giovedì 4 dicembre 2025

C'era una volta la Jugoslavia...

La scrittrice Elvira Mujcic e il libro La stagione che non c'era (2025)
Due anime ferite si ritrovano in un paesino della Bosnia. Il nazionalismo soffia sull'imminente dissoluzione jugoslava. La stagione che non c'era (2025, Guanda Editore), di Elvira Mujčić.

di Luca Ferrari

"[...] È finita quando ci costringono con la violenza a dove appartenere all'una o all'altra parte. Non si può più tornare indietro. D'ora in poi saremo uccisi perché stiamo al di là di una linea. Un passo in più. La fine è dover stare al di là di una linea invalicabile [...]". C'era una volta la Jugoslavia... e sicuramente è ancora dentro molte persone. Quel sogno di multiculturalismo potrà anche essere stato sfregiato da uno dei peggiori conflitti del XX secolo (1991-1996), ma ci sono persone che credono ancora che il solo confine esistente non sia quello tracciato dal sangue o da un accordo politico, ma dentro la propria mente. Elvira Mujčić, scrittrice e traduttrice bosniaca naturalizzata italiana, ha dato alle stampe La stagione che non c'era (Guanda Editore, 2025). La vicenda si svolge in una fascia temporale molto ristretta, poco prima dello scoppio delle ostilità. Un tempo dove l'inimmaginabile divenne quotidianità di morte. Un tempo dove la fede in un modello e in un futuro, furono inghiottiti senza possibilità di riappacificazione.

Al centro della vicenda, due giovani. Nene e Merida. Quest'ultima ha una figlia, Eliza. Nene un giorno se n'è andato da casa lasciando una lettera a sua madre. È andato a Sarajevo. Un po' per studiare. Un po' per fare l'artista (disilluso). Un po' per trovare se stesso. Merida è una militante politica. Mentre tutta l'impalcatura Titoista è ormai prossima al collasso, lei ancora ci crede. Ancora crede che il primo ministro Ante Markovic possa salvare la SUA Jugoslavia. Crede ancora che le persone non si faranno abbindolare da slogan secessionisti. Il mondo sta cambiando, è vero. L'Unione Sovietica è collassata. Sì, in tanti si stanno separando ma la possibilità di trovare una via socialista per restare uniti, ci deve pur essere. Lei ci crede, o forse ci spera. Più fede politica che non vana speranza. Nene è più realista o forse, più banalmente, ha capito che non c'è più niente da fare. Una voragine non nasce all'improvviso. Il crollo è solo l'ultimo passo.

E poi c'è lei, Eliza. Lei è la generazione che vedrà le ceneri del mondo dei suoi genitori. Per Eliza, sempre alla ricerca di un padre che l'ha abbandonata prima ancora che nascesse, imparerà che SloveniaMacedonia, Croazia, Montenegro, Serbia e Bosnia-Erzegovina non sono più regioni di un unico grande Paese, ma singoli Stati confinanti. Eliza è audace e smaliziata. Stringe un legame con Nene, il quale alle volte si fa quasi sopraffare. Ha una casetta sull'albero. Lassù, la Jugoslavia pare immune alla deriva bellica dalla quale sarebbe stata traumatizzata negli anni successivi. Tra le fragilità umane e le piccole battaglie quotidiane, pagina dopo pagina, è un crescendo di angoscia in attesa che scoppi l'irreparabile. La guerra dei Balcani è una delle pagine più nere della storia europea. La Jugoslavia era sempre stata un mondo a parte rispetto al resto dei paesi socialisti. Mai schierata al fianco degli USA, rischiò di essere invasa dall'Unione Sovietica di Stalin. 

Giugno 1990. La parola nazionalismo è molto più di qualcosa da sussurrare di nascosto. Allo Stadion Maksimir si gioca l'ultima partita amichevole pre-Mondiale. La Jugoslavia affronta la fortissima Olanda ma succede qualcosa di strano e sinistro. Ci sono quasi esclusivamente bandiere orange. Durante l'inno nazionale della squadra di casa, il pubblico, per la stragrande maggioranza croato, si gira di spalle e fischia. Poche settimane prima, quello stesso stadio aveva vissuto un'anteprima di ciò che sarebbe divampato di lì a poco, uno scontro violento che nulla aveva a che fare con lo sport tra supporter della Dinamo Zagabria (croata) e della Stella Rossa di Belgrado (serba). Tra le fila di quest'ultima, c'è anche un signore che di nome fa Željko Ražnatović; negli anni a venire si metterà alla testa di uno dei più feroci e famigerati gruppi paramilitari serbi, le Tigri di Arkan, macchiandosi dei peggiori crimini. La partite finisce in guerriglia. Per molti, il vero inizio della guerra dei Balcani.

Merida e Nene, due facce (impotenti) della stessa moneta ormai fuori corso. "[...] Stanno tirando fuori scheletri dall'armadio da tutte le parti. Non ce ne rendevamo conto ma poggiavamo i piedi su un terreno che copriva secoli di storia sedimentata male. Ora stanno smuovendo i detriti e chissà cosa salterà fuori " dice lui e metà strada tra saggezza spicciola e una sorta di autocommiserazione. "[...] Sì, ogni giorno esce un articolo, un libro, un'intervista che racconta come i croati hanno ucciso i serbi, come i serbi hanno ucciso i musulmani, come i musulmani sono colpevoli di quello che è accaduto durante l'impero Ottomano. Tutti ripetono che hanno paura. Ti rendi conto? Fino a ieri non si ponevano la questione e oggi all'improvviso hanno paura della moglie, del marito, degli amici o dei vicini", risponde un'esausta e arrabbiata Merida.

Elvira Mujčić ha vissuto a Srebrenica fino al 1992. Poi se n'è andata insieme alla sua famiglia. La piccola cittadina bosniaca è stata teatro di un genocidio di cui l'intera comunità internazionale ha le mani imbevute del sangue di oltre ottomila bosgnacchi (musulmani bosniaci). Anni dopo Elvirà scriverà il libro Al di là del caos (2007). In quest'ultima opera invece, in copertina c'è una donna che ha appena saltato da un precipizio. Alla fine della presentazione mestrina (Ve), un giovanissimo lettore le ha chiesto il significato, paventando (lui) lo scenario peggiore. Elvira però ha dato un'altra interpretazione: "Magari le spunteranno le ali e si salverà" gli ha detto. Magari, e questo lo scrivo io, cadrà in acqua e nuoterà chissà dove. Qualcuno in effetti, durante la guerra dei Balcani, farà proprio così. In molti invece, saranno costretti a restare...

Più di tutti, c'è un passo de La stagione che non c'era a scaraventarci nel terrore più autentico. Quello della porta accanto, improvviso e senza logica. Quando le prime barricate iniziavano ad alzarsi e c'era già chi fuggiva o chi raggiungeva la parte della propria etnia, Elvira Mujčić scrive: "Andare in giro a impegnarsi per la città, significava scontrarsi con sguardi che facevano rabbrividire. Significava depennare dal cuore persone a cui avevi voluto bene. Significava tremare di fronte alla scoperta che per alcuni, amici, colleghi, compagni, eri diventata la nemica, la turca, un ostacolo da rimuovere". Continuando a far parlare Merida, l'autrice slava conclude: "Quel che più la colpiva era lo strano mutamento negli occhi di quegli individui. Una patina nuova ricopriva la retina e faceva apparire lo sguardo freddo, indifferente, assente. L'occhio dava l'impressione di essere strappato dal resto della persona. Separato dal cuore, dallo spirito, dalla memoria. Sradicato dal suo vedere umano, rieducato, addestrato a una cecità predatoria [...]".

martedì 21 ottobre 2025

Nemici finché morte non ci unisca

Il tifo è una piaga, è diseducativo. Lo è praticamente in tutti gli sport, chi più chi meno. Manca la cultura del rispettare l'avversario. Chi sarà la prossima vittima?

di Luca Ferrari

Un uomo è morto. Una ragazza è rimasta orfana. Una donna è rimasta vedova, ma a noi cosa importa? L'importante è che la "nostra squadra" vinca. C'è qualcosa di marcio e profondamente distorto nel tifo di ogni disciplina sportiva. Molto di più alla che non qualsiasi eccesso e/o deriva fascio-criminale. C'è qualcosa di culturalmente sbagliato nel profondo di ciascuno di noi. Quando si assiste a un qualsiasi evento sportivo, il supporto per il proprio atleta e/o compagine che sia, è troppo spesso secondario. In particolare le "curve" (ma non solo loro) passano all'azione, insultando e fischiando gli avversari sempre e comunque, con tanto di tronfio divertimento dei più piccini a cui, teoricamente, dovremmo insegnare ben altro. Questo avviene praticamente ovunque, e non solo nel tanto disprezzato calcio. È una base comune a praticamente qualsiasi disciplina che ovviamente poi si riflette nei comportamenti della vita quotidiana. Oggi siamo tutti amareggiati per una tragica morte, domani sarà già nel dimenticatoio e al di là del prossimo minuto di silenzio, le tifoserie continueranno a essere ostili con gli avversari della loro squadra. Perché lo siete? Me lo potete spiegare? Mi potreste dare una spiegazione razionale di tutto questo? Qual è? Perché sentite il bisogno di insultare i tifosi e i giocatori avversari? Voglio saperlo!

Domenica 19 ottobre 2025, a Rieti, la tragedia sgorga dalla violenza più cieca. Dopo la partita di Serie A2 tra Pistoia e Sebastiani Rieti, un autobus con a bordo supporter della squadra toscana, è stato bersagliato da pietre e mattoni, colpendo a morte il secondo pilota, Raffaele Marianella. Una simile aggressione non trova alcuna logica ma vedere in questa azione omicida solo un circolo ristretto, significa non capire il problema, rimandandolo alla prossima esecuzione. Sono passati appena due giorni da questo tragico fatto di cronaca e il mondo sportivo si è già prontamente rialzato. Profili social a lutto, etc. Tutti partecipano alla fiera dell'ipocrisia. Tutti sono tristi, eppure sono convinto che già il prossimo weekend nei palazzetti, anzi già da stasera durante le partite di calcio di Champions League, sarà lo stesso schifo e nessuno farà nulla. Il problema non è il tifo, il problema è nell'educazione e nella cultura. La maggior parte della gente si sente forte a stare in gruppo e sbeffeggiare (picchiare) gli altri o l'altro. Tutto questo non è mai cambiato anzi peggio, viene continuamente alimentato.

La nostra società è intrisa di violenza e ciò che si fa per cambiarla è decisamente troppo poco. La violenza sociale viene sempre sminuita o relegata ai pochi (che non sono). La giustizia è già al lavoro nel caso specifico ma il problema non si risolverà con l'eventuale carcere dei diretti responsabili. Il lavoro deve iniziare a monte, fin dalle scuole sportive quando gli atleti sono pulcini. Da genitore e appassionato di pallacanestro, continuo a sostenere l'importanza del mostrare apprezzamento per qualsiasi bella azione, che sia della squadra che sono andato a vedere o quella avversaria. Non entro neanche nel merito dei social media dove l'impunità genera commenti della peggiore specie su qualsiasi disciplina e categoria. Raffaele Marianella è morto e nessuno può farci più nulla. Raffaele Marianella è morto. Adesso aspettiamo di vedere quando e chi sarà il prossimo. Adesso prepariamoci a vedere come la società scaricherà le responsabilità, in attesa che la cieca mano della violenza più laida colpisca ancora e senza pietà.

venerdì 26 settembre 2025

Lega Basket Femminile, avanti tutta

Costanza Verona (Famila) Schio tra Matilde Villa e Lorela Cubaj (Reyer) Ph. Ciamillo-Castoria

Una nuova grande stagione di basket femminile sta per cominciare con le sfide di Supercoppa e il Campionato Italiano LBF di Serie A1 2025/2026. Chi vincerà? 

di Luca Ferrari

È stata un'estate davvero magica quella per la pallacanestro italiana ma il bello deve ancora venire. Il basket femminile italiano ha infiammato i cuori del pubblico ai recenti FIBA Women Eurobasket 2025, conquistando la medaglia di bronzo grazie un gioco e uno spirito di squadra davvero travolgente, e infine venendo celebrato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La nuova stagione intanto è alle porte. Tutto è pronto per cominciare adesso che anche i tabelloni delle competizioni europee si sono allineati. Grazie a una doppia vittoria contro il KKZ Crvena Zvezda, la Reyer Venezia ha raggiunto il Famila Schio in Euroleague. In Eurocup invece, a tenere alti i colori del basket italiano, saranno: Geas Sesto San Giovanni, Magnolia Campobasso e Dinamo Sassari. Tutte unite, come un'unica grande squadra, dalla quale far emergere le giocatrici che affronteranno il prossimo marzo le qualificazioni per i Campionati Mondiali di Basket (Berlino, 4-13 settembre 2026).

Si comincia sabato 27 e domenica 28 settembre al PalaRomare di Schio (Vi), per la 30ª edizione della Supercoppa Italiana, dando così ufficialmente il via alla nuova stagione del basket femminile italiano. A differenza dell'edizione 2024 dove si sfidarono in una partita secca la vincitrice del campionato (Reyer Venezia) e la vincitrice della Coppa Italia (Famila Schio), quest'anno ci sarà la formula Final Four. Le oro-granata scenderanno in campo nella prima semifinale di sabato 27 settembre alle ore 17:15 contro l’Alama San Martino di Lupari. In serata le padrone di casa Famila Wuber Schio se la vedranno contro La Molisana Magnolia Campobasso. Le due vincitrici poi, incroceranno i canestri domenica 28 settembre alle ore 18:00, con in palio il primo trofeo stagionale. Tutte le partite dell'Opening Day così come le semifinali e la finale di Supercoppa Italiana, saranno trasmesse in chiaro e on demand su qualsiasi dispositivo su FLIMA, www.flima.tv.

Il weekend successivo, scatterà invece la prima del Campionato Italiano di Basket Femminile di Serie A1 2025/2026, con la 23° edizione dell'Opening Day che si svolgerà sabato 4 e domenica 5 ottobre al PalaLeonessa di Brescia. Questo il programma ufficiale delle partite:  

Sabato 4 ottobre

    • ore 14:00 - Dinamo Banco di Sardegna Sassari vs Alama San Martino 
    • ore 16:15 - Umana Reyer Venezia vs O.ME.P.S. Battipaglia 
    • ore 18:30 - Famila Wuber Schio vs People Strategy Panthers Roseto
    Domenica 5 ottobre
    • ore 16:00 - RMB Brixia Basket vs La Molisana Magnolia Campobasso 
    • ore 18:15 - Geas Basket vs Autosped BCC Derthona  
    Detto ciò, in bocca al lupo a tutte le squadre e vinca... la pallacanestro!

    Le finale scudetto Reyer Venezia vs Famila Schio

    martedì 16 settembre 2025

    Mattarella celebra il basket azzurro

    Le Azzurre insieme al Presidente Sergio Mattarella - ph. @quirinale.it

    Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha reso omaggio ai successi della Nazionale Femminile al Women’s EuroBasket 2025 e la Nazionale Under 20 Maschile.

    di Luca Ferrari

    È stata una grandissima estate azzurra per il basket italiano. Cinque medaglie conquistate, a cominciare dalla Nazionale Femminile, bronzo al Women’s EuroBasket 2025, sul podio europeo dopo 30 anni. Terzo gradino del podio anche per le giovani Under 20 mentre i corrispettivi "maschietti" hanno conquistato uno strepitoso oro. A chiudere il medagliere continentale, altri due bronzi maschili (Europeo U18 e 3x3). "Un piacere avervi qui, tornate presto” ha esordito la massima carica dello Stato, Sergio Mattarella. "Avendo seguito l'Europeo della Nazionale Femminile sin dagli esordi, mi sento di dire che il Bronzo delle azzurre non solo somiglia all’oro ma è equiparabile all’oro". Non si potrebbe non essere d'accordo col Presidente. L'Italia ha disputato un torneo eccezionale, inchinandosi di pochissimo solo e unicamente contro le detentrici del titolo, il Belgio, poi riconfermatesi sul tetto d'Europa, e vincendo la sfida per il bronzo contro la fortissima Francia, vice-campione olimpica, in una partita che ha visto le azzurre imporre il loro gioco.

    "La medaglia che portiamo al collo è il simbolo dell’amore che nutriamo per la maglia azzurra, per il Paese che rappresentiamo e per le persone che ci hanno sostenuto" ha sottolineato la capitana Laura Spreafico, "Una medaglia mancava al basket Femminile dal 1995 e il nostro percorso negli ultimi anni è stato spesso accompagnato da delusioni. Proprio queste sconfitte ci hanno forgiato e reso più forti, permettendoci di apprezzare ancor di più il sapore della vittoria. Indossare questa maglia vale molto di più che giocare una partita di basket: significa interpretare i sogni di un Paese, dare voce a chi vede nello sport uno strumento di crescita e uguaglianza. Ci piace pensare che il nostro esempio possa incoraggiare tante bambine a inseguire i propri sogni con coraggio e dedizione, contro ogni pregiudizio. Signor Presidente, Le promettiamo di custodire e tramandare questi valori alle generazioni future. Questa medaglia appartiene a tutti: a chi ci ha accompagnato, a chi ha tifato da casa e a chi crede che lo sport sia un patrimonio prezioso della nostra vita. Questa medaglia è il nostro orgoglio, è dell’Italia intera. Non smetteremo mai di portarla in alto".

    Quasi tutte presenti le atlete iridate: Olbis Futo Andrè, Lorela CubajMartina FassinaJasmine Keys, Sara MaderaFrancesca Pan, Francesca Pasa, Mariella Santucci, Stefania Trimboli, Costanza Verona e ovviamente coach Andrea Capobianco. Unica assente (giustificata), proprio lei, Cecilia Zandalasini, votata nel miglior quintetto dell'Europeo, e impegnata in questi giorni nei playoff WNBA con la casacca delle Golden State Valkyries. Per le Azzurre adesso, il prossimo snodo cruciale della loro carriera è a marzo 2026, quando si giocheranno le chance di partecipare ai Mondiali 2026 di Berlino

    “Oggi è stato qualcosa di unico. Il Presidente della Repubblica ha dimostrato cosa significa amare lo sport. Un’esperienza che ce la ricorderemo  per il resto della nostra vita” ha detto Andrea Capobianco ai microfoni di Rai Sport, “Queste ragazze hanno scritto la storia della pallacanestro femminile. Col Belgio siamo partiti da meno tanti punti e ce la siamo giocata fino all’ultimo canestro. Questo vuol dire credere in qualcosa, lavorare per raggiungere risultati. La sida con la Francia poi, è stata una partita straordinaria dove è venuta fuori tutta la capacità delle ragazze di essere squadra. Adesso c’è l'appuntamento coi Mondiali di Berlino. Non dobbiamo ricordarci il 3° posto europeo ma come lo abbiamo conquistato e gli sforzi fatti per ottenere un simile traguardo. Se giocheremo con questa mentalità, potremo realizzare (ancora) qualcosa d’importante".

    Sul fronte Under 20 maschile invece, dopo i successi del 1992 (prima edizione) e del 2013, è arrivata la terza medaglia d'oro per l'Italia. Un percorso trionfale per gli azzurrini che nella fase finale a eliminazione diretta, non hanno lasciato scampo a Islanda, Israele, Serbia e in finale la Lituania (83-66). Nel corso della manifestazione, purtroppo, nella giungla impazzita dei social, sono emersi commenti razzisti rivolti ad alcuni cestisti azzurri, cosa che non è sfuggita al nostro Presidente, che le ha condannate senza mezze parole, com'è tipico della sua elevata statura morale. "Alcune manifestazioni misere di inciviltà non hanno turbato, anzi hanno rafforzato la convinzione dell’importanza dell’inclusione, della collaborazione e dello stare insieme. Il vostro oro è stato anche un pungolo per i vostri colleghi più adulti, la Nazionale maschile che ha fatto un magnifico torneo concluso qualche giorno fa con una partita un po’ strana ma emozionante. Ragazzi, bravissimi, siete la fiducia nel futuro del basket del nostro Paese. Siete stati straordinari, voi come le Azzurre: è stato un grande piacere avervi qui oggi, tornate presto”.

    il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
    il Presidente Sergio Mattarella insieme alla Nazionale maschile Under 20 - ph. @quirinale.it
    il Presidente Sergio Mattarella insieme alla Nazionale Femminile
    e la Nazionale maschile Under 20 - ph. @quirinale.it

    lunedì 15 settembre 2025

    Bullismo... ti aspetto fuori

    Il bullismo è un cancro da combattere ogni giorno. Oggi se ne parla per l'ennesima tragedia, domani tutto sarà nel dimenticatoio... così com'è sempre stato.

    di Luca Ferrari

    Le lacrime strozzate nel cuscino. Il silenzio ti attanaglia. Le umiliazioni ti penetrano nell'anima senza più lasciarti. La paura di uscire arriva fino al gesto più estremo. Chi è vittima di bullismo, non lo dimentica. Solo chi è stato vittima di bullismo, può davvero capire cosa si provi. Chi è stato vittima di bullismo, non dimentica e non dimenticherà mai quelle facce, quei nomi, quelle parole, quei gesti. Chi è stato vittima di bullismo, soprattutto, non dimentica chi avrebbe dovuto proteggerlo/a e invece si è girato dall'altra parte. Il bullismo è l'emblema della vigliaccheria umana. Tanti contro uno. Il prepotente affronta qualcuno che sa già essere più debole. Il bullismo è l'emblema della bassezza umana dove la massa si diverte a tormentare il singolo. Il bullismo è tra le mura domestiche, sulla cattedra, negli uffici. Il bullismo è un abuso. Il bullismo è qualcosa che non potremo mai cambiare. Esisterà sempre. Il male cambia forma, si aggiorna e non sparirà mai. Il resto del mondo invece, può e deve dare una risposta, decisa e immediata. Tutti quelli che sono contro il bullismo, si devono  unire e combatterlo, giorno dopo giorno. Non ci sono sfumature. Niente mezze misure. O si è bulli o si è contro.

    Società ipocrite. Docenti menefreghisti. Famiglie disattente e superficiali. Il bullismo non è solamente un gruppo di ragazzini che tormentano il singolo. Questa è solo la punta più estrema e tragica. Il bullismo nasce molto prima. Il bullismo nasce nel quotidiano. Oggi se ne parla molto di più. Una volta c'era solo omertà. Oggi se ne parla molto di più ma cambia comunque troppo poco. Oggi se ne parla, pensando ancora che con le belle parole si possa risolvere un problema conficcato nella cultura suprematista di ciascuno di noi. Il bullismo si deve affrontare su più fronti se si vogliono realmente cambiare le cose. Ci vogliono politiche, personale preposto nelle scuole ma non di meno, ci vuole una cultura che comprenda l'importanza di insegnare ai nostri figli a difendersi perché lì fuori non ci saremo noi a farlo. Non ci saremo nei bagni delle scuole. Non ci saremo nei locali. Non ci saremo nelle strade, sui campi o nei parchi. Non ci saremo nemmeno quando qualcuno alzerà la voce da grandi. Credere ancora che il perbenismo e l'impegno sociale siano sufficienti a impedire il perpetrarsi del bullismo, è mero autolesionismo. È l'ipocrisia di chi fa le cose per la propria coscienza (...) senza alcun vero interesse perché le cose cambino davvero... O almeno fino a quando non li toccheranno.

    Paolo Mendico è l'ennesima vittima. Pensate un po', bullizzato (anche) perché aveva i capelli lunghi. Sbeffeggiato senza tregua con il nomignolo di Paoletta. Chissà quanti di loro se la ridevano, raccontandolo, magari, anche davanti agli adulti, ma nessuno ha fatto niente. I genitori di Paolo si sono rivolti alla scuola ma nessuno ha mosso un dito. Paolo aveva 15 anni e aveva paura. Alla fine si è tolto la vita. Adesso vorrei sapere come si sentono quei genitori i cui figli hanno portato Paolo a compiere questo gesto atroce. Vi rispondo io. Non gliene importa nulla. Anzi, penseranno che sia stato esagerato e che i loro figli non abbiano fatto nulla di male. È così, e succederà ancora. In questo momento migliaia di bambini e bambine sono seduti da soli mentre nuovi famelici lupi si stanno avvicinando per tormentarli senza pietà. Succede a 8 anni, a 12, a 15, a 22, etc. Li attaccheranno e nessuna circolare scolastica impedirà questo massacro silente perché appena usciti, tutto continuerà, anche sui social. Oggi c'è anche la piaga impazzita del cyber bullismo. Chi ci pensa a loro? Chi sarà il prossimo? Che cosa vogliano fare una buona volta? Che cosa farete davvero quando toccherà anche a voi? Vi lamenterete dall'intelletto del vostro salotto o inizierete a fare qualcosa?

    Bullismo, io ti conosco bene. Vorrei proprio vedere se adesso avresti il coraggio di affrontarmi...

    mercoledì 10 settembre 2025

    FestArt Cannaregio, Venezia autentica

    FestArt Cannaregio 2025 - Attraverso sentieri autentici 

    Musica live, danze del mondo. Arte, attività per bambini e libri. Cortometraggi, teatro. Energie umane. La II edizione del FestArt Cannaregio (20-28 settembre 2025) accende Venezia.

    di Luca Ferrari

    Cultura, resilienza e lo sconfinato amore per una città. Venezia alza il volume della sua anima più profonda. Entra in campo il FestArt Cannaregio, festival popolare e gratuito, nato nel 2024 e organizzato dall'associazione Zero Quattro Uno. FestArt è la Venezia dei lavoratori, dei papà e delle mamme, dei regatanti, degli studenti, di chi va a fare la spesa e di chi porta i figli a scuola. FestArt Cannaregio è la Venezia più autentica, melting pot umano dove le arti sgorgano dal dialogo e dal desiderio di creare, raccontando nuovi sentieri collettivi. La nove giorni di eventi si svolgerà interamente a Cannaregio, uno dei pochi sestieri veneziani a essere ancora molto abitato e frequentato dai locali grazie (anche) alla contemporanea presenza di parchi, attività sportive e scuole, non esattamente la norma in laguna. La II edizione del FestArt Cannaregio propone una ricca offerta di eventi, inclusi spettacoli teatrali e proiezione di cortometraggi, attività per bambini, concerti con gruppi solisti e duetti, presentazioni editoriali, incursioni acquee, danze popolari, arti marziali e ancora molto, moltissimo altro.

    "Volevo creare qualcosa che in un certo senso potesse prendere il testimone lasciato dal Festival delle Arti della Giudecca che da circa due anni non veniva più organizzato" racconta l'ideatore del FestArt, Michele Lenzerini, toscano trasferitosi in laguna nonché responsabile della didattica nella scuola Easy Italian Language & Art di Venezia. "Ero molto legato a quel festival a cui avevo partecipato più volte, anche con il mio gruppo musicale (Onda d’urto Venezia, ndr), e mi dispiaceva molto che una simile esperienza fosse finita così, e che non ci potesse essere una continuazione. Vedevo tutto questo come una sconfitta per Venezia, per la - cultura per tutti - e in genere per noi che viviamo in questa città. Molte persone, poi, dicevano che a Cannaregio sarebbe stato impossibile organizzare qualcosa del genere e che nessuno sarebbe venuto a titolo gratuito. Allora, come spesso mi succede, questo pessimismo diffuso mi ha caricato tantissimo, dandomi l’energia per creare un Festival fatto dai residenti per i cittadini e per tutti gli amanti della cultura. Ho cercato il primo anno di coinvolgere registi, associazioni, musicisti, attori, fumettisti, esperti in attività per bambini e devo dire che è stato una bella esperienza per tutti".

    La nove giorni si sviluppa (praticamente) su tutto il sestiere, dal nuovo spazio espositivo ImagoArs in Baia del Re, all'estremità settentrionale del sestiere fino alla chiesa Luterana, in Strada Nova, passando per altre celebri aree come l'antico ghetto ebraico, il Centro Scalzi - Centro Mistico, senza dimenticare le attività all'aperto nei campi (Madonna de l'Orto, de l'Abbazia della Misericordia), il teatrino Groggia con il suo immenso e adiacente spazio verde. L'inaugurazione/presentazione del festival si svolgerà sabato 20 settembre (ore 18.00) alla Fondazione Rinascita 2007, a cui seguirà lo spettacolo di improvvisazione teatrale Due allora, con Riccardo Bidoia e Alessandro Corrà, quindi in serata, concerto live di musica rock ironica con i Sellotape (21.00). La domenica invece, una doppia inaugurazione artistica (Double vue - Doppia vista, presso SMAG e zolforosso presso ImagoArs Lab. del Ghetto). In serata, in sala San Leonardo, prima il rock di Jack Moody (20.00), poi l'afro funk sperimentale/cosmic disco del gruppo Disco Zenith Laguna (21.30) e via via poi, nei giorni successivi, tutti gli altri eventi come si può appurare nel ricco ed eterogeneo programma.

    Grazie a una distribuzione degli eventi quasi capillare nel sestiere veneziano, chiunque avrà la possibilità di (ri)scoprire le bellezze naturali, artistiche e culturali di Cannaregio. "Questa seconda edizione è il frutto dell’incontro con numerose associazioni, enti (anche ecclesiastici), la Municipalità, sponsor, sostenitori, artisti, grafici. "È stato un lavoro notevole, ma credo di aver creato alla fine un programma molto interessante" spiega il vulcanico Michele. "Ho voluto fortemente inserire anche la musica classica e quella jazz, dando spazio anche a due gruppi che verranno dall’estero. Ho inserito la serata brasiliana e quella dedicata a Hugo Pratt e a Corto Maltese. Sono felice della collaborazione con i ragazzi di Venice on boardche ringrazio per la disponibilità – per la giornata della poesia in barca. Ci sono stati momenti critici durante l'organizzazione. In particolare la serata danzante è stata quasi un flipper di contrattempi, sedi che non si trovavano, rinunce, etc. Questa edizione è stata un po’ come giocare a Tetris: spostamenti di gruppi e attività da un luogo a un altro, cambiamenti in corsa. Sono sicuro che il risultato finale vi piacerà".

    Ho visto un instancabile gruppo di sconosciuti lavorare con impegno senza guadagnare nulla, solo per l'amore di regalarsi e regalare a chiunque, ciò che loro stessi avrebbero voluto vedere realizzato nel proprio microcosmo sociale. Ho visto ragazze colorare i visi dei più piccoli. Ho ascoltato storie che affondano nell'esperienza della "chitarra" accanto. Ho preso appunti da quella fiamma umana grondante futuro, facendomi contagiare dall'ispirazione di chiunque si fermasse, anche solo per un applauso o un sorriso. FestArt Cannaregio è nato dalla semplicità delle idee e dalla spontanea partecipazione di volenterosi uomini e donne. Come gran parte di Venezia, anche a Cannaregio ci sono molti anziani ma la sua dimensione popolana e meno turistica, riesce ancora a coniugare e ad avvicinare le tante generazioni presenti. Quelle stesse che guardano e partecipano/parteciperanno al FestArt Cannaregio 2025. "Sono convinto che Venezia sia ancora viva e che con l’aiuto di tutte le persone e le varie realtà associative, si possa andare avanti sviluppando in modo concreto una serie di progetti utili per tutta la città, e non solo" Michele Lenzerini.

    FestArt Cannaregio 2025 - Attraverso sentieri autentici null

    venerdì 8 agosto 2025

    Dream Team-Croazia, la storia nella Storia

    Olimpiadi 1992 - Michael Jordan (USA) vs Drazen Petrovic (Croazia)

    Il destino opposto di due nazioni sublimato in una (epica) partita di basket: la finale olimpica tra la neonata Croazia e il Dream Team americano, ma non solo... Era l'8 agosto 1992.

    di Luca Ferrari

    Una storia nella storia della Storia. Era l'estate 1992. Lo sport incantava, il pubblico applaudiva estasiato e poco distante... una porzione di mondo (Balcani) sprofondava all'inferno. I Giochi Olimpici di Barcellona 1992 sono e resteranno per sempre quelli del Dream Team americano di basket, la squadra più forte di tutti i tempi che abbia mai calcato un parquet... o in generale, che abbia partecipato a un evento sportivo. Dopo il deludente 3° posto alle Olimpiadi di Seoul 1988, per la prima volta la federazione statunitense decise di mandare i professionisti. Una congiunzione astrale che vide riunito il meglio del meglio del basket a stelle e strisce, a cominciare da quei tre: Magic Johnson, Michael Jordan e Larry Bird. Barcellona '92 fu anche la prima volta per due neonate repubbliche. La Lituania, dove militavano (tra gli altri) i fortissimi Sabonis e Marčiulionis, subì un tremendo passivo di oltre 50 punti in semifinale contro il team USA. La neonata Croazia invece, indipendente dal 1991 e già staccatasi dalla Jugoslavia in una brutale guerra fratricida ancora in corso al momento della manifestazione olimpica, affrontò il Dream Team due volte, nella fase preliminare e nella finalissima con in palio la medaglia d'oro.

    Stati Uniti e Croazia, le loro gesta in quella Olimpiade sono rimaste scolpite nell'anima (sportiva) di chiunque al mondo. Anni dopo venne caricato su Youtube un videoclip celebrativo di quella sfida con sottofondo musicale di Heaven (Bryan Adams), incentrato sui canestri dei rispettivi leader: Michael Jordan (22) e il compianto Drazen Petrovic (24), scomparso in un incidente stradale l'anno successivo, in Germania. Mi sono imbattuto in quel video un po' per caso, quando il basket non significava ancora nulla nella mia vita. Sarà stata la musica un po' malinconica ma fui toccato nel profondo fin dal primo ascolto, soprattutto per ragioni extra sportive. Il video sparì dal web ma da quando una creatura di 5 anni portò la pallacanestro tra le mura domestiche facendomene innamorare, ho cominciato a cercarlo. Qualche giorno fa l'ho ritrovato, proprio a ridosso dell'anniversario di quella indimenticabile finale, disputatasi l'8 agosto 1992... e, per un'incredibile casualità, nel medesimo giorno in cui mi recherò proprio in Croazia.

    Petrovic vs Jordan feat. Bryan Adams

    Quel giorno, l'8 agosto 1992, non c'erano solo due squadre in campo. C'erano due mondi. Due mondi immortalati in altrettante e specifiche istantanee. Due storie agli antipodi, una all'inizio del video e una verso la fine. Da una parte, lo sguardo deciso e allo stesso tempo preoccupato del coach croato Petar Skansi (1943-2022). Dall'altra, tre tifosi americani che applaudono festanti la performance del Dream Team. Se i giovani a stelle e strisce mi hanno sempre trasmesso l'idea del futuro più sereno e l'imminente rivoluzione digitale da cui tutti saremmo stati travolti, gli occhi dell'allenatore croato mi hanno sempre scaraventato nella tristezza della guerra balcanica, ignorata dalla maggioranza della comunità internazionale, e in qualche modo più in sintonia con i pensieri di un mai sbocciato quindicenne. Da una parte c'era tutta la massima leggerezza dello sport e le luci sfavillanti dell'NBA, dall'altra parte c'era una squadra che si stava presentando al mondo, e per la quale vincere una medaglia rappresentava un grido di esistenza. In quei gloriosi giorni olimpici, laggiù, nei Balcani, si stava consumando una delle più atroci guerre scoppiate in Europa.

    Bryan Adams - Drazen Petrovic, Michael Jordan, tifosi USA e coach Skansi

    Ai Giochi Olimpici del 1992 ci fu un'altra partita storica oltre a Croazia-USA, ancor più emblematica dal punto di vista geopolitico. Se la Jugoslavia si stava sgretolando e avrebbe dovuto vivere tragiche stagioni di morte fino ai più devastanti epiloghi dei campi di concentramento, gli stupri etnici, l'assedio di Sarajevo e il genocidio di Srebrenica, pochi anni prima, nel 1989, il muro di Berlino era crollato, dando il via al distacco dell'Est europeo dal giogo dell'allora Unione Sovietica. Se per alcuni paesi la transizione verso libere elezioni fu pacifica, non andò tutto liscio per la Lituania, dove a Vilnius si arrivò allo scontro, con tanto di barricate, tra la popolazione e il KGB, quest'ultimo supportato dai paracadutisti inviati da Mosca che occuparono la torre televisiva locale. Ottenuta l'indipendenza, la Lituania riuscì a partecipare alle Olimpiadi grazie alla generosità dei rocker americani Grateful Dead, che consentirono gratuitamente l'utilizzo del proprio logo con la scritta Lithuania su t-shirt da mettere in commercio, e dunque autofinanziarsi il viaggio e la permanenza in Spagna.

    La compagine baltica riuscì a partecipare alle Olimpiadi di Barcellona. La squadra era molto forte e come da copione (Hollywoodiano?), chi si trovò dinanzi nella sfida decisiva per l'assegnazione della medaglia di bronzo? Proprio lei, la Russia, all'epoca CSI - Comunità degli Stati Indipendenti. Epilogo degno di una fiaba: i lituani in trionfo 82-78 e la conquista del terzo gradino del podio.

    la t-shirt della Lituania "benedetta" dai Grateful Dead

    Alle Olimpiadi 1992 la pallacanestro cambiò per sempre. All'epoca non c'era internet, non c'era Youtube e l'unico modo per vedere le partite era guardarle in televisione, ammesso che le trasmettessero. Il basket americano era una sorta di El Dorado di cui si sapeva l'essenziale. Nonostante alcune eccellenti esclusioni per ragioni non esattamente sportive, su tutte il bi-campione NBA Isiah Thomas (Detroit Pistons), il Dream Team mostrò al Vecchio Continente il meglio del meglio del basket americano dal vivo, facendo innamorare il mondo della palla a spicchi. Molti dei campioni europei che in seguito avrebbero lasciato il segno sui campi d'oltreoceano, hanno affermato che la loro idea di basket cambiò radicalmente dopo i giochi catalani, proprio grazie all'ispirazione del Dream Team. Allo stesso tempo quella fu anche la prima manifestazione cestistica internazionale dove non partecipò la "piccola" Jugoslavia. La più forte delle nazioni europee dell'epoca poteva già vantare una medaglia d'oro olimpica (Mosca '80), due medaglie d'oro ai Mondiali (1970, 1990) e cinque titoli europei di cui le ultime due edizioni disputate, nel 1989 e nel 1991. Alle Olimpiadi del 1992 la Jugoslavia era già il passato, inghiottita in una voragine distruttiva che avrebbe lasciato indelebili cicatrici.

    Una domanda sportivamente resta, e non solo. La Croazia fu l'unica squadra a tenere testa al Dream Team, andando addirittura in vantaggio +1 nella finale, e inchinandosi 85-117. Cosa sarebbe successo se fossero scesi in campo tutti i giocatori della Jugoslavia? Purtroppo e tragicamente, non lo sapremo mai... 

    La nazionale jugoslava di basket in trionfo.
    Al centro, Vlade Divac (serbo); al centro a dx, Drazen Petrovic (croato)... all'epoca, tutti jugoslavi