lunedì 6 agosto 2012

Venezia, il ventre multiculturale d’Oriente

Danza del Ventre: viaggio fra le culture © Federico Roiter
Uno stacco dà respiro al tuono che penetra nelle acque di un fiume. Danza Antica legata alla femminilità Sacra. Danza Orientale, celebrazione di donne.

di Luca Ferrari

Venezia riassapora il suo glorioso passato. L’antica porta d’Oriente. Centro di due mondi. E lei, la Serenissima, unica nel suo genere con la sua laguna, è a suo agio quando può mescolare tratti armeni con melodie della steppe asiatiche, veli marocchini con braccialetti kazachi, melodie egiziane con colori indiani. Nell’isola lagunare del Lido, è andato in scena il Convegno Internazionale Danze Orientali (19-21 marzo), evento dedicato alla ricerca, diffusione ed evoluzione delle forme di danza delle donne, alle tradizioni ed ai costumi di culture lungo la Grande Via della Seta, mitica strada che collega la Cina con il Mediterraneo.

Qualche defezione dall’India (causa problemi di visto, vista la situazione di allarme dopo gli attentati dello scorso febbraio), così come dal mondo arabo per la concomitanza della ricorrenza del Nowruz, la festa di dodici giorni che segna l’inizio della primavera e del nuovo anno nel calendario persiano (salutato per il secondo anno consecutivo dal presidente americano, Barak Obama).

È un viaggio lunghissimo quella della danza orientale. Partito dalle tribù gitane dalla Persia, e via via contaminatosi in molte e diversificate aree del mondo. Stili di scuole diverse. Qualcuna rimasta più nell’ombra come le danze tribali del deserto o le danze proibite, ma linguaggi ancora noti e pieni di mistero, come la danza berbera del Marocco, o le danze dell’Andalusia che ispirarono il flamenco.

Alla fine della prima giornata, dopo i primi workshop con insegnanti provenienti da tutto il mondo (come l’israeliana Orit Maftsir, l’egiziano Karim Nagi, l’italo-svedese Farida Bissinger), è andato in scena il primo spettacolo, dedicato al Tao delle Donne. Una storia millenaria fatta di saggezza, forza, silenzio, come espressione della Madre Terra, creatrice e nutrice. Un dialogo interculturale danzante tra le donne di tutto il mondo che unisce popoli e pensieri.

La Via della Seta è invece uno spettacolo in cui vengono realizzate diverse danze dalla tradizione antica (indiana, persiana, turca, egiziana), danze del nord Africa, e danze moderne come il Tribal, e Bolliwood. C’è la compagnia milanese di Franacesca Pedretti, e la danza dell’Himalaya.

“Ho conosciuta questa tecnica del Tetto del Mondo in occasione della mia partecipazione a un festival in India in onore del Dalai Lama”, spiega Vidhi Shunyam Bogdanovska, direttrice artistica del Festival, “Lì ho conosciuto artisti straordinari delle montagne nello stato del Chamba, che presentavano una cultura quasi svanita, tribale, del nord del Himachal Pradesh. Avevano elementi in comune con le danze turche dei sufi roteanti, e questo è straordinario se si pensa alle contaminazioni”.

Linguaggio sublime. Esaltazione d’amore. Cascate di glicini sventagliano gialli fosforescente. Soffice bomboniere filanti. Feline predilette in un ballo per propiziare la fertilità. Cultura occidentale. Cultura orientale. Unite. Indistinguibili. Mescolate. Ogni singolo movimento è stato re-interpretato una serie infinita di volte da milioni e milioni di donne (e qualche uomo). Musica e danza hanno il grande privilegio di portare pace fra i popoli. Le donne, hanno l’onore di usare tutto questo, per materializzare l’amore.

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