martedì 23 dicembre 2025

Basket Femminile, l'unione fa la forza

La forza unita del basket femminile italiano @italbasket
I successi del presente, un "layup" verso il futuro più prossimo. Il basket femminile italiano è pronto per vivere e conquistare nuovi traguardi. Una per tutte, tutti per una! 

di Luca Ferrari

Qualità, successi e sfide indimenticabili. Una per tutte, tutte per una! Il 2025 è stato un anno straordinario per la pallacanestro femminile italiana. Terminati i campionati e le competizioni internazionali, le Azzurre hanno conquistato uno strepitoso bronzo europeo ai FIBA EuroBasket Women 2025, riuscendo a coinvolgere e galvanizzare sempre più pubblico. Un traguardo questo, bissato poche settimane dopo anche dalla Nazionale Under 20. Sarebbe riduttivo concentrare il basket femminile italiano in questi due importanti traguardi. Il risultato è il frutto di un lavoro collettivo e qualitativo sviluppatosi nel lungo periodo. Il 2026 sarà un anno fondamentale per l'intero movimento cestistico nostrano, non solo per conquistare altri importanti risultati sul campo ma anche per coinvolgere sempre più pubblico. Famila Schio e Reyer Venezia sono ancora in corsa nella massima competizione cestistica; a marzo invece, l'Italia cercherà di staccare il pass per i Mondiali di Berlino (4-13 settembre 2026). Un appuntamento questo che vedrà le Azzurre incrociare la palla arancione a San Juan contro Porto Rico, Nuova Zelanda, Stati Uniti (vincitrice delle ultime 4 competizioni), la Spagna bicampione europea in carica e Senegal.

L'Italia unita in casa ma con un occhio (deciso) anche oltreoceano. Sempre più giovani si stanno facendo notare nei vari college americani. Un'autentica armada di arrembanti cestiste corre, studia, salta, segna su e giù per gli States. Negli ultimi tempi poi, il regolamento è cambiato, consentendo anche alle giocatrici già professioniste di partecipare al campionato NCAA, aprendo così una nuova era per chi volesse vivere un'esperienza anche solo per un anno. Una "palestra", quella americana, che renderà le giocatrici italiane più forti. Basta pensare alla colonna portante della Reyer Venezia e della Nazionale: Francesca Pan, Lorela Cubaj e Mariella Santucci. Terminate le scuole superiori, le tre cestiste italiane fecero il grande salto, tuffandosi in una dimensione totalmente nuova, studiando e giocando rispettivamente per le Yellow Jacket del Georgia Institute of Technology (Atlanta), le prime due, e per le Toledo Rockets (Ohio), la cestista bolognese.

Sono attualmente iscritte/ impegnate nei college USA: Candy Edokpaigbe (Dons, University of San Francisco), Eleonora Villa (Washington Cougars), Emma Arcà (Stonehill Skyhawks), Emma Zuccon (Albany Great Danes), Fiamma Serra (Hawaii, Rainbow Wahine), Giorgia Gorini (Ball State Cardinals), Greta Ramon (North Alabama Lions), Laura Di Stefano (Tulsa Golden Hurricane), Laura Toffali (Morehead State Eagles), Martina Fantini (Arizona State Sun Devils), Ndack Mbengue (UTEP Miners), Promise Keshi (Stetson University Athletics), Sofia Ceppellotti (North Alabama Lions) e Vittoria Blasigh (Miami Hurricanes). Se torneranno in Italia, nel Vecchio Continente o magari troveranno un ingaggio nella prestigiosa lega WNBA, è presto per dirlo. Lo dirà il tempo. Lo dirà la loro caparbietà. Lo dirà il proprio talento. Lo diranno i risultati.

La strada è ancora lunga ma il movimento cestistico femminile gode di ottima salute, presente e futura. Grazie alla conquista della medaglia di bronzo Under 20 l'estate scorsa, le Selezioni Azzurre occupano la 7° posizione del ranking mondiale, attestandosi inoltre al 4° posto europeo dietro le sole Spagna, Francia e Slovenia. Complessivamente, negli ultimi 16 anni, le Azzurrine hanno conquistato 17 medaglie giovanili, così suddivise: 4 Ori, 5 Argenti e 8 Bronzi. Inoltre le Azzurre si sono qualificate per i Mondiali Under 17 o Under 19 otto volte grazie ai piazzamenti rispettivamente agli Europei Under 16 e Under 18. Quanto alle generazioni successive, la FIP sta già investendo da tre anni con i progetti Academy sul territorio, anche quest’anno conclusi con le “Finali” degli “Academy Games” di San Bonifacio. E proprio al riguardo di quest'ultima manifestazione, il responsabile tecnico dell’Academy Femminile, Giovanni Lucchesi, ha le idee molte chiare.

“Il progetto nel 2025 ha vissuto un consolidamento generale, aspetto questo su cui il Settore Femminile dovrebbe lavorare: consolidare i numeri e poi cercare di costruire le basi per il futuro" ha sottolineato il coach azzurro, "L’Academy è un esempio di questo, il consolidamento si è riscontrato anche nell’atmosfera e nel clima tecnico e di collaborazione che si è stabilito, rafforzando appunto quello dell’anno scorso. Allenatori e RTT presenti e molto partecipi, vicini alle ragazze e quindi pronti a inviare una - fornitura - di informazioni e di spunti estremamente utili. Queste Finali sono state una centrifuga di lavoro e di emozioni, un’esperienza utile dal punto di vista emotivo ma soprattutto da quello tecnico perché queste ragazze ora possono tornare in società con le informazioni che il Settore Squadre Nazionali desidera provare a condividere. Tre giorni di cui faremo tesoro, grazie alla grande ospitalità del Comitato Regionale Veneto che con professionalità e vicinanza emotiva ha soddisfatto ogni nostra esigenza. Una centrifuga che spero dalle prossime stagioni possa aggiungere qualche dettaglio che permetta di tenere al centro del nostro lavoro le atlete, il vero motivo di tutto questo”.

Il basket femminile è sempre più presente nella mia vita professionale. Dopo un paio d'anni di "avvicinamento-apprendistato", il 2025 è stato l'anno della consacrazione grazie anche al vicino Palasport Taliercio (Ve) dove sono sempre più di casa per "studiare" e ammirare le performance delle leonesse oro-granata insieme a tutte le squadre che passano a calcare il parquet veneziano. Basket femminile dal vivo ma anche e soprattutto online. Campionato LBF e Coppa Italia sono visibili a un prezzo decisamente economico in live streaming sulla piattaforma Flima.tv; per chi preferisse i soli highlight invece, eccoli sul canale Youtube della Lega Basket Femminile. Tutte le sfide di EuroLeague sono disponibili GRATUITAMENTE su Youtube, così come ogni partita di EuroCup viene trasmessa FREE sul canale della FIBA. Gli stessi Academy Games di San Bonifacio, hanno beneficiato della copertura digitale sul rispettivo canale Youtube.

È importante vedere la pallacanestro femminile per conoscerla e farla conoscere. I social media sono un ottimo strumento per guardare le azioni salienti e condividerle sui propri profili. Oltre alla costante attività con il mio specifico account Instagram badboy_venice, nel 2025 ho ampliato la mia azione giornalistica su Viaggio del mondo, ma soprattutto ho realizzato più reportage sul mondo del basket femminile per la testata internazionale L'Italo-Americano, a cominciare dall'epopea europea della Nazionale. Sono seguiti un'ampia e dettagliata recensione sulla serie Non me l'aspettavo incentrata sulla cestista Matilde Villa, quindi una robusta e appassionante intervista a Mariella Santucci. Sono in attesa di pubblicazione due nuovi grossi articoli sulle presenze italiane in NCAA e un'altra intervista, questa volta alla giovane Adele Maria Cancelli (GEAS Sesto San Giovanni). Sarà una lunga strada. Lo scoprirò io. Lo vivrà sempre di più il basket femminile italiano sul campo... E questo è solo l'inizio! 

Gli highlight della sfida Magnolia-GEAS

Le Azzurrine di coach Giovanni Lucchesi @italbasket
Il basket femminile azzurro in trionfo @italbasket

lunedì 15 dicembre 2025

Venezia, la corsa dei Babbi Natale

Venezia, 10° Corsa dei Babbi Natale © Comune di Venezia

Oltre 400 "creature vestite di rosso" hanno magicamente attraversato l'antica Serenissima: è la 10° edizione della Corsa-camminata dei Babbi Natali a Venezia!

di Luca Ferrari

Una marea natalizia sfreccia indomita per fondamenta, campielli, piazze, su e giù per i ponti. È la 10° edizione della Corsa/ camminata dei Babbi Natali a Venezia, manifestazione nata con lo scopo di incentivare lo stare insieme all’insegna dello sport e del divertimento nello splendido scenario della città lagunare durante il periodo natalizio. Una corsa che anticipa l'ancor più celebre cavalcata notturna tra il 24 e il 25 dicembre in tutto il mondo, questa volta però frequentata da un'unica persona e dalla sua fedele renna. La corsa veneziana invece, organizzata da Running Club Venezia Asd, prevedva un percorso di "appena" 5 km a passo libero, adatto sia a runner esperti sia alle famiglie. Parte del ricavato raccolto dalle iscrizioni poi, è stato generosamente devoluto alle associazioni locali Avapo Venezia e all'Istituto Casa Famiglia San Pio X.

Venezia, 14 dicembre 2025. Dopo alcune giornate di nebbia fissa (caigo in dialetto), la Repubblica Marinara si è risvegliata con un cielo limpido, il sole alto e temperature più tipiche da fine febbraio-inizio marzo che non da inizio inverno. Quando mancava ancora un'ora e più alla partenza, sagome rosse con cappello d'ordinanza e barba bianca iniziavano a tappezzare la città lagunare. Molti passanti, incuriositi, vedendo grandi e piccini vestiti da Babbo Natale, chiedono il perché di questo travestimento. Non solo veneziani, la manifestazione ha attirato molti turisti giunti in Italia per una vacanza in famiglia. In mezzo a dialetti e raccomandazioni materne, si odono slang anglofoni e spagnoli. Dopo una prima e speciale premiazione per i partecipanti più piccoli, scatta il via. Jingle Runs... Jingle Runs... Jinge's runnig all the "fondamenta"...

Il percorso scelto è davvero meraviglioso. Complice anche la radiosa giornata e l'ora d'inizio (9.30 del mattino, ndr), tutti i partecipanti, autoctoni e non, hanno avuto la possibilità di godersi Venezia senza la minima confusione. Con la partenza fissata in campo S. Margherita, uno dei rari teatri a cielo aperto della movida veneziana, il primo km ha visto i partecipanti percorrere la lunghissima fondamenta/ riva delle Zattere fino a raggiungere Punta della Dogana, con l'isola della Giudecca e l'omonimo ampio canale alla propria destra. Giro di boa e alé, un rapido passaggio nei pressi della vicina Basilica della Salute e del museo Guggenheim, quindi un primo attraversamento del Canal Grande via ponte dell'Accademia, "sfrecciando" (anche) per l'atipica Calle Larga XXII Marzo e così entrando "gloriosamente" in piazza San Marco.

Un po' si corre. Un po' si cammina. Un po' si fatica. Un po' ci si ferma per immortalarsi nell'impresa. Dal sestiere di Dorsoduro a San Marco e poi nuovamente il Canal Grande, questa volta con il decisivo contributo del ponte di Rialto per raggiungere il sestiere di San Polo e l'omonimo campo, chiudendo la mini-maratona nuovamente in quel di Dorsoduro e sempre in campo Santa Margherita. Ad attendere i valorosi corridori, un caldo e tonificante rinfresco a base di panettone, pandoro, tè caldo e, immancabile, qualche melodia natalizia, dalla MariahCareyiana All I Want for Christma is You alla commovente e poetica Merry Xmas (War is Over) di John Lennon, e via via le altre. Un'oretta nel complesso, chi più e chi meno, e tutti sono arrivati. Adesso è il momento del relax più meritato, grazie al sole caldo e alle tante panchine disponibili, uno dei rarissimi spazi veneziani che ancora mette a disposizione questi "strani" arredi urbani (...). Da Venezia, augurio spensierato per un felicissimo Natale!

La partenza della Corsa dei Babbi Natale

Venezia, 10° Corsa dei Babbi Natale © Luca Ferrari
Venezia, 10° Corsa dei Babbi Natale © Luca Ferrari
Venezia, 10° Corsa dei Babbi Natale © Luca Ferrari
Venezia, 10° Corsa dei Babbi Natale © Luca Ferrari
Venezia, le medaglie della 10° Corsa dei Babbi Natale © Luca Ferrari

giovedì 4 dicembre 2025

C'era una volta la Jugoslavia...

La scrittrice Elvira Mujcic e il libro La stagione che non c'era (2025)
Due anime ferite si ritrovano in un paesino della Bosnia. Il nazionalismo soffia sull'imminente dissoluzione jugoslava. La stagione che non c'era (2025, Guanda Editore), di Elvira Mujčić.

di Luca Ferrari

"[...] È finita quando ci costringono con la violenza a dove appartenere all'una o all'altra parte. Non si può più tornare indietro. D'ora in poi saremo uccisi perché stiamo al di là di una linea. Un passo in più. La fine è dover stare al di là di una linea invalicabile [...]". C'era una volta la Jugoslavia... e sicuramente è ancora dentro molte persone. Quel sogno di multiculturalismo potrà anche essere stato sfregiato da uno dei peggiori conflitti del XX secolo (1991-1996), ma ci sono persone che credono ancora che il solo confine esistente non sia quello tracciato dal sangue o da un accordo politico, ma dentro la propria mente. Elvira Mujčić, scrittrice e traduttrice bosniaca naturalizzata italiana, ha dato alle stampe La stagione che non c'era (Guanda Editore, 2025). La vicenda si svolge in una fascia temporale molto ristretta, poco prima dello scoppio delle ostilità. Un tempo dove l'inimmaginabile divenne quotidianità di morte. Un tempo dove la fede in un modello e in un futuro, furono inghiottiti senza possibilità di riappacificazione.

Al centro della vicenda, due giovani. Nene e Merida. Quest'ultima ha una figlia, Eliza. Nene un giorno se n'è andato da casa lasciando una lettera a sua madre. È andato a Sarajevo. Un po' per studiare. Un po' per fare l'artista (disilluso). Un po' per trovare se stesso. Merida è una militante politica. Mentre tutta l'impalcatura Titoista è ormai prossima al collasso, lei ancora ci crede. Ancora crede che il primo ministro Ante Markovic possa salvare la SUA Jugoslavia. Crede ancora che le persone non si faranno abbindolare da slogan secessionisti. Il mondo sta cambiando, è vero. L'Unione Sovietica è collassata. Sì, in tanti si stanno separando ma la possibilità di trovare una via socialista per restare uniti, ci deve pur essere. Lei ci crede, o forse ci spera. Più fede politica che non vana speranza. Nene è più realista o forse, più banalmente, ha capito che non c'è più niente da fare. Una voragine non nasce all'improvviso. Il crollo è solo l'ultimo passo.

E poi c'è lei, Eliza. Lei è la generazione che vedrà le ceneri del mondo dei suoi genitori. Per Eliza, sempre alla ricerca di un padre che l'ha abbandonata prima ancora che nascesse, imparerà che SloveniaMacedonia, Croazia, Montenegro, Serbia e Bosnia-Erzegovina non sono più regioni di un unico grande Paese, ma singoli Stati confinanti. Eliza è audace e smaliziata. Stringe un legame con Nene, il quale alle volte si fa quasi sopraffare. Ha una casetta sull'albero. Lassù, la Jugoslavia pare immune alla deriva bellica dalla quale sarebbe stata traumatizzata negli anni successivi. Tra le fragilità umane e le piccole battaglie quotidiane, pagina dopo pagina, è un crescendo di angoscia in attesa che scoppi l'irreparabile. La guerra dei Balcani è una delle pagine più nere della storia europea. La Jugoslavia era sempre stata un mondo a parte rispetto al resto dei paesi socialisti. Mai schierata al fianco degli USA, rischiò di essere invasa dall'Unione Sovietica di Stalin. 

Giugno 1990. La parola nazionalismo è molto più di qualcosa da sussurrare di nascosto. Allo Stadion Maksimir si gioca l'ultima partita amichevole pre-Mondiale. La Jugoslavia affronta la fortissima Olanda ma succede qualcosa di strano e sinistro. Ci sono quasi esclusivamente bandiere orange. Durante l'inno nazionale della squadra di casa, il pubblico, per la stragrande maggioranza croato, si gira di spalle e fischia. Poche settimane prima, quello stesso stadio aveva vissuto un'anteprima di ciò che sarebbe divampato di lì a poco, uno scontro violento che nulla aveva a che fare con lo sport tra supporter della Dinamo Zagabria (croata) e della Stella Rossa di Belgrado (serba). Tra le fila di quest'ultima, c'è anche un signore che di nome fa Željko Ražnatović; negli anni a venire si metterà alla testa di uno dei più feroci e famigerati gruppi paramilitari serbi, le Tigri di Arkan, macchiandosi dei peggiori crimini. La partite finisce in guerriglia. Per molti, il vero inizio della guerra dei Balcani.

Merida e Nene, due facce (impotenti) della stessa moneta ormai fuori corso. "[...] Stanno tirando fuori scheletri dall'armadio da tutte le parti. Non ce ne rendevamo conto ma poggiavamo i piedi su un terreno che copriva secoli di storia sedimentata male. Ora stanno smuovendo i detriti e chissà cosa salterà fuori " dice lui e metà strada tra saggezza spicciola e una sorta di autocommiserazione. "[...] Sì, ogni giorno esce un articolo, un libro, un'intervista che racconta come i croati hanno ucciso i serbi, come i serbi hanno ucciso i musulmani, come i musulmani sono colpevoli di quello che è accaduto durante l'impero Ottomano. Tutti ripetono che hanno paura. Ti rendi conto? Fino a ieri non si ponevano la questione e oggi all'improvviso hanno paura della moglie, del marito, degli amici o dei vicini", risponde un'esausta e arrabbiata Merida.

Elvira Mujčić ha vissuto a Srebrenica fino al 1992. Poi se n'è andata insieme alla sua famiglia. La piccola cittadina bosniaca è stata teatro di un genocidio di cui l'intera comunità internazionale ha le mani imbevute del sangue di oltre ottomila bosgnacchi (musulmani bosniaci). Anni dopo Elvirà scriverà il libro Al di là del caos (2007). In quest'ultima opera invece, in copertina c'è una donna che ha appena saltato da un precipizio. Alla fine della presentazione mestrina (Ve), un giovanissimo lettore le ha chiesto il significato, paventando (lui) lo scenario peggiore. Elvira però ha dato un'altra interpretazione: "Magari le spunteranno le ali e si salverà" gli ha detto. Magari, e questo lo scrivo io, cadrà in acqua e nuoterà chissà dove. Qualcuno in effetti, durante la guerra dei Balcani, farà proprio così. In molti invece, saranno costretti a restare...

Più di tutti, c'è un passo de La stagione che non c'era a scaraventarci nel terrore più autentico. Quello della porta accanto, improvviso e senza logica. Quando le prime barricate iniziavano ad alzarsi e c'era già chi fuggiva o chi raggiungeva la parte della propria etnia, Elvira Mujčić scrive: "Andare in giro a impegnarsi per la città, significava scontrarsi con sguardi che facevano rabbrividire. Significava depennare dal cuore persone a cui avevi voluto bene. Significava tremare di fronte alla scoperta che per alcuni, amici, colleghi, compagni, eri diventata la nemica, la turca, un ostacolo da rimuovere". Continuando a far parlare Merida, l'autrice slava conclude: "Quel che più la colpiva era lo strano mutamento negli occhi di quegli individui. Una patina nuova ricopriva la retina e faceva apparire lo sguardo freddo, indifferente, assente. L'occhio dava l'impressione di essere strappato dal resto della persona. Separato dal cuore, dallo spirito, dalla memoria. Sradicato dal suo vedere umano, rieducato, addestrato a una cecità predatoria [...]".