di Luca Ferrari
Che destino aspetta la razza umana? Sinistre analogie del mondo contemporaneo con quanto accaduto a civiltà precedenti nel momento di massimo splendore (o presunta evoluzione), lasciano una preoccupante e importante eredità. Prova a darci qualche risposta Jared Diamond nel saggio Collasso - Come le società scelgono di morire o vivere (Einaudi, 2005).
L’autore statunitense è un autentico pozzo di sapere. Oltre a parlare più di una decina di lingue, è biologo, evoluzionista, fisiologo, biogeografo, autore, nonché vincitore del Premio Pulitzer nel 1997 con Armi, acciaio e malattie - Breve storia degli ultimi tredicimila anni (1997, Einaudi, 1997).
Nel suo volume, Diamond analizza appunto il “collasso” di alcune società. Passate e presenti. Come alcune riuscirono a sopravvivere, e come altre scomparvero. Nel farlo, l’autore si pone alcuni fondamentali quesiti: perché i popoli fanno scelte sbagliate? Com’è possibile che un popolo possa prendere decisioni che minano la propria sopravvivenza? Quanto spesso un popolo ha inflitto danni all’ambiente intenzionalmente o almeno, nella consapevolezza del suo operato? Quanto invece lo ha fatto spesso per ignoranza o senza volerlo? Com’è possibile che così tanti abbiano fatto terribili sbagli?
Sfilano il Montana, vissuto coi suoi occhi, e poi inizia il ritorno al passato l’isola di Pasqua, le isole di Pictarin e Henderson, i popoli degli Anasazi, Maya, i Vichinghi. Società più vicine ai nostri tempi quella del Ruanda, dove viene sbugiardata la teoria alimentata dalla maggior parte dei mass-media che puntò sullo scontro etnico, Haiti e Repubblica Domenicana, Cina e Australia.
Attraverso fallimenti e successi, al momento di portare qualche risultato, Diamond chiama in causa il caso esemplare dell’Olanda, dove “ricchi e poveri” hanno saputo trovare una soluzione per la salvezza di tutti. Tutto il mondo, di fatto, è un unico e grande Polder. E un giorno potremo trovarci nella situazione di non poter più scappare (così come gli abitanti delle Handerson) dai nostri sbagli.
Uno degli aspetti più interessanti è il caso che si è verificato a Kutubu (Nuova Guinea). Lì una consociata della potentissima Chevron (multinazionale petrolifera) attuò un programma di rispetto ambientale correlato alla sua attività, dando al WWF il compito di preparare un progetto di conservazione integrata e di sviluppo su larga scala della zona. Inutile dire che la cosa portò benefici enormi tanto alla realtà ecologica tanto a quella “economica” della compagnia petrolifera.
Progresso e ambiente sanno andare d’accordo. Attualmente però la situazione è ben diversa. In campo forestale per esempio, a livello mondiale, soltanto il 12 per cento è protetto. “Tutte le altre aree saranno sfruttate fino all’esaurimento nei prossimi decenni” scrive Diamond “anche se invece sarebbe possibile soddisfare il bisogno mondiale di legna in modo sostenibile, sfruttando solamente una zona boschiva (il veni per cento del totale o meno), se fosse ben gestita”.
Siamo ancora in tempo per fare qualcosa ed evitare la temuta dead-line, il punto di non ritorno? Tocca a noi agire, senza nasconderci dietro l’alibi del – ma io che posso fare? –. Jared Diamond ci mostra come in ogni catena di produzione e di sfruttamento, esista un anello debole. Un anello attaccabile da noi comuni e indifesi mortali. È lì che ci spiega possiamo e dobbiamo agire.
È lì che possiamo fare il più grande regalo alle (speriamo) infinite generazioni che verranno dopo di noi: un mondo non avvelenato e non votato all’estinzione. Abbiamo una grandiosa e unica responsabilità. Nois iamo la prima società nella storia che ha i mezzi per prevedere, fermarsi e cambiare. Se non lo faremo, non avremo scuse né alibi.
È lì che possiamo fare il più grande regalo alle (speriamo) infinite generazioni che verranno dopo di noi: un mondo non avvelenato e non votato all’estinzione. Abbiamo una grandiosa e unica responsabilità. Nois iamo la prima società nella storia che ha i mezzi per prevedere, fermarsi e cambiare. Se non lo faremo, non avremo scuse né alibi.
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