martedì 28 maggio 2013

You know my name, Seattle

Seattle (Wa, USA) - Olympic Peninsula © Giovanni Ligresti
Ci sono posti nel mondo che ci mettono un attimo a diventare la tua pelle. Lo sono sempre stati. Da quasi vent'anni per me è così con la città di Seattle.

di Luca Ferrari

Ci sono posti che ti hanno atteso per anni e tu hai ricambiato con sguardi. Senza tregua. Rimanendo lì, tra sciabole e percezioni supreme. Anche quando il mondo vedeva nella sabbia solo avamposti di tonalità giallo-ambrate, tu recepivi il mare solcato da navi di cristallo le cui onde erano bottiglie invisibili con i messaggi della propria anima. E da allora sei sempre rimasto indietro.

Seattle (Wa, USA) - Olympic Peninsula © Giovanni Ligresti
E da allora ogni risacca è sempre stata l’inizio di una condizione che hai sempre sentito chiamare strana, e tu l’hai sentita etichettare come se a nessuno importasse o forse era il contrario. Il segno della matita sulla schiena è stata la commozione cui mi sono affidato per anni. Non basta una lanterna a fare dell’oscurità un punto di partenza del proprio viaggio di riconquista.

È ancora presto per sentirmi appagato della mia futura decisione di ripartire, ma è indubbio che ci sto facendo i conti per ogni giorno che ne resto lontano. Aver volato per un tempo infinito senza un tetto ti rende proprio così. Tu allora continua ad alimentare i miei desideri...

Seattle (Wa, USA) - Olympic Peninsula © Giovanni Ligresti
Seattle (Wa, USA) - Olympic Peninsula © Giovanni Ligresti

sabato 25 maggio 2013

Pizza calabrese & Pepsi

Una succulenta pizza calabrese © Luca Ferrari
Pomodoro, mozzarella, olive nere, cipolla, salame piccante e pomodorini secchi. Tutti insieme in una calda pizza calabrese. E da bere, una fresca Pepsi.

di Luca Ferrari

D'improvviso la fame. In frigo ci sarebbe anche qualcosa. Si potrebbe preparare una frittata o spaziare su di una pastasciutta creativa. Non questa sera. Voglio qualcosa di succulento. Adesso, subito e senza alcuno sforzo. Un simile desiderio ha un solo interlocutore possibile. Non è il kebab né una porzione di maiale in agrodolce di qualche ristorante cinese ma una succulenta pizza da asporto, per divorarla nella quiete del proprio focolare domestico. 

Mangiare lo si può fare in tanti modi. Gustare per davvero, ancor di più. Per il sottoscritto uno dei migliori "video-accompagnamenti" a una pizza è starsene spaparanzati  davanti a una puntata della sitcom Friends, che sfido chiunque a guardare in orario di cena senza provare fameliche voglie, in particolare dinnanzi “quell’animale” di Joey (Matt Le Blanc) sempre pronto a ingozzarsi.

Quando si trova la pizza ideale però, è difficile staccarsi. Per me è la Gorgo-speck. Questa volta però, complice anche qualche fastidio alla gola, decido di puntare su sapori più forti. Interrogato al riguardo l’il gentile Mattia della Pizzeria Ae Oche di Venezia, questi mi replica con un eloquente: Ci penso io! Et voilà, la pizza calabrese. Incurante di cosa ci fosse dentro (li per lì pensavo alla ‘nduja), accetto.

Al suo fianco, una fresca Pepsi Cola (nella suddetta  pizzeria c'è sempre in omaggio una lattina di una bibita per ogni pizza da asporto). Si ok, forse una Sprite ci starebbe stata anche meglio ma avendone la possibilità, per chi è cresciuto con la saga di Ritorno al futuro, è difficile rinunciare alla Pepsi.

Epica la scena nel secondo film (1989) quando Marty (Michael J. Fox), sbarcato nell'anno 2015, entra in un Caffé Anni Ottanta e sullo schermo arrivano l'ex-presidente americano Ronald Reagan e il suo storico antagonista dell'epoca, l'ayatollah iraniano Ruhollah Khomeini. Puntuali si mettono a litigare su cosa debba scegliere il cliente finché Marty li blocca e dice: Ehi ehi calma, voglio solo una Pepsi!

Pochi minuti di attesa e sono già per strada in falcata sempre più spedita verso casa, sospinto dall'aroma della pizza calabrese con licenza di far salire l'appetito oltre modo. Finalmente arrivo. Pizza già tagliata in quattro spicchi. Nessun piatto. Si mangia direttamente sul cartone. Giusto un paio di salviette e un bicchiere per versare la Pepsi. Buon appetito a me!


Ritorno al futuro 2 - Voglio solo una Pepsi!

Una fumante pizza calabrese © Luca Ferrari

Neverending Seattle

Seattle - ph. Thom Milkovic su Unsplash

Tutti i miei reportage sulla città di Seattle (Wa, USA). Attese, atterraggio e poi via, alla scoperta di una città che ha profondamente segnato la mia vita.

di Luca Ferrari

Prima le foto, i libri, i servizi televisivi e poi internet. Alla fine  Seattle è diventata realtà. E qui mi sono ritagliato uno spazio (in costante aggiornamento) su tutti i servizi inerenti la città del Nordovest, chiamata anche Emerald City, incastonata tra le brezze del Puget Sound. Ma se credete che questi siano gli unici articoli che ho realizzato e/o realizzerò sulla città di Seattle, vi sbagliate di grosso.



                                      continua...

Il tramonto a Seattle © Giovanni Ligresti

mercoledì 1 maggio 2013

Emilia Balbi, il ricordo dei 40 giorni Titini

Trieste, piazza dell'Unità © Luca Ferrari
La II Guerra Mondiale stava volgendo al termine. Il 1 maggio 1945 arrivò l'esercito jugoslavo a Trieste. L'allora diciassettenne Emilia Balbi racconta "I 40 giorni Titini".


“Sono entrati a Trieste da Opicina il 1 maggio 1945. Sono scesi in città e si sono fermati davanti alla mia casa, in via Udine 40, a fianco della caserma della Finanza e l’hanno occupata”. Inizia così il racconto di Emilia Balbi, classe ’27, nel suo viaggio indietro nel tempo. Nel primo giorno dell’occupazione delle forze slave, verso la fine della II Guerra Mondiale, in quel periodo storico che venne chiamato – I 40 giorni Titini –.

Trieste, come la Venezia Giulia, era sotto il comando nazista. Dopo una prima parte del conflitto favorevole all’asse italo-tedesco, ora l’azione era passata sempre più in mano agli Alleati. Josip Broz, detto Tito, capo dei partigiani comunisti iugoslavi, una volta liberata la propria terra dal nemico, marciava spedito verso zone di confine italo-slave. 

Superata una tenace resistenza delle SS tedesche, il 1 maggio 1945 la Seconda Armata comandata da Tito entrò a Trieste, anticipando di qualche giorno le truppe alleate neozelandesi. Ne scaturì un’inevitabile caccia al “fascista”, senza lesinare processi o esecuzioni sommarie anche a persone estranee a qualsiasi tipo di azione militare. Questo clima di guerra/vendetta continuò fino al 12 giugno 1944 quando l’esercito slavo si ritirò, lasciando il controllo dell’area all'amministrazione anglo-americana.

Alberto Ciancimino
Il giovane fidanzato di Emilia, Alberto Ciancimino, alle prese con il servizio obbligatorio di leva, lavorava negli uffici della Finanza, adiacenti la casa della famiglia della donna. 

“Non appena vide i Titini arrivare, temendo il peggio, scavalcò il muro di cinta interno e si nascose in casa mia, dentro una stretto cunicolo dove mio padre poco tempo prima aveva dato rifugio a un ebreo” racconta Emilia “I Titini intanto fecero subito uscire tutti dalla caserma, e li portarono fino a piazza Obardan. Alti furono portati in un bosco di Opicina. Da lì in poi non si è più saputo nulla di loro”.

Spesso in guerra gli eserciti si macchiano di crimini contro l’inerme popolazione. I Titini e Trieste non furono un’eccezione. 

“Il loro arrivo fu il momento peggiore per me. Durante la loro permanenza poi, fecero retate. Venne mandata gente al confino” continua la signora, “In più di un’occasione vidi civili malmenati di brutto. Una volta, vicino al piazzale della stazione, un uomo venne circondato e vidi pezzi di vestiti e carne schizzare dappertutto. Per protestare tutti noi ci mettemmo delle coccarde tricolori che i militari slavi ci strappavano appena vedevano. Così li riempimmo di spilli. Quando si pungevano, alzavano le mani contro chiunque. Io stessa mi presi due ceffoni. Ma c’è a chi andò molto peggio”.

La storia della giovane Emilia e del suo futuro sposo ha avuto un lieto fine. Forse il migliore che si potesse immaginare. Sopravvissuti entrambi alla guerra e convolati a felici nozze, la loro primogenita nacque proprio il 1 maggio, nel 1951. Sette anni esatti dopo l’ingresso dei Titini a Trieste. Come per regalare all’umanità la miglior eredità possibile: il trionfo della vita e l'amore sull'orrore della guerra.

una cartolina d'epoca di via Udine, a Trieste

venerdì 26 aprile 2013

Seattle Olympic Peninsula, The in between is mine

Seattle (Wa, USA) - Olympic Peninsula, l’alba su Alki Beach © Giovanni Ligresti
Quando sono a Seattle la poesia prende il sopravvento. C’è stato un tempo in cui avrei potuto riscrivere I am mine, ma nei fatti mi limitai a togliere le scarpe dalla sabbia al momento dello schiudersi delle onde.

di Luca Ferrari

C’è stato un tempo dove le nuvole avevano ribaltato qualsiasi precedente dichiarazione e le forme incustodite se ne stavano come colori senza cornice a fermare ogni singola azione realistica. Non so mai rispondere quando mi chiedono dove sia stato perché ho cambiato i miei pensieri tutti insieme una unica volta. La neve in cima a boschi lontani ha già il sapore di Been Away Too Long.

È sempre stata così colorata l’alba? Hai ancora tempo per le mie domande o le tane sotterranee hanno collezionato manuali da cicale collegialmente arbitrarie? I ponti ingannano la prospettiva di cosa può nuotare anche senza un punto di riferimento. Una giraffa metropolitana. La propria innocenza ha un significato che nessuno può davvero capire e non potrebbe essere altrimenti visto che ogni gesto ribelle rimarrà un bisogno allergico a qualsiasi sorta di specchio. La strada che separa due mondi non è già di per sé una fermata nella primaria odissea? E quella lettera che non ha ancora mai fatto ritorno...

giovedì 25 aprile 2013

Tortorelle, novità dal passato

i biscotti Tortorelle
Bianchi volatili di zucchero si fondono nella dolcezza biscottiera. Dalla fabbrica WillyWonkiana del Mulino Bianco, sono tornate in commercio le Tortorelle.

Un volatile grande e bianco. Uno piccino. Tre in volo verso Est. Quattro verso Nord. Sono le prime tre tortore planate sui biscotti che prendo emozionato dal grande sacco da 700 grammi delle Tortorelle, tornati dal passato in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Un regalo inaspettato da parte del Mulino Bianco. Le Tortorelle, un biscotto mai dimenticato nel mio curriculum dolciario e sempre conservato nella memoria. E anche se non erano più in commercio, non avevo mai smesso di cercarli.

Durante i reportage in giro per l’Italia e l’Europa, ogni volta che entravo in un qualsiasi supermercato, l’occhio cadeva spesso sugli scaffali dei biscotti per vedere se da qualche parte ci fossero ancora loro, le tortorelle. Poi semplicemente è accaduto. Come nei finali più gloriosamente trionfali, la tempesta si placa all’improvviso. Il sole compare all’orizzonte. La terra non è più un miraggio. 

Un viaggio Proustiano o più modernamente alla Ratatouille (2007), il capolavoro d’animazione firmato Pixar/Disney, nelle cui battute finali il critico culinario Anton Ego, specializzato e spietato nello stroncare ogni piatto gli passi sotto il palato, ritrova la serenità (e la gioia della vita) assaggiando l’inimitabile pietanza tradizionale provenzale a base di verdura stufata (la ratatouille, appunto) che lo riporta all’infanzia. In maniera analoga, ma più dirompente, il mio viaggio nei ricordi è iniziato ancora prima di assaggiare.

Mi è bastato rivedere la confezione su di uno scaffale nella Coop di Castellina in Chianti (Si) per salire nella macchina del tempo e ritrovarmi sulle strade floreali della Carinzia, in Austria, mentre tornavo in Italia. E in macchina, ad accompagnare le mie risate tardo infantili c’erano loro, le Tortorelle. Quasi non ci potevo credere. Ne ho comprato subito una confezione. Questa volta al volante mi sono messo io. Ho raggiunto la mia destinazione e quindi mi sono concesso il mio tuffo nel sapore. E loro, i biscotti, erano esattamente come allora. Con lo zucchero glassato a forma di uccello/i sulla pasta dolce.

Ne ho mangiati due. Poi altri tre. Guardando l’inimitabile panorama agreste del Chianti. Il fertile verde e l'azzurro del cielo giocano insieme. Sono rimasto immobile per qualche lungo minuto. Impossibilitato a credere fosse passato così tanto tempo da quell’ultima volta che mangiai questi dolcetti. Si direbbe allora che oggi sia un nuovo inizio. È così? Potrei davvero gridarlo al mondo? Il bianco delle ali del volatile ridà forza al mio trampolino. Poi, un sussulto. Non sono nel letto. E scopro con sorpresa di aver sempre avuto gli occhi aperti. È già ora di cena intanto. Assaggio ancora una Tortorella. Adesso posso mettermi di nuovo in viaggio.

le Tortorelle sugli scaffali della Coop di Castellina in Chianti © Luca Ferrari
Chianti senese © Luca Ferrari

martedì 16 aprile 2013

Bussolà dell'Etna, Mele di Burano

Bussolà a Enna Marmellata dell’Etna a Venezia © Maria Angela Casano & Luca Ferrari
Una dolcezza per un'altra. Nel terzo millennio c'è chi ancora usa la posta per scambiarsi qualcosa che nessun social network è in grado di spedire.

di Luca Ferrari

Scambio di tradizioni dolciarie fra la Serenissima e la terra di Sicilia. Internet potrà anche metterci in comunicazione in modo istantaneo e con Facebook condivideremo ormai anche gli sbadigli, ma volete mettere la sorpresa (e la soddisfazione) di ricevere qualcosa di gustoso con la lenta e obsoleta posta? A me è capitato. E non solo al sottoscritto, anche all'amica e collega Maria Angela Casano.

Si dà e si riceve. A me è capitato di andare un giorno al vicino ufficio postale di Lista di Spagna, a Venezia, a due passi dal Canal Grande, con una ricevuta in mano. Firmare il modulo e d’improvviso ritrovarsi tra le mani un sublime barattolo di marmellata di mele dell’Etna. E a quel punto salire in cima al vicino Ponte degli Scalzi per gustarla e immaginare meglio la bellezza di quella terra che ha prodotto simili frutti.

Un piacere reso ancor più magico al pensiero che a più di 1.300 chilometri di distanza un'amica stava provando un analogo piacere. Poco distante dal celebre vulcano, ma con in bocca una delle più celebri specialità veneziane, i bussolà di Burano. Una dolcezza da inzuppare nel cappuccino al mattino, nel è a merenda o anche addentare in qualsiasi momento della giornata.

“Mi giungono piccole golosità che di nome fanno Bussolà. Aprendo la busta si espande un odore biscottato di pastafrolla che insieme all’aroma di limone mi inebria” racconta a caldo la siciliana Maria Angela dalla sua Enna, “Hanno il colore dell’oro. Ne sgranocchio uno. La friabilità e la delicatezza sublime del gusto mi confermano che ho ricevuto in dono uno dei più raffinati capolavori dolciari italiani che contengono tutta la maestria e l’esperienza trasmessa dal passato dalle brave massaie veneziane. Nulla è improvvisato.

Anche se gli gl’ingredienti della ricetta sono semplici, imitarli non è facile. Confesso che vorrei che non finissero mai. Oggi, un pizzico di Venezia ha rallegrato la tavola della gente di Sicilia in uno scambio di tradizione suggellato nel gusto dei bussolai di Burano, che per secoli hanno deliziato il palato di migliaia di persone e oggi anche il mio”.

Venezia, marmellata di mele dell’Etna sul ponte degli Scalzi © Luca Ferrari
Enna, vassoio con bussolai © Maria Angela Casano