Avamposto quotidiano di pace montana dove i sensi sono sempre all’opera.
Qui, nel cuore del Comelico Superiore bellunese, scenari quotidiani da
re-incontrare e varcare. Un giorno d'alta quota dove il vento sposta
briciole, terra e nuvole. Partito da Padola di Cadore, la strada è tutta
una curva. Pochi minuti di guida ed ecco il cartello giallo con le
indicazioni per la Malga Coltrondo (1880 m).
La
carreggiata si dimezza. I tornanti si fanno più serrati. La pendenza
aumenta. Metro dopo metro mi faccio innocua comparsa umana. Sbircio fra i
signori della Natura. Abbozzo tane di volatili e altri esseri viventi.
Rivedo l’albero maledetto di Sleepy Hollow. Immagino un sottobosco
divertito intento a spiarmi degustando resina e bevendo acqua di fonte.
Poco
più di un centinaio d'altre incontaminate divagazioni mentali e sono
arrivato. Inizia il mio sentiero verso l'Alpe di Nemes. Addentrandomi
dentro il sentiero, bastano pochi metri per venir proiettato in una
dimensione fatta di pini, larici e abeti. Brevi frazioni torrentizie e
pozzanghere ornate di fragili croste gelate forgiano riflessi e giochi
di luce. Si rincorrono tenui gradazioni di verde. Un dedalo cromatico mi
attanaglia magicamente le caviglie guidandomi (come accadeva al
protagonista del videoclip There There dei Radiohead) fino al rifugio di passaggio Hutte - Rinfreddo.
La
testa si gira e rigira. Su ogni ramo pare esserci una forma di vita che
nasce e si trasforma. Le formiche sono all’opera. Faccio la conoscenza
del fungo “spia”, rosso coi puntini bianchi. Vietato coglierlo e ancor
di più mangiarlo (velenoso). Trotto a zig-zag. Abbozzo un ballo senza
regole né schemi. Uno stato d'intima apertura. Rispettoso e capace di
meravigliarsi per una ragnatela e una tana di scoiattolo. Chiedere
d’incontrare un loro ingombrante abitante sarebbe troppo. Un cervo, o
magari un capriolo. Forse un elfo, chi lo sa.
Il
sentiero si fa sempre più largo e dalla macchia mi ritrovo in una
radura. Nel vedere il primo lembo di struttura umana arretro di qualche
passo. Prendo una penna e scrivo freneticamente qualcosa sulla mano. Poi
sul braccio. Lo mostro alle nuvole. Lo mostro alle montagne millenarie.
Resto qualche secondo in questa posizione per ricordarcelo a dovere.
Tutti loro e me. Mi dileguo in un abbozzo di sorriso senza smorfie. Possano gli spiriti di queste terre custodire le generalità di simili
pensieri.
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