giovedì 20 aprile 2017

Demet Kiziltas, i colori della sensorialità luminosa

Venezia © Demet Kiziltas
Pochi semplici colori pennellati su due città senza tempo, Venezia e Istanbul. Venerdì 21 aprile in laguna si svolgerà una piccola mostra artista turca Demet Kiziltas.

di Luca Ferrari

“La corporeità dei dipinti è interamente surrogata dalle interazioni di linee energetiche che trascendono la forma e diventano espressione della vita che pulsa nel macrocosmo, quindi una ricerca dell’infinito e il significato di essere”. Scrive così il prof. Pino Tartaglia sui lavori dell'artista di origine turca Demet Kiziltas, da anni ormai residente in Italia, a Napoli, ma con una profonda passione pittorica per la città di Venezia. Ed è proprio qui, nella città lagunare, che venerdì 21 aprile (h. 18-22) si è svolta una sua piccola esposizione, in Fondamenta de la Pasina, nel sestiere di San Polo.

Un talento precoce e innato quello di Demet, iniziando a cimentarsi a soli due anni con la tecnica dell'acquerello. I passi successivi sono la laurea in Architettura d’Interni & Industrial Design presso la Facoltà di Belle Arti dell’Università di Marmara (Turchia), quindi il trasferimento nel Bel paese dove inizia a studiare lingua e letteratura italiana presso l’Università Cattolica di Milano. Oggi Demet Kiziltas è un architetto, industrial designer e specialista in arte grafica. Parla correntemetre cinque lingue e tra i suoi vari impegni lavorativi, è responsabile per le attività culturali dell'International Women's Club of Naples e ricopre l'incarico di Design & Specialista in Arte Grafica presso il JFC Command Naples.

Ovviamente Demet è molto concentrata anche sulla propria arte. Il suo percorso espositivo è iniziato nel lontano 1989 sul tema delle "Dimore storiche dell'Anatolia", a Napoli e via via poi a Praiano, Caserta, Roma, Barcellona, Istanbul quindi nel 2011 il primo sbarco in laguna con “Le cupole – Istanbul & Venezia”, svoltasi a Ca' Zanardi, nell'ambito della Biennale di Venezia. Tra i molti eventi successivi, anche la Mostra di Arte Contemporanea Internazionale IRIDESANS al Palazzo delle Prigioni dedicata alle città di Venezia e Istanbul.

Delle opere (olio su tela) qui raffigurate, alcune delle quali in visione anche nel suddetto evento veneziano, il prof. Tartaglia ha scritto: "Una dimensione emozionale ed energetica che suscita inquietudini, fascino, sensazioni arcaiche e struggenti. Attraverso le sue opere Demet ci propone un aspetto particolare dell’incontro come arte del vivere. Una sensorialità luminosa e aperta che sprizza dalla sua opera con un senso. un invito che esplicitamente ci propone: violare il limite del conosciuto e del visibile per aprire un varco interiore dell’anima verso due direzioni, lo sconosciuto dentro noi e la dimensione dell’anima collettiva fuori di noi".

Molti i riconoscimenti ricevuti, a cominciare dal 1° premio del concorso Pittori Impressionisti nella culla di questa arte pittorica, ossia Parigi, e assai numerosi quelli ottenuti nella Serenissima primo dei quali il Premio  Leone di San Marco Internationalrt in Venice (2013) nell'ambito della Biennale di Venezia, Italia e appena due anni dopo il Premio di Marco Polo d'ambasciatore d'arte. Cinque addirittura i premi conquistati l'anno passato: Artista dell'anno consegnatogli dal celeberrimo critico d'arte Vittorio Sgarbi a Palermo, quindi il premio Canaletto in occasione della 1° Biennale Riviera del Brenta, il premio Venezia in Arte – Casanova, il Premio d'Arte Internazionale  "Contemporanei nella città degli UFFIZI 2016" e il Premio d'Arte Internazionale Galileo Galilei di Pisa.

Colori freddi, glaciali. Pennellate calde, rassicuranti. Sfumati. Ombre. Sovrapposizioni. Demet Kiziltas entra nell'anima delle città raffigurate, Venezia e Istanbul. Le sagome della Moschea Blu da una parte, quelle della Basilica di San Marco e San Giorgio avvicinano l'essere umano a se stesso. Non ci sono intermediari divini. L'artista ha davanti a sé il mondo ed è pronta ad ascoltarlo, con il cuore e l'anima fra le dita. I suoi dipinti sono proprio questo. Pensieri pulsanti. Figli legittimi di sentimenti condivisibili. Orme nella notte a diretto contatto col sole del proprio essere.

Per contattare direttamente l'artista: Demet Kiziltas,081-721 3788, +39 342 109 1778 (Italia); +90 921360 (Turchia); demetkiziltas@gmail.com, deartconcept@gmail.com

Venezia © Demet Kiziltas 
Istanbul © Demet Kiziltas
Istanbul © Demet Kiziltas 
Venezia © Demet Kiziltas
Venezia © Demet Kiziltas
Istanbul © Demet Kiziltas 
Venezia © Demet Kiziltas 
Venezia © Demet Kiziltas

lunedì 3 aprile 2017

Turisti a Venezia, siate sempre i benvenuti!

Venezia, turisti in relax sul ponte di Rialto © Luca Ferrari
La lezione dell'accoglienza naturale a Seattle. L'esperienza di travel reporter in giro per il mondo. Oggi fare customer assistance online nella mia Venezia è (quasi) una missione.

di Luca Ferrari

Sorridenti. Spensierati. Numerosi. Invidiati (eh si, loro sono in vacanza! ndr). Troppo spesso criticati e mal sopportati dai residenti. Decisamente ingombranti, certo, ma che si può fare? Siamo a Venezia, di sicuro non la città più larga del mondo ma io da qui non me ne andrei mai, e se per viverci devo imparare a convivere con le masse, me ne farò una ragione. In caso contrario, c'è sempre la terraferma che mi aspetta. Io resto qua, e voglio fare della mia professione il miglior benvenuto possibile per voi tutti da ogni dove.

“Non dovrà avere bisogno di niente. Non dovrà avere bisogno di cercare nulla. Io voglio che un turista non debba neanche accenderlo il proprio smartphone una volta arrivato a Venezia”. Da quando ho cominciato a occuparmi di customer assistance online in ambito turistico, giorno dopo giorno ho sempre più affinato la mia modalità di risposta fornendo al futuro visitatore tutta una serie di informazioni, tali da non dover fargli sprecare neanche un secondo in più sulla rete, mappa o guida che sia. Ma questo è solo il secondo step.

Il mio primo passo infatti nasce dall'esperienza quotidiana di veneziano a contatto coi turisti. Un approccio molto cambiato nel corso degli anni, abbandonando del tutto la classica e provincialotta insofferenza, nata molte miglia lontane. Tutto cominciò nel giugno 2012 a Seattle (USA), dove mi trovavo un po' per vacanza e un po' a caccia di reportage. Una città davvero affascinante, verdissima e ancor di più accogliente, più canadese che americana di mentalità. Una città dove "disponibilità dei cittadini e delle forze dell'ordine locali" è la parola d'ordine. Sempre prodighi a farsi avanti per chiedermi se avessi bisogno di aiuto ogni qual volta agitassi una inequivocabile cartina turistica.

Tutti conosciamo i problemi di Venezia così come la massa turistica che vi si riversa ogni giorno. Rientrato dagli Stati Uniti però, qualcosa era scattato. Essere lì, a migliaia di chilometri di distanza e sentirmi così ben accolto, ha cominciato a farmi guardare il "mio turista" in modo del tutto diverso. Occupandomi d'altro, in principio quando vedevo sguardi persi nel nulla o in Google Maps che spesso e volentieri fra calli & campielli fa cilecca, mi toglievo le cuffie puntando loro con scritto in viso “se avete bisogno, chiedete pure. Mi fa piacere aiutarvi”.

Negli anni successivi mi sono sempre più avvicinato alla professione di customer assistance online, e lo ammetto, anche se nessuno mi dice grazie personalmente, vedere che le persone riescono a orientarsi grazie a un essere umano e non un'applicazione, mi dà una soddisfazione incredibile. Sfruttando inoltre la mia vasta esperienza di reporter di viaggi, so bene di cosa una persona abbia bisogno appena sbarcato all'aeroporto o stazione che sia. O comunque mi informo subito al riguardo, fornendogli tutte le informazioni possibili e immaginabili (foto, orari, prezzi e link inclusi) senza che sia lui/lei a cercare.

Ovunque sia andato, confesso che la mia prima sensazione sbarcato dall'aereo sia sempre la medesima. Smarrimento e voglia di arrivare il prima possibile a destinazione. È vero, c'è la rete, ma non sempre si trova ciò che si vuole e di sicuro un autoctono saprebbe darmi informazioni molto più esaustive. Un piccolo esempio. Per i tanti turisti che arrivano a Venezia e devono farsi il biglietto per la loro destinazione, ci sono anche i più convenienti pass giornalieri da 24 h. 48, 72 ore o settimanale. Una semplice informazione che può far già risparmiare parecchio denaro a una famiglia.

Venezia è una città dove anche Google Maps si perde, ecco perché ritengono fondamentale e doveroso fornire il maggior numero di informazioni il più minuzioso possibile, inclusi:
  • orari supermarket & farmacie
  • costi diversificati vaporetti
  • suggerimenti per ristoranti/ caffè/ pasticcerie 
  • luoghi da visitare
  • disponibilità a prenotare ristoranti tipici veneziani e/o taxi, gondola tour
  • parcheggi con indicazioni dettagliatissime
  • informazioni spiagge libere e a pagamento al Lido di Venezia
  • verifica se durante la permanenza vi siano eventi tra cui:
Dei tanti sistemi sperimentati, emailWhatsapp sono i migliori in assoluto. Pratici e immediati. consentono di inviare qualsiasi cosa. In particolare il secondo assicura una vicinanza fisica tale da far sentire il turista davvero considerato privatamente e non parte di un ingranaggio mangia-soldi. Una volta, mentre dei turisti stavano arrivando in macchina, gli mandai immagini (foto scattate dal sottoscritto) dettagliate su dove parcheggiare. Ecco, a Venezia non ci sono solo quelli limitrofi a piazzale Roma (non esattamente economici). Appena prima del ponte della Libertà c'è un parcheggio a pochi euro ogni 24 ore (non al giorno, ma ogni ventiquattro ore) distante due sole fermate di autobus a piazzale Roma.

Tutto questo non è solo lavoro o meglio, può esserlo. Per quanto mi riguarda c'è qualcosa di molto più profondo, è ormai quasi una missione. Un dono di mentalità che mi ha regalato una città all'estremo nord-ovest statunitense. Altri tre punti fondamentali della mia personalità completano il mio quadro di approccio: empatia, adoro parlare/scrivere in inglese e sono un devoto seguace del risparmiatore Paperon de' Paperoni, riuscendo a trovare e proporre soluzioni economiche di viaggio e/o desinare, facendo così sempre la gioia di quei turisti dal portafogli non così largo.

Venezia è una città meravigliosa e come tale viene visitata da milioni di persone ogni anno. Finché il turista si comporterà in modo rispettoso, è un dovere dei cittadini essere ospitali e farli sentire il più benvoluti possibile. In vacanza siamo tutti più felici e rilassati. Stare in un posto lontano da casa sentendosi ben accolti è una sensazione speciale che ti spinge a vivere la città ancora di più e magari tornarci il prima possibile. La città di Seattle, così come l'intero Canada o anche la placida Finlandiasono state tutto questo per me e non c'è giorno che non desideri tornarci. La mia speranza è che anche col mio contributo Venezia sia questo per tutti voi. 

Venezia, turisti in gondola sul Canal Grande © Luca Ferrari
Venezia, i binari della stazione Santa Lucia © Luca Ferrari
Tessera (Ve), le indicazioni dall'aeroporto per la darsena dove prendere Alilaguna o taxi acqueo © Luca Ferrari
Venezia, un Alilaguna attraversa il Canal Grande zeppo di turisti © Luca Ferrari 
Venezia, un vaporetto-linea 1 si sta per staccare dalla stazione alla conquista del Canal Grande © Luca Ferrari
Venezia, il ponte di Rialto © Luca Ferrari
Venezia (Giardini), l'invasione della Biennale di Arti Visive © Luca Ferrari
Venezia, una delle specialità veneziane: la frittura (di pesce) mista © Luca Ferrari
Venezia, l'impareggiabile panoramica dal palazzo del Fondaco dei di Tedeschi © Luca Ferrari
Venezia, le luci dell'alba sulla laguna © Luca Ferrari

mercoledì 15 febbraio 2017

Canada nel cuore, Canada dell'anima

Il faro di Peggy's Cove (Nova Scotia, Canada) © Luca Ferrari
Luogo dell'anima. Meta per anime semplici, innamorate dei mondi e dai cuori tonanti. Viaggio nel Canada orientale, da Montreal alla Prince Edward Island.

di 
Luca Ferrari

Il verde più sconfinato. Le città e i piccoli centri a misura, ed emozione, di essere umano. L'azzurro profondo dei mari. Le strad(on)e semi-deserte. Le sontuose colazioni a base di pancake e sciroppo d'acero. Tutti hanno un luogo dell'animail mio è sempre stato ed è tutt'ora il Canada, di cui oggi, 15 febbraio, si celebra il compleanno della bandiera e il prossimo 1 luglio si celebrerà il 150° anniversario della sua indipendenza. Dopo una prima esperienza a Vancouver (British Columbia) tra i totem dello Stanley Park e la cultura orientale del giardino Ming, questa volta il viaggio è tutto on the road. Tra un appunto e una recensione per Tripadvisor, attraversando le province orientali del Quebec, New Brunswick, Nova Scotia e Prince Edward Island.

Il viaggio in terra canadese ha inizio sopra le nuvole a bordo della più economica compagnia di bandiera AirTransat che mi ha accompagnato senza scali intermedi dall'aeroporto Marco Polo di Venezia Pierre Elliott Trudeau di Montreal. Poco amante delle metropoli, resto nella città più importante della provincia del Quebec una sola notte, soggiornando all'ostello Le Gite Plauteau-Mont Royal. Un posto davvero amichevole e singolare dove il personale di servizio prepara i pancake la mattina e in cambio devi solo lavare i piatti.

Noleggiata un'autovettura, sebbene non sia propriamente un asso al volante, scopro un impensabile piacere a guidare per le ampie e sicure strade del Canada i cui automobilisti, oltre a essere disciplinati e senza chissà quale smania di vincere un invisibile Gran Premio, in pratica ignorano l'uso del clacson. Miglio dopo miglio (senza alcun casello cui versare l'obolo), incontro numerosi e grandiosi (anche in fatto di dimensioni) cartelli che avvisano del possibile attraversamento di alci. Necessario dunque procedere con prudenza (sotto i 100 km/h), in particolare di notte.

Lasciatomi alle spalle il Quebec, con l'arrivo nella provincia del New Brunswick vengo puntuale accolto da un centro informazioni, una realtà questa ovunque nel Canada e davvero molto utile. Un piccolo pit-stop e via, destinazioni le cascate di Grand Falls Gorge. Panorama roccioso dove alcuni arditi senza evidenti problemi di vertigini si lanciano nel vuoto ben agganciati a un cavo mobile. Arrivato in ora di pranzo, mi viene suggerito di sperimentare il vicino Pizza Boy, locale che a dispetto del nome prevede un'ampia varietà di pasti. Un locale che ha molto da insegnare sul fronte del marketing.

Il viaggio prosegue fino a sera inoltrata. Parcheggiata la macchina nella piccola località di Alma, scopro che il mio orologio è un'ora indietro (dicasi differente fuso orario, ndr). Oltre a ciò faccio anche un'altra (amara) scoperta: i ristoranti canadesi, specie quelli fuori dai grandi centri abitati, chiudono presto (20-20,30). Inevitabile dunque che resti a stomaco vuoto (cosa che avverrà in altre tre occasioni durante il viaggio). Il sonno ha la meglio e dunque non penso troppo all'appetito ma l'indomani mi rifaccio alla grande con una sontuosa colazioni a base di waffle all'Octopus Garden Cafè.

Sono arrivato ad Alma per una ragione: il Fundy National Park. Prima di partire alla scoperta di Madre Natura, appurato che passerò una giornata intera all'aria aperta senza trovare l'ombra di un mini-marker o simili, faccio una sosta da Kelly's Bakery per le necessarie provviste (dicasi panini da escursioni), dopodiché abbandono la civiltà per fare il mio ingresso in un mondo fatto di sentieri, ruscelli, boschi e l'incredibile spettacolo delle maree.

Resto due notti poi la strada mi richiama, anzi, non proprio. Non è pensabile di venire nel New Brunswick senza recarsi ad ammirare lo spettacolo roccioso di Hopewell Rocks. Tempo ballerino e ancora la natura a fare da indiscussa e sontuosa regina. Formazioni rocciose nate dall'erosione alte decine di metri, visitabili anche in kayak qualora l'alta marea si presenti (spesso). E dopo tanto camminare, una visita al museo interno e qualche acquisto nello store, è tempo di rifocillarsi a base di lobster-burger all'High Tide Cafe,

Sulla utile guida Routard la copertina del Canada è dedicata al faro di Peggy's Cove, in Nova Scotia. Stringo quel prezioso libro tra le mani quando arrivo al suo cospetto in una giornata più ventosa che mai. Lì, davanti alle onde dell'Atlantico, è un viavai continuo di turisti da tutto il mondo ma molto meno chiassoso di come si potrebbe immaginare. Massi giganti e piatti, levigati dalla devastante potenza del mare e del vento.

La strada per la Prince Edward Island è ancora lunga e in Nova Scotia c'è ancora molto da visitare. Dopo una sontuosa colazione a base (ovviamente) di ottimi 
pancake al Restaurant Evangeline di Cheticamp, abbandono la terra per vivere l'esperienza del whale-watching (avvistamenti di balene) e quindi fare il mio ingresso nella Cape Breton Island (collegata alla terraferma) e ancor di più guidando lungo la mitica Cabot Trail, il cui nome si ricollega a Giovanni Caboto, primo esploratore ad aver raggiunto le coste del Canada, e molto legato alla città di Venezia.

E adesso tocca lei, l'ultima e lontana tappa di questa due settimane canadesi: la Prince Edward Island, sede anche dell'omonimo e succulento Lobster FestivalUn'isola raggiunta in principio a bordo di un gigante ferry-boat e al ritorno attraverso il lungo ponte di collegamento (si paga solo al ritorno). Complice una giornata un po' altalenante, il primo impatto con Charlottetown non è dei migliori ma è solo un abbaglio. Già al calar delle luci, passeggiando lungo la baia al tramonto, la magia prende il sopravvento.

Dopo una visita alla St. Duncan's Basilica e una succulenta cena a base (ovviamente) di aragosta al Water Prince Corner Shop, abbandono provvisoriamente la città destinazione il magico mondo di Anna dai capelli rossi, lì dove la scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery (1874-1942) ambientò i romanzi di Anne of Green Gables, a Cavendish. A riguardare lo storico cartone animato di Anna dai capelli rossi così come la più recente serie televisiva Chiamatemi Anna prodotta da Netflix, si ritrova tutto: il sentiero, la casa, il ruscello. Un viaggio tra fantasia, storia e realtà con tanto di libreria e ufficio postale. Un posto dove neanche un imprevisto acquazzone è stato capace capace di minarne la lunga visita.

L'isola del Principe Edoardo è un'autentica oasi a cielo aperto. Posso dire in tutta onestà di aver raggiunto l'estasi pura una volta entrato nel Dunes National Park di Greenwich, porzione del Parco Nazionale di PEI, tra mare, vegetazione e dune sabbiose. Qui ho corso il miglior jogging della mia vita e sarei potuto andare avanti per ore, per di più senza incontrare anima viva. Qui ho cantato a squarciagola le parole di David Lee Roth che scandiva: This must be just like livin' in paradise/ And I don't wanna go home... e ancora oggi, a distanza di mesi, vi sogno un ritorno in questo autentico paradiso naturale.

Passo dopo passo, sale l'appetito e lì, nel mezzo del nulla (verde), ecco spuntare il Lin's Take Out. Il classico chioschetto da spiaggia con una scelta non da poco. Se la colazione canadese è di proprietà dei pancake, a pranzo (o cena) l'hambruger di aragosta è una pietanza più che consigliata. Questo locale non solo si è rivelato molto pratico, facendomi restanre all'interno del parco, ma ha consentito di mettermi al riparo dal sole battente e gustare un panino davvero cucinato bene.

Mi si spezza il cuore ad abbandonare Cavendish e un imprevisto (il migliore del mondo) mi riporta a Charlottetown, facendomi prima accomodare alla tavola del Dave's Lobster e poco dopo nella vicina Bonshaw, ritrovandomi al centro dell'Argyle Shore Provincial Park. Un luogo dolcemente umano, direttamente affacciato sullo stretto di Northumberland, dove può perfino capitare d'incontrare due stranieri che si sposano con una cerimonia semplice e vedere una giovane mamma raccogliere fragole di campo per la sua dolce figlioletta.

Prima di abbandonare la PEI, mi godo un ultimo pasto al Landmark Cafe. I ricordi si fanno sempre maggiori. La musica del cantautore canadese Neil Young che mi ha accompagnato per tutto il viaggio si fa sempre più malinconica. Inizia la lunghissima strada del ritorno. Ogni miglio lasciato inghiottire dallo specchietto retrovisore è una lacrima talvolta trattenuta, talvolta in libera uscita. Prima di fare capolino a Montreal, dormo la mia ultima notte nella quiete dell'accogliente Gite De La Maison Canadienne. Poi è ancora e solo strada fino allo "scontro col traffico" metropolitano.

Per uno strano scherzo del destino, mi ritrovo un'ultima volta dentro la macchina anche dopo averla consegnata. Non faccio tempo a rimettere le mani sul volante che l'istinto sarebbe quello di fare inversione di marcia e uscire dalla città, puntando di nuovo verso est, o magari verso l'ovest, comunque restando qui, in Canada. Per sempre. Così ovviamente non è stato e in Italia alla fine sono dovuto tornare ma non è certo stato un addio, semmai un arrivederci. Si, la mia storia col Canada è appena iniziata e chissà che in un futuro...


Aeroporto Marco Polo (Ve), in partenza per Montreal con l'AirTransat © Luca Ferrari 
Canada - on the road su 4 ruote tra dal Quebec al New Brumswick © Luca Ferrari 
Niente web, il navigatore è cartaceo-umano © Luca Ferrari 
Grand Falls (New Brunswick - Canada) - indomiti si lanciano (agganciati) nel vuoto © Luca Ferrari
New Brunswick (Canada) le maree del Fundy National Park © Luca Ferrari
New Brunswick (Canada), le formazioni rocciose di Hopewell Rocks © Luca Ferrari
Cheticamp (Nova Scotia - Canada), una superba colazione a base di pancake © Luca Ferrari
Cape Preton Island (Canda), lungo la Cabot Trail © Luca Ferrari
La cattedrale di Charlottetown © Luca Ferrari
Cavendish (PEI), la casa di Anna dai capelli rossi a Green Gables © Luca Ferrari
Un sontuoso lobester-burger divorato sulla Prince Edward Island © Luca Ferrari 
PEI, la spettacolare costa dell'Argyle Shore Privincial Park © Luca Ferrari 
PEI, l'immensità del Parco Nazionele © Luca Ferrari

mercoledì 8 febbraio 2017

Hello Canada, my name is Luca Ferrari

Me, Luca Ferrari somewhere in Canada
Canada in my soul. Canada in my reportage. Will Canada be also in my future? I really hope so. If you want to learn more about myself, my career and skills, please, go on reading. 

by Luca Ferrari

To whom it may concern...

My name is Luca Ferrari (Venice, ’76). I’m a freelance Italian journalist-copywriter with large experience in Italian text-editing, translation (English-Italian) and social media from remote with local and international companies. I’m really interested in developing Canadian business in Italy and/or in Italian tourism in Canada.

I am always looking for new exciting collaborations. I guarantee impeccable Italian, punctuality and precision. As you can read directly on my Curriculum Viate online or on my Linkedin profile, I do not have a degree in Economics, but, I do have over 18 years experience in the same environment. With that being said, I also started to operate in tourism accommodations in customer service online such as social media sources and also through Whatsapp and email marketing. My tasks may include creating an Italian version of your website through FacebookTwitter and Instagram.

I’m also open to consider different tasks at hand and I’m always up for a good challenge!

There are probably many questions that you may come across such as “Why do this in Canada and not in your own country?” My answer is that I love Canada and it is such a wonderful country and a great language to be fluent in as it is the most universal language in the world. I had the honor of visiting Canada last year and I loved everything about it from the food, to the people and culture and everything in between. It was one of the most satisfying trips I have ever experienced in my life.

Read also my reportage in Italian/English about Prince Edward Island.

Thank you for taking the time to read and admire what I have to offer and what I’m passionate about. I would love to work with you and come up with some creative ideas. Please don’t hesitate to contact me with any questions: luca.goestowest@gmail.com.

I look forward to hearing from you!
Thank you.
Luca Ferrari

lunedì 23 gennaio 2017

Giorno della memoria, l'impegno di Venezia

Le nuove pietre d'inciampo in laguna © Iveser Venezia
Dediche imperiture alla Memoria e ai sopravvissuti. Dialogo col passato e un impegno all'azione. A Venezia si è svolta la commemorazione della Giornata della Memoria.

di Luca Ferrari

Quello che è accaduto non può essere cancellato ma si può impedire che succeda di nuovo. È proprio da qui che dobbiamo ripartire. È proprio con questo spirito che il mondo può far memoria del Male senza lasciare che esso ci travolga. Il ricordo non deve essere solo un doveroso tributo alle vittime innocenti ma anche una testimonianza dell'impegno ad agire perché quanto è accaduto non possa ripetersi”. A parlare così, sul palco del Teatro Goldoni di Venezia, il sindaco della città lagunare Luigi Brugnaro.

Venerdì 20 gennaio 2017, in occasione della cerimonia cittadina del prossimo Giorno della Memoria, è partita da Calle dei Sbianchesin la deposizione di 24 nuove pietre d'inciampo (Stolpersteine), tutte realizzate in in ottone dall’artista tedesco Guenter Demnig. Per la prima volta una di esse è stata dedicata a un internato militare, Romano Brussato, mentre in Calle del Ghetto Vecchio due pietre sono state posate in memoria di Amalia e Lina Navarro, entrambe sopravvissute ad Auschwitz.

Nuovi percorsi della Memoria in città dunque, voluti dalla collaborazione tra la Comunità Ebraica, il Comune di Venezia, il Centro tedesco di Studi Veneziani e l'Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Iveser). Tra le pietre deposte fisicamente da Demnig nei sestieri di San Polo, San Marco e Cannaregio, c'erano anche quelle dedicate alle famiglie Dina Levi, entrambe duramente colpite dalle deportazioni naziste.

"Questa non è una semplice cerimonia commemorativa", ha sottolineato la presidente della Municipalità di Venezia, Ermelinda Damiano, "Siamo qui oggi per restituire identità e dignità ai bambini, alle donne e agli uomini che furono strappati alla vita e consegnati all'orrore. Nell'atto di inciampare su queste pietre, veniamo posti di fronte a persone reali con un nome, un volto, una voce e una storia. Le pietre ci permettono di dialogare con chi ha vissuto qui realmente".

A oggi, in Europa sono circa sessantamila gli Stolpersteine depositati. Come ha ricordato il presidente ad interim del Centro tedesco di Studi veneziani, Michael Matheus, "Le pietre d'inciampo formano il più grande museo decentralizzato della memoria del vecchio continente". Parole alle quali si è aggiunto Luca Volpato, rappresentante del Consiglio D'Europa – Ufficio di Venezia: "Le pietre d'inciampo sono rappresentazione concreta di quella lotta all'ideologia totalitaria che il Consiglio d'Europa ha posto come obiettivo fondamentale nel Trattato di Londra del 1949".

Chissà se quei gran mattacchioni del settimanale francese Charlie Hedbo, dopo l'offensiva vignetta sulla tragedia dell'hotel Rigopiano, in occasione del Giorno della Memoria si divertiranno con qualche nuova vignetta, magari una bella grigliata di carne sionista nel rinomato camping di Auschwitz? Tutto può essere, tanto la loro (stupida) risposta è sempre quella: è satira, voi non capite! Beh, preferisco continuare ad andare per la mia strada e dimostrare un minimo di rispetto per chi è morto e ha sofferto, invece di trincerarmi dietro un intellettualismo superficiale e grottesco.

Ebrei, ma non solo. Nella mattanza nazista finirono anche Rom, Armeni e omosessuali. “Alla responsabilità di chi compie il male si somma quella di chi non fa nulla per impedirlo" ha aggiunto il primo cittadino della Repubblica Marinara. Il panorama del terzo millennio non è troppo invitante. Politiche protezioniste e divisorie scaldano il cuore ignorante dentro e fuori l'Europa. Non basta un libro di storia e una celebrazione per impedire che il mostro torni a brutalizzare l'umanità. "La storia è scritta da ciascuno di noi, con piccoli gesti quotidiani, che uniti a quelli di altri uomini e donne, possono alimentare l'odio o l'indifferenza oppure contribuire a costruire un presente e un futuro di pace" ha infine concluso Luigi Brugnaro.

Venezia, cerimonia di deposizione pietre d'inciampo - (da sx),
Ermelinda Damiano e l'assessore Paola Mar

domenica 22 gennaio 2017

Charlie Hebdo, la satira è anche rispetto

Un po' di rispetto, grazie...
Fino a che punto si può spingere la satira quando in ballo ci sono tragedie mortali? Non tutti comprendono la "dotta" ironia, il settimanale francese Charlie Hebdo lo dovrebbe capire.

di Luca Ferrari

Satira giusta. Satira sbagliata. Satira irrispettosa. Satira contro tutti e tutti. Il dibattito è aperto. Chi ha ragione e chi ha torto? Platea preferita, ovviamente Facebook. A finire sotto la graticola dell'ormai noto Charlie Hedbo, la tragedia dell'hotel Rigopiano. In molti non l'hanno capita. Molti si sono sentiti offesi. Alle volte allora sarebbe il caso di puntare la propria ironia verso altri bersagli (i responsabili magari? ndr) e lasciare quanto meno asciugare le lacrime di chi sta ancora piangendo i propri cari.

Morti, feriti, dispersi. La slavina che ha investito l'Hotel Rigopiano di Farindola (PE) ha sconvolto l'Italia e non solo. In un simile scenario il giornale satirico Charlie Hedbo è riuscito a trovare il tempo di farci la solita  tagliente ironia mettendo uno scheletro della morte con gli sci e due classiche falci al posto delle racchette aggiungendo: "Italia: la neve è arrivata. Non ce ne sarà per tutti". Dopo i morti del terremoto di Amatrice diventati strati di lasagne, ora è il turno dell'Abruzzo.

Nessuno vuole fare una caccia alle streghe, il diritto di parola è sacrosanto. Semplicemente si chiede di essere  più rispettosi verso chi sta soffrendo perché non ci si può sempre nascondere dietro risposte altezzose come  "voi non capite, non volevamo offendere le vittime" e altre scuse dell'acqua "stantia" come queste. Ci vuole rispetto, e il bravo sa come colpire senza insultare. I bravi, quelli capaci s'intende. E sono felice che oltre allo sdegno popolare, la stessa satira italiana abbia reagito con una vignetta alquanto emblematica grazie al vignettista Ghisberto.

Qualcuno mi ha fatto notare che anch'io talvolta prendo in giro questioni che meriterebbero più rispetto. “Certo”, vi rispondo “e infatti lo faccio in privato e con persone che so non offendersi per certe esternazioni e di sicuro non ci lucro sopra". Sempre il popolo illuminato ha sbraitato sostenendo che nessuno abbia davvero argomentato questo sentimento di repulsione verso la suddetta vignetta di Charlied Hebdo. Quindi devo dedurre che il dolore e la morte non lo siano? Ottimo! Vorrà  dire che nel 2017 per ancora troppa gente l'idea merita più rispetto dell'essere umano.

martedì 17 gennaio 2017

Migranti al gelo, nessuna vergogna

Belgrado, migranti in coda
Ma quale vergogna, i migranti sono solo un intralcio all'immagine "pacifica" della buona Europa. Non hanno nomi e non c'è nessuna remora a lasciarli morire al gelo.

di Luca Ferrari

"Migranti al gelo e sotto la neve in attesa di un pasto caldo distribuito in un deposito doganale abbandonato a Belgrado. Migliaia di migranti sono bloccati in Serbia a causa del gelo e non tutti sono attrezzati con abbigliamento invernale...". Inizia così un drammatico racconto del Corriere della Sera. Una storia di costante miseria dimenticata. Una storia che interessa giusto il tempo di un post con cui ottenere tanti like, dopodiché è il nulla. Il nulla che avvolge e inghiotte uomini, donne e bambini che ci permettiamo di etichettare senza distinzioni come "migranti".

Il nazismo ha inorridito il mondo ma non è stata l'unica tragedia e se l'Europa ce l'ha tanto a cuore è solo perché le ha rovinato la falsa facciata di terra illuminista a favore dei diritti umani. Brava a fare proseliti in casa propria (e neanche tanto bene), terribile nel massacrare le popolazioni autoctone di Sud America, Africa e Oceania. No, i migranti non troveranno spazio nei libri di storia occidentali. Non sono niente. Non ci riguardano. A noi superiori europei non c'interessano.

Il passato non ha insegnato nulla e non perché non sappia farlo ma banalmente perché non è conveniente. I giudici Falcone e Borsellino sono tanto amati dalle istituzioni solo perché non possono più fare male. Su Rai Storia continuano a mandare servizi sui due conflitti mondiali lasciando le briciole alla storia sanguinaria dal '45 in poi. Una scelta casuale? Complottista? Con le tesi e fate ciò che vi pare, io bado al sodo e quando mezzo mondo spara a zero sull'Islam ignorando perfino la differenza tra sunniti e sciiti, ecco, vuol dire che l'ignoranza domina incontrastata.

Di fronte alle immagini di esseri umani in fila per un piatto di minestra sotto il gelo della neve a Belgrado, una donna ha scritto: "La nuova Shoah. Questi sotto la neve e quelli sotto il mare. Aspetteremo ancora una volta che ne parlino i libri di storia per scandalizzarci?". No, lo scandalo dura oggigiorno il tempo di un post su Facebook e sui libri di storia continueranno a scrivere ciò che non può essere cambiato se no diventa insegnamento e nessuno Stato si può permettere il lusso di istruire una società a usare il cervello.

Nel corso degli ultimi mesi/anni ho visto manifestazioni di piazza capace di ottenere zero, eppure tutti a imbracciare bandiere e slogan pur di dare un senso alla propria coscienza. Già dimenticata l'Ucraina? Ma a quella gente chi ci pensa davvero? Come in Ruanda o nei Balcani nella guerra fratricida degli anni '90, le intenzioni nascono e muoiono in poche occhiate di sgomento. Almeno una volta (forse) non c'era l'odio verso i protagonisti di quei drammi, adesso si. Adesso la gente in fuga dalla guerra viene accusata perfino di essere la rovina del nostro sistema economico.

"Mi preoccupa il messaggio che stiamo dando agli altri, come stiamo facendo percepire loro la nostra civiltà" analizza Maria Letizia di Maglie (Le), "Come pensiamo che possano poi essere accoglienti quelli che sono rifiutati, ghettizzati, violati nella loro umanità e cultura? Da grandi questi bambini cercheranno di proteggersi da tutto e tutti.Non avranno mai uno sguardo sereno nel guardare il proprio vicino di casa. Costruiranno anche loro muri. Appena avranno soldi si armeranno fino ai denti e minacceranno chiunque e per qualsiasi motivo. Vedi Israele".

"I libri di storia li scriveranno i superstiti di questa tragedia inumana. E ci condanneranno" scrive ancora la signora pugliese. Mi spiace anche solo pensarlo ma la realtà sarà un'altra e ben peggiore. I libri li scrivono i vincitori e i migranti non lo sono. I libri di storia, quelli che si studiano nelle scuole e hanno il potere di formare e istruire le persone, li scrive chi detiene lo status quo e loro, i migranti, non lo sono. Noi non abbiamo bisogno che la Storia ci assolva banalmente perché nessuno davvero ci condannerà.

Il dramma dei migranti

Belgrado, migranti in coda