel film I Goonies © Luca Ferrari
Forks (Wa), parata del 4 luglio © Luca Ferrari
 I fuochi d'artificio del 4 luglio © Luca Ferrari
Gli original mash mellow (Wa) © Luca Ferrari
On the road sulle Merymere Falls (Wa) © Luca Ferrari
Seattle © Luca Ferrari
Seattle si avvicina... © Antonietta Salvatore
Seattle by night © Antonietta Salvatore

mercoledì 8 giugno 2022

Dieci anni di viaggi insieme (2012-2022)

Timbri americano-canadesi sul passaporto © Luca Ferrari

Da Seattle alle isole Azzorre, passando per CubaCanadaFinlandia e innumerevoli altre sortite oltre confine. Quante storie potrebbe raccontavi il mio passaporto in questi 10 anni di viaggi.

di Luca Ferrari

Sono già passati dieci anni. Dieci anni di viaggi vissuti intensamente e sempre insieme. Sto parlando del mio passaporto. Dopo un lungo periodo di inattività e la naturale conclusione del mio primo esemplare, lo rinnovai nel giugno 2012, quando in un vicinissimo orizzonte c'era un viaggio atteso da una vita intera: a Seattle. Un viaggio di cui a beve racconterò qualcosa di amichevolmente speciale. Un viaggio che non si limitò al cambiare continente gironzolando per l'immenso stato di Washington, ma mi avrebbe portato per la prima volta in Canada, a Vancouver, altro timbro al confine, e poi nell'Oregon, a tu per tu col mondo dei Goonies.

Per chi viaggia, un timbro sul passaporto è come una medaglia al merito, e anche se in tutti paesi dell'Unione Europea non ho potuto chiedere l'apposito timbro una volta atterrato, ogni volta che riuscivo a varcare i cieli, me lo portavo sempre con me. Anche per una sorta di sicurezza personale, nel caso andasse smarrita la carta d'identità. Un timbro violaceo invece, venne impresso sul mio fedele passaporto appena due anni dopo la trasferta usa-canadese, questa volta su un "isolotto" nel Mar dei Caraibi, che negli anni '50 fu al centro del mondo: Cuba, in quello che fu un viaggio a dir poco surreale

Altra meta europea e poi fu la volta nuovamente del Canada. Questa volta però, interamente dedicato al gigante del nord. Un viaggio che iniziò atterrando all'aeroporto Pierre Elliot Trudeau di Montreal, e che fece acquisire al mio passaporto un bollino rosso, incollato sull'ultima pagina. Un viaggio che poi si spostò su strada, facendomi attraversare posti meravigliosi lungo le province del Quebec, New Brunswick, Nuova Scozia, raggiungendo infine l'incantevole isola del Principe Edoardo (Prince Edward Island)

E veniamo infine a quello che è stato di fatto l'ultimo timbro impresso. Appena un anno dopo l'esperienza canadese, la bussola guardò ancora verso nord, questa volta però restando nel continente europeo. Un nuovo viaggio mi stava chiamando, e questa volta fu ancora più speciale, poiché vi prese parte per la prima volta anche una minuscola creaturina di pochi mesi. Atterrato all'aeroporto di Helsinki-Vantaa, eccomi partire alla scoperta della Finlandia, spingendoci fino in Lapponia a trovare Babbo Natale e le sue tantissime (e placide) renne

Viaggiare è una dimensione dell'anima. Non tutti sono predisposti a farlo. Non tutti hanno voglia di scoprire il mondo. C'è chi si accontenta di andare sempre negli stessi posti. Negli ultimi anni della sua vita mia nonna diceva sempre che era felice di aver viaggiato molto, e si sentiva fortunata ad averlo potuto fare. Poi per ragioni di età e salute poi, non lo poté più fare ma riusciva comunque a consolarsi con i ricordi... e qualche dolce leccornia! Nel frattempo, quando l'andavo a trovare, le stampavo le cronache dei miei tanti reportage, regalandole ulteriori miglia nei pensieri e nell'anima.

Il 7 giugno 2012 si è chiuso questo decennale capitolo. Non rifarò subito il passaporto. Ne riparliamo nel 2023, destinazione il mondo intero.

Il passaporto con il bollino rosso del Canada © Luca Ferrari
Il confine USA-Canada © Luca Ferrari
On the road sulla Capre Breton Island (Canada) © Luca Ferrari
Il timbro sul passaporto a Cuba © Luca Ferrari
La spiaggia di Cayo Guillermo (Cuba) © Luca Ferrari
Il timbro del Circolo Polare Artico (Finlandia) © Luca Ferrari
Rovaniemi (Finlandia), a casa di Babbo Natale © Luca Ferrari

sabato 4 giugno 2022

Buon compleanno, Montreal

Montreal (Quebec, Canada) © Luca Ferrari
A zonzo per la città di Montreal, agli esordi di un reportage in terra canadese. Realtà cosmopolita, il 17 maggio 2022 la città più popolosa del Quebec ha spento 380 candeline. Auguri!

di Luca Ferrari

Questo è solo un pezzetto di Montreal. Un giringiro. Un "giretto" che ho potuto fare agli esordi di un epico reortage nel Canada orientale, spingendomi poi fino all'isola del Principe Edoardo. Se adesso mi concentrassi dinnanzi all'ennesima colazione casalinga di pancake, riesco ancora a sentire la dolce aroma di quelle prelibatezze gustate all'ostello Le Gite Plauteau-Mont Royal, dopo il mio primo risveglio in Canada. Da lì iniziai a muovere i miei primi passi nel Quebec. Il 17 maggio 2022 Montreal ha festeggiato il 380° anno dalla sua fondazione. 

Come in ogni reportage, anche il Canada fu uno di quei viaggi per certi versi surreali, assumendo una sorta di incredulità una volta sbarcati. Dopo quasi 9 ore passate in cielo, ritrovarsi a oltre 6.000 km più a ovest, è un colpo mica da poco. Rispetto ad altre mete così lontane però, l'impatto fu meno invasivo. Pur con le dovute differenze, un po' l'atmosfera europea, un po' la sensazione di essere in un posto sulla stessa lunghezza della propria anima, l'aggancio con questa nuova realtà fu più istintivo che mai. Se l'inglese viene parlato ovunque in città, miglio dopo miglio avrei scoperto che è quasi inesistente in gran parte dello stato del Quebec,

La prima serata è un mix di curiosità, esplorazione e relax cristallino, vagando un po' alla cieca. Qualche passo in strade affollate, un boccone e jet lag da smaltire, rimandando all'indomani la presa di coscienza definitiva. Non faccio tempo a fare pochi passi che subito mi ritrovo davanti a una delle mie cine-eroine preferite, Mary Poppins, un cui murales con tanto di inimitabile ombrello e il Big Ben di Londra, si trova all'angolo tra Boulevard St. Laurent rue Sherbrooke. L'opera fu realizzata da Antoine Tavaglione (TAVA) nel 2016, in collaborazione con il Festival Just For Laugh e uno spettacolo teatrale dedicato alla tata più famosa del mondo.

Dalla magia di all'esperienza umana, al quotidiano sempre lì a rue Sherbrook. All'angolo della suddetta via con il McGill College, una statua di un ragazzo con un computer in mano attira la mia attenzione. Lì per lì penso si tratti di un qualche geniaccio che ha inventato qualcosa, e nativo proprio di Montreal. Non potrei essere più in errore, trattasi di un semplice studente indaffarato sul proprio laptop, opera di Cedric Loth. Un'immagine molto familiare a ciascuno di noi, quasi che l'artista volesse suggerire una riflessione sul rallentare. Cartina in mano, inizio un cammino che mi conduce fino alla Basilica di Notre-Dame, costruita tra il 1824 e il1829, con chiari riferimenti all'omonima parigina. 

Montreal è sinonimo anche di grande musica, dal lontano 1980 infatti ospita il celeberrimo Montreal Jazz Festival, dal 2004 entrato nel guinnes dei primati come il più grande festival del jazz al mondo. Con non poca sorpresa scopro che molti eventi sono gratuiti e così, accomodatomi con qualche leccornia locale, mi godo la verve dei giovani artisti del terzo millennio. Il tempo intanto passa. La mia autovettura è pronta. Montreal è solo la primissima tappa di un lungo viaggio. Non ci sono rimasto molto, lo so bene. Vi avevo avvisato che era solo un giretto, no? Chissà, magari tornerò presto. Non so se volando come un'amica incontrata poc'anzi, ma sono certo che ci riuscirò canticchiando così:

Vento dall'est, la nebbia è là...
Qualcosa di magico fra poco accadrà...
Fin troppo difficile capire cos'è...
Un viaggio speciale arrivi per me...

Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari
Montreal (QuebecCanada) © Luca Ferrari

mercoledì 27 aprile 2022

Il 27 aprile in Slovenia si celebra la Giornata dell'Insurrezione contro l'occupatore

Lago di Bohinj (Slovenia), lapide II Guerra Mondiale © Luca Ferrari

Il 27 aprile si celebra in Slovenia la Giornata dell'Insurrezione contro l'occupatore. Sulle sponde del lago di Bohinj, una lapide traccia memoria e germogli di pace.

di Luca Ferrari

Un tuffo nella natura lacustre della verde Slovenia, a tu per tu con la Storia del Secondo Conflitto Mondiale. A una mezz'oretta scarsa dal placido lago di Bled, c'è un altro specchio acqueo tra i più celebrati della giovane Repubblica Slovena (1991), il lago di Bohinj, nel cuore del Parco Nazionale del Triglav, tra i più antichi d'Europa. Incastonato nelle Alpi Giulie, si trova a poche miglia dall'altopiano di Pokljuka, piccola meta sciistica frequentata soprattutto dai locali e totalmente immersa nel verde. Un'oasi di pace il lago di Bohinj, all'inizio della quale si erge la chiesetta di San Giovanni Battista, finemente affrescata, e raggiungibile (anche in macchina) attraverso un caratteristico e panoramico ponte di pietra.


Parcheggiata la macchina lì nei paraggi, vengo subito attirato da qualcosa di molto particolare, posto proprio davanti al lago: la statua del camoscio di Zlatorog, la cui leggenda affonda nella magia e nell'amore più sofferto. Tempo di arrivare a ridosso dell'edificio sacro, ed è ancora l'opera umana a catturare la mia attenzione. Una lapide incisa sulla pietra, con raffigurante una stella (rossa) e una dedica ai caduti della II Guerra Mondiale. Una tetra pagina di storia dove, a partire dal 1941, furono spietatamente protagonisti i fascisti italiani di Mussolini insieme ai nazisti di Hitler, costruendo nella nazione slava anche campi di concentramento di cui il più tristemente noto è quello dell'isola di Rab (Arbe in italiano), in Croazia.

Difficile se non impossibile slegare i fatti della II Guerra Mondiale dalla tragedia delle foibe, l'ennesima pagina nera bellica-post bellica che ha visto negli ultimi anni la Destra fascista italiana appropriarsi di quella memoria. Una situazione paradossale che può trovare proseliti solo nella propaganda più squallida e nell'ignoranza piu laida. È indubbio che migliaia di italiani pagarono un prezzo atroce per mano slava, ma oltre a guardare alle appurate responsabilità di Tito, bisognerebbe iniziare ad ammettere anche le nostre. L'Italia invase il proprio vicino, e operò in modo barbaro e spietato. Crimini su cui, inspiegabilmente, gli arroganti eredi delle camicie nere (e non solo) fanno finta di non sapere nulla o peggio, minimizzano, facendo così di noi un popolo di sole vittime. Un'autentica mistificazione della Storia.

Mi sono trovato a passeggiare per la Slovenia il 25 aprile, una data storica per l'Italia. Il giorno in cui celebriamo (quasi tutti) la fine della spietata dittatura nazifascista. Quello però su cui pecca il Bel paese, è il ricordare che anche noi abbiamo fatto parte di quella abominevole realtà e non basta la ribellione partigiana per riabilitarci e sotterrare i crimini di cui si macchiò l'Italia fascista, specialmente verso quelle nazioni che la subirono senza pietà né colpe, proprio come la ex Jugoslavia, per altro neutrale e dunque non "nemica" dell'Asse. Oggi invece è il 27 aprile e in Slovenia si commemora la Giornata dell'Insurrezione contro l'occupatore nazifascista.

Piangere le proprie vittime è un atto dovuto. Onorare i morti caduti per propria mano, è un dovere civico e una lezione che può cambiare il corso della Storia.

Lago di Bohinj (Slovenia) © Luca Ferrari

venerdì 25 marzo 2022

Buon compleanno, Venezia!

Venezia, campo del Ghetto Novo © Luca Ferrari

25 marzo 2022. I bambini sono il futuro di una città e del mondo intero. E chi meglio di "loro" per augurare buon compleanno a Venezia, fresca di 1601 candeline?

di Luca Ferrari

Più di 1600 anni di storia, vita e cultura. Davvero un gran bel traguardo, cara la mia Venezia. Ispirato dal laboratorio di giardinaggio della Scuola Materna Comparetti in campo del Ghetto Novo (Cannaregio), il mio augurio lo intingo di speranza nel vedere questa meravigliosa città sempre più ricca di famiglie, perché quando i campi si riempiono di corse spensierate, giochi e voglia di condividere, una città è davvero viva e può guardare al futuro con gioia e ottimismo.

lunedì 21 marzo 2022

Gli anni di piombo a Venezia

Negli anni '80 l'orrore del terrorismo brigatista colpì anche in laguna. All'Ateneo Veneto si raccontano - Gli "anni di piombo" a Venezia -, con le voci dei parenti delle vittime.
 
di Luca Ferrari

Ero un bambino quando tra un giocattolo e un esercizio elementare, iniziarono a entrare parole come terrorismo, brigate rosse, etc. Ricordo ancora gli sguardi sgomenti dei miei genitori dinnanzi alle notizie dei telegiornali. Erano gli anni Ottanta, e a quel tempo nuove scie di terrore insanguinavano l'Italia. Lunedì 28 marzo all'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale veneziana in attività, si ricorda quella drammatica stagione con un incontro pubblico sul terrorismo brigatista nel veneziano,   Gli anni di piombo a Venezia, con testimonianze dei parenti delle vittime.
 
Conosciamo troppo poco la nostra storia. Studiamo troppo le antiche civiltà a discapito del presente, arrivando a stento alla II Guerra Mondiale, la cui lettura è quasi sempre superficiale, tralasciando l'orrore che il fascismo italiano disseminò tra Africa, ex Jugoslavia e Grecia, in particolare. C'è poi quella immensa storia del Dopoguerra, raramente analizzata, ma le cui implicazioni sono ancora fortissime nel contemporaneo: dal Medioriente alla recente invasione ucraina, senza dimenticarsi di casa (cosa?) nostra, con il terrorismo che segnò il Bel paese tra gli anni '70 e '80.

Da quell'epoca non si salvò nemmeno Venezia, che tra il gennaio 1980 e il luglio 1981, vide cadere il vicequestore della Digos, Alfredo Albanese e due dirigenti industriali Sergio Gori e Giuseppe Taliercio, quest'ultimo rapito e poi barbaramente ucciso. All'incontro pubblico all'Ateneo Veneto (Aula Magna, ore 17.30), il giornalista Adriano Favaro, autore del libro Cronache di piombo. Il terrorismo nel Veneto raccontato dai testimoni di oggi” (ed. Nuova Dimensione 2021), dialoga con l'ex magistrato Carlo Nordio, con Cesare Taliercio, figlio dell’ingegnere Giuseppe Taliercio: Barbara Gori, (da remoto), figlia di Sergio Gori e Teresa Friggione (da remoto), moglie del vicequestore Alfredo Albanese.

L'archivio di Antenna Tre - L'omicidio Taliercio

domenica 27 febbraio 2022

Putin, il potere del padre-padrone

Lo sguardo di rimprovero del capo Vladmir Putin

Fino a che punto può arrivare la sudditanza padrone-dipendente? Vladmir Putin e il Capo dei Servizi Segreti russi, Sergey Naryshkin, ce lo hanno ricordato nel modo peggiore.

di Luca Ferrari

Un'idea subito sfumata nella teoria sostenuta dal proprio Capo. Una tesi abortita nel momento stesso in cui arriva alle orecchie del Padrone supremo. Inizia un balbettio, un deglutire tragicamente  impaurito. Nella politica come nel mondo del lavoro (ma anche nella vita), il rapporto capo-dipendente è uno scontro impari dove il secondo ha tutto da perdere, e il primo, da vero bullo, esercita un'autorità basata esclusivamente sulla paura e sulla quasi sempre impossibilità di giocare ad armi pari. L'ultima in ordine temporale, è andata in scena tra Vladimir Putin Sergey Naryshkin

Nei giorni scorsi, durante la riunione sul riconoscere l'indipendenza delle autoproclamate Repubbliche del Donetsk e Lugansk, nella già divisa e martoriata Ucraina, è andato in scena un teatrino degno del più tragico Fantozzi dinnanzi al mega-direttore di turno, tra il leader supremo della Russia, il presidente Vladimir Putin, e il Capo dei Servizi Segreti russi, Sergey Naryshkin. Non contento della sua risposta, il funzionario si è visto imbeccare le parole corrette, trasformandosi in uno scolaretto colto impreparato dal rigido insegnante, e costretto ad ammettere di essere un asino davanti a tutta la classe. Che cosa avrebbe potuto fare il buon Sergey allora? Nulla, niente di niente.

Lavoro nel campo della comunicazione come freelance, dunque faccio parte di quell'esercito della partita IVA a cui non importa nulla a nessuno, Governo e Sindacati in primis. Quando finisce una collaborazione, si chiude e stop. Giusto qualche giorno di preavviso e tanti saluti, talvolta senza nemmeno il tempo di un "grazie" per il lavoro svolto. Ciò che non smette di sorprendermi però, è l'arroganza di certi capetti che, a dispetto di pessime scelte adottate e palesi a chiunque, fanno pagare il prezzo del proprio fallimento a chi non fa parte della loro ristretta cerchia. E questa è l'Italia. Lo è sempre stata e continua ad esserlo a dispetto delle nuove generazioni.

Rispetto alla mia recente esperienza però, almeno Putin ci ha messo la faccia e lo sguardo (di ghiaccio) dinnanzi alla sua "vittima", ma il risultato non è differente. Naryshkin sarebbe stato un pazzo suicida se avesse osato ribellarsi sostenendo la sua idea del dare un'ultima chance al dialogo, mettendo a repentaglio di sicuro la propria carriera e forse anche la vita. Incalzato dall'uomo del comando supremo/estremo, si è inesorabilmente prostrato, probabilmente chiedendogli scusa in privato e aumentando così la propria sudditanza. Il mondo del lavoro così come quello della politica, non è una democrazia. Non esiste libertà di parola, se non pagandola sulla propria pelle e Vladimir Putin ce lo ha ricordato nel modo peggiore. 

Vladimie Putin, e la riunione

Sergey Naryshkin, capo dei Servizi Segreti russi