la giornalista russa Anna Politkovskaja |
di Luca Ferrari
Saccheggi. Fucilazioni. Infanticidi. Torture disumane. Umiliazioni. I più basilari diritti umani calpestati senza pietà. Deportazioni appena dietro un abitato senza timore di essere scoperti, e poi una striscia di morte senza mai colpevoli. La Cecenia è questo. “La Cecenia è un posto dove si dedica l’esistenza a sopravvivere, ma in cui sono pochi a credere che avranno una tale fortuna”, scrisse la giornalista Anna Politkovskaja (1958-2006).
La Russia è uno dei cinque paesi membri permanenti delle Nazioni Unite. Questo status gli dà il diritto di porre il veto su qualsiasi inchiesta/ voce scomoda che possa intaccare la propria facciata. È una delle ragioni per cui la Cecenia è stata abbandonata all’inferno. Colpevole di non avere petrolio o di non essere strategicamente importante. ONU, Nato, la Comunità Internazionale. L’hanno tutti abbandonata. Stritolata da regole atlantiche e atte a tutelare solo il potere del denaro.
Come succede per la potente Cina di Hu Jintao, nessuno vuole mettere bocca in quello che fa il premier Vladmir Putin. Nessuna nazione ha saputo concretamente alzare la voce di fronte all’erede più bieco del neo-zarismo stalinista. Una donna l’ha fatto. Una piccola coraggiosa reporter del settimanale Novaja Gazeta ci ha provato. E il 7 ottobre 2006, nell’androne della sua casa moscovita, ha pagato con la vita la sua battaglia di giustizia e verità.
Proibito parlare (Mondadori, 2006), con prefazione di Adriano Sofri, è un viaggio senza ritorno nella degradazione di un popolo. Devastato da due guerre, la prima condotta da Eltzin, la seconda in maniera ancor più feroce da Putin. Civili picchiati fino a morire. Torturati. “I miei appunti hanno uno scopo ben diverso. Sono scritti per il futuro. Sono la testimonianza delle vittime innocenti della nuova guerra cecena, ed è per questo che scrivo più particolari che posso”, A.P.
E in tutto questo dov’è la Corte dei Diritti Umani? Sepolta da scartoffie burocratiche. Ha una validità giuridica o è solo un ufficio per far sentire gli europei con la coscienza a posto rassicurandosi sul fatto che loro ci hanno provato, e se poi le cose non cambiano, non è colpa loro. No, certo. A Bruxelles come a Madrid o Roma che sia, non si vivono simili incubi. Sono lontani. E quindi invisibili. E qualora fossero dannatamente vicini, si trova sempre il modo di ignorarli (per informazione, chiedere alla Bosnia).
Quanta gente si ricorda di un attacco missilistico in Cecenia contro un mercato nell’ottobre 1999? Nessuno. Dovrei sorprendermi? Per nulla, visto che l’OGV (Raggruppamento truppe e mezzi) del Caucaso Settentrionale, a una richiesta dell’organizzazione dei Diritti Umani sulle indagini, ha risposto: “Negli archivi militari dell’OGV e della procura dell’SKVO il crimine non risulta agli atti”.
Anna Politkovskaja ci riporta dentro il teatro Dubrovka. Ci fa sentire l'odore del gas usato dallo Stato per catturare gl'insorti anche a costo di uccidere innocenti. Ci mostra la staticità politica capace solo di avvelenare i propri figli. “Colpevole è chi ha preso la decisione di usare il gas. Voglio che Putin risponda a una domanda” chiede Sereza, sopravvissuta ma senza più figlia e marito, “ci fosse stata sua figlia a vedere il Nord-Ost (lo spettacolo durante l’attacco, ndr), come si sarebbe comportato?” .
Anna Politkovskaja ci riporta nel dramma della scuola russa di Beslan, quando un gruppo armato prese in ostaggio 1.200 persone tra adulti e bambini e a cui il governo russo rispose con un’azione militare brutale. La giornalista ci racconta il coraggio di alcune maestre che hanno allattato alcuni alunni per tentare di salvargli la vita. Anna ci mostra lo shock dei sopravvissuti divenuti quasi zombie, e per questo abbandonati da chi li avrebbe dovuti difendere.
“Il mondo teme una proliferazione nucleare” scrisse Anna, “io temo l’odio. Si accumula sempre di più ed è fuori controllo. Nessuno potrà mai scoprire i percorsi della vendetta personale. Davanti a questo il mondo è del tutto indifeso”. Adesso, nel 2013, temo di sapere che cosa il mondo le potrebbe rispondere. “Metti da parte i tuoi timori. L’odio è ormai dappertutto”. C’è qualcuno che ha davvero voglia di smentire tutto questo? Sono certo di doverlo ad Anna Politkovskaja. Tutti noi lo dobbiamo ad Anna Politkovskaja, al popolo ceceno e alle vittime in ogni parte del mondo.
Quanta gente si ricorda di un attacco missilistico in Cecenia contro un mercato nell’ottobre 1999? Nessuno. Dovrei sorprendermi? Per nulla, visto che l’OGV (Raggruppamento truppe e mezzi) del Caucaso Settentrionale, a una richiesta dell’organizzazione dei Diritti Umani sulle indagini, ha risposto: “Negli archivi militari dell’OGV e della procura dell’SKVO il crimine non risulta agli atti”.
Anna Politkovskaja ci riporta dentro il teatro Dubrovka. Ci fa sentire l'odore del gas usato dallo Stato per catturare gl'insorti anche a costo di uccidere innocenti. Ci mostra la staticità politica capace solo di avvelenare i propri figli. “Colpevole è chi ha preso la decisione di usare il gas. Voglio che Putin risponda a una domanda” chiede Sereza, sopravvissuta ma senza più figlia e marito, “ci fosse stata sua figlia a vedere il Nord-Ost (lo spettacolo durante l’attacco, ndr), come si sarebbe comportato?” .
Anna Politkovskaja ci riporta nel dramma della scuola russa di Beslan, quando un gruppo armato prese in ostaggio 1.200 persone tra adulti e bambini e a cui il governo russo rispose con un’azione militare brutale. La giornalista ci racconta il coraggio di alcune maestre che hanno allattato alcuni alunni per tentare di salvargli la vita. Anna ci mostra lo shock dei sopravvissuti divenuti quasi zombie, e per questo abbandonati da chi li avrebbe dovuti difendere.
“Il mondo teme una proliferazione nucleare” scrisse Anna, “io temo l’odio. Si accumula sempre di più ed è fuori controllo. Nessuno potrà mai scoprire i percorsi della vendetta personale. Davanti a questo il mondo è del tutto indifeso”. Adesso, nel 2013, temo di sapere che cosa il mondo le potrebbe rispondere. “Metti da parte i tuoi timori. L’odio è ormai dappertutto”. C’è qualcuno che ha davvero voglia di smentire tutto questo? Sono certo di doverlo ad Anna Politkovskaja. Tutti noi lo dobbiamo ad Anna Politkovskaja, al popolo ceceno e alle vittime in ogni parte del mondo.
Fiori davanti a un'immagine della giornalista russa Anna Politkovskaja |
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