venerdì 8 gennaio 2021

Chester, la (mia) conquista d'Inghilterra

Il centro storico di Chester (Inghilterra - UK) © Luca Ferrari

Viaggio in Inghilterra per migliorare l'inglese nella multietnica e accogliente Chester. Un'esperienza fondamentale che segnò l'inizio della mia svolta lavorativa, e anche umana. 

di Luca Ferrari

Un percorso professionale arenato. Le inevitabili difficoltà nel cercare una nuova direzione in un mercato saturo e molto compromesso da internet. Poi, la decisione. Un mese all'estero in Inghilterra a migliorare l'inglese. Un'incursione totale Oltremanica quando ancora il Regno Unito faceva parte della Unione Europea. La scoperta di una realtà accogliente e incantevole, Chester, capoluogo della contea del Cheshire. Un periodo incredibile. E al ritorno? Tante lacrime, ma anche la ferma volontà di cambiare vita. Di lì a qualche mese sarebbe accaduto e da allora non ho praticamente più smesso di lavorare da remoto, l'odierno smart working. Quel viaggio a Chester fece la differenza nella mia vita e stava iniziando proprio dieci anni fa. Era l'8 gennaio 2011.

Facevo il giornalista da anni ormai. A dispetto di un numero spropositato di esperienze, inclusi reportage internazionali e umanitari (Bosnia, India), alla fine dei conti il saldo economico era a dir poco sconfortante. Ero stufo ma allo stesso tempo bloccato dalla mia passione per la scrittura e la voglia di non buttare via tutto quel che avevo fatto nel campo dei media. Forse ci voleva una pausa. Un qualcosa per ricalibrare le idee, rifiatare e imparare anche qualcosa. Da sempre amante della lingua inglese, pensai fosse arrivato il momento per migliorarlo in situ. Iniziai a fare un po' di ricerche e m'imbattei in una scuola davvero particolare, la English in Chester. I corsi duravano per il tempo desiderato, iniziando quando si desiderasse. Un'opportunità che non mi feci sfuggire.

Fu così che l'8 gennaio 2011 salii a bordo dell'ultimo volo giornaliero della Easyjet da Venezia a Londra, dove sostai una notte, per poi proseguire l'indomani col treno dalla stazione di Central Euston fino a Chester. Nella City c'ero stato altre volte in gioventù e lo ammetto, non mi aveva mai conquistato. Alloggiato nei pressi di Walworth, quartiere dove nacque Charlie Chaplin, l'indomani fui felice di rimettermi in viaggio, attraversare una bella fetta d'Inghilterra rurale e arrivare finalmente a destinazione. L'impatto non fu alla luce del sole, per cui non capii subito dove mi trovassi. Ciò che sapevo era che la mattina seguente mi sarei dovuto presentare e calarmi subito in una nuova realtà insieme a compagni di corso provenienti da ogni dove.

Alla faccia di tutte le parole di facciata che si copiano su curriculum o Linkedin che sia, non mi ritengo (e non sono) una persona che si adatta in un baleno però allo stesso tempo mi basta anche molto poco per sentirmi a mio agio, soprattutto quando sento un clima amichevole attorno a me. Tra i banchi della "English in Chester" è ciò che accadde praticamente subito. Non fu solo la materia a interessarmi, era l'esperienza di questa nuova vita a galvanizzarmi, condivisa oltre tutto con tanti nuovi amici. Mattina dopo mattina, sfruttando anche la mia venezianità nel camminare sempre e comunque, non prendevo mai l'autobus, godendomi una lunga passeggiata prima di arrivare a scuola, e così passando sempre per il centro storico e costeggiando l'imponente Cattedrale della Vergine Maria Purificata

Vivere una città non è come toccarla per una settimana o meno. Vai a fare la spesa. Guardi a sinistra prima di attraversare la strada (se sei in Inghilterra, ndr). Ti immergi nei sapori locali, cosa che in terra d'Albione personalmente apprezzo molto. Entri nella cultura e anche quello che a casa tua non faresti mai, qui assume nuovi contorni, come andare al pub a vedersi una partita di calcio del Liverpool, a Chester tifatissimo, contro i nemici londinesi del Chelsea. Non è questione (banale) dell'erba migliore del vicino, ma per una persona che vuole migliorare la propria lingua, farsi due ore di immersione tra la gente del posto, è quanto di più istruttivo ci possa essere. E pazienza se non ti piace la birra, c'è sempre il sidro con cui gozzovigliare in compagnia, una sorta di succo di mela frizzante così dannatamente British.   

Chester è una realtà abbastanza benestante, e a dispetto di zone più complicate nel Regno Unito dove non sempre una parlata straniera è ben vista, qui al contrario, grazie anche al costante flusso di studenti di ogni età e provenienti da tutto il mondo, la multiculturalità è di casa alla stregua di una Londra con la differenza, fondamentale per il sottoscritto, che la vita è molto meno frenetica. Nei secoli addietro l'Impero Romano arrivò fin quassù, e sono molte le tracce ammirabili a cominciare dalle mura, e potendo anche incontrare un Centurione che ti accompagna nelle visite. La voga all'inglese è un must per la comunità di Chester, potendo "approfittare" del fiume Dee che vi scorre placido e impetuoso. Il tutto ulteriormente impreziosito dal verde tutt'intorno con tanto di scoiattoli negli ampi parchi dove si può passeggiare spensierati.

Chester è situata in un punto molto strategico dell'Inghilterra, a metà strada tra Manchester e Liverpool. Non a caso per arrivarci, ciascuno dei due aeroporti va bene uguale. Se nei primi anni in cui venni a Chester c'era il volo diretto Ryanair da Treviso alla città dei Fab Four che ha intitolato proprio a John Lennon la sua aerostazione, in seguito è stato soppresso, e per ritornare nel Cheshire ho ripiegato sulla tratta Venezia-Manchester, nel complesso più comoda poiché dalla capitale del Brit Pop anni Novanta, c'è il collegamento diretto su rotaia che porta direttamente a Chester. E proprio durante il mio lungo soggiorno di dieci anni fa, una domenica saltai in carrozza per andare alla scoperta della capitale del Merseyside

Le lezioni intano proseguono. Stringo legami in particolare con una simpatica ragazza sudcoreana, una canadese, alcuni ragazzi francesi e una coppia colombiana, che in seguito avrò anche il piacere di ospitare a Venezia. English in Chester non si limita a creare un percorso personalizzato per le proprie esigenze, ma organizza anche uscite collettive per cementare i vincoli tra i vari compagni di classe (che cambiano a seconda delle materie), facendo loro conoscere le città e i dintorni. E così, una domenica mattina, eccomi a bordo di un autobus con studenti da ogni dove, destinazione il Lake District, una delle zone più amate dai sudditi di Sua Maestà. Ancora oggi, quando rivedo il film Miss Potter, storia vera della scrittrice Beatrix Potter (Renèe Zellweger), e ambientato anche nel Lake District, rivedo quel viaggio e quei volti.

Da grande amante della scrittura e del camminare in solitaria, non ci metto molto a trovare qualche angolino dove ritagliarmi momenti di ispirata solitudine. Cresciuto nella cultura del Central Perk della sitcom Friends, una cui copia del locale newyorkese si trova anche a Chester, trovo nel Caffè Nero, lungo la centralissima Eastgate Street, un luogo ideale per scrivere appunti e poesie, pratica questache porto avanti ininterrotta dal lontanissimo 1994. Insieme a una grossa tazza di cappuccino, qualche dolcezza "cioccolatosa" e il mio inseparabile laptop, intingo parole direttamente dalla strada. Alcune di quelle poesie chiuderanno il libro edito Latitudini V - Parole in viaggio (2011, Granviale Editori). Nel calore della vita di Chester, riprendo anche l'antica pratica dello scrivere lettere a mano.

La vita prosegue. Chester mi entra sempre più dentro. Una città a misura d'uomo. Il supermercato Tesco in centro, sempre molto ospitale, mi introduce ai sapori inglesi: dalle apple pie e lo sciroppo d'acero per i pancake già pronti per colazione al burro Country Life grandiosamente pubblicizzato da Mr Johnny Rotten (Sex Pistols), passando per i dolci salati con mele e maiale. Quando posso, vado a mangiare fuori prediligendo sempre l'autoctono fish & chips o hamburger con contorni caserecci come la crema di piselli, come nel rustico Telford Warehouse, lungo il fiume Dee, o il The Brewery Tap, anch'esso molto caratteristico. Già passato durante un reportage all'Estate Farm nella vicina Hawarden in Galles, la permanenza a Chester mi ha ridato la possibilità di immergermi in un clima agreste degno delle fiabe di folletti.

I giorni passano felici, poi arriva l'ultima lezione. La data sul biglietto aereo del ritorno, da Londra, è ormai imminente. Complice l'orario del volo, opto per passare la mia ultima notte nella capitale inglese. Un errore madornale. La metropoli mi stordisce in un nanosecondo. Mi ritrovo così a camminare sul Tower Bridge triste e preoccupato. Non potevo saperlo, ma nel giro di qualche anno sarei tornato su quello stesso percorso in tutt'altro umore, in amichevole compagnia e finalmente sedotto dalla City. Il presente però è diverso e molto sofferto. Solita angoscia da decollo e rieccomi in Italia. Atterro quasi sbattendo a terra tale è la massa di nebbia che sta avvolgendo Venezia, scoprendo in seguito che il mio volo è stato l'ultimo ad aver avuto l'autorizzazione all'atterraggio. 

Sono di nuovo a Venezia, non mi sembra vero, ma qualcosa è cambiato e lo percepisco subito. L'insofferenza per la mia stantia situazione lavorativa monta ogni giorno di più. Nel frattempo il mondo della comunicazione sta cambiando, SEO e i social media si fanno sempre più strada e inizio a interessarmi. Inizio a buttarmi fuori. Sempre di più. Rispondo ad annunci su annunci ma di fronte a me c'è solo un muro appiccicoso di squalificante italianità. Collaboro, sbagliando, anche gratuitamente pur di aumentare l'esperienza. Vacillo, di brutto, ma non crollo. Poi qualcosa accade: ricevo una risposta vera. Professionale. Mi chiedono due articoli tecnici di prova, che mi sarebbero stati retribuiti a prescindere dall'assunzione. La mia interlocutrice era italiana ma l'azienda estera. Passai il test. Di lì a qualche giorno iniziai quella che sarebbe diventata un'esperienza di 22 mesi consecutivi di lavoro da remoto (smart working) full time, dal lunedì al venerdì, sempre in collegamento via Skype

Mi sveglio la mattina. Accendo il computer e alle 7.30 del mattino sono già operativo, alle volte con ancora il cappuccino sul tavolo e il pigiama indosso. Ogni giorno mi vengono dati gli argomenti e le mie dita, già svezzare dalla cronaca e in perfetta sincronia con velocità di analisi e creatività, iniziano a fare il proprio dovere, finalmente e degnamente retribuito. Ogni giorno interagisco con tre persone. C'è sempre rispetto e professionalità. Un giorno la mia capa mi riprende perché il 5 del mese non ho ancora ricevuto lo stipendio e avrei dovuto subito avvisarla. In un'altra occasione, in cui le chiesi di fare 9 ore invece di 8, mi risponde di no poiché non voleva che lavorassi stanco, visto che 8 erano più che sufficienti.

A parte qualche piccola pausa, da allora (10 anni) non ho più smesso di cimentarmi con lo smart working, diversificando non poco le attività e lavorando anche sul fronte della ricettività online, traduzioni dall'inglese all'italiano e in ultima con i social media, di cui mi sono appassionato, studiando e frequentando corsi professionali. Non so cosa mi riserveranno i prossimi dieci anni ed è probabile che molto cambierà ancora ma di sicuro qualcosa non muterà nella mia mente. La certezza che se non avessi deciso di andare in Inghilterra, a Chester, non mi sarei mai sbloccato. Dieci anni fa partii per la Gran Bretagna con poche idee e una forza incrollabile nella ricerca di un futuro migliore. La strada è stata lunga e lo sarà ancora ma qualcosa è accaduto, e dieci anni dopo sono ancora qui a ricordarlo con orgoglio e soprattutto, tanta felicità.

Chester (Inghilterra - UK), la vita quotidiana © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK) © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), un canale del fiume Dee © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), un canale collegato al fiume Dee © Luca Ferrari
Il biglietto del treno Chester-Liverpool © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), l'ingresso al supermercato Tesco © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), la pratica dello squash © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), un autobus locale © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), il Caffè Nero © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), campi da tennis gratuiti © Luca Ferrari

Chester (Inghilterra - UK), il pub The Brewey Tap © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), una grassa porzione di fish and chips © Luca Ferrari
L'ingresso all'Estate Farm di Hawarden (Galles) © Luca Ferrari
Il magnifico scenario del Lake District (Inghilterra - UK) © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), davanti allo store ufficiale del Liverpool FC © Luca Ferrari
Chester (Inghilterra - UK), davanti allo store ufficiale del Liverpool FC © Luca Ferrari

domenica 6 dicembre 2020

Finlandia, il Giorno dell'Indipendenza

La bandiera della Finlandia sventola indipendente © Luca Ferrari
Il 6 dicembre in Finlandia si festeggia il Giorno dell'Indipendenza dalla Russia, celebrando e commemorando i caduti per l’indipendenza della I e II Guerra Mondiale.

di Luca Ferrari

Da Helsinki alla Lapponia, e fino all'ultimo lembo di terra finnica, il 6 dicembre si celebra e si commemora la Dichiarazione di Indipendenza della Finlandia dalla Russia, avvenuta il 6 dicembre 1917. Una giornata speciale durante la quale si celebrano i caduti per l’indipendenza della nazione scandinava durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, ma non solo. Anche aspetti più conviviali e ludici vengono vissuti dalla popolazione in questa giornata. Un evento narrato e immortalato anche nell'Arktikum Museum di Rovaniemi, dove la Storia si adagia tra cultura, geologia e lo spettacolo dell'aurora boreale.

Curioso come la nazione dove dimora il solo e unico Babbo Natale, abbia la sua festa dell'Indipendenza proprio il 6 dicembre, giorno di San Nicola da cui sembra avere origine l'omone con barba bianca, mantello rosso e il sacco di doni. Come riportato dal sito VisitFinland, il 6 dicembre è anche “... un comune ritrovarsi con amici o parenti al ristorante oppure a casa, guardando in televisione il tradizionale ricevimento del presidente della Repubblica, e ovviamente commentando in modo altamente critico lo stile e gli abiti degli invitati. Vengono inoltre organizzate processioni e visite ai cimiteri dei caduti in guerra, accendendo inoltre candele biancoazzurre alla finestra”.

Da Helsinki a Rovaniemi sono quasi dieci ore macchina. Ci sono arrivato con alcune tappe nel mezzo, tra cui Hanko, Molpe e Oulu. Un viaggio sincero. Immerso nella natura, incontrando numerosi esemplari di renna. Un viaggio che non avrei mai voluto che finisse. Un viaggio che mi ha portato a tu per tu con la cultura finnica e lappone. Le sofferenze della guerra. La questione sempre molto attuale del cambiamento climatico. I protagonisti della fauna locale, e un gigantesco orso polare con cui giocare insieme i tanti bambini. Ciliegina sulla torta, un video strepitoso per immergersi nello spettacolo dell'aurora boreale, creata secondo la leggenda da una volpe magica che con la sua coda spazzasse la neve spruzzandola nel cielo (Revontulet).

C'è poca gente oggi all'Arktikum Museum. Il biglietto mi consente di tornare anche il giorno dopo, opportunità di cui approfitto con estremo piacere. L'esposizione si snoda su due piani. Un ambiente molto confortevole. Quassù, sul Circolo Polare Artico, non ci sono chissà quali templi o acquedotti millenari, eppure la sensazione è che la cultura rappresenti un'appartenenza sincera e condivisibile. Una cultura che è cresciuta nel corso dei secoli, e che oggi ha moltissimo da insegnare anche sul fronte dei diritti della persona. Oggi, qui dall'Arktikum Science Centre Museum, invio i miei migliori auguri di buona giornata dell'Indipendenza alla Finlandia. Una terra piena di naturale poesia che spero presto di ritrovare lungo il mio cammino.

Rovaniemi (Finlandia) © Luca Ferrari
Rovaniemi (Finlandia), l'ingresso dell'Arktikum Museum © Luca Ferrari
La campana dell'Arktikum Museum, a Rovaniemi (Finlandia) © Luca Ferrari
Pannelli esplicativi all'Arktikum Museum, a Rovaniemi (Finlandia) © Luca Ferrari
La cultura lappone nell'Arktikum Museum, a Rovaniemi (Finlandia) © Luca Ferrari
La sezione dell'aurora boreale nell'Arktikum Museum, a Rovaniemi (Finlandia) © Luca Ferrari
L'aurora boreale all'Arktokum Museum, Rovaniemi (Finlandia) © Luca Ferrari
Un orso polare nell'Arktikum Museum, a Rovaniemi (Finlandia) © Luca Ferrari

venerdì 20 novembre 2020

Isole Azzorre, il paradiso nel cuore dell'Atlantico

Azzorre, miradouro di Lagoas Das Setes Cidades (isola di Sao Miguel) © Luca Ferrari

Viaggio nell'arcipelago vulcanico delle Azzorre (Portogallo), tra le isole di Sao Miguel Santa Maria. Un paradiso naturale nel cuore dell'Oceano Atlantico.

di Luca Ferrari

Le coordinate si dissolvono nel cielo. Melodie eoliche si fondono nella dolcezza di un miradouro in alta definizione sentimentale. Ho lasciato carta e penna altrove. Terrò tutto a mente. Farò della memoria un nuovo avamposto dove anche le nuvole più anarchiche possano trovare un amorevole giaciglio per rilassarsi. Lì, in in nugolo di isolotti nel mezzo dell'Atlantico tra EuropaAfrica Nord AmericaMa ti rendi conto dove siamo? Continuavo a ripetermi mentre scorrazzavo su e giù per le isole di Sao Miguel e Santa Maria, nell'arcipelago portoghese delle isole Azzorre. Un girovagare placido tra natura, orizzonti dal blu intenso e quel tipo di cordialità umana capace di farti innamorare ogni singolo minuto di più di questo angolo di mondo. 

Per raggiungere le isole Azzorre, la "strada" più conveniente dall'Italia è volare con la compagnia di bandiera TAP Portugal. Non è la prima volta che utilizzo questa linea aerea e mi sono sempre trovato molto bene: voli puntuali e personale gentile. Le combinazioni orarie per raggiungere Sao Miguel, la più grande delle isole, sono diverse. Io prediligo l'attesa di tre ore all'aeroporto di Lisbona. Giusto il tempo di prendersi il tipico galao (caffè in boccale con latte) con soffice contorno di pastel de nata, il dolce lusitano per eccellenza, un giretto per i negozietti e infine un'ulteriore lettura della mia inseparabile guida Routard (solo in inglese per le Azzorre), ed eccomi di nuovo nell'alto dei cieli tra lo spazio infinito. 

Poco più di due ore di volo e finalmente eccomi proiettato verso il blu del mare, il verde della rigogliosa vegetazione e il castano della terra con i piccoli centri abitati. Mi sento un po' un navigatore che finalmente scorge nel suo binocolo l'agognata meta. Una sensazione questa che più avanti, nel corso del viaggio, tornerà a trovarmi durante un emblematico incontro. Atterraggio perfetto e via all'ostello. Lì per lì non me ne rendo conto, ma la differenza con la mia natia Venezia è abnorme. Sceso dal taxi, la percepisco in tutta la sua più "orgasmica" potenza. Non c'è traccia di umidità. Non sono ancora le 7 di sera e l'aria è fresca. Una t-shirt, dei pantaloncini e sandali sono più che sufficienti, con aggiunta di una maglietta leggera a manica lunga da portarsi dietro. Clima ideale per iniziare un tour di scoperta di questo agognato arcipelago.

L'indomani inizio l'esplorazione senza troppe indicazioni. Il lungomare non è lontano, così ci arrivo a vista e senza che me ne accorga sono già alle porte della città (Portas da Cidade), a pochi passi dalla chiesa cattolica di Igreja de São Sebastião (XVI sec.). Le stradine sono una tentazione irresistibile e seppur con le dovute differenze, ritrovo un po' di quel romanticismo assaporato nel vecchio quartiere di Alfama, a Lisbona. Seguendo l'istinto e forse anche un po' l'appetito, mi ritrovo tra i colori e i sapori del Mercado da Graça. Più che comperare, osservo divertito locali e stranieri. Un combo pulsante, decisamente più attivo rispetto all'ormai sempre meno frequentato mercato di Rialto veneziano.

Prenotata da tempo una macchina con il sito specializzato (consigliabile mettersi in contatto prima con l'agenzia locale per evitare fastidiosi contrattempi come l'assicurazione), lascio Ponta Delgada in previsione di rivederla alla fine del mio tour e puntando subito all'interno dell'isola, destinazione la cittadina di Furnas. Le distanze nelle isole Azzorre non sono per niente proibitive e con grande sorpresa scopro un inimmaginabile universo floreale: ortensie ovunque. Mai viste così tante in tutta la mia vita. Dopo aver costeggiato il lago di Furnas e vista in lontananza la cappella di Nossa Senhora das Vitórias, arrivo alla mia destinazione.

L'impatto è di quelli che lasciano il segno. Una cittadina tappezzata di piccole maioliche lungo le vie. Numerose le terme, dove a svettare è la Terra Nostra, con tour botanico all'interno. Ma l'aspetto più grandioso sono le caldeiras, i vapori vulcanici che escono direttamente dal suolo e dove al costo di un euro si può acquistare una pannocchia cotta direttamente sui suddetti "fumi", sgranocchiandola in un contesto quasi "lunare". Trovato un appartamento in centro, la mattina faccio la conoscenza di ciò che sarà un must per tutto il mio soggiorno Azzorriano: la colazione a base di bolo levedo, chiamati erroneamente muffin locali, ma che al contrario sono molto più grandi di questi e hanno le sembianze di soffici saccottini a forma circolare senza buco, da tagliare e farcire con le marmellate prodotte in loco, su tutte quella di ananas di cui vi parlerò più avanti.

Non senza dispiacere, dopo quattro piacevolissimi giorni abbandono Furnas puntando verso Porto Formoso, celebre per le uniche piantagioni di tè autoctono di tutta Europa. Lungo la strada mi fermo in una delle tante spiagge, con tanto di ombrelloni gratuiti. La sabbia è nera, vulcanica. Ancora più apprezzata poiché rispetto alla "collega italo-Adriatica", non si attacca alla pelle e quando è il momento di rimettersi al volante, la macchina non assume le sembianze di in un pantano su quattro ruote. Prima di scoprire questo volto delle Azzorre, faccio una doverosa sosta in un miradouro (punto panoramico) a dir poco spettacolare, quello di Serra da Barrosa, al centro proprio dell'isola di Sao Miguel, e come sempre specificato nel nome con apposita cartellonistica in maiolica. 

Da sempre l'immaginario del tè richiama l'Oriente e/o l'Inghilterra, che introdusse l'esportazione nel vecchio continente. Nonostante internet a disposizione, è raro trovare qualcuno che sappia quali meravigliose piantagioni si trovino in questo isolotto nel mezzo dell'Atlantico, direttamente affacciate sulle acque oceaniche. La prima tappa è a Cha Gorreana, dove ci accodiamo in un elegante e casereccio tour di spiegazione sulla storia e produzione, concluso con degustazioni del loro prodotto. Poco distante ecco la Fabrica Chà Porto Formoso. Complice anche l'ora quasi di chiusura, sono l'unico visitatore al mio arrivo. Il connubio con la natura e i sapori entrano direttamente nell'anima. Per qualche  istante ci sono solo io, le piante e il mare. A risvegliami una tazza fumante di tè Orange Pekoe, accompagnata da qualche biscotto.

Le Azzorre non sono un luogo per chi ama la movida ma un piccolo angolo di paradiso dove farsi trascinare dalla semplicità di Madre Natura. Un cosmo di cui gli abitanti sono i rispettosi custodi. Nel peregrinare, eccomi finalmente in due dei punti più ammirati: la Lagoas Das Setes Cidades, suddivisa in Lagoa Verde e Lagoa Azul, collegate da un ponte (vedi foto inizio articolo, ndr). A poco più di venti minuti di macchina, il miraduro di Boca do Inferno. Una passeggiata in salita per una piccola sterrata, facilmente percorribile anche da bambini piccoli, e sono in cima al Parco Geologico delle Azzorre. Da qui è possibile ammirare l'intera depressione larga oltre cinque km.

Mi resta ancora qualche ora prima di abbandonare Sao Miguel e ne approfitto per fare una "dolce" visita nelle piantagioni di ananas, l'ennesima scoperta di questa isola meravigliosa. I frutti crescono per terra, e dopo aver visitato le serre suddivise per grado di maturazione, un fresco gelato all'ananas (manco a dirlo) è ciò che ci vuole prima di rimettersi in marcia, destinazione l'isola di Santa Maria. Se per le sistemazioni precedenti mi ero arrangiato, in questo caso mi affido all'ottimo sito Visit Azores dove trovo differenti tipologie: Hotel, Alloggio Locale, Turismo rurale, Ostelli della gioventù e Campeggi. Santa Maria è la più vicina delle isole a Sao Miguel, a sole tre ore di navigazione di ferry boat. Un suggerimento: attenzione all'imbarco a Ponta Delgada, le cui indicazioni sono un po' mimetizzate lungo la strada principale EN1-1A. .

La navigazione procede placida. Sembra quasi di pattinare. Neanche un minimo accenno di onde. Molta attenzione viene riservata ai passeggeri più piccini, con spazio specifico a base di materassini e immagini dal fantastico mondo Pixariano del pesciolino Nemo. All'arrivo la luce sta iniziando a sfuocare. La strada principale EN1-2A attraversa l'isola al centro e quella seguo fino alla mia casetta. Quaranta minuti scarsi e si attraversa tutto questo spicchio di terra nel cuore dell'Atlantico. Se già a Sao Miguel si respirava un'aria di meravigliosa immersione nella natura, qui è ancor più dolcemente palpabile. Così, nel giro di pochi minuti, trattenendomi dal fermare l'automezzo e fotografare il paesaggio, mi ritrovo in un piccolo appartamento dove fuori, a farmi compagnia, ci sono girasoli, coltivazioni varie, gatti e pollame.

Una prima tappa nell'ampia spiaggia di Praia Formosa e poi alla scoperta dell'arte sacra nella chiesa di Nossa Senhora da Purificação. Le stradine sono strette, e come a Sao Miguel, abbondano i miraduro. Uno dei primi incontri è il Vigia do Castelo, dove è possibile avvistare le balene. Nel proseguire verso la baia di Anjos, una statua attira la mia attenzione. Con grande sorpresa mi ritrovo dinnanzi a un celebre connazionale, Cristoforo Colombo, qui naufragato insieme alla sua caravella, di ritorno dallo storico viaggio nelle Americhe. La statua fu realizzata nel 1993, a distanza di 500 anni dal suo arrivo (1493). Un viaggio a dir poco tribolato quello di Colombo a Santa Maria, come ho anche raccontato in questo servizio pubblicato sul settimanale internazionale L'Italo-Americano.

Ogni tanto incrocio qualche turista, mai di nazionalità italiana. Faccio due chiacchiere con i miei padroni di casa, originari della Germania. Sull'isola di Santa Maria hanno trovato il loro ideale di vita. I giorni passano e nel frattempo ricevo per email il promemoria del mio ferry per Sao Miguel. Le luci calano e anche (un po') il buonumore. L'indomani passo l'intera giornata sulla Praia di Sao Lorenzo. Il mare è spettacolare. M'immergo e mi rimmergo, provando ogni volta il desiderio di continuare a nuotare, magari fino a raggiugere il Canada, sulle coste della Prince Edward Island (l'isola del Principe Edoardo - PEI), dopo tutto trattasi solo di oltre 3.200 km. Che sarà mai?

Le isole continuano a scuotere e segnare la mia anima. Sono nato e cresciuto sull'isola del Lido di Venezia e da anni ormai vivo nell'attigua Repubblica Marinara, sempre a contatto con l'acqua. Dalla battigia di Santa Maria guardo per l'ultima volta questo Paradiso naturale che risponde al nome di Isole Azzorre. Vedo le mie orme sulla morbida sabbia, rapite dalle onde e trascinate chissà dove. Il blu del mare. Il verde della vegetazione. La serenità della terra e del cielo. Tutto si raccoglie dentro di me, poi il ferry notturno mi riporta a Sao Miguel. È un altro giorno. Adesso devo solo tornare a casa e cominciare a organizzarmi per realizzare un nuovo reportage nelle isole Azzorre, atterrando questa volta a Terceira e di lì partire alla scoperta del resto dell'arcipelago lusitano.

Le caldeiras di Furnas (Sao Miguel, isole Azzorre)

Azzorre, in aereo verso l'isola di Sao Miguel © Luca Ferrari
Azzorre (isola di Sao Miguel), il centro storico di Ponta Delgada © Luca Ferrari

Azzorre (isola di Sao Miguel), tra le ortensie sulla strada verso Furnas  © Luca Ferrari
Azzorre, le caldeiras di Furnas (isola di Sao Miguel) © Luca Ferrari
Azzorre, le terme a Furnas (isola di Sao Miguel) © Luca Ferrari
Azzorre, ortensie e piantagioni di te a Porto Formoso  (isola di Sao Miguel) © Luca Ferrari
Azzorre (isola di Sao Miguel) © Luca Ferrari
Azzorre, piantagioni di ananas poco distante da Punta Delgada (isola di Sao Miguel) © Luca Ferrari
Azzorre, in ferry nell'Atlantico dall'isola di Sao Miguel a Santa Maria © Luca Ferrari
Azzorre, la chiesa di Nossa Senhora da Purificação (isola di Santa Maria) © Luca Ferrari
Azzorre, miradouro vigia da baleia (isola di Santa Maria) © Luca Ferrari
Azzorre, la statua di Cristoforo Colombo ad Anjos (isola di Santa Maria) © Luca Ferrari
Azzorre, la spiaggia di Praia Sao Lorenzo (isola di Santa Maria) © Luca Ferrari
Azzorre, il traghetto è pronto per lasciare l'isola di Santa Maria) © Luca Ferrari


mercoledì 18 novembre 2020

Natale è sempre o non è natale

La magia del Natale sta anche nelle semplici cose © Luca Ferrari

Il Natale tradizionale non si farà quest'anno, accettatelo. Ma invece di piagnucolare, perché non pensare a formule alternative (del cuore)? Adattarsi o soccombere, feste incluse.

di Luca Ferrari

Manca un mese o poco più al natale 2020 e le polemiche montano (ribollono) già in tutto il Bel paese. Credere che i tipici cenoni del 24, 25 e 26 dicembre si possano fare come sempre è stato (si fa per dire, ndr), è mera utopia, se non con drastiche limitazioni, incluse le maschere sempre indosso ed evitando contatti, in un clima comunque di grave rischio per la salute, in primis degli anziani. Ma invece di confrontarsi seriamente con la realtà del covid19 e pensare a soluzioni alternative, che cosa facciamo in Italia? Piagnucoliamo isterici, volendo a tutti qualcosa che non potremo avere. Una pessima figura e un ancor peggiore insegnamento, per noi stessi e i nostri figli.

Natale è sempre o non è natale mai, cantavano Luca Carboni e Jovanotti sulle note di "More Than Words" degli Extreme. Natale non è diverso dal mondo del lavoro e le novità, per quanto possano ridefinire in modo anche improvviso e complicato il nostro spazio, non devono essere viste come qualcosa di sempre e comunque negativo, anche perché a cosa ci porterebbe tutto questo? Rabbia, sconforto e frustrazione. Il natale 2020 sarà una festa diversa. I cenoni caciaroni andranno evitati. Farli è da irresponsabili, e proprio di fronte a questa inesorabile realtà, bisogna trovare strade alternative per stare comunque vicino ai nostri cari, soprattutto a quelle persone che vivono in casa sole. E se il natale è davvero quella festa che troppo spesso, solo a parole ci piace pensare che sia, allora è il momento di aguzzare l'ingegno e dimostrare davvero quanto sia speciale.

La tecnologia al giorno d'oggi ci consente di vederci in tempo reale e continuativo: le stanze di Facebook così come l'applicazione Zoom sono solo due delle tante modalità e più utilizzate. Ma ciò che i tablet e gli smartphone ci consentono di fare, non potrà mai eguagliare la gioia di un abbraccio e questo lo sappiamo bene. Ma questi "cari", quanto spesso li vediamo? Quanto spesso gli diciamo che gli vogliamo bene? Che cos'è natale, un sedersi a tavola facendo finta di essere felici come i meno "fantasiosi" accusano ogni anno, o è davvero qualcosa di più? La risposta è dentro ciascuno di noi e mai come quest'anno saremo costretti a dimostrarlo a noi stessi e a quelle persone che a parole diciamo di tenerci.

Ho sempre pensato che sia sufficiente anche un minuto insieme per sentirsi la persona più speciale del mondo. Ma oggi, plagiati dalla super-velocità della comunicazione, così come del ricevere tutto ciò che vogliamo in pochissimo tempo, siamo in difficoltà. Ci dovremo confrontare con qualcosa cui siamo sempre meno abituati: la pazienza. Ho scritto lettere per tanto tempo e quando ne ricevevo una, era qualcosa di unico. Eppure la persona non la vedevo. Non avevo sue foto recenti. Non potevo guardarla negli occhi né abbracciarla. Qualcosa di analogo sta accadendo adesso. Dovremo trasmettere il nostro sentimento a qualcuno cui non ci potremo sedere accanto in un giorno speciale. Magari passeremo sotto la finestra e leggeremo una storia. Magari il 25 dicembre faremo una breve passeggiata all'aria aperta. Magari potremo rendere questo natale così difficile, un'indimenticabile storia da tramandare.

martedì 17 novembre 2020

Venezia, il buon senso della Salute 2020

Venezia, la basilica della Madonna della Salute © Luca Ferrari

Il 21 novembre a Venezia si celebra la Madonna della Salute. Quest'anno la festività sarà ridimensionata, a cominciare dal pellegrinaggio e il ponte votivo che non ci sarà.  

di Luca Ferrari

C'è stato ad aspettare ma alla fine il buon senso ha prevalso, o forse la paura di trasformare Venezia in una bomba alla pandemia da covid19. Nel 2020 la tradizionale Festa della Madonna della Salute, ed emblematica in quest'anno così martoriato da una pandemia, sarà molto rimaneggiata. Patriarcato e Comune di Venezia hanno collaborato affinché l’annuale festività della Salute possa essere vissuta nel pieno rispetto delle esigenze di sicurezza e di salute pubblica "considerate premesse per ogni tipo di manifestazione religiosa". 

A differenza di ciò che è sempre stato, il pellegrinaggio per pregare la Madonna della Salute potrà essere fatto nella chiesa più vicina alla propria abitazione e non nella specifica chiesa, progettata dall'architetto Baldassarre Longhena (1596-2682), ubicata nel sestiere di Dorsoduro di fronte al Canal Grande, quasi di fronte a piazza San Marco. Nei giorni precedenti e fino al 22 novembre inoltre, l’accesso alla Basilica sarà limitato e comunque regolamentato da un percorso affinché i fedeli possano pregare, nel rigoroso rispetto di tutti i protocolli sanitari posti a presidio della pubblica salute. 

Il 21 novembre la Basilica della Salute rimarrà aperta dalle 6 alle 21. Una speciale immagine dell’icona della Madonna sarà esposta sul portone centrale dell'edificio religioso per abbracciare simbolicamente tutti i territori segnati oggi come quattro secoli fa dalla pandemia. Alle 11 il Patriarca Francesco Moraglia celebrerà la Santa Messa che sarà trasmessa in diretta televisiva su Antenna3 e sulla pagina Facebook di Gente Veneta. Al termine della liturgia il Patriarca reciterà la preghiera dell’Angelus sul sagrato della Basilica rinnovando la consacrazione della Città alla Madonna della Salute e impartendo la benedizione papale, mentre suoneranno a distesa tutte le campane delle chiese del Patriarcato.

In conclusione dal 19 al 22 novembre 2020 saranno osservate le seguenti indicazioni:

  • Non verrà realizzato il tradizionale ponte votivo e saranno regolamentati i flussi, verso la Basilica della Salute, con opportune limitazioni e contingentamenti;
  • Non verrà effettuato il tradizionale mercatino della Salute per le candele votive e i dolciumi;
  • L’accesso alla Punta della Salute avverrà con forti limitazioni e l'attento conteggio delle persone presenti per rispettare rigorosamente le norme sul distanziamento sociale previsto dalle vigenti disposizioni statali e regionali;
  • All’interno della Basilica della Salute potranno essere presenti contemporaneamente non più di 215 persone in assenza di celebrazioni eucaristiche. Durante le Messe il numero dei fedeli sarà limitato a 150 all’interno della cosiddetta “rotonda maggiore” e di 65 nella rotonda minore per partecipare alle funzioni liturgiche;
  • Non sarà possibile accendere autonomamente le candele votive all’interno della Basilica della Salute ma essere potranno invece essere deposte nei cesti predisposti come dono votivo che diventerà un’opera di carità e sostegno alle famiglie in difficoltà economica;
  • La Messa che il Patriarca di Venezia presiederà il 21 novembre sarà trasmessa in diretta televisiva e le altre celebrazioni saranno trasmesse attraverso le modalità streaming;
  • Con ordinanza del Comandante Generale della Polizia Locale verranno istituiti sensi unici in tutta l’area attigua alla Basilica della Salute per regolare i flussi e contingentare gli accessi alla Basilica da giovedì 19 a domenica 22 novembre 2020.

Venezia, un vaporetto si ferma davanti alla basilica della Madonna della Salute © Luca Ferrari

mercoledì 11 novembre 2020

Novecento: Venezia e le Arti

Mercoledì 11 novembre (ore 17.30), in live streaming sul canale Youtube dell'Ateneo Veneto, inizia il "Corso Storia dell'Arte 2020 Novecento: Venezia e le arti”.

di Luca Ferrari

Il covid19 ha fermato le presenze in sala, non la voglia di fare e condividere la cultura. Da qualche settimana ormai l'Ateneo Veneto, la più antica istituzione culturale veneziana fondata per decreto napoleonico nel 1812, ha rinnovato la sua attività sul proprio canale Youtube registrando molti di quegli appuntamenti che si sarebbero dovuti presentare in Aula Magna, alla presenza del pubblico. Oggi inizia una nuova era. L'era della diretta in streaming. Oggi, nel giorno (11 novembre) in cui a Venezia si celebra la festa di San Martino, alle 17.30 parte il live streaming del "Corso di Storia dell’Arte", organizzato dall’Ateneo Veneto e dall’Associazione Amici dei Musei e Monumenti Veneziani.

Il Novecento è il “secolo breve”, così come è stato definito da Eric Hobsbawm, compreso per i suoi elementi di omogenea specificità tra l’inizio della Grande Guerra e la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. In un programma pluriennale, quest’anno viene preso in esame il primo periodo – l’Età della Catastrofe, così come la definisce ancora Hobsbawm – ovvero l’intervallo di tempo tra i due conflitti mondiali, dominato dalle numerose crisi e rivoluzioni che hanno visto la fine di imperi millenari - il russo, l’austriaco, il tedesco e l’ottomano - e l’affermarsi delle ideologie totalitarie.

A questi violenti strappi della storia è corrisposta una produzione delle arti e delle arti applicate vivacissima e di straordinaria qualità, che ha sperimentato in tutti i campi artistici linguaggi espressivi originali, in continua successione e con rapida circolazione, grazie alle moderne tecnologie di comunicazione. Venezia, dal canto suo, in questo tumultuoso rincorrersi delle nuove tendenze, ritrova nella prima metà del secolo la sua centralità culturale proponendosi con le Biennali e con altre numerose manifestazioni quale privilegiato osservatorio internazionale e luogo di confronto delle esperienze artistiche, e che riesce anche a produrre da sé - borgo o arcipelago che sia – quale straordinario incubatore autonomo.

A illustrare in questo Corso i fenomeni di questo periodo nel campo delle Arti visive e nelle loro implicazioni veneziane, senza la pretesa di esaurire la complessità dei tanti - ismi contemporanei che si sono succeduti, si è ricorso alla competenza di alcuni tra i più riconosciuti studiosi ed esperti di questa stagione artistica, docenti universitari e direttori di musei d’arte contemporanea, che ringraziamo vivamente per la loro disponibilità a sostenere i due soggetti promotori.

Tutte le lezioni si svolgeranno sempre in diretta streaming e si potranno seguire direttamente dal canale Youtube (omonimo) dell'Ateneo Veneto. Nel dettaglio:

  • Mercoledì 11 NOVEMBRE – ore 17.30
Lezione inaugurale "Venezia, l’arcipelago delle arti: la nascita del XX secolo".
Relatore: Luca Massimo Barbero.

  • Mercoledì 18 NOVEMBRE – ore 17.30

Il Nuovo Ordine: Sironi, Bucci, Marussig e gli altri.
Relatrice: Elisabetta Barisoni.

  • Mercoledì 25 NOVEMBRE – ore 17.30

"Ore veneziane". Cose che per Filippo de Pisis non si possono descrivere, ma solo dipingere o indossare.
Relatrice: Stefania Portinari

  • Mercoledì 2 DICEMBRE – ore 17.30

D’Annunzio e “il borgo delle arti”: Balsamo Stella, Cadorin, Martinuzzi, Torres…
Relatore: Silvio Fuso.

  • Mercoledì 9 DICEMBRE – ore 17.30

La Biennale del 1948: l'orizzonte dell'arte a Venezia nell'immediato dopoguerra
Relatrice: Cristina Beltrami.


sabato 24 ottobre 2020

San Nicola Arcella, splendore di Calabria

La costa calabrese presso San Nicola Arcella © Luca Ferrari
Calabria selvaggia. In una delle tante insenature nei pressi di San Nicola Arcella (Cs), la magia del mare si fonde con i pensieri più puri ed evocativi. 

di Luca Ferrari

C’è l’odore di un sentiero. Come se la Dodicesima Notte Shakespeariana potesse replicarsi all’infinito. E di continuo. Si cammina sotto il sole per poi scendere fra le insenature. Lì di fronte, un colore ancora mai visto. Poco lontano da San Nicola Arcella (Cs), in Calabria, la natura prende il sopravvento. La roccia scivola nell’acqua come un essere umano metamorfico mutato in pietra da chissà quale antica divinità. C’è qualche piccola grotta,  dove il mare provoca la sua azione. Il perimetro del cielo viene scolpito da curve tanto ripide quanto ammalianti. Basterebbe un pedalò e potremmo anche raggiungere l'isola di Dino.

Mi siedo sulla ghiaia marina trasportata dalla corrente. Ne vengo quasi sbeffeggiato e sballottato da tutte le parti. Sento l’acqua invadere ogni poro del mio corpo. Mi offre lo spunto. Le pagine. Ogni onda è un nuovo diario di bordo da assaporare e tramandare. In ogni flutto ci sono alfabeti e messaggi da custodire e interpretare. Tutta l’acqua che si è messa di mezzo fra me e il mio cuore è sempre stata una scelta che feci in piena libertà dallo sciopero di qualche  malcapitato ciabattino. Pulsante caricamento di pensieri costellati da sorrisi  e mondi folgorati dal medesimo ossequio ritmato.

Il gesto di qualcosa irrompe nel diamante liquido. È stato un tuffo o sono le vertigini dell’amore che si sono fatte sipario alzato per godersi ogni meglio e resto della vita? Bastano pochi minuti e si passa dagli ombrelloni super-affollati allo sguardo solitario di una cresta che sbuca dal fondale. Ogni coppia che si riversa in questo angolo costiero, ha guardato tutto dall’alto della loro più tenera stretta di mano. Paiono potersi addormentare sognando un ponte che non sappia più allontanare il dono che hanno deciso di concedersi. E già da allora, la magia d’ogni nuovo giorno dopo è stata all’altezza del primo ricordo che ognuno ebbe del cuore dell’altro/a.

La fitta macchia intanto, ci scruta tutti quanti. C’è molta flora selvaggia che cresce spontanea. Tentare di salire su uno scoglio è un’impresa non da poco che può costare qualche graffio se non si sta attenti. Quasi non credo ai miei occhi da quanto il mare sia limpido. È come se avesse un sapore diverso (ce l’ha, ndr). Prima di scrivere ho pensato a che reazione avrebbero potuto avere i vostri occhi. Non è vero. Non l’ho pensato, ma l’ho voluto comunicare. Capire in che direzione vada la propria ombra, con il sole sopra di noi, è un effetto che non tutti siamo in grado di spiegare. Separare le onde dal mare è un incantesimo ancora ben celato.

La costa calabrese presso San Nicola Arcella © Luca Ferrari
La costa calabrese presso San Nicola Arcella © Luca Ferrari
La costa calabrese presso San Nicola Arcella © Luca Ferrari
La costa calabrese presso San Nicola Arcella © Luca Ferrari