domenica 22 dicembre 2019

A natale mi hanno "regalato" il Servizio Civile

Venezia, l'ingresso sotto le Procuratie Nuove della Soprintendenza © Luca Ferrari
A ridosso del natale 1997 iniziai il Servizio Civile alla Soprintendenza del Veneto Orientale. Un'esperienza formativa cruciale vissuta insieme a persone straordinarie.

di Luca Ferrari

Venezia, lunedì 22 dicembre 1997. Dopo una lunga attesa di quindici mesi sono atteso in Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici del Veneto Orientale, a Venezia, per il mio primo giorno da obiettore di coscienza e dunque impegnato nel Servizio Civile (era la prassi “punitiva” del distretto militare farti attendere fino all’ultimo, ndr). All’epoca non era un diritto, e tutti coloro che facevamo questa scelta, erano visti un po’ come i rinnegati della Patria. Aldilà di qualche esperienza precedente, adesso sarei stato impegnato per la prima volta per 10 mesi consecutivi nel mondo del lavoro.

“A Natale, tutti a lavorare.” Era questo il titolo polemico che in principio avrei dovuto dare a un nuovo articolo contro il mondo dello sfruttamento lavorativo. Dopo le "tante parole" che si beccano le ferie estive, mi chiedevo come mai non sentissi i medesimi strali per il periodo natalizio. Il pensiero resta ma invece di esprimerlo in toni acidi e guerrafondai, mi comporterò bene e voglio fare un regalo. Vi racconterò una fiaba. Una fiaba autentica. La storia del mio primo impiego di lavoro a tempo determinato. Quanto sia stato importante per la mia crescita persone grazie soprattutto alle persone con cui ho lavorato.

C'era una volta un giovane veneziano di 21 anni senza alcuna idea di cosa fare della sua vita. Allo Stato questo però non importava granché e gli imponeva una scelta: servizio militare o, se fossi stato accettato, Servizio Civile. Contrario in modo totale alle armi e per nulla incline ai loro rigidi protocolli, scelsi la seconda via. All'epoca una scelta del genere rendeva difficile trovare lavoro poiché veniva quasi sempre richiesto il “milite esente.” Poi finalmente, a ridosso del natale 1997, arrivò la fatidica chiamata e il 22 dicembre mi presentai per il mio primo giorno alla Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici del Veneto Orientale, i cui uffici si trovavano a pochi passi dal Museo Correr, sotto le Procuratie Nuove in Piazza San Marco (oggi ha cambiato sede ma il nome scritto sul campanello è rimasto).

Fui subito scherzosamente etichettato come il "disertore". Caso curioso, nonostante avessi cambiato casa già da due anni abbondanti, la lettera della chiamata era arrivata al vecchio indirizzo e dunque non mi presentai il giorno effettivo ma solo tre lune dopo ricevetti una telefonata dal Distretto Militare che mi fece presente l’accaduto. Chiarito l'equivoco, mi presentai. Paure? Certamente. Dubbi? Tantissimi. Pensieri? Pure troppi. Fin dal primo giorno però rovai un ambiente inimmaginabile a cominciare dalla presenza dei miei simili. La Soprintendenza infatti pullulava di obiettori, oltre 15.

Io venni assegnato all’ufficio Vincoli dove erano presenti un capoufficio e due signore con mansioni rispettivamente di segretaria ed elaborazione varia di pratiche/accoglienza-vigilanza). Insieme a loro, un altro obiettore con cui condivisi la scrivania per poco tempo e nel frattempo m’insegnò il mestiere prima del suo ritorno alla libertà. Quell’ufficio e quelle due donne in particolare furono emblematiche. Non farò certo uno scoop dicendo che molti obiettori in tutta Italia lamentassero talvolta un certo sfruttamento del loro impiego (specie per quello che venivamo pagati). Loro no. Mai. Mi assegnavano i compiti da fare ma mai si approfittarono della mia condizione. La dimostrazione di come si possa lavorare, anche tanto e bene, senza sfruttare il prossimo.

Archivi. Termini tecnici. Il giorno del pubblico, il più divertente poiché venivano studenti (e soprattutto studentesse, ndr ) a chiedere informazioni. Fotocopie di tonnellate di documenti facendo la massima attenzione a farle veloci e in modo impeccabile. Le prime pause pranzo con la "pappa" preparata e portata da casa (anche questo fa parte del mondo del lavoro). Le riunioni di noi obiettori. L'imparare a comportarsi anche quando la luna era proprio storta. Quattro stagioni intere vissute lì dentro. Inverno, primavera, estate e autunno. Un percorso di lavoro e vita intenso. Cinque giorni la settimana dal lunedì al venerdì. Io solitamente arrivavo sempre sul presto, verso le 8 del mattino per poi sbaraccare poco dopo le ore 15. Insomma, una giornata lavorativa completa.

I legami con alcuni dei colleghi obiettori crebbero. Mese dopo mese si formarono “vincoli” di amicizia continuati anche una volta usciti. Lo stesso anche con persone più grandi, a cominciare proprio dalle mie due colleghe di ufficio che in certi momenti furono a dir poco materne. Non fu un’annata semplice quella per il sottoscritto, ma proprio per niente, eppure giorno dopo giorno il mio ufficio Vincoli divenne un porto sicuro dove imparare qualcosa, riflettere su me stesso e gettare le fondamenta per un domani che reclamava spazio su di un passato troppo opprimente. Senza rendermene conto, quella prima lunga esperienza avrebbe incarnato molti dei miei ideali che ancora oggi definiscono la mia persona e il mio approccio al mondo del lavoro: onestà, impegno e collaborazione.

1997-98, i miei dieci mesi di Servizio Civile all’ufficio Vincoli della Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici del Veneto Orientale a Venezia furono una bella fetta di vita. Arrivato nel periodo natalizio, in uno dei primissimi giorni, non appena uscito, sentii propagarsi attraverso gli altoparlanti disposti nella piazza la commovente Happy Xmas (War is Over) di John Lennon. Rimasi lì ad ascoltarla, in piazza San Marco. A very Merry Christmas/ And a happy new year/ Let's hope it's a good one/ Without any fear cantava il musicista di Liverpool a cui la sua città natale gli ha dedicato l’aeroporto. Oggi ci sono nuovamente passato e quelle parole ancora risuonano nei miei ricordi e nel mio cuore di obiettore.

Merry Christmas by John Lennon

Venezia, l'ingresso sotto le Procuratie Nuove della Soprintendenza © Luca Ferrari
Venezia, il campanello della Soprintendenza © Luca Ferrari
Venezia, le Procuratie Nuove a fianco di Piazza San Marco © Luca Ferrari
Souvenir dall'ufficio Vincoli della Soprintendenza con post-it e date d'inizio/fine servizio © Luca Ferrari
Venezia, piazza San Marco e  Procuratie Nuove (sx) © Luca Ferrari
Venezia, Procuratie Nuove piazza e campanile S. Marco nella nebbia © Luca Ferrari
Venezia, basilica e campanile S. Marco da sotto i portici © Luca Ferrari
Gli affettuosi messaggi di fine servizio per l'obiettore di coscienza... Luca Ferrari

martedì 10 dicembre 2019

Le candele lidensi dei Diritti Umani

Lido di Venezia, i diritti umani illuminano il mondo © Luca Ferrari
Le candele accese. Noi lì. Chi per lavoro. Chi per puro spirito di partecipazione. Chi per studio. Comunque lì, insieme a scandire i Diritti Umani durante la Giornata Internazionale.

di Luca Ferrari

Lido di Venezia, 10 dicembre 2008. Una serata indimenticabile vissuta in prima persona insieme agli studenti del Global Campus of Human Rights e raccontata l'indomani sul giornale Granviale.it, poi pubblicata nel libro in prosa "La fabbrica dei giorni". Quella era l'epoca da inviato al Lido per il Corriere Veneto e la Granviale Editori dell'allora direttore Giacomo Baresi. Quello era il tempo della Municipalità Lido-Pellestina con presidente Giovanni Gusso e il suo Consiglio con i vari Angelo Ghezzo, Giannandrea Mencini, Stefano Stipitivich, Sergio Torcinovich. Quella era la Municipalità dell'ufficio cultura di Anna Grandi.

Il 10 dicembre è la Giornata Internazionale dei Diritti Umani e oggi lo è ancora. Si parla poco dei diritti umani. Se ne parla quasi ed esclusivamente quando vengono violati nel modo peggiore e solo per alcune categorie (nazioni). Le costanti violazioni dei diritti umani da parte di governi filo-occidentali come Arabia Saudita e Yemen interessano molto meno dell'Iran che anche al minimo starnuto viene visto come minaccia per la sicurezza del mondo intero. Non parliamo poi della Cina che praticamente nessuno osa criticare rischiando il taglio degli accordi commerciali.

Ma senza andare a scomodare mondi (non così) lontani, in questi ultimi mesi (anni) abbiamo assistito a una vergognosa crociata europea di indifferenza verso i cosiddetti "immigrati", clandestini o migranti, etc. appellativi che non fanno altro che spogliarli della loro identità perché queste persone hanno un nome, un cognome e una famiglia. E pensate, c'è perfino chi crede siano loro i responsabili del nostro mal-tutto. Si, avete capito bene. Gente in fuga da realtà difficili vengono incolpati di decenni di corruzione italiana, poteri mafiosi e interessi. Per loro quasi nessuno smuove la parola "diritti umani." Si condannano le deportazioni naziste ma queste persone valgono meno di zero.

Come ogni minimo pezzo del nostro ecosistema, nel 2019 anche i diritti umani sono diventati opinioni, e dunque risentono di interessi e ristrettezza mentale. Quella sera nel 2008, al Lido di Venezia soffiava una gelida bora ma il calore che si sprigionò fu qualcosa di indescrivibile. C'erano le istituzioni locali. Avrebbero anche potuto fare a meno di venire, ma vennero. C'era gente del posto. C'erano studenti venuti da ogni parte del mondo. C'era anche l'informazione, lì, per raccontare qualcosa di davvero prezioso. Non era facile tenere accese le candele, esattamente come lottare per i diritti umani, ma ci riuscimmo.

Nella placida isola del Lido di Venezia furono letti gli articoli in lingue differenti e quella gelida brezza, molto poeticamente sembrava essere lì per una ragione. Portarli ovunque, e così è stato.

Lido di Venezia, i diritti umani illuminano il mondo © Luca Ferrari
La Fabbrica dei Giorni, libro edito dalla Granviale Editori
La Fabbrica dei Giorni, il racconto della Giornata Internazionale dei Diritti Umani al Lido di Venezia
Lido di Venezia, tutti insieme per i diritti umani © Luca Ferrari