Da un piccolo gesto, deriva una grande felicità. La pensa così anche il Settore Minibasket FIP che ha lanciato l'iniziativa natalizia "Porta un giocattolo, dona un sorriso".
Il Minibasket schiaccia deciso nel nome della felicità e della solidarietà. Lego. Peluche. Libricini straletti e un po' consumati. Tutti noi abbiamo balocchi abbandonati in qualche scatolone in attesa di buttarli via. Rewind. Tutti noi, grandi e piccini, abbiamo dei preziosi oggetti che potrebbero fare la felicità di tante persone che non si possono permettere nulla di così speciale. Cosa stiamo aspettando? Anche quest'anno il Settore MinibasketFIP (Federazione Italiana Pallacanestro) ha lanciato l'iniziativa Porta un giocattolo, regala un sorriso nella settimana dal 15 al 21 dicembre 2024.
Un gesto di solidarietà e condivisione da vivere in occasione del tradizionale scambio di auguri sotto canestro insieme a coach e compagni di squadra, portando, oltre a panini, dolciumi e succhi di frutta, anche dei giocattoli da donare a chi è in difficoltà. Materiale che verrà poi inviato tramite i Comitati Regionali FIP a case famiglia, istituti ospedalieri e a quegli enti e associazioni che lavorano sul territorio a favore dell’infanzia.
In prima fila anche la società Alvisiana Basket Venezia, fresca di trasferta vittoriosa con i suoi giovanissimi scoiattoli (2016-17) contro una selezione della Reyer. L'appuntamento per i propri giocatori e giocatrici è sabato 21 dicembre (ore 15.00) alla palestra Gigi Marsico (ex-Umberto I), teatri di tante sfide e un coinvolgente Basket Camp estivo. E non ci poteva essere giornata ideale visto che il 21 dicembre si celebra la Giornata Mondiale del Basket (World Basketball Day), promossa dalle Nazioni Unite a partire dal 2023.
Il fitto calendario della giornata vedrà in primis un gioco-percorso per Pulcini, quindi l'attesissima gara di tiro a squadre miste fra le categorie di Pulcini, Scoiattoli, Aquilotti ed Esordienti. Infine, prima delle premiazioni e del brindisi natalizio con lauto buffet, un'elettrizzante sfida a KO con i genitori degli atleti, pronti a dare il meglio di sé dalla lunetta. Attiva da anni sul territorio, l'Alvisiana Basket di Venezia è parte attiva del tessuto sociale lagunare. Di recente ha aderito al progetto del doposcuola del vicino Circolo Ca' Rapace - A.S.D. Pallacanestro Crabs Venezia, "Dalla scuola alla palestra... senza perderci di vista";
Restando in tema "donazioni dal cuore", nei giorni scorsi la stessa storica società veneziana Reyer, ha rilanciato l'iniziativa "Teddy Bear Toss: porta anche tu al Taliercio il tuo pupazzo di peluche e contribuisci a regalare un sorriso ai bambini meno fortunati del nostro territorio". In occasione delle ultime partite casalinghe della squadra maschile e femminile, disputate rispettivamente domenica 8 dicembre contro Banco di Sardegna Sassari e domenica 15 dicembre contro La Molisana Campobasso, al primo canestro, sono stati lanciati in campo dal pubblico i peluche portati dal sempre numeroso pubblico. Balocchi questi, che verranno poi distribuiti nelle strutture di accoglienza: Parrocchia Sacro Cuore di Mestre, Associazione Volontari Del Fanciullo @ Casa Nazareth e Centro Don Vecchi di Mestre. Basket è da sempre sinonimo di gioco di squadra e unione. In questi giorni, anche di solidarietà.
... Seguirà un dettagliato reportage della festa dell'Alvisiana Basket Venezia.
Il cerchio della vita si è allargato nel verde più spensierato e magico del Canada orientale, sull'isola del Principe Edoardo (Prince Edward Island). Tornerò ancora!
Green Gables. Cavendish. I fari. Le spiagge infinite. Un'atmosfera che più placida non si potrebbe trovare. L'isola del Principe Edoardo (Prince Edward Island) è la provincia più orientale del Canada collegata via terra. La prima volta fu un colpo di fulmine, potente e inatteso. La seconda volta è stata la consacrazione di un legame che continuerà per sempre. Alla vista del primo cartello che indicava la PEI, ho sentito un'emozione fortissima che ha continuato a salire nell'attesa di attraversare il lunghissimo Confederation Bridge, che collega l'isola al New Brunswick. Nel primo viaggio sbarcai sulla Prince Edward Island con un imponente traghetto proveniente dalla Nuova Scozia, attraversando poi il ponte al momento dei saluti. Questa volta invece, ho provato l'ebbrezza di arrivarci percorrendolo, passando dalle tante immagini viste sul web in questi anni di attesa, all'essere protagonista su quattro ruote. Sono tornato sull'isola del Principe Edoardo e non mi è mai sembrata così radiosa.
Lo avevo scritto e così è stato. Lo avevo annunciato. A meno di un anno dalla partenza, con i biglietti acquistati con larghissimo anticipo, avevo scritto che sarei tornato in Canada. Anche un mese in più di vita può cambiare una persona, figuriamoci sette anni di attesa. Ma per quanto sapessi a cosa e dove stessi andando, un Paese che è sempre stato nel mio destino, non ero minimamente pronto a vivere ciò che è stato e ancora una volta è riuscito a sorprendermi. E se ci ho messo così tanto per scriverne, è proprio perché ho dovuto bilanciare al meglio le emozioni. Se durante il mio primo grande viaggio in terra canadese, cambiai location ogni notte, questa volta ho concentrato più della metà dell'esperienza sulla Prince Edward Island. Per raggiungerla, dall'aeroporto di Montreal sono oltre 1.100 km di macchina, tragitto questo che si è allungato in virtù di alcune tappe, a cominciare dal Savage Zoo di St. Felicien, con una strepitosa escursione in mezzo alla fauna locale allo stato brado (orsi inclusi). Il gps poi ha puntato diritto verso la costa del Quebec, quindi traghetto lungo il fiume San Lorenzo per raggiungere più velocemente la parte più orientale dell'immensa provincia canadese, facendo tappa a Gasquet e Perc. Poi, come detto, una lunga tirata per raggiungere l'isola del Principe Edoardo.
Il covid ha cambiato il mercato e se nel 2016 si riusciva a trovare prezzi ragionevoli anche a ridosso o durante il viaggio stesso, questa volta mi sono dovuto organizzare con molto anticipo, perdendo un po' di avventura, ma allo stesso tempo trovando delle sistemazioni da urlo, in particolare grazie a HomeExchange, con il quale ho potuto soggiornare in case fantastiche e in alcune delle zone più belle del Canada. Raggiungere la Prince Edward Island è un viaggio nel viaggio. Un tragitto costellato di cartelli arancioni sul possibile attraversamento di alci. Nessuno di quei bestioni, però, è stato così cortese di farsi vedere a differenza di un cucciolo di orso nero che mi è passato, solitario, a poca distanza dalla mia vettura in transito. Verso sera, finalmente, è arrivato il momento tanto atteso. Poche le macchine in quel momento. Il ponte sembrava non finire mai. Durante il lungo attraversamento (12,9 km), solo acqua sotto di me. In mezzo all'oceano, sullo stretto di Northumberland. Un'emozione indescrivibile. Finalmente ero tornato sulla Prince Edward Island.
Prima tappa, Kensington, in un placido quartiere circondato dal verde e a pochi minuti di macchina da Cavendish, per una imperdibile visita al complesso del Green Gables Heritage Place, dedicato al celebre personaggio di Anna dai capelli rossi, ideato dalla scrittrice locale Lucy Maud Montgomery (1874-1942), di cui il prossimo 30 novembre ricorre il 150° anniversario dalla nascita. Lì, tra i vari sentieri chiamati come Anna Shirley soleva fare entusiasta, anche una graziosa casetta con i tipici abbaini verdi, proprio come riporta il titolo originale del romanzo, "Anne of Green Gables", pubblicato nel 1908.
A questa visita, è seguita poi una sbirciatina dove la scrittrice canadese è realmente vissuta, a New London, sempre sulla PEI. Per chi fosse in "fanciullesca compagnia", si segnala lì vicino un grande parco di divertimenti, il Mariner's Cove Boardwalk con tanto di museo delle cere (tra cui è rappresentata la celeberrima cantante canadese Celine Dion), minigolf e pure un'esperienza da cercatore di pepite preziose. Dulcis in fundo, il limitrofo Sandspit Cavendish Beach con tanto di montagne russe.
Se c'è una cosa che in Canada e sulla Prince Edward Island abbondano, sono i fari. Tra le tappe imperdibili, quello di Panmure Island, sulla Points East Coastal Drive, vicino alle scogliere di arenaria rossa che dominano l'ingresso di Cardigan Bay e il porto di Georgetown. Fu costruito da Peter Stewart e completato nel 1853 da Henry Williams su un sito scelto dal capitano Henry Bayfield, per avvisare le navi della presenza di secche pericolose, note come Bear Reef e Panmure Ledge, che si trovano appena a sud. Ancora oggi è funzionante e di ausilio alla navigazione per imbarcazioni da diporto e da pesca. "Irrobustito" nel 1908 da un allarme anti-nebbia, il faro di Panmure ha quattro piani, tutti visitabili con un piccolo museo & shop al piano terra, aperti solitamente da giugno a metà ottobre. Nel 1984 è stato riconosciuto come sito storico e nel 2013 ha ricevuto la designazione ufficiale. Dal 2015 è stato ceduto alla Panmure Island Lighthouse Association, un gruppo di volontari della comunità, formato per salvare e restaurare questa storica struttura.
Non si può dire di aver visitato un Paese senza averne assaggiato la cucina e sulla Prince Edward Island l'indiscussa pietanza principe, è l'astice, cucinato in tutte le forme possibili: dal panino con astice (lobster burger), meno presente rispetto a un tempo, al gettonatissimo lobster roll, passando per le zuppe e l'aragosta vera e propria. Dai chioschetti affacciati sul mare che servono il pescato del giorno come il Blue Water Grill, dove si può gustare anche un ottimo fish & chips, ai più blasonati ristoranti come il celeberrimo Fisherman's Wharf, a North Rustico. Curiosità. Ovunque si vada, c'è sempre da aspettare una mezz'ora abbondante prima di mangiare, ma non tanto per l'afflusso di bocche voraci ma poiché i piatti vengono sempre preparati al momento e con la massima cura; la qualità è davvero notevole. Pesce consumato a zonzo ma anche tra le mura domestiche. Potendo contare sulle cucine (fisiche) locali, mi sono "viziato" con salmone di altissima fattura, divorato anch'esso a più riprese per una no-stop ittica degna della mia Venezia, e creando così un ideale ponte culinario insulare.
Non solo prelibate ricette. Prince Edward Island è sinonimo di immensità dei parchi naturali. Un ticket d'ingresso e si possono raggiungere angoli impensabili dove si snodano miglia e miglia di spiaggia. In un mese come agosto si può passare facilmente dal sostare con felpa a farsi il bagno con un'acqua a dir poco tiepida (per capirci, in Croazia a luglio ho trovato temperature più fresche, ndr). Proprio a ridosso del faro di Panmure, c'è una delle spiagge più incantevoli, nei pressi di Cardigan Bay. Sabbia rossastra. Un po' di vegetazione. Il sole adagiato dolcemente. Ci sono spiazzi aperti e più battuti dai natanti, ma per chi desiderasse mera tranquillità e solitudine, c'è solo l'imbarazzo della scelta. E una volta parcheggiata la macchina, basta cambiare sponda e le correnti eoliche possono farsi decisamente più incisive così come lo stesso fondale marino, passando da sabbioso a roccioso. Un'altra tappa da cui non si può prescindere, è il Greenwich National Park.
Caratterizzato da grandi dune sabbiose, l'area è una vera bomboniera culturale, habitat naturale di piante e animali rari, per di più con legami con la cultura francese, della popolazione acadiana e la tribù nativa dei Mi’kmaq. Si potrebbe passeggiare per ore grazie ai tanti sentieri, fino ad arrivare al Greenwich Dunes Trail, camminando scalzi sulla sabbia bianca. All'ingresso c'è un dettagliato polo museale dove è possibile visionare filmati e leggere ampi pannelli per un'immersione totale nella cultura del posto. Per vedere tutto questo, si paga solo una tassa d'ingresso, decisamente modica per ciò che attende i visitatori. Un parco, questo, dove non sono ammessi animali domestici. Abbandonata l'area espositiva, prima di raggiungere il golfo di San Lorenzo, un'ampia struttura sempre pulita e completamente gratuita, è a disposizione di tutti: docce, lavabi vari, servizi igienici e perfino una cucina per preparare il pranzo al sacco. Altra curiosità. A parte un piccolo snack-bar (chiamiamolo così, per dirla all'europea), non c'è alcun locale lungo le spiagge.
Se in Quebec il pezzo goloso delle colazioni doc sono soprattutto deliziose crepes traboccanti di sciroppo d'acero, sulla Prince Edward Island invece, come in gran parte delle province anglofone, sono gli originali pancake, serviti anch'essi con quell'abbondante prelibatezza, la cui foglia si erge fiera sulla bandiera del Canada. Prima di una nuova tappa, faccio il pieno delle suddette delizie in una tipica caffetteria-ristorante di Charlottetown, capoluogo della PEI. Ancor più particolare del Greenwich, l'Argyle Shore Provincial Park, situato sulla parte opposta dell'isola del Principe Edoardo a pochi minuti dal piccolo centro rurale di Bonshaw, sullo Stretto di Northumberland, direttamente collegato con l'Oceano Atlantico. Una volta arrivati, a parte madre natura, solo qualche panchina e un paio di altalene. Lo spazio è immenso e sconfinato. L'orizzonte guadagna nuove prospettive. In un casolare gestito dal comune locale per la gestione e la tutela dell'area, viene ogni giorno issato un cartello con scritta a mano l'orario dell'alta marea e della bassa marea.
Le rocce rossastre si adagiano spavalde verso le acque tra le quali sono frequenti i granchi eremiti e le vongole. Una lunga scalinata ci mette a tu per tu con le rocce marnose e il mare, dove si possono fare rilassanti nuotate. Un panorama quasi surreale tra secche e infinto, e dove una corsa spensierata si consacra all'immortalità. Attenzione alle maree. Bastano poche ore, e l'asciugamano disteso per prendere il sole, verrà letteralmente avvolto dalle acque. Il nome dell'area deriva dalla località di origine dei primi coloni che vi arrivarono dalla Scozia, più precisamente da Argyle Shire. Un universo di terra, vegetazione e roccia rossa, al cospetto del quale sventolano fiere e unite le bandiere del Canada e della Prince Edward Island. In questo fazzoletto di terra c'è un'energia che non si può descrivere a parole.
Sono partito per il Canadaconvinto che sarebbe stata l'ultima volta, o al massimo immaginando che ci sarei potuto tornare molto più in là negli anni. Non è stato così. L'inizio del viaggio è stato tribolato. Forse non ero del tutto connesso, poi è successo qualcosa. Poi, semplicemente, sono arrivato sulla Prince Edward Island e ho sentito le mie labbra (il cuore) allargarsi in modo sempre più incontrollato. Mi sono fatto filmare mentre guidavo sul Confederation Bridge, scoprendomi leggero e felice. Sono tornato sull'isola del Principe Edoardo e mi sono sentito a casa mia. Ma una casa non può essere vuota, e come accadde a Seattle, in quel viaggio che cambiò tutto a livello umano, è stato un incontro con delle persone (speciali) a proiettarmi in un'altra dimensione. Da banali conoscenti, sono diventati parte della mia famiglia. Una famiglia che spero un giorno di ritrovare in un nuovo viaggio. Una prossima avventura che ho già cominciato a pianificare: partenza da Venezia, scalo a Montreal e coincidenza per Halifax, in Nova Scotia. Di lì partire alla scoperta del Newfoundland (Terranova e Labrador), quindi tornare sulla terraferma, ritornando in quel posto che ha stravolto e continua a stravolgere la mia esistenza: la Prince Edward Island. Il sogno continua...
Welcome to Prince Edward Island - Argyle Shore Provincial Park
Le bandiere del Canada e dell'isola del Principe Edoardo/ l'autore Luca Ferrari, alla guida sul Confederation Bridge
Prince Edward Island, the dream continues The circle of life has expanded into the most carefree and magical green of Eastern Canada, on Prince Edward Island. I will return again!
by Luca Ferrari
Green Gables. Cavendish. The lighthouses. The endless beaches. An atmosphere as tranquil as it gets. Prince Edward Island is the easternmost province of Canada connected by land. The first time was love at first sight—powerful and unexpected. The second time was the confirmation of a bond that will last forever. At the sight of the first sign pointing to PEI, I felt an overwhelming emotion that kept building as I anticipated crossing the long Confederation Bridge, which links the island to New Brunswick. On my first trip, I arrived on Prince Edward Island aboard a massive ferry from Nova Scotia, only to cross the bridge when it was time to say goodbye. This time, I experienced the thrill of arriving by driving across it—transforming years of online images into a real-life journey on four wheels. I returned to Prince Edward Island, and it has never seemed so radiant.
I had written it, and so it was. I had announced it. Less than a year after leaving, with tickets purchased well in advance, I had said I would return to Canada. Even one extra month of life can change a person—let alone seven years of waiting. But no matter how well I knew what I was heading toward, a country that has always been part of my destiny, I was not remotely prepared for what was in store. Once again, it managed to surprise me. If it took me this long to write about it, it’s because I needed time to balance my emotions. During my first major trip to Canadian soil, I changed locations every night. This time, I focused more than half of the experience on Prince Edward Island. To get there, it’s over 1,100 km by car from Montreal Airport—a route that grew longer due to several stops along the way. The journey began with the Savage Zoo in St. Felicien, where I had an incredible excursion among local wildlife in their natural habitat (bears included). After that, the GPS guided me straight to Quebec’s coast, followed by a ferry across the St. Lawrence River to reach the easternmost part of this vast Canadian province more quickly, with stops in Gasquet and Percé. Then, as planned, a long drive brought me to Prince Edward Island. COVID has reshaped the market, and while in 2016 it was possible to find reasonable prices even at the last minute or during the trip itself, this time I had to plan far in advance. I lost a bit of spontaneity, but in return, I found some incredible accommodations—especially through HomeExchange, which allowed me to stay in fantastic homes in some of the most beautiful areas of Canada. Reaching Prince Edward Island is a journey within a journey. The route is dotted with orange signs warning of possible moose crossings. None of those massive creatures were kind enough to make an appearance, but I did have the rare thrill of spotting a solitary black bear cub crossing near my car. As evening approached, the long-awaited moment finally arrived. Few cars were on the road. The bridge seemed endless. During the long crossing (12.9 km), there was nothing but water beneath me, stretching out into the ocean over the Northumberland Strait. It was an indescribable feeling. At last, I had returned to Prince Edward Island.
First stop: Kensington, a peaceful neighborhood surrounded by greenery and just a few minutes’ drive from Cavendish. Here, an unmissable visit to the Green Gables Heritage Place awaited—a site dedicated to the beloved character Anne of Green Gables, created by local author Lucy Maud Montgomery (1874–1942). This year, on November 30, marks the 150th anniversary of her birth. The site features trails whimsically named after places Anne Shirley would excitedly describe, as well as a charming house with the iconic green gables that inspired the original title of the 1908 novel, Anne of Green Gables. It’s a magical experience for fans and newcomers alike.
After visiting Green Gables, I ventured to New London, the real-life home of Lucy Maud Montgomery, the celebrated author of Anne of Green Gables. This charming village is steeped in history and inspiration for Montgomery’s beloved stories.
New London (PEI) - Lucy Maud Montgomery's home - ph. Luca Ferrari
For those traveling with younger or playful companions, nearby attractions add to the fun. The Mariner's Cove Boardwalk offers a wax museum—featuring figures like iconic Canadian singer Céline Dion—mini-golf, and even a hands-on gold-panning experience for budding treasure hunters. To cap it off, the adjacent Sandspit Cavendish Beach promises family-friendly entertainment, complete with thrilling rides, including a roller coaster. It’s the perfect conclusion to a day filled with culture, nostalgia, and adventure.
If there’s one thing Canada—and especially Prince Edward Island—has in abundance, it’s lighthouses. Among the must-visit spots is the Panmure Island Lighthouse, located along the Points East Coastal Drive, near the stunning red sandstone cliffs that overlook the entrance to Cardigan Bay and the Georgetown Harbor. Built by Peter Stewart and completed in 1853 by Henry Williams on a site selected by Captain Henry Bayfield, the lighthouse was designed to warn ships of dangerous shoals, notably Bear Reef and Panmure Ledge, just south of the island. Remarkably, it is still operational today, providing navigational aid to fishing and recreational boats. Strengthened in 1908 with the addition of a fog alarm, the lighthouse features four floors, all open to visitors. The ground floor houses a small museum and shop, typically open from June to mid-October. Recognized as a historic site in 1984, the Panmure Lighthouse received its official designation in 2013. Since 2015, it has been managed by the Panmure Island Lighthouse Association, a community volunteer group dedicated to preserving and restoring this historic landmark.
You can't truly say you've visited a country without sampling its cuisine, and on Prince Edward Island, the undisputed star of the table is lobster, prepared in every imaginable way. From the less common lobster burger to the ever-popular lobster roll, and on to soups and whole lobster dishes, there’s no shortage of options. Whether at seaside shacks like the Blue Water Grill, which serves fresh catch-of-the-day dishes alongside an excellent fish and chips, or at high-end establishments like the iconic Fisherman's Wharf in North Rustico, seafood is a culinary highlight of the island. A fun fact: wherever you choose to eat, expect to wait a good half hour before your meal arrives—not because of long queues of hungry diners, but because each dish is freshly prepared with meticulous care. The quality is exceptional. Seafood was enjoyed not only at restaurants but also in the comfort of local kitchens. With access to fresh, local ingredients, I indulged in top-quality salmon, devoured in multiple sittings for a seafood feast that rivaled my own Venice. In doing so, I created a culinary bridge between these two island paradises.
Characterized by vast sandy dunes, the area is a true cultural gem—a natural habitat for rare plants and animals, intertwined with the heritage of the Acadian population, the native Mi’kmaq tribe, and French culture. Visitors can stroll for hours along the numerous trails, culminating in the breathtaking Greenwich Dunes Trail, where you can walk barefoot on soft white sand. At the entrance, a well-equipped cultural center offers detailed exhibits, films, and informative panels, providing a deep dive into the local history and traditions. All this is accessible for just a modest entry fee—a small price for the experience awaiting visitors. One important note: pets are not allowed in the park. After exploring the exhibit area, before reaching the shores of the Gulf of St. Lawrence, visitors will find a large, impeccably maintained facility, completely free to use. It includes showers, various washbasins, restrooms, and even a kitchen for preparing packed lunches.
Another interesting detail: apart from a small snack bar (or as we might call it in Europe, a kiosk), there are no restaurants or establishments along the beaches, preserving the natural serenity of the environment.
In Quebec, the highlight of a perfect breakfast is often delicious crepes dripping with maple syrup. On Prince Edward Island, however, as in most English-speaking provinces, it’s the classic pancakes, also generously served with that golden delight—the iconic syrup whose maple leaf proudly adorns Canada’s flag. Before embarking on a new adventure, I indulged in these treats at a cozy café-restaurant in Charlottetown, the capital of PEI. Even more unique than Greenwich is the Argyle Shore Provincial Park, located on the opposite side of the island, just minutes from the small rural village of Bonshaw, along the Northumberland Strait, which connects to the Atlantic Ocean. Upon arrival, you’re greeted by nature in its purest form—just a few benches and a couple of swings. The space feels boundless, with vast, open horizons that offer ever-changing perspectives. At a rustic building managed by the local municipality to protect and oversee the park, a hand-painted sign is updated daily to indicate the times for high and low tides—a simple yet charming touch to this tranquil escape.
The reddish rocks stretch boldly towards the waters, where hermit crabs and clams are a common sight. A long staircase brings you face-to-face with the marl cliffs and the sea, offering the perfect setting for a relaxing swim. The scenery is almost surreal, with sandbars merging into infinity, creating a timeless backdrop where a carefree run feels like a moment of pure immortality. Caution is needed with the tides—within just a few hours, the towel you’ve laid out for sunbathing could be completely swallowed by the rising waters. The area's name, Argyle Shore, comes from the homeland of the first settlers who arrived here from Argyle Shire in Scotland. This universe of earth, vegetation, and red rock is crowned by the proud and united flags of Canada and Prince Edward Island, waving together in the breeze. In this small patch of land, there’s an indescribable energy—something that words alone cannot capture.
I left for Canada convinced it would be my last time—or at most, imagining I might return far down the road. But that wasn’t the case. The start of the journey was rocky; I felt disconnected, unsure. Then something changed. Then, simply, I arrived on Prince Edward Island, and I felt my lips—and my heart—stretch into an uncontrollable smile. I filmed myself driving across the Confederation Bridge, feeling light and profoundly happy. I had returned to PEI, and it felt like home. But a home cannot be empty, and just as it happened in Seattle during that life-changing trip, it was an encounter with special people that shifted my reality. What began as casual acquaintances became family—family I hope to reunite with on a future journey.
That next adventure is already taking shape: departing from Venice, with a layover in Montreal and a connection to Halifax, Nova Scotia. From there, I’ll set off to explore Newfoundland and Labrador before returning to the mainland—and ultimately back to the place that has transformed and continues to transform my life: Prince Edward Island.
Il cielo buio. La nebbia. La navetta verso il palasport Taliercio. Prima e dopo una nuova sfida di basket della Reyer Venezia femminile, c'è un grande mondo da vivere dentro l'anima.
Storie di legami, passioni e ispirazione. È una serata speciale. È un momento che non pensavo sarebbe mai arrivato, semplicemente perché... non lo conoscevo. Poi un giorno, una vocina tornò dalla scuola materna, dicendo: "vorrei giocare a basket". Un po' di tempo dopo, sabato 2 novembre 2024, per la prima volta ho assistito a una partita di basket in solitaria. In un post pubblico di poco tempo fa su Instagram, dove si chiedeva quale giocatore/giocatrice avesse acceso la passione per la pallacanestro, dalla mia pagina hello_badboy76, risposi semplicemente, "mio figlio". Da allora sono passati già tre anni e da un interesse sussurrato, sono arrivato a una cultura personalizzata fatta di highlights, libri e serate live. Complice l'orario serale, questa volta ho preferito evitare l'impegno al mio figlioletto e così, un po' titubante (quasi intimorito), mi sono avventurato per assistere alla sfida Reyer Venezia - Brixia Basket.
La nebbia non ha allentato la sua morsa per gran parte della giornata. Dopo un po' di attesa, finalmente arriva la navetta. Riesco a sedermi sul primo posto alla destra dell'autista, avendo così visuale perfetta della strada notturna. Per chi abita in laguna, un viaggio su quattro (o più) ruote ha sempre un sapore diverso. Guardo il ponte della Libertà scivolarmi alle spalle senza poi distinguere più nulla del panorama "terricolo", parco San Giuliano a parte. Se per gli sportivi amanti del basket, "Taliercio" è sinonimo delle più recenti imprese della pallacanestro veneziana, quel nome evoca anche alcune delle pagine più tragiche della storia locale. Il palazzetto infatti è stato dedicato all’ingegnere Giuseppe Taliercio, storico dirigente dello stabilimento petrolchimico della Montedison a Marghera, assassinato dalle Brigate Rosse il 5 luglio 1981. Quelli erano anni dove il terrorismo di destra e di sinistra insanguinavano l'Italia nei cosiddetti Anni di piombo, e anche Venezia non fu risparmiata. Oggi questo luogo è teatro di sogni, sudore e felicità condivisa.
Ho imparato a conoscere la squadra femminile della Reyer sul web e con qualche incursione dal vivo. Sarà stato questo, ma una volta entrato nel palazzetto, non ho provato una sensazione di solitudine, tutt'altro. Mi sono sentito al mio posto. Un panorama che oramai fa parte della mia esistenza. E così, fin dal riscaldamento all'inizio della partita, ero lì, da solo ma allo stesso tempo in compagnia. Il tempo di adattarmi e cercare il posto ideale ed eccomi a ridosso del campo, seguendo i primi due quarti di gara proprio sotto il canestro dove le "leonesse oro-granata" hanno messo a segno i tanti punti, a cominciare dalla giovane Matilde Villa e la finlandese, Awak Kuier, entrambe con due tiri vincenti da 3. E a proposito di nuove generazioni del basket, anzi giovanissime, posso dire di aver assistito a quello che sarà il primo di moltissimi canestri di Isabell Hassan (classe 2009), al suo debutto ufficiale in prima squadra.
La Reyer ha dominato dall'inizio alla fine. Assente la forte ala-centro Giuditta Nicolodi, la squadra ha giocato come meglio non si potrebbe, a cominciare dalla capitana Francesca Pan, autrice di numerose giocate vincenti da 3. In un'epoca molto individualista, la Reyer femminile è espressione del collettivo più sinceramente qualitativo. I polmoni a tutto campo della playmaker Mariella Santucci. La costanza dell'ala Martina Fassina. I contributi della guardia Caterina Logoh. L'imprevedibilità della play/guardia Lisa Berkani. I canestri "pesanti" di Dragana Stankovic, Lorela Cubaj e Maria Miccoli. La qualità della guardia Kamiah Smalls, eletta MVP della partita a pari merito con Awak. La squadra veneziana gioca alla grande, non molla fino alla fine e conclude vincendo nettamente 90-56. Ogni canestro viene sempre salutato da un'ovazione.
Finisce la partita. Vorrei rimanere un po' di più ad assaporare l'atmosfera. Davanti a me c'è un gruppo di donne che ispira con la genuinità dello sport. La navetta per Venezia però, non aspetta (troppo) così mi fiondo subito a bordo dell'automezzo, allo stesso posto dell'andata. Quasi tutti sono venuti in compagnia. Si scambiano commenti sulla partita, parlando anche dei progressi della squadra maschile. Mi sento un po' uno straniero in trasferta. Mi piacerebbe tornare più spesso ma non è sempre fattibile, complici le difficoltà logistiche per chi abita in laguna. Comprensibile che il pubblico dalla terraferma sia superiore a quello veneziano ma è un gran peccato che non ci siano navette anche per le sfide di Euroleague. L'autobus intanto è già arrivato a piazzale Roma. Pochi minuti di camminata e vedo già il ponte dei Tre Archi (Cannaregio), nel mio più immediato orizzonte umano. È stata una grande serata di pallacanestro. A presto, Umana Reyer, continuate a giocare così bene e soprattutto unite. Buona notte, Venezia.