sabato 18 ottobre 2014

La mia incredula e stancante Cuba

Cuba, il mare cristallino della Baia dei Porci © Luca Ferrari
Natura. Città “rivoluzionarie”. Spiagge cristalline. Uno spiacevole incidente sull’Autopista. Pensieri irregolari. Il ritorno infinito. Questa è la mia Cuba.


Ci sono mete che ti restano dentro anche se per tutto il tempo che eri lì hai pensato spesso ad altro. Ci sono viaggi che hanno bisogno di tempo, solitudine e confronti per essere metabolizzati. Sono andato a Cuba con il mezzo rimpianto di aver rinunciato a tornare in Canada. Sono andato a Cuba già innervosito all'idea di non poter utilizzare internet quanto avrei voluto. Sono andato da Cuba senza essere toccato da alcuna rivelazione politica. Una volta tornato a casa però, nel mistero delle notti, mi sono accorto di averla sognanta assai. E fu così che iniziò un nuovo viaggio.

Cuba, i Caraibi. Un viaggio parecchio lontano. Fatto a scalo a Parigi da Venezia, restavano solo 9 ore prima di atterrare a l’Avana. Un volo a dir poco perfetto se non per gli ultimi 15 minuti dove l’abnorme massa nuvolosa sopra la capitale mi regala un susseguirsi di vuoti d’aria mai provati prima, e che spero vivamente di non ripetere più. Smaltito lo stress, il taxi mi porta nel cuore della zona antica, l’Avana Vecchia, presso una casa particular in precedenza prenotata.

L'odore sentito appena uscito all'aeroporto Josè Martì mi riporta all'India. Davanti a me un mondo di cui non so nulla. Il mio gps mentale è stordito. La stanchezza del volo e fuso orario sono solo un pretesto per giustificare questa valanga di sensazioni sballottate e sballottanti. Alzo gli scudi ma è tutto inutile. Ormai sono qua. Assorbo tutto quello che posso. Fino a qualche giorno fa ero che passavo di sala in sala alla Mostra del Cinema, ora sono alla scoperta di questo spicchio di America centrale.

È sabato sera e la gente se ne va in giro. Non solo turisti. Le pochi luci dei vicoli dell'antico quartiere aumentano la difficoltà ad appropriarsi di quanto mi si prospetta tutt'attorno. Affidato alle guide Routard mi siedo in un localino dove la mia compagna di viaggio beve il primo vero mojito (un consiglio a chi lo ordina in Italia, non ordinatelo. Non è neanche un suo lontano parente). Fatico a credere di essere dove la cartina mi indica. No, sul serio. Ho attraversato l'Atlantico e sono in un'isola che negli anni Sessanta stava per essere la miccia della III Guerra Mondiale.

Resto a l'Avana tre giorni prima di cominciare a scorrazzare tra l'ovest e l'est dell'isola. Il sole mi bastona per bene. Gli slogan della Rivoluzione dell'ormai lontano 1959 sono quasi soffocanti. Castro e il Che sono ovunque. La fiera bandiera cubana sventola gigante nel palazzo che ospita il Museo della Rivolucion. È un viaggio nella Storia di questo paese. Tra contraddizioni e bottiglie d'acqua vitali per proseguire il cammino, ogni notte guadagno un'ora sul jetlag che ancora mi condanna a una stanchezza non indifferente.

Abbandono la capitale. Sopperendo alla mancanza di una dettagliata cartina stradale e la quasi totale assenza di cartellonistica on the road (allucinante!), raggiungo tutte le mete grazie ai sempre disponibili cubani che indicano gentili la direzione richiesta. Passo così dalla spiaggia di Cayo Levisa (preclusa agli autoctoni) al verde sconfinato di Vinales, insieme ai campesinos. Un mondo dove i maialini sono alla stregua di animali domestici e non vivono nella sporcizia come invece accade troppo spesso in Occidente.

Giungo nella celeberrima Baia dei Porci, dove l'acqua è cristallina e giganteschi granchi attraversano la strada di notte. Faccio tappa a Playa Giron dove nell'omonimo museo viene raccontata con immagini, reperti e un cine-filmato l'aggressione americana a Cuba con annessa risposta vincente del popolo e Fidel. Poi ancora in viaggio, tra le stradine di Trinidad e i tramonti di Playa Ancon, fino a una nuova fuga verso le palme di Cayo Guillermo. Lì nel mezzo, una degna sosta al mausoleo di Che Guevara a Santa Clara.

Questi i nomi delle principali località che ho visitato. Lì nel mezzo, chilometri e chilometri di storia e vita vissuta. Temporali improvvisi di pochi e più minuti. Le sontuose aragoste mangiate nelle case particulares. La scoperta che in mancanza di bancomat (pochi), si ritira contante nelle agenzie di cambio con la carta di credito. Le strade (tutte) attraversate da pochi veicoli, moltissimi autostoppisti e carretti a cavallo anche in autostrada. Le silenziose zanzare della sabbia capaci di farti credere di avere la varicella. Tanta bellezza accumulata e il classico incidente di percorso che rischia di minare un intero viaggio.

Sono sull’Autopista (autostrada) al calar delle luci quando un poliziotto della stradale fa cenno di accostare. Vuoi la sorpresa, ci si dimentica di tirare il freno a mano e così ha inizio la telenovella. Il ligio agente ci fa presente che in caso di contravvenzione si perderebbe la caparra di 200 euro all’autonoleggio. Sarà vero? Non ne ho idea. Però è strano che dopo neanche due minuti gli stiamo così simpatici da meritarci una simile attenzione. Veniamo tenuti più di mezz’ora sul ciglio della strada sentendoci ripetere una costante tiritera in stile – io non vorrei farvi la multa, ma devo a meno che… –. Altro non aggiungo se non che non ci è stata fatta alcuna multa, mentre lui se n’è tornato a casa soddisfatto (prassi questa molto reiterata con le macchine dei turisti). Unico episodio spiacevole.

Qualche "problemino anche sulla strada del ritorno. Avvisati il giorno prima della cancellazione del volo (nonostante uno sciopero pazzesco andasse avanti da parecchio tempo), riusciamo a decollare con un solo giorno di ritardo destinazione Mosca (undici ore mezza di volo da l'Avana) e non Parigi, lì attendiamo quattro ore e quindi altre tre ore nel cielo per raggiungere Venezia. Un'odissea vera e propria. A dir poco esasusto e in condizioni fisiche assai precarie, continuo a ripetermi che d'ora in avanti mi concederò viaggi meno impegnativi. La bugia durerà poco anche se nemmeno una volta rientrato comprenderò appieno cosa mi stia crescendo dentro. Ancora ignoro che il mio viaggio sia ancora all'inizio.

Cuba è già alle spalle. Ogni giorno che passa mi sento sempre più stanco. Forse sto ancora girando per il mondo. Forse non sono mai davvero atterrato in Russia. Il velivolo dell'Areoflot ha gironzolato attorno alla Florida e poi mi ha fatto smontare chissà dove. Ma che sta succedendo? Non è solo il ricordo dell'orizzonte. Non è il sapore del pollo mangiato dentro un ananas a l'Avana sul Malecon (il lungomare) e non è nemmeno la meraviglia nell'avere ammirato i cavalli ovunque in un mondo traboccante di verde. Scopro i miei sogni scandagliare quanto appena vissuto. E rifarlo. Ancora e ancora. Più di quanto avrei mai potuto immaginare.

Oggi sono di nuovo lontano da lì, domani vorrei saperne di più.

Cuba, l'Avana © Luca Ferrari
Cuba, un delizioso piatto a l'Avana © Luca Ferrari
Cuba, l'Avana - Museo de la Revolucion:
(da sx) Che Guevara, Fidel Castro e Camilo Cienfuegos © Luca Ferrari
Cuba, lo sconfinato verde di Vinales © Luca Ferrari
Cuba, musicisti a Trinidad © Luca Ferrari
Cuba, l'arrivo a Santa Clara © Luca Ferrari
Cuba, le palme di Cayo Guillermo © Luca Ferrari

mercoledì 15 ottobre 2014

L'avanzata dei mercatini di natale

Mercatino di natale nel meranese (Bz)
Anteprima altoatesina a Merano e nei paesi limitrofi per scoprire l'impareggiabile magia dei mercatini di natale.

di Luca Ferrari, luca.goestowest@gmail.com
giornalista/fotoreporter – content writer

Cantastorie. Zampognari. Specialità culinarie. Artigianato locale. Degustazioni. Rispetto ambientale. Mostre di presepi. Quiete. Viaggio nel meranese per l'anteprima della festa più amata dell'anno, passando dalla Foresta natalizia di Lagundo a un bagno di magia sotto la Polvere di Stelle a Lana. Dal fiabesco Castel Tirolo insieme al proprio “zoo di carezze”, seguendo la strada verso il “mercatino in stalla” nel maso Bachguterhof di Lagundo e poi farsi rapire dall'atmosfera di San Martino in Val Passiria.

Si comincia da Merano, dove i Mercatini apriranno il 27 novembre e resteranno sulla Passeggiata lungo il fiume Passirio fino al 6 gennaio 2015. Quest’anno saranno illuminati da una “luce verde”. L’Ecoistituto Alto Adige ha infatti riconosciuto ai mercatini la certificazione Green Event poiché anche l’Avvento sia vissuto rispettando l’ambiente. In Piazza Terme inoltre, i visitatori potranno cenare all’interno di gigantesche sfere natalizi.

Un modo davvero speciale di celebrare l’Avvento sarà visitare la Foresta natalizia del famoso birrificio Forst di Lagundo. Un mercatino natalizio questo dove saranno anche raccolti fondi per l’Onlus “L’Alto Adige aiuta”. La “Foresta” sarà aperta dal 26 novembre fino al 6 gennaio 2015, da mercoledì a domenica h. 10-22, mentre il Felsenkeller, il posto dove nelle antiche cantine nel 19° secolo erano conservati i blocchi di ghiaccio per il raffreddamento del mosto accoglierà gli ospiti, da giovedì a domenica (sempre 10-22).

L’apertura del Felsenkeller rappresenta la novità di questa seconda edizione della Foresta natalizia e gli ospiti potranno assaporare le prelibatezze gastronomiche preparate da Luis Haller, cuoco stellato Michelin, che offrirà un menù di 5 portate durante uno speciale evento gastronomico. Nel corso di una “Passeggiata birraia” infatti, i partecipanti potranno assistere al processo di produzione delle speciali birre Forst e spillare direttamente dal serbatoio del deposito una delle birre per degustarla nel Felsenkeller.

Un altro mercatino che durerà per tutto il periodo natalizio è Polvere di Stelle, a Lana, la cui inaugurazione è prevista il 29 novembre alle h. 17 in piazza Municipio. Questi occuperà tutta la zona pedonale e le bancarelle saranno aperte da venerdì a domenica nella fascia oraria 10-19.30, tranne per la vigilia di Natale in cui chiuderanno alle 12.30. Polvere di Stelle offrirà ai visitatori stand con specialità natalizie e autentico artigianato sudtirolese, oltre a un’atmosfera speciale creata dagli alberi addobbati con sfere rosse di vetro e dalle vie del centro abbellite con stelle e decorazioni. Quando poi inizierà a fare buio, la luce d’Avvento di Herward Dunkel, designer della luce, metterà in risalto gli edifici più belli di Lana.

Anche il Mercatino di Lagundo resterà aperto per tutto il periodo delle feste, dal 28 novembre fino al 4 gennaio 2015 con i seguenti orari: venerdì h. 16-20, sabato e domenica h. 10-20. Trattasi di un mercatino molto particolare, adatto a chi desidera stare lontano dai luoghi affollati, per godersi la magica atmosfera tra bancarelle ornate a festa e idee-regalo.

Spazio anche ai mercatini da fine settimana, primo dei quali è quello di Castel Tirolo che, dal 6 all’8 dicembre ospiterà diversi concerti natalizi nella Cappella del Castello e una mostra di presepi del Tirolo e di altri paesi del mondo. La Sala dei Cavalieri invece, sarà l’area espositiva degli artigiani locali che presenteranno alcuni antichi mestieri, come la lavorazione del feltro e l’utilizzo del tornio, la filatura e la tintura della lana. Nelle due giornate di mercatino inoltre, sono previste attività di animazione per i bambini, che potranno anche divertirsi nello “Zoo delle carezze” con pecore, asinelli e musica natalizia con bande di strumenti a fiato.

Imperdibile poi il Mercatino di Natale in Stalla che si svolgerà nei giorni 7/8 e 14/15 dicembre presso il maso Bachguterhof di Lagundo dove, dalle 10 alle 19, sarà possibile acquistare prodotti dell’artigianato artistico e tradizionali addobbi natalizi. La musica accompagnerà i visitatori creando un’accogliente atmosfera.

Nel pittoresco vicolo Dorfgasse e nella piazza del paese di San Martino in Val Passiria infine, sarà un Natale d’incanto nei giorni 6/8, 13/14 e 20/21 dicembre. Una dimensione fatta di cantastorie, saghe d’Avvento, mostra di presepi, corteo di fiaccole e un teatro di burattini per bambini insieme a tanta musica di arpe, zampogne e cornamuse. Dall’11 al 14 dicembre ci sarà l’Avvento contadino di Scena, nell’antica cantina di Torgglerhof, che esporrà, mettendoli in vendita, oggetti di artigianato artistico.

Merano, si cena nelle sfere natalizie © Luca Ferrari
Castel Tirolo, mostra dei presepi © Luca Ferrari
la Foresta di Natale

mercoledì 1 ottobre 2014

Merano, la cura dell’uva

Grapppoli d'uva nel meranese (Bz)
C'è uva e uva. Da gustare in calice, o mangiare per un miglior benessere fisico. Per informazioni, recarsi nella placida Merano.

di Luca Ferrari

Alto Adige terra di vendemmia e vini di qualità. C'è di più. Appesi ai grappoli non vi è solo piacere ma anche salute. Da oltre un secolo le genti di Merano (Bz) e dintorni infatti, utilizza l'uva per grandi benefici fisici a cominciare dal miglioramento della digestione, la purificazione del corpo e degli organi dell’apparato digerente e urinario, quindi l’aumento delle funzioni epatiche e di quelle della cistifellea.

Per far si che la “cura dell’uva” dia i risultati sopracitati, bisogna seguire accorgimenti specifici, a cominciare dal tipo di uve, che dovranno essere quelle del vino Schiava (Vernatsch), mature e raccolte ogni mattina dal vitigno. Una volta lavata, la frutta andrà mangiata a digiuno, masticando lentamente chicco dopo chicco, così da sminuzzare la buccia ricca di vitamine A, B e C. Dosi suggerite dai trecento grammi a 1 kg due volte al giorno prima di colazione, e nel pomeriggio o prima di cena, il tutto seguito da una passeggiata.

Una qualità questa cui anche le rinomate terme del comune altoatesino si sono ispirate, realizzando impacchi con crema all’uva fresca, bagni con mosto d’uva freschi, olio di semi d’uva per massaggi alla schiena, massaggi viso all’uva con timbri al vapore e altro ancora. Come se quanto già narrato non fosse già abbastanza, tra le altre qualità dell'uva vi è anche quella contro l’invecchiamento della pelle

Merano (Bz), vigneti

martedì 9 settembre 2014

Chianti Classico, la vendemmia

Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Viaggio nella campagne senese di Castellina in Chianti per la millenaria festa della vendemmia. Armato di forbice, si sale e scende tra grappoli e vigne.

di Luca Ferrari

Su e giù per le viti a "mietere" vino di prima qualità. Fra le vene veraci e pulsanti del Chianti. Nella tenuta Poggio Regini. Attorno a succosi grappoli d’uva. Accanto alla quarantennale storia agreste di una famiglia. La terra inzuppa le scarpe. Il sole ritocca le gote. La geometria naturale di delicati acini verdi e bluastri scatta istantanee di passione immortale.

Abbandonata le sempre troppo affollate autostrade del nord, la superstrada Firenze – Siena mi appare come un ponte verso il paradiso. So che dovrò avere ancora un po’ di pazienza prima della mia uscita a Monteriggioni (Si). Lì potrò fermare il veicolo e farmi inghiottire dai verdi declivi. Nel territorio di Castellina in Chianti, in provincia di Siena, i proprietari della casa vinicola Poggio Regini mi stanno aspettando per un indimenticabile viaggio nel mondo della vendemmia.

Entrare nella campagna toscana, è come ricevere un abbraccio che ti carezza. Ti vizia, e non vorrebbe più lasciarti andare via.

L’incontro è cordiale. Maurizio, il più giovane della famiglia, m’introduce nella loro tenuta. Diciotto ettari di cui dodici coltivati a viti che produrranno poco meno di ottocento ettolitri di vino e daranno vita a Chianti Classico e Vin Santo. Per arrivare a ciò, in una settimana una parte sarà vendemmiata manualmente, un’altra con la macchina. Otto ore al giorno. 

“Nella vendemmia prima si stacca il grappolo, poi c’è la raspatura che consiste nel separare l’acino dal raspo”, mi spiega, “quindi, la pigiatura del chicco in modo da schiacciare e favorire l’estrazione di tannini e prendere tutto quello che c’è nella polpa e nella buccia. Una volta messa l’uva nel timo (vasca), si aggiungono lieviti in modo favorire una buona fermentazione”.

Terminata la raccolta dei grappoli, la vigna inizia il suo riposo vegetativo. Con l’arrivo dei freddi, fra novembre e dicembre, comincia la potatura. “È  una zona fortunata questa dal punto di vista climatico”, spiega il titolare, “l’unico grande nemico è la grandine. Per il resto, con un’attenta cura antiparassitaria non si corrono rischi”.

I giovani vendemmiatori intanto, sotto l’esperta guida dell’anziano della famiglia, tagliano e raccolgono. Ogni tanto si sente un tonante “No, quella vite”, e subito scatta la risata. Qualche dea della fertilità se ne sta in disparte. A osservare. A sorridere soddisfatta mentre gli esseri umani lavorano e celebrano una delle sue più apprezzate creature.

Verso mezzogiorno, tutti a tavola. A condividere un sontuoso pranzo (pasticcio di verdure, cinghiale arrostito cacciato dal nonno pochi giorni prima) ci sono, oltre ai vendemmiatori, tre generazioni di cultura contadina. Per un momento esco dal quadro a tinte calde e sbircio nel tangibile orizzonte. E quel fiore, che si sporge verso la brezza chiantigiana, sembra riassumere tutte queste vite. Un germoglio che continua a sbocciare.

Poggio Regini, la vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si) © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), viti © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si) © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), grappolo d'uva © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), grappolo d'uva © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmiatori in azione © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), il frutto del raccolto © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), il frutto del raccolto © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), vendemmia © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), uve © Luca Ferrari
Poggio Regini (Si), campagna senese © Luca Ferrari

mercoledì 20 agosto 2014

Fremont (WA), centro dell'Universo

Fremont (Wa), statua di Lenin © Luca Ferrari
Viaggio sulle colline di Seattle. Nel quartiere di Fremont, centro dell’Universo, dove ha trovato casa un’imponente statua di Vladimir Lenin.

di Luca Ferrari

Le caffetterie a Downtown sono già lontane. Lo Space Needle è scomparso all’orizzonte. Scegliere tra i quartieri limitrofi della città di Seattle non è una decisione semplice, specialmente per la ricca varietà di parchi e zone verdi che la capitale dello stato di Washington mette a disposizione.

Chiacchierando con i residenti, molti di essi indicano  come meta imperdibile il quartiere di Fremont, situato lungo un braccio del canale fluviale del Lake Washington Ship Canal che collega le acque del suddetto con quelle salate dello stretto del Puget Sound.

Per chi arrivasse dal centro di Seattle, poco prima di attraversare il ponte che segna il passaggio al quartiere, c’è un eloquente cartello con la scritta “Welcome to FREMONT, Center of the Universe – Turn your watch ahead 5 minutes (trad. Benvenuti a Fremont, Centro dell’Universo – Metti l’orologio avanti di 5 minuti).

La fermata dell’autobus mi lascia poco più avanti dell'avviso. Il tempo di pochi passi e all’incrocio tra la N 36th Street e l’arteria principale che attraversa il nucleo cittadino, la Fremont Ave, trovo quello che non avrei mai immaginato d’incontrare negli Stati Uniti: una statua bronzea di Vladimir Lenin. Alta alto cinque metri e realizzata dallo scultore bulgaro Emil Venkov su commissione dell'allora governo cecoslovacco.

La caratteristica principale di questa opera fu il tentativo da parte dell’artista di non raffigurare Lenin come un filosofo o educatore come avviene nella maggioranza dei casi, ma come un rivoluzionario. La statua venne collocata a Poprad (oggi in Slovacchia) nel 1988, poco prima della Rivoluzione di Velluto che segnò la fine del Sistema Comunista in Cecoslovacchia.

A trasportarla negli Stati Uniti fu un docente d’inglese, Lewis E. Carpenter che lavorava nella suddetta città europea, e trovandola in un deposito di rottami, ne riconobbe l’alto valore artistico e così iniziò un lungo lavoro burocratico per farle varcare l’oceano, cosa che gli costò la somma di tredicimila dollari.

Nel 1995 la statua venne collocata a Seattle, nel quartiere di Fremont. Per chi fosse interessato è ancora in vendita. Lasciata la Storia, prima di partire alla scoperta dei vari pianeti verdi della cosiddetta Emerald City (Seattle), merita “una doppia attraversata” l’omonimo Fremont Bridge.

Il tempo di passare dall’altra parte e per rientrare nel cuore di Fremont e devo attendere qualche minuto. Il ponte infatti lo vedo aprirsi in due per far passare qualche alta imbarcazione. Da collega a collega, da qui mi godo la visuale del George Washington Memorial Bridge, chiamato anche Aurora Bridge, situato lungo la State Route 99 (Aurora Avenue North) tra i quartieri di Queen Anne and Fremont appunto.

Welcome to Fremont © Luca Ferrari
Fremont (Seattle, Wa) - murales © Luca Ferrari
 Seattle (Wa), Fremont Bridge © Antonietta Salvatore
 Seattle (Wa), Fremont Bridge © Antonietta Salvatore
Fremont © Luca Ferrari
Fremont (Seattle, WA) - la statua di Lenin © Luca Ferrari
Fremont (Seattle, WA) - George Washington Memorial Bridge © Luca Ferrari
Fremont (Seattle, WA) - George Washington Memorial Bridge © Luca Ferrari

mercoledì 23 luglio 2014

Isola di Brac, dolce Croazia

Croazia - Povlja (isola di Brac) © Antonietta Salvatore
Viaggio in Croazia lungo la costa dalmata fino all'isola di Brac, in quel di Povlja. Dove l'acqua è cristallina e ogni pianta guadagna nuovi zenit.

di Luca Ferrari

Il mare è lo stesso. I fondali, diversi. Bassi e sabbiosi sulle spiagge veneziane, profondi e rocciosi quelli croati. Un centinaio di miglia adriatiche circa per passare dalla Serenissima a Rovigno, nell’Istria sud-occidentale, in Croazia. Una piccola quattro ruote mi aspetta, destinazione l'isola di Brac.

Mi metto in moto con ancora il piacere di toccare una vera cartina stradale. Sarebbe molto più affascinante compiere l’intero viaggio lungo la costa ma c’impiegherei molto più tempo. Parlo per esperienza personale. Spendo le mie prime kune (valuta locale, dove 1 euro corrisponde circa a 7 delle suddette) per i caselli autostradali, arrivando prima a Rijeka, quindi torno sulla statale fino a Senj, viaggiando in parallelo all’isola di Krk.

Arrivato nel capoluogo della contea della Lika, situato al 45° parallelo della costa Dalmata, torno nuovamente sulla highway croata, per un lungo assolo d’asfalto fino a Split (Spalato) dove ad attendermi c’è un grande traghetto che mi condurrà nell’isola di Brac (Brazza). Seppur le vetture superino a destra e a sinistra, il viaggio è piacevole. Arrivato al porto, e caricata nel gigantesco ferryboat la macchina, mi posso finalmente rilassare.

Il blu del mare, come un sole d’inverno, inizia a farmi rilasciare ogni tossina. Sale la voglia di perdersi nella natura dell’isola. Bastano dieci minuti e il faro di Spalato mi appare sempre più sbiadito. Attracco a Supetar quando ormai le luci del tramonto si sono appena congedate. Per mia fortuna le segnalazioni sull’isola sono precise. Passato per Nerezsica, Praznica e Selca, finalmente posso girare per Povlja, quasi all’estremità nord-orientale dell’isola di Brac. Di fronte al Parco naturale del Biokovo, sulla riviera di Makarska.

Se di quest’isola adriatica è celebre la spiaggia del Corno d’Oro a Bol, è ancora più rinomato il sottosuolo calcareo incredibilmente bianco, materiale questo che è stato utilizzato per alcuni e importanti edifici: dal Palazzo dell’Imperatore romano Diocleziano (244 – 311) nella vicina Spalato, alla ben più lontana Casa Bianca di Washington DC, casa del presidente degli Stati Uniti d’America.

Circondata da numerose insenature (Travna, Smokvica, Ticja luka, Tatinja, Luke), Povlja è un placido ecosistema umano-maturale, tra piccoli negozi, piante di fichi e olivi dappertutto, e la chiesa di san Giovanni Battista, formata sulle rovine della basilica paleocristiana.

Sprazzi di spiagge ciottolose. Resti della presenza romana. Insenature selvagge dove dare sfogo alla propria curiosità esploratrice. Moli gentili da dove partire per continue e sempre fresche nuotate. Mondi subacquei a cui regalare i propri occhi, e da cui farsi viziare per il maggior tempo possibile

Una farfalla si è appena posata su una foglia di fico. Un non so quale tipo di pesce si sia appena dileguato vedendo arrivare un gigantesco corpo umano completo di maschera e boccaglio. Prima di arrivare a Povlja pensavo non ci fosse più spazio per divagare sulle proprie espansioni emotive. Poi ho visto l’acqua profonda. Blu e cristallina. Ho cercato lo scoglio più alto e da lì mi sono buttato. Sono ancora lì. Anche quando me ne sarò andato. Sarò ancora lì.

Croazia - Povlja (isola di Brac) © Antonietta Salvatore
Croazia - sul traghetto da Spalato a Sumartin (Isola di Brac) © Antonietta Salvatore
Croazia - sul traghetto da Spalato a Sumartin (Isola di Brac) © Antonietta Salvatore
Croazia - sul traghetto da Spalato a Sumartin (Isola di Brac) © Antonietta Salvatore
Croazia, Povlja © Antonietta Salvatore
Croazia, Povlja © Antonietta Salvatore
Croazia, Povlja © Antonietta Salvatore
Croazia - il mare di Povlja © Luca Ferrari
Croazia - il mare di Povlja © Antonietta Salvatore
Croazia - il mare di Povlja © Antonietta Salvatore
Croazia - il mare di Povlja © Luca Ferrari