Il cielo buio. La nebbia. La navetta verso il palasport Taliercio. Prima e dopo una nuova sfida di basket della Reyer Venezia femminile, c'è un grande mondo da vivere dentro l'anima.
Storie di legami, passioni e ispirazione. È una serata speciale. È un momento che non pensavo sarebbe mai arrivato, semplicemente perché... non lo conoscevo. Poi un giorno, una vocina tornò dalla scuola materna, dicendo: "vorrei giocare a basket". Un po' di tempo dopo, sabato 2 novembre 2024, per la prima volta ho assistito a una partita di basket in solitaria. In un post pubblico di poco tempo fa su Instagram, dove si chiedeva quale giocatore/giocatrice avesse acceso la passione per la pallacanestro, dalla mia pagina hello_badboy76, risposi semplicemente, "mio figlio". Da allora sono passati già tre anni e da un interesse sussurrato, sono arrivato a una cultura personalizzata fatta di highlights, libri e serate live. Complice l'orario serale, questa volta ho preferito evitare l'impegno al mio figlioletto e così, un po' titubante (quasi intimorito), mi sono avventurato per assistere alla sfida Reyer Venezia - Brixia Basket.
La nebbia non ha allentato la sua morsa per gran parte della giornata. Dopo un po' di attesa, finalmente arriva la navetta. Riesco a sedermi sul primo posto alla destra dell'autista, avendo così visuale perfetta della strada notturna. Per chi abita in laguna, un viaggio su quattro (o più) ruote ha sempre un sapore diverso. Guardo il ponte della Libertà scivolarmi alle spalle senza poi distinguere più nulla del panorama "terricolo", parco San Giuliano a parte. Se per gli sportivi amanti del basket, "Taliercio" è sinonimo delle più recenti imprese della pallacanestro veneziana, quel nome evoca anche alcune delle pagine più tragiche della storia locale. Il palazzetto infatti è stato dedicato all’ingegnere Giuseppe Taliercio, storico dirigente dello stabilimento petrolchimico della Montedison a Marghera, assassinato dalle Brigate Rosse il 5 luglio 1981. Quelli erano anni dove il terrorismo di destra e di sinistra insanguinavano l'Italia nei cosiddetti Anni di piombo, e anche Venezia non fu risparmiata. Oggi questo luogo è teatro di sogni, sudore e felicità condivisa.
Ho imparato a conoscere la squadra femminile della Reyer sul web e con qualche incursione dal vivo. Sarà stato questo, ma una volta entrato nel palazzetto, non ho provato una sensazione di solitudine, tutt'altro. Mi sono sentito al mio posto. Un panorama che oramai fa parte della mia esistenza. E così, fin dal riscaldamento all'inizio della partita, ero lì, da solo ma allo stesso tempo in compagnia. Il tempo di adattarmi e cercare il posto ideale ed eccomi a ridosso del campo, seguendo i primi due quarti di gara proprio sotto il canestro dove le "leonesse oro-granata" hanno messo a segno i tanti punti, a cominciare dalla giovane Matilde Villa e la finlandese, Awak Kuier, entrambe con due tiri vincenti da 3. E a proposito di nuove generazioni del basket, anzi giovanissime, posso dire di aver assistito a quello che sarà il primo di moltissimi canestri di Isabell Hassan (classe 2009), al suo debutto ufficiale in prima squadra.
La Reyer ha dominato dall'inizio alla fine. Assente la forte ala-centro Giuditta Nicolodi, la squadra ha giocato come meglio non si potrebbe, a cominciare dalla capitana Francesca Pan, autrice di numerose giocate vincenti da 3. In un'epoca molto individualista, la Reyer femminile è espressione del collettivo più sinceramente qualitativo. I polmoni a tutto campo della playmaker Mariella Santucci. La costanza dell'ala Martina Fassina. I contributi della guardia Caterina Logoh. L'imprevedibilità della play/guardia Lisa Berkani. I canestri "pesanti" di Dragana Stankovic, Lorela Cubaj e Maria Miccoli. La qualità della guardia Kamiah Smalls, eletta MVP della partita a pari merito con Awak. La squadra veneziana gioca alla grande, non molla fino alla fine e conclude vincendo nettamente 90-56. Ogni canestro viene sempre salutato da un'ovazione.
Finisce la partita. Vorrei rimanere un po' di più ad assaporare l'atmosfera. Davanti a me c'è un gruppo di donne che ispira con la genuinità dello sport. La navetta per Venezia però, non aspetta (troppo) così mi fiondo subito a bordo dell'automezzo, allo stesso posto dell'andata. Quasi tutti sono venuti in compagnia. Si scambiano commenti sulla partita, parlando anche dei progressi della squadra maschile. Mi sento un po' uno straniero in trasferta. Mi piacerebbe tornare più spesso ma non è sempre fattibile, complici le difficoltà logistiche per chi abita in laguna. Comprensibile che il pubblico dalla terraferma sia superiore a quello veneziano ma è un gran peccato che non ci siano navette anche per le sfide di Euroleague. L'autobus intanto è già arrivato a piazzale Roma. Pochi minuti di camminata e vedo già il ponte dei Tre Archi (Cannaregio), nel mio più immediato orizzonte umano. È stata una grande serata di pallacanestro. A presto, Umana Reyer, continuate a giocare così bene e soprattutto unite. Buona notte, Venezia.
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