Il rilassante mare di Schiavonea (Cs) © Luca Ferrari |
Nel corso della loro stressante attività, gli operatori umanitari delle Peace Brigades si dovevano prendere la Settimana della salute mentale. La estendiamo anche a (tutti) noi?
di Luca Ferrari
Umanità sempre più sull'orlo di una crisi nervosa (isterica). Dietro il passeggero senso di unità dettato dalle imprese sportive, calcistiche e olimpioniche, si nascondo i contrasti più beceri, alimentati nel quotidiano dai social network, ultimo in ordine temporale: il "famigerato" green pass. Da sempre un sostenitore delle vacanze, quale momento fondamentale nella propria vita, importante anche nel lavoro, sono sempre più convinto che il nuovo Governo dovrebbe adottare una formula conosciuta ai tempi dei miei reportage umanitari, quando un operatore di Peace Bridages International mi parlò della Settimana della salute mentale.
Fino a due anni fa, ogni estate significava andare all'estero. Al momento è tutto ancora un po' complicato e dopo tanti mesi di clausura, andare in vacanza sta diventando sempre più vitale, anche se fosse solo una scampagnata vicino a casa. Uno stacco che spesso risulta insufficiente per ricaricare davvero le batterie, aspetto questo che non sembra interessare nessuno, a parte i diretti interessati. Ed è proprio elucubrando su queste tematiche, che mi è tornata in mente una delle mie prime interviste, quando conobbi un operatore umanitario di Peace Brigades International, rientrato dalla Colombia, che tra i tanti aneddoti mi parlò anche della Settimana della salute mentale.
Lavoro molto duro quello degli operatori delle Peace Brigades, impegnati all'epoca (primi anni Duemila) a presenziare al fianco dei difensori dei diritti umani e i campesinos, spesso tra l'incudine e il martello delle FARC e i paramilitari, all'epoca del conflitto interno colombiano. Complice l'elevato stress a cui erano sottoposti, il personale veniva "invitato" a vivere la cosiddetta "settimana della salute mentale". Non voglio neanche lontanamente paragonare gli stress della vita metropolitana con certe situazioni, ma che sempre di più l'umanità stia ribollendo per mille fattori, è un triste e sconsolante dato di fatto.
Da qualche giorno sono arrivato a Schiavonea (Cs). Il mare è bellissimo in Calabria. Ogni giorno mi risveglio e in pochi minuti di camminata sono sotto l'ombrellone davanti al Mar Ionio. Almeno 2-3 volte al giorno controllo email varie di lavoro e se ho richieste via social, rispondo subito; ieri mi è successo alle sette di sera su Messenger mentre ero ancora in spiaggia. Questo non è stress, è semplicemente il lavoro di chi, come avrebbe detto il Checco Zalone di Quo vado?, è stato condannato alla partita IVA. Col mio lavoro non si stacca mai davvero (reporter, comunicazione, social media editor), ma in questi e nei prossimi giorni, è indubbio che respirerò un'aria diversa e più rilassata. Mi basterà fino alla prossima estate?
Forse una settimana di break ogni due mesi è troppo per chi non vive sotto le bombe, ma siamo proprio sicuri che sia così? Quanto si lavora meglio quando la mente è più rilassata e nell'immediato futuro non si vede solo l'ennesima cavalcata tra impegni, scadenze e obblighi quotidiani? E' indubbio che i prossimi mesi saranno ancora segnati dagli effetti collaterali del covid, e non sappiamo ancora se dovremo affrontare ulteriori limitazioni. Pandemia o meno, prenderci più tempo da dedicare alla nostra salute psicofisica è, e resterà sempre, il più grande investimento che possiamo fare per il benessere nostro, di chi ci sta intorno e anche per una resa ottimale nell'ambito lavorativo.