venerdì 8 agosto 2025

Dream Team-Croazia, la storia nella Storia

Olimpiadi 1992 - Michael Jordan (USA) vs Drazen Petrovic (Croazia)

Il destino opposto di due nazioni sublimato in una (epica) partita di basket: la finale olimpica tra la neonata Croazia e il Dream Team americano, ma non solo... Era l'8 agosto 1992.

di Luca Ferrari

Una storia nella storia della Storia. Era l'estate 1992. Lo sport incantava, il pubblico applaudiva estasiato e poco distante... una porzione di mondo (Balcani) sprofondava all'inferno. I Giochi Olimpici di Barcellona 1992 sono e resteranno per sempre quelli del Dream Team americano di basket, la squadra più forte di tutti i tempi che abbia mai calcato un parquet... o in generale, che abbia partecipato a un evento sportivo. Dopo il deludente 3° posto alle Olimpiadi di Seoul 1988, per la prima volta la federazione statunitense decise di mandare i professionisti. Una congiunzione astrale che vide riunito il meglio del meglio del basket a stelle e strisce, a cominciare da quei tre: Magic Johnson, Michael Jordan e Larry Bird. Barcellona '92 fu anche la prima volta per due neonate repubbliche. La Lituania, dove militavano (tra gli altri) i fortissimi Sabonis e Marčiulionis, subì un tremendo passivo di oltre 50 punti in semifinale contro il team USA. La neonata Croazia invece, indipendente dal 1991 e già staccatasi dalla Jugoslavia in una brutale guerra fratricida ancora in corso al momento della manifestazione olimpica, affrontò il Dream Team due volte, nella fase preliminare e nella finalissima con in palio la medaglia d'oro.

Stati Uniti e Croazia, le loro gesta in quella Olimpiade sono rimaste scolpite nell'anima (sportiva) di chiunque al mondo. Anni dopo venne caricato su Youtube un videoclip celebrativo di quella sfida con sottofondo musicale di Heaven (Bryan Adams), incentrato sui canestri dei rispettivi leader: Michael Jordan (22) e il compianto Drazen Petrovic (24), scomparso in un incidente stradale l'anno successivo, in Germania. Mi sono imbattuto in quel video un po' per caso, quando il basket non significava ancora nulla nella mia vita. Sarà stata la musica un po' malinconica ma fui toccato nel profondo fin dal primo ascolto, soprattutto per ragioni extra sportive. Il video sparì dal web ma da quando una creatura di 5 anni portò la pallacanestro tra le mura domestiche facendomene innamorare, ho cominciato a cercarlo. Qualche giorno fa l'ho ritrovato, proprio a ridosso dell'anniversario di quella indimenticabile finale, disputatasi l'8 agosto 1992... e, per un'incredibile casualità, nel medesimo giorno in cui mi recherò proprio in Croazia.

Petrovic vs Jordan feat. Bryan Adams

Quel giorno, l'8 agosto 1992, non c'erano solo due squadre in campo. C'erano due mondi. Due mondi immortalati in altrettante e specifiche istantanee. Due storie agli antipodi, una all'inizio del video e una verso la fine. Da una parte, lo sguardo deciso e allo stesso tempo preoccupato del coach croato Petar Skansi (1943-2022). Dall'altra, tre tifosi americani che applaudono festanti la performance del Dream Team. Se i giovani a stelle e strisce mi hanno sempre trasmesso l'idea del futuro più sereno e l'imminente rivoluzione digitale da cui tutti saremmo stati travolti, gli occhi dell'allenatore croato mi hanno sempre scaraventato nella tristezza della guerra balcanica, ignorata dalla maggioranza della comunità internazionale, e in qualche modo più in sintonia con i pensieri di un mai sbocciato quindicenne. Da una parte c'era tutta la massima leggerezza dello sport e le luci sfavillanti dell'NBA, dall'altra parte c'era una squadra che si stava presentando al mondo, e per la quale vincere una medaglia rappresentava un grido di esistenza. In quei gloriosi giorni olimpici, laggiù, nei Balcani, si stava consumando una delle più atroci guerre scoppiate in Europa.

Bryan Adams - Drazen Petrovic, Michael Jordan, tifosi USA e coach Skansi

Ai Giochi Olimpici del 1992 ci fu un'altra partita storica oltre a Croazia-USA, ancor più emblematica dal punto di vista geopolitico. Se la Jugoslavia si stava sgretolando e avrebbe dovuto vivere tragiche stagioni di morte fino ai più devastanti epiloghi dei campi di concentramento, gli stupri etnici, l'assedio di Sarajevo e il genocidio di Srebrenica, pochi anni prima, nel 1989, il muro di Berlino era crollato, dando il via al distacco dell'Est europeo dal giogo dell'allora Unione Sovietica. Se per alcuni paesi la transizione verso libere elezioni fu pacifica, non andò tutto liscio per la Lituania, dove a Vilnius si arrivò allo scontro, con tanto di barricate, tra la popolazione e il KGB, quest'ultimo supportato dai paracadutisti inviati da Mosca che occuparono la torre televisiva locale. Ottenuta l'indipendenza, la Lituania riuscì a partecipare alle Olimpiadi grazie alla generosità dei rocker americani Grateful Dead, che consentirono gratuitamente l'utilizzo del proprio logo con la scritta Lithuania su t-shirt da mettere in commercio, e dunque autofinanziarsi il viaggio e la permanenza in Spagna.

La compagine baltica riuscì a partecipare alle Olimpiadi di Barcellona. La squadra era molto forte e come da copione (Hollywoodiano?), chi si trovò dinanzi nella sfida decisiva per l'assegnazione della medaglia di bronzo? Proprio lei, la Russia, all'epoca CSI - Comunità degli Stati Indipendenti. Epilogo degno di una fiaba: i lituani in trionfo 82-78 e la conquista del terzo gradino del podio.

la t-shirt della Lituania "benedetta" dai Grateful Dead

Alle Olimpiadi 1992 la pallacanestro cambiò per sempre. All'epoca non c'era internet, non c'era Youtube e l'unico modo per vedere le partite era guardarle in televisione, ammesso che le trasmettessero. Il basket americano era una sorta di El Dorado di cui si sapeva l'essenziale. Nonostante alcune eccellenti esclusioni per ragioni non esattamente sportive, su tutte il bi-campione NBA Isiah Thomas (Detroit Pistons), il Dream Team mostrò al Vecchio Continente il meglio del meglio del basket americano dal vivo, facendo innamorare il mondo della palla a spicchi. Molti dei campioni europei che in seguito avrebbero lasciato il segno sui campi d'oltreoceano, hanno affermato che la loro idea di basket cambiò radicalmente dopo i giochi catalani, proprio grazie all'ispirazione del Dream Team. Allo stesso tempo quella fu anche la prima manifestazione cestistica internazionale dove non partecipò la "piccola" Jugoslavia. La più forte delle nazioni europee dell'epoca poteva già vantare una medaglia d'oro olimpica (Mosca '80), due medaglie d'oro ai Mondiali (1970, 1990) e cinque titoli europei di cui le ultime due edizioni disputate, nel 1989 e nel 1991. Alle Olimpiadi del 1992 la Jugoslavia era già il passato, inghiottita in una voragine distruttiva che avrebbe lasciato indelebili cicatrici.

Una domanda sportivamente resta, e non solo. La Croazia fu l'unica squadra a tenere testa al Dream Team, andando addirittura in vantaggio +1 nella finale, e inchinandosi 85-117. Cosa sarebbe successo se fossero scesi in campo tutti i giocatori della Jugoslavia? Purtroppo e tragicamente, non lo sapremo mai... 

La nazionale jugoslava di basket in trionfo.
Al centro, Vlade Divac (serbo); al centro a dx, Drazen Petrovic (croato)... all'epoca, tutti jugoslavi

sabato 2 agosto 2025

Canada, un'emozione continua

Roberval (Quebec, Canada), tramonto © Luca Ferrari

Un ricordo intenso come non mai. Andare in Canada è un viaggio diverso da tutti gli altri. Vivere il Canada è uno stato emotivo in costante aggiornamento.

di Luca Ferrari

Un articolo un anno prima. 365 giorni passati a costruire l'itinerario e poi finalmente la partenza per il Canada il 2 agosto. Un articolo per celebrare il viaggio 2024 e ora un ricordo scritto un anno esatto dopo. L'uscita dall'aeroporto di Montreal in un clima quasi surreale (caldo) e quelle scritte autostradali che sì, mi confermavano che fossi proprio lì. Un'oretta scarsa di macchina per raggiungere il primo alloggio nel verde appartato del Quebec, iniziando l'avventura l'indomani davanti a una sontuosa colazione a base di crepes innaffiate da una cascata di sciroppo d'acero. Per la prima volta al voltante di una macchina elettrica, si comincia a macinare miglia tra quei tipici cartelli gialli indicanti il possibile passaggio di alci, orsi senza dimenticare lo stop in lingua locale. Appartamenti ma non solo, il fascino di un paese come il Canada è anche il soggiornare nei motel a ridosso della strada, quelli che vediamo nei film con la caraffa di caffè dentro e la porta che si apre con la carta elettronica. Anche la cucina vuole la sua parte e a parte il breakfast time, viaggiare in Canada orientale significa poter gustare le aragoste (o meglio, astici), di cui per altro è pieno di festival a tema. Sebbene ci fossi già venuto infine, nulla poteva prepararmi a uno stato di benessere impareggiabile vissuto sulla Prince Edward Island.

Tantissime gioie ma anche qualche dolorino, soggettivo s'intende e più divertente che altro. In questo viaggio in Canada mi sono confrontato anche con alcuni fatti a dir poco inspiegabili, a cominciare dai club sandwich serviti con il manzo/tacchino e bacon freddi (blasfemia pura, ndr). Restando in tema culinario, il poutine, piatto tipico del Quebec a base di patate fritte con formaggio cagliato, non mi ha mai entusiasmato, trovandolo quasi sempre modesto. Magari un giorno lo gusterò meglio in un ristorante di classe. I grandi supermercati poi, talmente freddi che la felpa quasi non bastava. L'aneddoto più assurdo però è la velocità delle macchine. Se in autostrada sono tutti super ligi, ben diverso è l'ingresso nelle città, quelle grandi in particolare, dove il piedino preme decisamente più deciso. Le corsie sono maggiori rispetto alla stragrande maggioranza delle strade italiane ma a giudicare da come rispettano qualsiasi regola sulle gigantesche highway, sarebbe stato lecito aspettarsi ancor più moderazione dai canadesi, e invece no. Per entrare a Quebec City, il quarto tentativo è stato quello buono, vivendo l'attesa con parecchia ansia e preoccupazione. 

Andare in Canada non è un viaggio come gli altri. Non è solo la distanza. È un'altra dimensione. È un mondo dal quale sono sempre stato attratto e che un giorno, finalmente, ho potuto vivere e attraversare (almeno una parte). Ci sono sentimenti che si spengono col passare del tempo. Ci sono amori che dopo ogni incontro diventano sempre più intensi, passionali ed eterni. Lo so che il mondo è pieno di luoghi meravigliosi da visitare ma non tutti siamo nati per scoprire ogni angolo del globo. Ammesso che torni in Canada in tempi brevi, passeranno almeno altri tre-cinque anni e dunque la mia vita sarà, immagino, molto diversa. Se dovessi tornare in Canada prima della fine della terza decade del millennio, sarà ancor più incredibile. Oggi, 2 agosto 2025, a distanza di un anno esatto dal mio terzo viaggio in Canada, la mia mente è ancora al voltante lungo la Transacanadienne/Autoroute, provando l'ebbrezza di fermarsi sulla costa del Quebec prima di attraversare il Confederation Bridge e arrivare sull'isola del Principe Edoardo. Oggi, un anno dopo la mia partenza per il Canada, sono ancora che penso a quando sarà prossima volta in cui farò le valigie per raggiungere la terra del mio destino.

Venezia, volo AirTransat diretto a Montreal © Luca Ferrari
Canada - aeroporto di Montreal © Luca Ferrari
Canada - colazione a Saint-Jérôme (Quebec) © Luca Ferrari
Canada - on the road in Quebec © Luca Ferrari
Canada - Savage Zoo (St. Felicien,Quebec) © Luca Ferrari
Canada - faro sulla costa del Quebec © Luca Ferrari
Canada - Argyle Shore Provincial Park (PEI) © Luca Ferrari
Canada - on the road sulla Prince Edward Island © Luca Ferrari

Canada - Hopewell Rocks (New Brunswick) © Luca Ferrari
Canada - astice in New Brunswick © Luca Ferrari
Canada - Quebec City © Luca Ferrari