l'ensemble Carovana Tribale © Federico Roiter |
L’antica femminilità prende forma in un nuovo movimento moderno. Il tratteggio di una dolce oscurità aperta è sprofondato nella comunità di un bagliore mutevolmente perpetuo. È stato improvvisato un gesto tribale, e simultaneamente la casa è stata invasa dalle finestre. Una per ogni millimetro del mondo. Fusione. Tradizioni. Innovazione. Esplorazioni artistiche. Al suo primo festival italiano, il Tribal Bellydance si racconta.
di Luca Ferrari
di Luca Ferrari
(18.11.2010) Creato in California alla fine degli anni ‘80 a partire dal lavoro creativo di Carolena Nericcio, la danza del ventre Tribal ha saputo unire elementi di danza mediorientale, folklore nordafricano, elementi di altre tradizioni provenienti dai gitani, quindi dall’India del Nord (Rajasthan), Spagna (Flamenco), passando per la Turchia, l’Europa orientale, i Balcani e infine per l’Egitto, dove le zingare chiamate Ghawazee diffusero la danza del ventre.
Tribal è unione. È improvvisazione di gruppo in perfetta sintonia. È il carattere corale di ogni performance e di ogni tribù (o tribe) che danza insieme e crea comunità. Fondamentale allo sviluppo del movimento Tribal negli USA, e poi nel mondo, è stata la musica, anche questa aperta simultaneamente alla tradizione orientale e al moderno dell’elettronica.
Da venerdì 19 a domenica 21 novembre prende il via il Roma Tribal Meeting. L’evento sarà arricchito dalla presenza di un importante gruppo musicale legato alle origini del Tribal negli Stati Uniti: gli Helm, fondato da Ling Shien e Mark Bell. Gli stage si terranno nel cuore di Roma (zona San Lorenzo), presso il San Lo’, un contenitore culturale aperto alle danze de mondo, e realizzato dal gruppo Carovana Tribale.
Fra i molti e prestigiosi ospiti che si esibiranno, le italiane Francesca Pedretti e Silviah, quest’ultima partita dalla danza orientale e approdata nella Tribal Dark Fusion. Dall’estero, le statunitensi Kimberly Mackoy e Geneva Bybee, l’ensemble austriaca Nakari Dance Company il cui stile affonda tanto nelle arti marziali quanto nella danza classica, nell’afro e l’hip-pop.
C’è molta attesa anche per la performance del Saada Tribal Group, la prima compagnia professionale di Tribal Bellydance spagnola, con dodici danzatrici, musicisti e una cantante. Tra le partecipanti infine, sarà in prima linea la Carovana Tribale, compagnia di danza composta di sei elementi fondata nel 2003 da Isabel De Lorenzo e Lara Rocchetti.
Isabel De Lorenzo, come si è avvicinata al Tribal? Vengo dalla danza orientale classica e ho scoperto il Tribal attraverso internet negli anni ‘90. Mi ha subito affascinato lo stile, il look distante dai richiami talvolta volgari della danza del ventre, e più vicino a un’idea di femminile mitico, potente e atemporale, che immagino sia l’essenza della danza. Da allora ho iniziato a seguire il lavoro di Carolena Nericcio e a poco a poco ho reindirizzato il mio lavoro come danzatrice e insegnante di danza, dall’orientale al Tribal.
Che cosa prova a danzare Tribal? Amo la danza nelle sue varie forme, ma con il Tribal quello che più mi appassiona è il senso di comunità. Danzare insieme ad altre donne. Danzare e fare parte di una comunità internazionale che si muove insieme.
Nella schiena arcuata sento il canto di queste nuove emozioni, come se il loro ventre volesse inventare e donare un gesto universale. Cammino senza pensare all’orizzonte, seguendo il sentiero della storia umana. Voglio rispondere allo spazio occupato da sempre più radici. Insieme e mutevoli. Un’ombra attraversa la pelle, fino a diradarsi tra le vette più lontane. Un raggio notturno di sole illumina la bellezza dei loro colori.
Tribal è unione. È improvvisazione di gruppo in perfetta sintonia. È il carattere corale di ogni performance e di ogni tribù (o tribe) che danza insieme e crea comunità. Fondamentale allo sviluppo del movimento Tribal negli USA, e poi nel mondo, è stata la musica, anche questa aperta simultaneamente alla tradizione orientale e al moderno dell’elettronica.
Da venerdì 19 a domenica 21 novembre prende il via il Roma Tribal Meeting. L’evento sarà arricchito dalla presenza di un importante gruppo musicale legato alle origini del Tribal negli Stati Uniti: gli Helm, fondato da Ling Shien e Mark Bell. Gli stage si terranno nel cuore di Roma (zona San Lorenzo), presso il San Lo’, un contenitore culturale aperto alle danze de mondo, e realizzato dal gruppo Carovana Tribale.
Fra i molti e prestigiosi ospiti che si esibiranno, le italiane Francesca Pedretti e Silviah, quest’ultima partita dalla danza orientale e approdata nella Tribal Dark Fusion. Dall’estero, le statunitensi Kimberly Mackoy e Geneva Bybee, l’ensemble austriaca Nakari Dance Company il cui stile affonda tanto nelle arti marziali quanto nella danza classica, nell’afro e l’hip-pop.
C’è molta attesa anche per la performance del Saada Tribal Group, la prima compagnia professionale di Tribal Bellydance spagnola, con dodici danzatrici, musicisti e una cantante. Tra le partecipanti infine, sarà in prima linea la Carovana Tribale, compagnia di danza composta di sei elementi fondata nel 2003 da Isabel De Lorenzo e Lara Rocchetti.
Isabel De Lorenzo, come si è avvicinata al Tribal? Vengo dalla danza orientale classica e ho scoperto il Tribal attraverso internet negli anni ‘90. Mi ha subito affascinato lo stile, il look distante dai richiami talvolta volgari della danza del ventre, e più vicino a un’idea di femminile mitico, potente e atemporale, che immagino sia l’essenza della danza. Da allora ho iniziato a seguire il lavoro di Carolena Nericcio e a poco a poco ho reindirizzato il mio lavoro come danzatrice e insegnante di danza, dall’orientale al Tribal.
Che cosa prova a danzare Tribal? Amo la danza nelle sue varie forme, ma con il Tribal quello che più mi appassiona è il senso di comunità. Danzare insieme ad altre donne. Danzare e fare parte di una comunità internazionale che si muove insieme.
Nella schiena arcuata sento il canto di queste nuove emozioni, come se il loro ventre volesse inventare e donare un gesto universale. Cammino senza pensare all’orizzonte, seguendo il sentiero della storia umana. Voglio rispondere allo spazio occupato da sempre più radici. Insieme e mutevoli. Un’ombra attraversa la pelle, fino a diradarsi tra le vette più lontane. Un raggio notturno di sole illumina la bellezza dei loro colori.
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