martedì 19 novembre 2024

Prince Edward Island, il sogno continua

Argyle Shore Provincial Park (isola del Principe Edoardo, Canada) © Luca Ferrari
Il cerchio della vita si è allargato nel verde più spensierato e magico del Canada orientale, sull'isola del Principe Edoardo (Prince Edward Island). Tornerò ancora!

di Luca Ferrari

Green Gables. Cavendish. I fari. Le spiagge infinite. Un'atmosfera che più placida non si potrebbe trovare. L'isola del Principe Edoardo (Prince Edward Island) è la provincia più orientale del Canada collegata via terra. La prima volta fu un colpo di fulmine, potente e inatteso. La seconda volta è stata la consacrazione di un legame che continuerà per sempre. Alla vista del primo cartello che indicava la PEI, ho sentito un'emozione fortissima che ha continuato a salire nell'attesa di attraversare il lunghissimo Confederation Bridge, che collega l'isola al New Brunswick. Nel primo viaggio sbarcai sulla Prince Edward Island con un imponente traghetto proveniente dalla Nuova Scozia, attraversando poi il ponte al momento dei saluti. Questa volta invece, ho provato l'ebbrezza di arrivarci percorrendolo, passando dalle tante immagini viste sul web in questi anni di attesa, all'essere protagonista su quattro ruote. Sono tornato sull'isola del Principe Edoardo e non mi è mai sembrata così radiosa. 

Lo avevo scritto e così è stato. Lo avevo annunciato. A meno di un anno dalla partenza, con i biglietti acquistati con larghissimo anticipo, avevo scritto che sarei tornato in Canada. Anche un mese in più di vita può cambiare una persona, figuriamoci sette anni di attesa. Ma per quanto sapessi a cosa e dove stessi andando, un Paese che è sempre stato nel mio destino, non ero minimamente pronto a vivere ciò che è stato e ancora una volta è riuscito a sorprendermi. E se ci ho messo così tanto per scriverne, è proprio perché ho dovuto bilanciare al meglio le emozioni. Se durante il mio primo grande viaggio in terra canadese, cambiai location ogni notte, questa volta ho concentrato più della metà dell'esperienza sulla Prince Edward Island. Per raggiungerla, dall'aeroporto di Montreal sono oltre 1.100 km di macchina, tragitto questo che si è allungato in virtù di alcune tappe, a cominciare dal Savage Zoo di St. Felicien, con una strepitosa escursione in mezzo alla fauna locale allo stato brado (orsi inclusi). Il gps poi ha puntato diritto verso la costa del Quebec, quindi traghetto lungo il fiume San Lorenzo per raggiungere più velocemente la parte più orientale dell'immensa provincia canadese, facendo tappa a Gasquet Perc. Poi, come detto, una lunga tirata per raggiungere l'isola del Principe Edoardo.

Il covid ha cambiato il mercato e se nel 2016 si riusciva a trovare prezzi ragionevoli anche a ridosso o durante il viaggio stesso, questa volta mi sono dovuto organizzare con molto anticipo, perdendo un po' di avventura, ma allo stesso tempo trovando delle sistemazioni da urlo, in particolare grazie a HomeExchange, con il quale ho potuto soggiornare in case fantastiche e in alcune delle zone più belle del Canada. Raggiungere la Prince Edward Island è un viaggio nel viaggio. Un tragitto costellato di cartelli arancioni sul possibile attraversamento di alci. Nessuno di quei bestioni, però, è stato così cortese di farsi vedere a differenza di un cucciolo di orso nero che mi è passato, solitario, a poca distanza dalla mia vettura in transito. Verso sera, finalmente, è arrivato il momento tanto atteso. Poche le macchine in quel momento. Il ponte sembrava non finire mai. Durante il lungo attraversamento (12,9 km), solo acqua sotto di me. In mezzo all'oceano, sullo stretto di Northumberland. Un'emozione indescrivibile. Finalmente ero tornato sulla Prince Edward Island.

Prima tappa, Kensington, in un placido quartiere circondato dal verde e a pochi minuti di macchina da Cavendish, per una imperdibile visita al complesso del Green Gables Heritage Place, dedicato al celebre personaggio di Anna dai capelli rossi, ideato dalla scrittrice locale Lucy Maud Montgomery (1874-1942), di cui il prossimo 30 novembre ricorre il 150° anniversario dalla nascita. Lì, tra i vari sentieri chiamati come Anna Shirley soleva fare entusiasta, anche una graziosa casetta con i tipici abbaini verdi, proprio come riporta il titolo originale del romanzo, "Anne of Green Gables", pubblicato nel 1908.

Cavendish (PEI), complesso di Green Gables © Luca Ferrari
A questa visita, è seguita poi una sbirciatina dove la scrittrice canadese è realmente vissuta, a New London, sempre sulla PEI. Per chi fosse in "fanciullesca compagnia", si segnala lì vicino un grande parco di divertimenti, il Mariner's Cove Boardwalk con tanto di museo delle cere (tra cui è rappresentata la celeberrima cantante canadese Celine Dion), minigolf e pure un'esperienza da cercatore di pepite preziose. Dulcis in fundo, il limitrofo Sandspit Cavendish Beach con tanto di  montagne russe.

Se c'è una cosa che in Canada e sulla Prince Edward Island abbondano, sono i fari. Tra le tappe imperdibili, quello di Panmure Island, sulla Points East Coastal Drive, vicino alle scogliere di arenaria rossa che dominano l'ingresso di Cardigan Bay e il porto di Georgetown. Fu costruito da Peter Stewart e completato nel 1853 da Henry Williams su un sito scelto dal capitano Henry Bayfield, per avvisare le navi della presenza di secche pericolose, note come Bear Reef e Panmure Ledge, che si trovano appena a sud. Ancora oggi è funzionante e di ausilio alla navigazione per imbarcazioni da diporto e da pesca. "Irrobustito" nel 1908 da un allarme anti-nebbia, il faro di Panmure ha quattro piani, tutti visitabili con un piccolo museo & shop al piano terra, aperti solitamente da giugno a metà ottobre. Nel 1984 è stato riconosciuto come sito storico e nel 2013 ha ricevuto la designazione ufficiale. Dal 2015 è stato ceduto alla Panmure Island Lighthouse Association, un gruppo di volontari della comunità, formato per salvare e restaurare questa storica struttura.

Non si può dire di aver visitato un Paese senza averne assaggiato la cucina e sulla Prince Edward Island l'indiscussa pietanza principe, è l'astice, cucinato in tutte le forme possibili: dal panino con astice (lobster burger), meno presente rispetto a un tempo, al gettonatissimo lobster roll, passando per le zuppe e l'aragosta vera e propria. Dai chioschetti affacciati sul mare che servono il pescato del giorno come il Blue Water Grill, dove si può gustare anche un ottimo fish & chips, ai più blasonati ristoranti come il celeberrimo Fisherman's Wharf, a North Rustico. Curiosità. Ovunque si vada, c'è sempre da aspettare una mezz'ora abbondante prima di mangiare, ma non tanto per l'afflusso di bocche voraci ma poiché i piatti vengono sempre preparati al momento e con la massima cura; la qualità è davvero notevole. Pesce consumato a zonzo ma anche tra le mura domestiche. Potendo contare sulle cucine (fisiche) locali, mi sono "viziato" con salmone di altissima fattura, divorato anch'esso a più riprese per una no-stop ittica degna della mia Venezia, e creando così un ideale ponte culinario insulare.

Non solo prelibate ricette. Prince Edward Island è sinonimo di immensità dei parchi naturali. Un ticket d'ingresso e si possono raggiungere angoli impensabili dove si snodano miglia e miglia di spiaggia. In un mese come agosto si può passare facilmente dal sostare con felpa a farsi il bagno con un'acqua a dir poco tiepida (per capirci, in Croazia a luglio ho trovato temperature più fresche, ndr). Proprio a ridosso del faro di Panmure, c'è una delle spiagge più incantevoli, nei pressi di Cardigan Bay. Sabbia rossastra. Un po' di vegetazione. Il sole adagiato dolcemente. Ci sono spiazzi aperti e più battuti dai natanti, ma per chi desiderasse mera tranquillità e solitudine, c'è solo l'imbarazzo della scelta. E una volta parcheggiata la macchina, basta cambiare sponda e le correnti eoliche possono farsi decisamente più incisive così come lo stesso fondale marino, passando da sabbioso a roccioso. Un'altra tappa da cui non si può prescindere, è il Greenwich National Park.

Caratterizzato da grandi dune sabbiose, l'area è una vera bomboniera culturale, habitat naturale di piante e animali rari, per di più con legami con la cultura francese, della popolazione acadiana e la tribù nativa dei Mi’kmaq. Si potrebbe passeggiare per ore grazie ai tanti sentieri, fino ad arrivare al Greenwich Dunes Trail, camminando scalzi sulla sabbia bianca. All'ingresso c'è un dettagliato polo museale dove è possibile visionare filmati e leggere ampi pannelli per un'immersione totale nella cultura del posto. Per vedere tutto questo, si paga solo una tassa d'ingresso, decisamente modica per ciò che attende i visitatori. Un parco, questo, dove non sono ammessi animali domestici. Abbandonata l'area espositiva, prima di raggiungere il golfo di San Lorenzo, un'ampia struttura sempre pulita e completamente gratuita, è a disposizione di tutti: docce, lavabi vari, servizi igienici e perfino una cucina per preparare il pranzo al sacco. Altra curiosità. A parte un piccolo snack-bar (chiamiamolo così, per dirla all'europea), non c'è alcun locale lungo le spiagge. 

Se in Quebec il pezzo goloso delle colazioni doc sono soprattutto deliziose crepes traboccanti di sciroppo d'acero, sulla Prince Edward Island invece, come in gran parte delle province anglofone, sono gli originali pancake, serviti anch'essi con quell'abbondante prelibatezza, la cui foglia si erge fiera sulla bandiera del Canada. Prima di una nuova tappa, faccio il pieno delle suddette delizie in una tipica caffetteria-ristorante di Charlottetown, capoluogo della PEI. Ancor più particolare del Greenwich, l'Argyle Shore Provincial Park, situato sulla parte opposta dell'isola del Principe Edoardo a pochi minuti dal piccolo centro rurale di Bonshaw, sullo Stretto di Northumberland, direttamente collegato con l'Oceano Atlantico. Una volta arrivati, a parte madre natura, solo qualche panchina e un paio di altalene. Lo spazio è immenso e sconfinato. L'orizzonte guadagna nuove prospettive. In un casolare gestito dal comune locale per la gestione e la tutela dell'area, viene ogni giorno issato un cartello con scritta a mano l'orario dell'alta marea e della bassa marea.

Le maree del 12 agosto 2024 sullo Stretto di Northumberland/ Argyle Shore Provincial Park
© Luca Ferrari
Le rocce rossastre si adagiano spavalde verso le acque tra le quali sono frequenti i granchi eremiti e le vongole. Una lunga scalinata ci mette a tu per tu con le rocce marnose e il mare, dove si possono fare rilassanti nuotate. Un panorama quasi surreale tra secche e infinto, e dove una corsa spensierata si consacra all'immortalità. Attenzione alle maree. Bastano poche ore, e l'asciugamano disteso per prendere il sole, verrà letteralmente avvolto dalle acque. Il nome dell'area deriva dalla località di origine dei primi coloni che vi arrivarono dalla Scozia, più precisamente da Argyle Shire. Un universo di terra, vegetazione e roccia rossa, al cospetto del quale sventolano fiere e unite le bandiere del Canada e della Prince Edward Island. In questo fazzoletto di terra c'è un'energia che non si può descrivere a parole.

Sono partito per il Canada convinto che sarebbe stata l'ultima volta, o al massimo immaginando che ci sarei potuto tornare molto più in là negli anni. Non è stato così. L'inizio del viaggio è stato tribolato. Forse non ero del tutto connesso, poi è successo qualcosa. Poi, semplicemente, sono arrivato sulla Prince Edward Island e ho sentito le mie labbra (il cuore) allargarsi in modo sempre più incontrollato. Mi sono fatto filmare mentre guidavo sul Confederation Bridge, scoprendomi leggero e felice. Sono tornato sull'isola del Principe Edoardo e mi sono sentito a casa mia. Ma una casa non può essere vuota, e come accadde a Seattle, in quel viaggio che cambiò tutto a livello umano, è stato un incontro con delle persone (speciali) a proiettarmi in un'altra dimensione. Da banali conoscenti, sono diventati parte della mia famiglia. Una famiglia che spero un giorno di ritrovare in un nuovo viaggio. Una prossima avventura che ho già cominciato a pianificare: partenza da Venezia, scalo a Montreal e coincidenza per Halifax, in Nova Scotia. Di lì partire alla scoperta del Newfoundland (Terranova e Labrador), quindi tornare sulla terraferma, ritornando in quel posto che ha stravolto e continua a stravolgere la mia esistenza: la Prince Edward Island. Il sogno continua...

                                             
Welcome to Prince Edward Island - Argyle Shore Provincial Park

Canada, on the road verso l'isola del Principe Edoardo © Luca Ferrari
PEI (Canada), on the road sul Confederation Brdige © Luca Ferrari
Cavendish (Prince Edward Island), l'ingresso a Green Gables © Luca Ferrari
Cavendish, la casa di Anna dai capelli rossi © Luca Ferrari
Green Gables celebra la scrittrice Lucy Maud Montgomery © Luca Ferrari
Cavendish, la statuta di Celine Dion © Luca Ferrari
North Rustico (PEI), cena a base di astice © Luca Ferrari
Isola del Principe Edoardo, il faro di Panmure Island © Luca Ferrari
In cima al  faro di Panmure Island (PEI) © Luca Ferrari
Il faro di Panmure Island (PEI) © Luca Ferrari
Il mare sullo Stretto di Nortrhumberland © Luca Ferrari
Charlottetown, colazione con caffè, pancake e sciroppo d'acero © Luca Ferrari
Argyle Shore Pronvincia Park (Prince Edward Island) © Luca Ferrari
Il placido panorama dell'Argyle Shore Provincial Park © Luca Ferrari
Argyle Shore Provincial Park (PEI) © Luca Ferrari
 New London, faro © Luca Ferrari
New London (PEI), casa di Lucy Maud Montgomery © Luca Ferrari
New London (PEI), l'interno della casa di Lucy Maud Montgomery  © Luca Ferrari
New London (PEI), targa commemorativa in memoria di Lucy Maud Montgomery  © Luca Ferrari
Prince Edward Island, abitazione © Luca Ferrari
Prince Edward Island, ingresso Greenwich National Park © Luca Ferrari
Prince Edward Island, sezione museale Greenwich National Park © Luca Ferrari
Le acque del Golfo di San Lorenzo dal Greenwich National Park © Luca Ferrari
Le bandiere del Canada e dell'isola del Principe Edoardo/ l'autore Luca Ferrari,
alla guida sul Confederation Bridge

mercoledì 6 novembre 2024

Reyer Venezia, sorelle nella notte

Palasport Taliercio, Reyer © Luca Ferrari - giocatrici © Umana Reyer

Il cielo buio. La nebbia. La navetta verso il palasport Taliercio. Prima e dopo una nuova sfida di basket della Reyer Venezia femminile, c'è tutto un mondo da vivere dentro l'anima.

di Luca Ferrari

Storie di legami, passioni e ispirazione. È una serata speciale. È un momento che non pensavo sarebbe arrivato, semplicemente perché... non lo conoscevo. Poi un giorno, una vocina tornò dalla scuola materna, dicendo: "vorrei giocare a basket". Un po' di tempo dopo, sabato 2 novembre 2024, per la prima volta ho assistito a una partita di basket in solitaria. In un post pubblico di poco tempo fa su Instagram, dove si chiedeva quale giocatore/giocatrice avesse acceso la passione per la pallacanestro, dalla mia pagina say_hello_to_badboy76, risposi semplicemente, "mio figlio". Da allora sono passati già tre anni e da un interesse sussurrato, sono arrivato a una cultura personalizzata fatta di highlights, libri e serate live. Complice l'orario serale, questa volta ho preferito evitare l'impegno al mio figlioletto e così, un po' titubante (quasi intimorito), mi sono avventurato per assistere alla sfida Reyer Venezia - Brixia Basket.

La nebbia non ha allentato la sua morsa per gran parte della giornata. Dopo un po' di attesa, finalmente arriva la navetta. Riesco a sedermi sul primo posto alla destra dell'autista, avendo così visuale perfetta della strada notturna. Per chi abita in laguna, un viaggio su quattro (o più) ruote ha sempre un sapore diverso. Guardo il ponte della Libertà scivolarmi alle spalle senza poi distinguere più nulla del panorama "terricolo", parco San Giuliano a parte. Se per gli sportivi amanti del basket, "Taliercio" è sinonimo delle più recenti imprese della pallacanestro veneziana, quel nome evoca anche alcune delle pagine più tragiche della storia locale. Il palazzetto infatti è stato dedicato all’ingegnere Giuseppe Taliercio, storico dirigente dello stabilimento petrolchimico della Montedison a Marghera, assassinato dalle Brigate Rosse il 5 luglio 1981. Quelli erano anni dove il terrorismo di destra e di sinistra insanguinavano l'Italia nei cosiddetti Anni di piombo, e anche Venezia non fu risparmiata. Oggi questo luogo è teatro di sogni, sudore e felicità condivisa. 

Ho imparato a conoscere la squadra femminile della Reyer sul web e con qualche incursione dal vivo. Sarà stato questo, ma una volta entrato nel palazzetto, non ho provato una sensazione di solitudine, tutt'altro. Mi sono sentito al mio posto. Un panorama che oramai fa parte della mia esistenza. E così, fin dal riscaldamento all'inizio della partita, ero lì, da solo ma allo stesso tempo in compagnia. Il tempo di adattarmi e cercare il posto ideale ed eccomi a ridosso del campo, seguendo i primi due quarti di gara proprio sotto il canestro dove le "leonesse oro-granata" hanno messo a segno i tanti punti, a cominciare dalla giovane Matilde Villa e la finlandese, Awak Kuier, entrambe con due tiri vincenti da 3. E a proposito di nuove generazioni del basket, anzi giovanissime, posso dire di aver assistito a quello che sarà il primo di moltissimi canestri di Isabell Hassan (classe 2009), al suo debutto ufficiale in prima squadra.

La Reyer ha dominato dall'inizio alla fine. Assente la forte ala-centro Giuditta Nicolodi, la squadra ha giocato come meglio non si potrebbe, a cominciare dalla capitana Francesca Pan, autrice di numerose giocate vincenti da 3. In un'epoca molto individualista, la Reyer femminile è espressione del collettivo più sinceramente qualitativo. I polmoni a tutto campo della playmaker Mariella Santucci. La costanza dell'ala Martina Fassina. I contributi della guardia Caterina Logoh. L'imprevedibilità della play/guardia Lisa Berkani. I canestri "pesanti" di Dragana Stankovic, Lorela Cubaj e Maria Miccoli. La qualità della guardia Kamiah Smalls, eletta MVP della partita a pari merito con Awak. La squadra veneziana gioca alla grande, non molla fino alla fine e conclude vincendo nettamente 90-56. Ogni canestro viene sempre salutato da un'ovazione.

Finisce la partita. Vorrei rimanere un po' di più ad assaporare l'atmosfera. Davanti a me c'è un gruppo di donne che ispira con la genuinità dello sport. La navetta per Venezia però, non aspetta (troppo) così mi fiondo subito a bordo dell'automezzo, allo stesso posto dell'andata. Quasi tutti sono venuti in compagnia. Si scambiano commenti sulla partita, parlando anche dei progressi della squadra maschile. Mi sento un po' uno straniero in trasferta. Mi piacerebbe tornare più spesso ma non è sempre fattibile, complici le difficoltà logistiche per chi abita in laguna. Comprensibile che il pubblico dalla terraferma sia superiore a quello veneziano ma è un gran peccato che non ci siano navette anche per le sfide di Euroleague. L'autobus intanto è già arrivato a piazzale Roma. Pochi minuti di camminata e vedo già il ponte dei Tre Archi (Cannaregio), nel mio più immediato orizzonte umano. È stata una grande serata di pallacanestro. A presto, Umana Reyer, continuate a giocare così bene e soprattutto unite. Buona notte, Venezia. 

Reyer-Brixia, gli highlights

Sulla navetta, di ritorno dal Palasport Taliercio © Luca Ferrari
Palasport Taliercio, l'ingresso © Luca Ferrari
Il palasport Taliercio prima del riscaldamento © Luca Ferrari
Le giocatrici della Reyer Venezia durante il riscaldamento © Luca Ferrari
Le giocatrici della Reyer Venezia durante il riscaldamento © Luca Ferrari
Reyer vs Brixia, le squadre © Luca Ferrari
Time out durante la partita Reyer Venezia - Brixia Basket © Luca Ferrari
Martina Fassina, Isabel Hassan e Mirella Santucci durante la partita
Reyer Venezia - Brixia Basket © Umana Reyer
Reyer Venezia - Brixia Basket © Umana Reyer

giovedì 24 ottobre 2024

I miei 5 anni "social" all'Ateneo Veneto

L'Ateneo Veneto consegna a tutti i veneziani il Premio Torta 2023 - Ph. Marta Buso

Dal 2019 al 2024, ogni giorno, mi sono occupato dei canali social dell'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale di Venezia in attività. 

di Luca Ferrari

Venezia e la sua storia. La storia di Venezia, passata e presente, costruendo e raccontando il futuro che l'attende. Per cinque anni e mezzo ho avuto il privilegio di avvicinarmi a questo mondo. Viverlo, documentarlo e condividerlo sui social media (Facebook, Twitter, LinkedinInstagram) attraverso parole, immagini e video. Per cinque anni e mezzo, a partire dalla primavera 2019, il mio primo pensiero di ogni giornata lavorativa è sempre stato rivolto all'Ateneo Veneto di Scienze, Lettere e Arti, la più antica istituzione culturale veneziana in attività, fondata per decreto napoleonico nel 1812. Sede dell'Ateneo, l'ex-Scola dei Picai, oggi di San Fantin, situata nell'omonimo campo adiacente il Gran Teatro la Fenice, nel sestiere di San Marco, a pochi minuti dalla celeberrima piazza. Un edificio che potrebbe essere anche un museo. Nelle sale Tommaseo, di Lettura e la maestosa Aula Magna infatti, è possibile ammirare opere dei maestri della pittura veneta: Paolo Veronese, Leonardo Corona, Antonio ZanchiAlessandro Longhi, Jacopo Palma e il Tintoretto, di cui è esposta la pala raffigurante l'Apparizione della Vergine a San Girolamo.

Marzo 2019. La prima volta che mi sono occupato dell'Ateneo Veneto, iniziai immortalando un volume sulla storia dell'istituzione con uno sfondo lagunare. Nonostante non fossi alla mia prima esperienza social, un po' di ansia fu inevitabile ma allo stesso tempo, anche molta soddisfazione per i risultati ottenuti. Nei mesi e negli anni successivi, è stato tutta una serie di anticipazioni di eventi, live dal vivo nonché studio di possibili e ulteriori sviluppi. Sarebbe riduttivo vedere in quest'esperienza un semplice rapporto collaborativo. È stato molto di più, e questo in particolare per la tipologia dell'attività che ho svolto, capace di aprirsi a una miriade di altri aspetti, oltre a un costante contatto-confronto da remoto e in sede con la referente dell'ufficio stampa, la giornalista Silva Menetto.

Occuparsi dei social media vuol dire (anche) essere la voce occulta di una realtà, imparando a conoscere tutto quello che la riguarda, dentro e fuori. Lavorando ogni giorno, calamità incluse. Durante la mia attività social infatti, mi sono trovato a documentare l'acqua granda che colpì Venezia il 12 novembre 2019 e in seguito, come tutti, affrontare la pandemia da Covid, quando per tre mesi restammo chiusi in casa. In quel periodo riuscimmo comunque a tenere attivo l'Ateneo Veneto, proprio attraverso i canali social, in primis potenziando il canale Youtube e pubblicando, tra gli altri la rubrica "Raccontaci di te", dove la popolazione fu invitata  a mandare un contributo su come stesse vivendo quei terribili momenti, pubblicati poi sui vari social media con format diversi. "[…] Qualcuno ha esposto alla finestra una bandiera. Chissà se saremo migliori quando questa pandemia sarà passata, se sapremo capire la differenza fra ciò che conta e ciò che non conta, coscienti della nostra fragilità che non è solo dei vecchi [...]” ha tramandato Gabriella Bianco.

Altrettanto notevole fu il lavoro estivo realizzato sui dogi di Venezia, poi ripreso in un'altra occasione e con protagonisti differenti. I social media non vanno mai in vacanza e anche quando gli uffici sono chiusi, si è sempre continuato a lavorare, postando pillole delle più alte figure della politica veneziana, ma non solo. Lavorando in Ateneo Veneto ho imparato io stesso moltissimo sulla storia veneziana, e certe date ormai mi sono entrate dentro, come il 14 luglio, quando nel 1902, il campanile di San Marco crollò all'improvviso senza mietere alcuna vittima, o il 13 maggio 1804, data dei natali di Daniele Manin, patriota veneziano di cui è conservato un busto nella sala Tommaseo al 1° piano della sede dell'Ateneo Veneto, poco distante proprio da campo Manin. Ma esattamente come per certe rock band, il momento cruciale dell'Ateneo Veneto sono gli eventi dal vivo. E lì che si capisce cosa rappresenti davvero questa istituzione culturale. È in questi momenti che le storie del passato e del presente assumono quell'umanità, di cui anche io posso dire con orgoglio, sono stato e sono tutt'ora testimone osservante, e narrante.

Le celebrazioni del Giorno della Memoria, ad esempio, sono sempre state un appuntamento molto sentito e partecipato. Personalmente, un momento per riflettere non solo sul dramma della Shoah, ma anche sulle tante tragedie disumane che hanno insanguinato il mondo, da quelle passate a quelle più recenti. Il 27 gennaio 2023 studenti e società civile si sono alternati nella lettura integrale del volume Se questo è un uomo di Primo Levi. "[...] Per noi la storia si era fermata [...] Con tutte le nostre forze abbiamo lottato perché l'inverno non arrivasse... Non sappiamo cosa vuol dire perché eravamo qui anche l'inverno scorso. Chi non morirà, soffrirà moltissimo [...]". "[...] Devo andare a dirgli che non gli servirà più la camicia? [...] Non capisce che è accaduto un abominio [...] "Adesso basta. Adesso è finita [...]". Restando in tema di diritti umani e visione internazionale, l'Ateneo Veneto ha avuto l'onore di ospitare Rami Elhanan e Bassam Aramin per parlare di pace in Palestina, realizzando anche un intenso incontro sui diritti delle donne in Afghanistan.

Di tutt'altro genere invece, quando mi ritrovai nell'epicentro tradizional-sportivo di Venezia. Un evento che non ha eguali per l'ex Serenissima, la Regata Storica. Per la prima volta, nel 2023, l'Ateneo Veneto ne ha sostenuto un equipaggio, la caorlina della Canottieri Giudecca. Prima della gara ho avuto il privilegio di seguire un allenamento della suddetta in una zona lagunare scarsamente attraversata da qualsivoglia imbarcazione, e dunque scoprendo una Venezia inedita, per di più, da una prospettiva acquea. Poi è arrivato il giorno della Regata Storica, ed eccomi su e giù per il Canal Grande a seguire prima il corteo storico e poi le singole competizioni di remo. Un forte momento di appartenenza ed emozione. Un lungo momento che mi ha riportato ai tempi in cui scorrazzavo su e giù per l'Europa (e mezzo mondo), facendo reportage di viaggio e di carattere umanitario (tematica quest'ultima su cui vinsi anche un premio giornalistico).

Nel corso della sua storia l'Ateneo Veneto ha istituito alcuni Premi. Tra questi, il premio (biennale) “Pietro Torta” per il restauro di Venezia, la cui XXXVII edizione fu davvero particolare poiché a vincere non fu il classico studio o ditta/istituzione, ma i veneziani stessi, tutti: "per nascita o per scelta, cittadini che con ordinaria straordinarietà si impegnano ogni giorno per mantenere Venezia una città viva e attuale". Non solo furono speciali i vincitori dell'edizione 2023, ma anche il volume celebrativo, realizzato con una copertina “riflettente”, per fare in modo che i cittadini vedessero loro stessi e “riflettessero su quello che è stato fatto fino a oggi e su quanto sarà ancora possibile fare per la città". Ateneo Veneto aperto a grandi e piccini. In questi giorni di fine ottobre, è ritornato in Aula Magna lo spettacolo "Chi ha paura del lupo", per un doppio show aperto al pubblico e riservato alle scuole, queste ultime protagoniste del premio "Un'idea per il futuro".

Con i post del 31 ottobre 2024 termina ufficialmente la mia collaborazione con l'Ateneo Veneto, ma non significa che smetterò di seguirlo e/o di scriverne. Tra i tanti Paesi raccontati su "Viaggi del mondo", c'è anche una sezione dedicata proprio all'Ateneo Veneto, che aumenterà ancora nei prossimi anni. Vorrei congedarmi con una frase speciale, e tra i tantissimi eventi cui ho partecipato, ne scelgo uno dei primissimi. Qualunque strada io scelga per il mio futuro lavorativo, sarà sempre figlia della poesia, l'ispirazione originale che mi ha spinto a lavorare nel mondo della scrittura e dei media, e che ancora oggi porto avanti, condividendola online sul sito "Live on Two Hands - le parole come non le avete mai ascoltate". Agli albori della mia collaborazione con l'Ateneo Veneto, presenziai alla cerimonia d'inaugurazione del 207° anno accademico, la cui prolusione fu affidata all'allora Presidente della Biennale, Paolo Baratta che così disse: "L'arte chiede dialogo. L'arte è dell'umanità e per l'umanità. L'arte ci offre l'occasione di una boccata d'ossigeno. Il mondo ha bisogno della creazione e del mutamento".

Ateneo Veneto - I diritti violati delle donne

Ateneo Veneto, l'ex-presidente Gianpaolo Scarante e la tela del Tintoretto © Luca Ferrari
L'ingresso dell'Ateneo Veneto © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, evento dell'associazione Emergency © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, dal vivo a Youtube © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, la maratona Il Veneto Legge © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, amarcord Regata Storica 2023 © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, esposizione d'arte moderna © Luca Ferrari
La presidente Antonella Magaraggia e l'ex magistrato Gherardo Colombo,
all'inaugurazione del 210° anno accademico dell'Ateneo Veneto © Marta Buso
Ateneo Veneto, targa per il Giorno della Memoria © Marta Buso
Antonio Scurati durante la cerimonia di chiusura del
209° anno accademico dell'Ateneo Veneto © Marta Buso
Ateneo Veneto, una delle studentesse vincitrici del
Premio "Un'idea per il futuro" © Luca Ferrari
Ateneo Veneto -.lo spettacolo "Chi ha paura del lupo" © Luca Ferrari
Ateneo Veneto, evento in Aula Magna © Marta Buso
Ateneo Veneto, la scuola di san Fantin (Venezia) by night © Luca Ferrari